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Autore: v_amaterasu    01/09/2017    1 recensioni
[…] il manto di foglie cadute adornavano il suolo, dando vita a colori scarlatti e pulsanti che incorniciavano lo scontro con maestosa bruta bellezza. L'uomo lo aveva disarmato tutte le volte. I suoi pugni erano pura e semplice furia, ma non facevano male quanto i suoi insulti e le cose che insinuava. Sapeva da sé di essere solo un debole, ma detto da lui era come ricevere mille pugnalate nel petto.
[ pairing: rikke / eskil | oc – original characters © revisionata ]
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Battaglia persa


 


 


 


 


 

C'era stato un tempo per Eskil in cui aveva ripudiato ogni forma di violenza.

Un tempo in cui non capiva o faceva finta di non capire in quale mondo aveva avuto la sfortuna di nascere; un mondo in cui il più forte sopravviveva e il più debole deperiva nel tempo come un vecchio balocco usato e abbandonato.

Inevitabilmente si strinse nelle spalle, finendo con il poggiarsi contro qualcosa.

Voltò il capo, scontrandosi fin da subito con la figura austera del guerriero intento, invece, a guadare tutto fuorché lui. Il fastidio che provò lo colse come un lampo di luce in una tempesta, così come la vergogna per quei pensieri sciocchi e fuori luogo.

In quel momento doveva esserci spazio solo per la lotta, non per altro.

Si scostò bruscamente dal maggiore, imponendosi di cancellare completamente il ricordo delle sue membra calde su cui ogni sera ormai si rifugiava e come un cane indispettito puntò lo sguardo di ghiaccio contro il suo sfidante di turno.

Dovresti migliorare nella lotta.” gli aveva detto un giorno, “Ora come ora sei uno spettacolo ripugnante e rozzo da guardare.” e lui aveva preso quelle parole di scherno come un motivo più che valido per farlo ricredere su ogni cosa. Costi quel che costi, si disse.

Sapeva da sé che nello scontro avvenuto con il guerriero di Bjarne aveva avuto dalla sua la pietà degli dèi, ma nemmeno Rikke poteva limitare la sua vittoria solo a quello.

Aveva iniziato ad accettare l'idea della violenza come preservazione e ora, con una perseveranza invidiabile, si faceva carico della sua vita e di quella delle persone che voleva assolutamente proteggere. Intenzione che aveva dovuto pagare a caro prezzo e dovuta dalla mano di chi, ora, avrebbe dato la propria vita pur di sapere al sicuro. Persona che se solo avesse avuto l'opportunità di conoscere certi pensieri, gli avrebbe riso in faccia senza troppi complimenti.

Rikke non era assolutamente un uomo da proteggere.

Incassò quel destro micidiale, sentendo il suo naso fare un suono sordo più che raccapricciante. Non vi badò, parando l'altro gancio che gli diede finalmente modo di contrattaccare. Prese al volo lo scudo che qualcuno gli lanciò, spingendo lontano da sé il corpo di Einar che con l'ascia tentava di disarcionarlo brutalmente. La terra sotto i suoi piedi sembrava volesse risucchiarlo nel sottosuolo brulicante di morte e di vita. Più volte finì con la faccia nel fango e più volte urlò con tutto il fiato che aveva in corpo per il senso di oppressione che provava.

Si rialzava anche quando non aveva più le forze per farlo.


 

L'allenamento andò avanti per mesi senza troppi cambiamenti sé non piccoli e insignificanti miglioramenti che per uno come lui non erano altro che umiliazioni. Non bastava. Non poteva gioire di nulla se non poteva vantarsi di aver atterrato qualcuno senza ricevere di conseguenza un pestaggio degno di nota.

Pensò di aver toccato il fondo quando Rikke gli urlò contro di battersi contro di lui. Ordine che risuonò con forza e irruenza nella sua mente per la prima manciata di secondi, poi era diventato velocemente il canto di incitamento più oscuro ed erotico che avesse mai avuto il piacere di ascoltare. Era una di quelle rare volte in cui si allontanavano dal villaggio l'uno al fianco dell'altro senza un apparente motivo con altro addosso se non le vesti e le solite cose non dette.

Il manto di foglie cadute adornavano il suolo, dando vita a colori scarlatti e pulsanti che incorniciavano lo scontro con maestosa bruta bellezza.

L'uomo lo aveva disarmato tutte le volte. I suoi pugni erano pura e semplice furia, ma non facevano male quanto i suoi insulti e le cose che insinuava. Sapeva da sé di essere solo un debole, ma detto da lui era come ricevere mille pugnalate nel petto. Era estenuante ma soprattutto ingiusto che fra tutte le persone del villaggio dovesse essere proprio lui l'unico che volesse veramente rendere orgoglioso fino lo sfinimento.

“Smettila!” tuonò a sua volta, per pura disperazione dopo l'ennesimo sorriso di scherno.

Scattò in lui il meccanismo di difesa.

“Quello che dici non conta nulla per me, nulla!” sbottò ancora, irruento, avventandosi su di lui con rabbia. Riuscì a colpirlo una sola volta, dandogli quel tanto agognato pugno in pieno viso che gli costò una tirata di capelli e i polmoni agonizzanti per la botta subita. Si ritrovò a terra, con il viso sporco di sangue e gli occhi puntati nuovamente sulla bestia che lo stava ora sovrastando. Bestia che lo stava guardando con rabbia, e vani furono tutti i tentativi di allontanarlo da sé per preservare quell'ultima briciola di orgoglio rimasto.

Non era servito a nulla l'ennesimo pugno di Rikke che si scontrò con la terra accanto al suo viso.

Si sentì chiedere il motivo per cui ancora si rialzava, perché non si arrendeva e per la prima volta dopo tutto quel tempo passato con lui e con la sua gente, notò uno sguardo diverso. Qualcosa che non riuscì a decifrare.

Ripensò alle parole di Ilias, al suo invito a partire con lui e con Alrik. Ripensò alle parole non dette di Rikke al suo fianco quella sera, allo scambio di sguardi che non c'era stato. Al nche non c'era stato, e sentì quel mostro insinuarsi per bene sotto i suoi muscoli e dentro le sue ossa.

La paura era tornata.

“Sentiresti la mia mancanza se non fossi qui?” una domanda che non comprendeva giri di parole o incomprensioni di alcun genere.

Il guerriero però non rispondeva.

“...la sentiresti?” riprovò con meno sicurezza. Ma di nuovo, l'altro si limitava a guardarlo con la stessa espressione di prima. Il suo sguardo si era incupito.

Non lo avrebbe mai permesso. Fece leva con le braccia premute sul terreno, ribaltando la posizione così da sistemarsi sull'altro e dargli quel destro che fece indubbiamente più male a lui che al maggiore. “La tua vita appartiene a me!” gli ricordò, con un tono di voce che nascondeva un certo terrore, mentre le dita affusolate e piene di calli a causa delle armi andavano a stringere con forza il viso di Rikke.

“La tua vita può solo appartenere a me...” era poco più che un lamento perché purtroppo, alla fine, quel no lo aveva capito, era arrivato forte e chiaro.


 


 

Non ci fu il tempo di tornare al villaggio, nella loro tenda. C'era stato però il tempo di svestirsi e di lottare di nuovo, ma in un modo completamente diverso. Lo sentì affondare dentro di sé, mozzandogli il fiato per un primo istante e poi un susseguirsi continuo di sospiri, lamenti e unghie che si conficcavano nella carne fino a strapparla. Lacerarla.

Sentiva la sua bocca ovunque e questo gli piaceva terribilmente, così come il suo sguardo che sembrava volesse scuoiarlo vivo. Si lasciò fare tutto, partecipando con altrettanto desiderio fino a ritrovarsi nuovamente seduto sul suo bacino a cavalcarlo con disperato sentimento.

Lo strinse a sé in ogni modo, dalla carne alle mani e solo quando l'altro ricambiò il gesto sentì il bisogno irrefrenabile di crollare una volta per tutte.

Solo per quella volta. Davanti a lui. Poteva concederselo.

Era cresciuto, e con lui il modo in cui piangeva. Non c'erano più le grida, non c'erano più i lamenti, bensì solo calde lacrime e singhiozzi che puntualmente il guerriero gli strappava via dalle labbra con baci e parole che non ricordava affatto, odiandosi per quello.

Lo amò senza rimpianto per tutto il tempo che l'altro gli concesse perché purtroppo, sapeva.

Quella era stata la sua battaglia persa in partenza.


 


 


 


 


 


 


 

––

Grazie per il tempo che avete speso nel leggere fin qui.

A presto, v. 

   
 
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