Immagina di aprire gli occhi una mattina.
Il cielo è grigio, l’aria è tiepida e l’occhio sinistro ti prude così tanto che sei costretta a scostare le coperte e sollevare un braccio a malincuore.
Ed è così, un po’ per caso – con uno sbadiglio ancora a tenderti le labbra e la voglia di riprendere il sogno lasciato in sospeso per sapere come sarebbe andato a finire – che lo sguardo ti cade sul polso e ti accorgi che impressa sulla pelle c’è una sottile linea nera.
Nulla di eclatante o vistoso, no, solo una linea leggera, quasi accennata, che curvando e intrecciandosi compone una parola. Un nome.