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Autore: falcediluna_    01/09/2017    3 recensioni
Un piccolo spaccato di libertà, donatomi dalle Montagne in una grigia giornata di luglio
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rabbrividisce, uno spiffero di vento freddo le fa il solletico sotto la bandana che si è legata al collo.

Il fischio ripetuto di una marmotta echeggia per tutta la valle dietro di lei, a nord. È lontana, quella piccola sentinella, ma ha la vista lunga e ha percepito la presenza di umani.

 

Gli scarponi si muovono quasi da soli verso l’orlo del burrone; il vuoto ha un fascino magnetico, sembra quasi chiamarla a sé. Si siede sul tappeto di pietrisco sbriciolato, bianco e giallo, con le gambe che galleggiano libere nel nulla.

Le guglie di roccia appuntite e senza nome risalgono prepotenti e verticali il precipizio, a pochi metri da lei, rendendo ancora più aspro il paesaggio su cui posa lo sguardo. Questi giganti acuminati affondano le loro radici in profondità, nella pietra e nell’erba rada; ne segue i profili affascinata, studiando la forma irregolare dei mughi che vi si arrampicano a fatica.

 

La marmotta ora è silenziosa. Non si sente nessun suono, solo l’eco lontano e profondo del vento che rimbomba da qualche parte nella valle.

Lo strapiombo si lascia corteggiare, distaccato; talvolta si tira addosso qualche sottile velo di nuvole, che scivolano via dai fianchi rocciosi per poi coprirli di nuovo.

È capriccioso, vanesio e pieno di antico fascino. Sembra quasi ricolmo di tutti gli anni che l’hanno attraversato, trasformandolo impercettibilmente con ogni soffio di vento e sconvolgendone le forme con le innumerevoli frane subìte.

 

La mano di lei affonda leggermente nel pietrisco aguzzo, prendendone una piccola manciata ed avvicinandola agli occhi. La dolomia giallognola si sbriciola quasi solo a guardarla; sembra impossibile che queste montagne esistano da decine di milioni di anni.

Allunga la mano verso il vuoto e lascia scivolare via i sassolini, che precipitano in silenzio. Chissà come dev’essere la sensazione di volare tra queste guglie, come si divertono a fare i gracchi alpini che tanto ama osservare.

 

Piega la schiena in avanti, come per imprimere irreversibilmente in sé l’amata vista dei pallidi colossi di roccia. Il vento le sbatte distrattamente in faccia, ma lei quasi non lo sente.

Erba corta, ghiaioni, pinnacoli bianchi, valli verdissime a sud, mughi, nuvole grigie e basse.

L’aria fresca e umida le entra nei polmoni di prepotenza, sembra quasi volerla abbracciare e tirarla con sé nel vuoto. In quel vuoto dove vorrebbe poter volare libera e spensierata.

 

Chiude gli occhi, inebriata dal fascino etereo e distante dei monti. Vorrebbe poter essere parte integrante di ciò che la circonda, di farsi filo d’erba, sasso, terra…

Le sembra di poter sollevare il proprio corpo e muovere un passo oltre la spalla rocciosa, verso il nulla, verso il tutto… così, semplice come camminare… solo un passo…

 

 

 

«Nicole?»

 

 

 

Si riscuote improvvisamente, riaprendo gli occhi, e si volta indietro verso la voce che la chiama. Qualche metro più in là, al sicuro sul sentiero, suo padre la guarda interrogativo.

Sospira annuendo, forse più a se stessa che a lui, e si alza in piedi scrollandosi i residui di pietrisco dai leggings tecnici. Un’ultima occhiata a quel magnifico frammento di mondo ed è già in cammino, gli occhi che si allontanano ma il cuore che rimarrà sempre sull’orlo di quella silenziosa spalla di roccia protesa nel vuoto.

   
 
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