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Autore: Sospiri_amore    01/09/2017    0 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Ostaggio





... Leggete il capitolo precedente OMBRE, continuo quel momento...

 

... «Chi sei? Perché mi spiavi?», gli chiedo mentre mi avvicino tenendo ben saldo l'ombrello.

Lo sconosciuto trattiene per pochi secondi il fiato, poi si gira.

I miei occhi incontrano i suoi.

Sono inconfondibili.

Sussulto.

Il rumore di una chiave girata nella serratura risuona nella stanza.

Lo sconosciuto sorride e alza le spalle divertito.

Sbianco.

Merda, sono in trappola.

 

 

 

Dicono che quando si viva un evento traumatico molto spesso si resti senza parole. Ho la bocca asciutta, un po' per la corsa, un po' perché credo di aver ingoiato tutta la saliva che possiedo. L'ombrello di scena mi è scivolato dalle mani da diversi secondi. Fisso il ragazzo davanti a me e non proferisco parola.

Mi sento, svuotata. 

Neanche nelle mie più ardite fantasie avrei mai pensato che qualcuno del Trinity potesse far comunella con Andrew per intrappolarmi lì sotto. Nonostante le cattiverie vissute, nonostante gli sgarbi che ci siamo fatti non credevo potesse farmi questo. Lucas, non può essere lui. I suoi occhi castani, i lineamenti duri e lo sguardo fiero sono inconfondibili. Sono stata tradita da un mio compagno di classe.

 

«Corri veloce. Dovresti iscriverti ad atletica. Al Trinity c'è una buona squadra», mi dice mentre si toglie la cuffia di lana dalla testa come se nulla fosse.

Sono immobile.

«Vuoi un po' d'acqua? Dovresti bere, dopo una faticata del genere è importante », mi dice Lucas aprendo una bottiglietta e bevendo avidamente il contenuto.

Non dico nulla.

«Accomodati Elena, siediti dove più ti piace. Tra poco arriveranno gli altri?».

 

Altri?

Quali altri?

Sta per caso arrivando Andrew con qualche gorilla del Masques?

No. Questo no. Non lo posso tollerare. Anche se sono bloccata lì sotto non ho la minima intenzione di farmi fare del male da nessuno, soprattutto da un vigliacco come lui.

 

«Sei un bastardo. Tu sai tutto quello che ha fatto e sei disposto a vendere l'onore del Trinity per cosa? Mi fai schifo». Prendo l'ombrello ai miei piedi e inizio a rotearlo minacciosamente. 

Lucas, seduto su una sedia, arretra spaventato:«Che fai? Sei impazzita? Le cose non dovevano andare così, mi hai colto di sorpresa. Ho dovuto improvvisare». Parte del contenuto della bottiglietta gli si rovescia addosso.

«Ti divertivi a spiarmi e riferirgli tutto? Quanto ti ha pagato? Cosa ti ha promesso?», gli dico puntando l'ombrello al suo petto.

«Non capisco cosa tu stia dicendo... Io... Noi... Dovevamo se-seguirti qui al parco e...», balbetta confuso.

«Voi? Voi chi?». Mi guardo intorno senza abbassare la guardia. La grande tenda verde mi occlude la visuale, non so quante persone ci siano in quel magazzino.

«N-noi! Cioè: Adrian, James, Rebecc...». Lucas sta stilando una lista, ma lo interrompo bruscamente.

«Cosa? Anche loro sono coinvolti, ma... ma... Credevo che a voi, più di tutti gli altri, importasse del Trinity. Le foto poi erano... Erano...». Non sto capendo nulla di quello che sta succedendo. 

 

Possibile che James, Rebecca, Adrian e Lucas abbiano spiato le mie mosse per riferirle ad Andrew? Mi guardo intorno confusa, il mio cervello corre come un treno. Non capisco perché abbiano fatto una cosa simile. Di certo non per soldi, vengono tutti da famiglie abbienti, e nemmeno per prestigio, sono tra i ragazzi più ammirati della scuola. Allora, perché? 

Cammino avanti e indietro come fossi un animale in gabbia. I miei piedi sollevano la polvere depositata sul pavimento lasciando intravedere delle piastrelle color bruno scuro. Con le mani stritolo il telo dell'ombrello facendolo scricchiolare. Mi sento vuota come se non avessi più emozioni, come se i sacrifici fatti per salvare i miei compagni di classe fossero stati vani.

Ho cercato di salvare James e lui mi sta tradendo.

Sono una sciocca, una piccola e patetica sciocca.

 

«Lo facciamo perché ci importa della scuola. Mi sembra ovvio, no? Sinceramente non credevo avresti reagito in questo modo. Certo, tutto questo è un po' bizzarro, ma era l'unico modo. Ti ho sempre reputata abbastanza sveglia, pensavo avresti capito subito, ma in questo caso penso che tu ti diverta a creare guai». Lucas è a un palmo dal mio naso e afferra con decisione l'ombrello di scena scaraventandolo lontano.

«Creare guai? Credi che io abbia fatto apposta? Le foto sono state...», ma vengo interrotta.

«Ancora con queste foto. Quali foto?», Lucas mi guarda con aria interrogativa. Troppo interrogativa.

 

Una voce familiare giunge da dietro la tenda.

 

È James:«Già, di quali foto stai parlando?».

Dalla tenda si apre un varco, dopo di lui entrano anche Rebecca e Adrian. Sono tutti e tre vestiti di nero con una cuffia di lana in testa.

 

Sono confusa, molto molto confusa. Li osservo con attenzione come se cercassi di capire se si tratti effettivamente di loro oppure no. Gli occhi verdi di James, l'aria annoiata di Rebecca e i ricci di Adrian sono inconfondibili. Non sono delle copie, non sono finti, sono proprio loro, i miei compagni di scuola.

Ammutolita li guardo, non riesco a staccare gli occhi dai loro volti.

 

«James ti ha chiesto di che F O T O stai parlando? Capisci la nostra domanda?», Rebecca scandisce le singole lettere, probabilmente con l'intento di irritarmi.

Purtroppo per lei sono totalmente assente. 

James mi prende per le spalle e mi fa sedere a forza su una sedia:«Elena, quali foto? Di cosa stai parlando?».

Con la bocca semiaperta e lo sguardo vuoto scruto i lineamenti del suo volto, gli stessi che un tempo ho amato alla follia. Gli stessi che ho imparato a conoscere e desiderare, eppure adesso mi sembrano così diversi, come se appartenessero ad un estraneo.

«Perché state facendo tutto questo, perché mi avete rinchiusa qui?», gli chiedo con un filo di voce.

«Devi dirci cosa è successo. Il tuo comportamento non è normale. Se ne sono accorti tutti. Kate ha...», ma lo interrompo bruscamente.

«Che cosa ti ha detto Kate? Cosa?», urlo in preda ad una rabbia mai provata prima. La sola idea che possa aver tradito la mia fiducia mi manda su tutte le furie. Scatto in piedi spingendo James e facendolo arretrare, con la faccia rossa e i pugni stretti tremo, non ho il coraggio di guardarlo in faccia.

«Calmati, Kate non ci ha detto nulla. Ha detto che ti ha promesso di mantenere il segreto e non ci ha voluto dire nulla», mi spiega Adrian cercando di calmare i toni. «Abbiamo voluto portatori qui per capire come mai hai lasciato il Club di Dibattito. Soprattutto se c'è qualcosa di esterno che ti obbliga a fare cose che tu non vorresti fare».

 

Scuoto la testa. Non riesco a parlare con loro, mi è proprio impossibile. 

Con gli occhi lucidi sento una vergogna immensa crescermi dentro. Ammettere con tutti loro quel che ho combinato è la cosa più difficile che abbia mai fatto. Per la prima volta sono la protagonista della mia sofferenza. Non si tratta più della morte di mia madre o di quella di Demetra, ma di qualcosa che ho creato e provocato tutta da sola. Sono la madre del mio dolore, la creatrice delle mie angosce. 

 

«Di-dibattito l'ho lasciato perché non mi piaceva più. Io-io non sono molto po-portata». La mia voce vacilla, cerco contegno, ma appaio più ridicola di quanto sia già. Piango.

«Questo l'ho sempre sostenuto, so benissimo che sei una schiappa a Dibattito. Nonostante questo, tutta questa storia puzza pure a me, la sceneggiata in classe è stata di pessimo gusto. Per me conti meno di zero, non lo faccio perché sei mia amica, ma lasciare il Club con un elemento in meno non è una bella cosa». Rebecca sta scuotendo i lunghi capelli biondi, il tono è molto acido.

«Ti abbiamo portata qui perché volevamo capire che cosa ti sta succedendo. Io e Miss Scarlett ci incontravamo di nascosto per stare un po' da soli... Parlo di mesi fa... Non molte persone sono a conoscenza di questo posto», mi dice Adrian prendendomi per mano. La dolcezza delle sue parole e la tristezza del suo tono, mi riportano alla memoria il ragazzo timido che ho conosciuto l'anno scorso. Per un attimo mi sembra l'amico calmo e gentile di un tempo.

«Mi dispiace. Mi dispiace davvero per tutti voi. Ma non posso... Lo capite? Io... Io..», gli dico con voce tremante e la testa china.

«Elena. Parla!». James sposta Adrian con forza e si mette di fronte a me. Tenendomi stretta le braccia mi guarda furente. «Lucas non voleva spaventarti, non immaginavamo tu lo seguissi. Doveva portati Kate nel magazzino, con la scusa di fare delle foto. Una volta qui ti avremmo affrontata, ma Kate non si è vista e noi... Noi ti abbiamo seguita per il parco. Non volevamo metterti paura. Elena non devi aver paura di me. Te ne prego, dimmi cosa ti è successo».

 

Elena non devi aver paura di me.

Lo guardo e treno.

Elena non devi aver paura di me.

Provo ad aprire la bocca.

Elena non devi aver paura di me.

Spingo la voce fuori, ma non esce nulla.

 

«Non ne sono capace... Scusa James, scusa per tutto», dico accasciandomi al pavimento con le mani sul volto. Le lacrime bagnano il mio viso, riempiono la mia bocca, scivolano sui polsi. Scappo con la mente visto che il mio corpo è intrappolato in quel magazzino. Mi chiudo in me stessa in cerca di un posto sicuro, vago nel vuoto e affondo nel nero più nero che sento dentro.

 

Parole.

Suoni.

Odori.

Rumori.

 

James urla o forse è Adrian. Rebecca sta dicendo qualcosa, ma non sono molto sicura. Lo spostamento d'aria causato da corpi in movimento mi fa oscillare come fossi un filo d'erba, la polvere sollevata dallo scalpiccio delle scarpe mi ricopre. Vorrei essere un sasso, una pietra senza emozioni. Diventare uguale a milioni di altre rocce e perdermi in quell'infinita uniformità. Sparire, vorrei sparire. 

 

Toc. Toc.

È il battito del mio cuore? 

Toc. Toc.

Possibile che io sia viva?

Toc. Toc.

 

La realtà non è quella in cui mi nascondo. Il mondo è intorno a me.

Fuggo dal mio lato oscuro per osservare la vita.

Una porta si apre.

Occhiali. 

Capelli neri.

Occhi verdi.

 

I miei amici.

 

«Dov'è Elena?». La voce di Kate risuona su tutte: «Cosa le avete fatto? Siete impazziti?».

Un turbine di mani e braccia. Profumo di pelle. Jo mi solleva e mi accomoda su una sedia, mentre Stephanie mi asciuga il volto con un fazzoletto. Stringo la sua mano cercando calore fisico.

«Non abbiamo fatto apposta è successo tutto così velocemente», prova a spiegare Adrian.

«È spaventata a morte. Eppure vi avevamo detto che saremmo arrivati, no?», dice Stephanie stizzita.

«Non vi costava nulla aspettare», dice Jo piazzandosi di fianco a me. Mi avvinghio al suo braccio, non ho la minima intenzione di lasciarlo.

«Il piano era chiaro. Dovevamo trovarci al parco Franklin ad un'ora precisa. Noi c'eravamo, voi no. Dove diavolo siete finiti? A far colazione al bar?». Rebecca urla in faccia a Kate.

«Siamo andati a prendere l'unica persona che può aiutarci», le risponde Kate stizzita.

«Invece di tutte queste sceneggiate non basterebbe che tu, cara doppi occhi, ci dicessi cosa ha combinato questa mangia spaghetti? Del resto non ne hai parlato neanche con i tuoi amichetti, credo che Jo è Stephanie siano offesi del tuo silenzio». Rebecca e Kate sono a pochi centimetri l'una dall'altra.

«Io non tradisco i miei amici. Mai. Non sono come una principessina viziata di mia conoscenza. Inoltre i miei amichetti capiscono benissimo perché tenga la bocca chiusa. Loro mi rispettano. Ogni segreto che mi confidano non esce dalla mia bocca». Kate ha un tono duro, non l'avevo mai sentita parlare così prima.

«Brutta, schif...», dice maligna Rebecca, ma un urlo la interrompe. 

Le pareti del magazzino paiono tremare, i vetri vibrare. È come se gli attrezzi, le scenografie e tutte le cose nella stanza fossero diventati vivi per un secondo e in quell'attimo avessero trattenuto il fiato per poter ascoltare ancora quella voce.

 

Un eco si propaga nel mio cervello.

È una voce che mi ha aiutata più volte a emergere dal buio.

Suoni famigliari come fossi a casa.

 

Nik.

Nik con i capelli umidi di pioggia.

Nik con il volto serio.

Due occhi azzurri capaci di leggermi dentro.

 

«Adesso andatevene tutti da qui. Immediatamente. Dobbiamo restare soli». Le sue parole non ammettono replica.

James, Adrian, Rebecca, Lucas, Jo, Stephanie e Kate escono dalla tenda verde lasciandoci soli.

«Sono qui, Elena. Sono qui per te. Non ti lascio andare. Raccontami tutto», mi sussurra dolcemente in un orecchio. Le sue mani scivolano sulle mie guance, le sue labbra baciano i miei capelli.

 

Le mie difese crollano.

Un calore scioglie le mie paure.

Mi stringo per l'ennesima volta al mio salvagente, lo guardo negli occhi perdendomi in un azzurro più azzurro del cielo e trovo finalmente la mia voce.

Non sono più sola.

Non posso combattere senza un esercito.

Non posso combattere senza Nik.

 

... Continua nel prossimo capitolo...

 

   
 
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