Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: queenjane    01/09/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Inutile riferire come mi sentii. Disperazione, impotenza, panico, dolore, come se il mondo intero mi fosse crollato addosso.
E così era.
Decisi di reagire, in un modo o l’altro.
Maledetta guerra.
Maledetti tedeschi.
Maledetta me. Se non mi avesse conosciuto e sposato non sarebbe morto come un cane, lontano da casa, alla schiena, lui che era stato  un soldato e un uomo coraggioso per tutta la vita. Queste parole come una litania, un incantesimo, l’odio che germogliava come un fiore velenoso dentro il petto, nessun loto, nessuno oblio .
Osservavo tutto a occhi asciutti, colloquio dopo colloquio con mio zio, che, oltre che dell’esercito, si occupava anche della Polizia segreta zarista, la Ocharana.
Fui snervante, lucida, senza isterie.
Volevo andarmene.
Dovevo andarmene.
Una cosa Alix me la aveva insegnata, ovvero l’organizzazione, che occorre avere un piano, mai improvvisare.
Rievocavo Luois, mi pareva impossibile dover vivere senza di lui, eppure lo avevamo seppellito, i funerali erano stati celebrati, ero vestita di scuro, nero su nero.
“Luois, je suis moi.
“Catherine .. Mon amour.
“Oui, il a dit oui, je serai ta femme.
“Catherine ?Je t’aime.
“Moi aussi, je t'aime. Je t'aimerai pour toujours.
Quelle parole lontane, il suo sorriso quando ci eravamo incontrati, la passione dei nostri corpi, il battito di cuore e anime.
In quei pochi mesi che era durato il nostro matrimonio eravamo stati felici, che prezzo avevamo pagato.
Che prezzo.
Lui morto,io in fuga.
Je t'aimerai pour toujours.
E per sempre sei rimasto dentro di me Luois.





“Sei una vigliacca, una codarda.”
“Allora non merito alcuna perdita di tempo. No?”
Un nuovo dolore, un abbandono ulteriore. Avevi ragione, ero una vigliacca.
“Perché.. che hai in testa. Cosa vuoi dimostrare andando in Francia, come infermiera volontaria, come se qui in Russia non avessimo ospedali e feriti.
“È il mio desiderio.” Voglio morire Olga, non è incubo, tu hai fede e io no.. E la notte mi inghiottirà, e non divorerà te. La disperazione come una pestilenza. Via da me.
“E saresti andata via, senza dire nulla, il solito fatto compiuto, lo ho saputo solo per caso. “alla rabbia si mischiava la pena. Bene .. via così. Contavo di scappare alla chetichella, invece dovevo andare fino in fondo, fino alla feccia. Strinsi i pugni, le braccia incrociate dietro la schiena, dovevo andare avanti, senza lussi. Chi mi amava era maledetto, Olga, me ne andavo per proteggerti, allora ne ero davvero convinta.  Te, come i tuoi, mia madre e mio fratello, volevo la vendetta, e quando ebbi l’occasione omisi, altre erano le cose più importanti.  
E allora volevo e  dovevo punirmi. E reagire, che se il mondo mi era crollato addosso, non volevo essere una vittima, passiva, rassegnata. E la ragazzina intrepida che ero stata balenava tra le braci, quella che aveva strappato un frustino al principe Raulov e le aveva prese al posto di mia madre.
“Se resto in Russia .. Non riesco a resistere.”ed era la verità.
 
“E te ne vai. Quando ti sei sposata, va bene ne avevi motivo. Era la passione, il grande amore,diciamo così, ora.. che vuoi dimostrare? Tuo marito è morto. Nessuno te lo riporterà indietro. Ogni tua ipotetica vendetta, atto di eroismo o che non ha senso, a lui non servirà. Servirà a te, nel tuo egoismo, sei solo una grande egoista, Catherine, come al solito, pensi solo a te stessa.” Dura come una punta di selce, di ossidiana.
Silenzio.
Eravamo nel salottino privato di mia  madre a Pietrogrado, come avevano ribattezzato la capitale, in un patriottico impeto, sole a discutere.
Sole per dire, che i cosacchi della guardia che la avevano condotta lì aspettavano fuori.
La stanza, piccola e intima, con i fiori freschi e i libri e mobili pregiati, ci accoglieva con le sue luci mutevoli. Il richiamo potente di una infanzia condivisa, fino alla fanciullezza e alla adolescenza, da fuori il profumo di glicini tardivi e rose fumose.
Un tesoro perduto.
“Non importa. Non mi interessa”
“Importa a me, rispondi a questo. Se lo sapessi, di come sarebbe andata a finire lo avresti sposato”
Silenzio. Ancora. 
Mi imposi di raddrizzarmi e allargare i pugni. Nel mio egoismo, anche allora, sapevo che lo avrei sposato.
“La nuova tecnica, non rispondere. Con tutte le lingue che conosci, è una suprema ironia che non cavi una parola in francese o inglese o spagnolo, finanche di latino“Un sospiro, omise il tedesco, che non avrei risposto di me, a parti invertite io avrei fatto peggio, sicuro “Meglio chiudere qui, Madame. E tanto sarebbe sì lo stesso“
“Chiedo congedo, Altezza Imperiale, devo finire di prepararmi.” Partirò, qualunque cosa tu dica o faccia, risparmiamoci questo strazio, è solo uno stillicidio.
Una occhiata in tralice, di traverso. I capelli raccolti in uno chignon biondo dorato, il viso stravolto dalla furia, un vestito chiaro, dai riflessi iridescenti. Avevi ragione, ogni vendetta o eroismo o ardimento a Lui non sarebbe servito, che era tra i morti.
Non dovevi sapere di come mi maledivo, del senso di perdita e maledizione, che avrei ucciso quel tedesco con le mie mani.
NO.
Tu eri una principessa, io una bastarda.
“Vattene.  Questo è un addio, allora. Hai il mio permesso, congedati.”
“Avete ragione è un addio, Altezza Imperiale.” Il titolo formale, lei lo aveva sempre aborrito e mai voluto in privato, per segnare il punto formale, di netto distacco.
Mi inchinai tre volte, avanzando all’indietro, tre flessioni perfette, l’ultima così profonda che mi lasciò senza fiato per un momento, come prescriveva l’etichetta.
Quello non era il congedo tra due amiche, due sorelle, ma tra una granduchessa e una suddita, non guardava ma il decoro andava rispettato. Era ruotata di spalle, forse per celare i singhiozzi, che la figlia di un soldato non piange mai.
“Pensavo che fossi mia amica, una sorella. Invece ho sbagliato, o almeno una volta lo eri, sa il Signore quanto ti ho voluto bene“Quelle parole, come coltelli nelle carni, un soffio, una benda“E saresti andata via, senza un saluto, come se fossi una sconosciuta. La solita egoista.”
Eri la mia amica, mia sorella e me ne andavo. Codarda e vigliacca, avevi ben ragione. Una volta, di ritorno da un viaggio da casa, ero ritornata, ma quello era un periplo senza ritorno.  Odiami … Io non merito nulla.
“Vi auguro di dimenticare, Altezza Imperiale. “
“E così sia. Io dimenticherò ma Voi no, Voi mai. Addio, Madame De Saint Evit. Ricordate che non vi è peccato peggiore chi tradire chi si fida di te. Mio fratello e le mie sorelle vi vogliono bene, andate a salutarli, per loro, non certo per Voi, non capirebbero e si sentirebbero abbandonati, senza perché. Specie Alessio, non capirebbe, vi è molto legato e.. Non voglio che pianga o vi cerchi, chiedendo quando tornerete, quest’anno che eravate a Parigi .. Lasciamo perdere, anche se, correttamente, avevate indicato l’estate, peccato che un anno per un bambino sia lungo, infinito. Diciamo chiaro e tondo che ve ne andate, senza data di ritorno, non create aspettative. Già che ci siamo, mandate due righe, giusto per forma e auguriamoci che dimentichi, in fondo i bambini fanno così.  Io spero solo di non vederti mai più.”
 L’ultima frase era  appena sussurrata, ma la percepii lo stesso, finsi il contrario e cadde il silenzio.
Addio Olga.
Dimentica, se puoi.
Starai meglio senza di me.
 
Io spero solo di non vederti mai più.
Sia così.
 
 
Dal diario di Olga, “21 settembre 1914. Addio.  Ho  finito e mi viene da piangere, neanche io ci credo, non si vuole fare amare. In qualunque modo ti mostri, qualsiasi maschera indossi..dentro di te sei una sola.. quando lo capirai??”



 “Che bello, uno spaniel.”
“Già come lo chiamerai, Zarevic? Vedo che ti rimane simpatico”
“Joy. O Achilles “ Stringendo il cucciolo che gli avevo regalato tra le braccia. Rapito. Contento, e sul momento non rilevava il mio viso scavato, che ero un corvo in lutto, abbracciò me e il cagnolino, almeno avrebbe avuto qualcuno che sarebbe stato sempre con lui, fedele, che non lo avrebbe lasciato.
Lo zar era al fronte, la zarina mi aveva elargito i suoi complimenti “per il tuo altruismo, a presto, vai a salutare i ragazzi” ma era l’ultimo passo. Olga non c’era, ometteva di presentarsi,ormai ci eravamo dette tutto. Vi vogliono bene, andate, a salutarli non capirebbero e si sentirebbero abbandonati, senza perché.. . Specie Alessio, definire senza limite l’affetto che aveva per me era solo una perifrasi. E mi aveva assestato una stoccata riferendo che aveva chiesto di me e cercato e voluto.
E tanto ero oltre la misura.
Volevo solo chiudere gli occhi e non svegliarmi mai più.
Almeno da morta non avrei patito in quel modo.
“Meglio Joy.” Gioia in inglese, che ironia, che sarcasmo, ma lui doveva stare bene, senza sentire le mie bestemmie, i piani di congedo e fuga.
“Joy Achilles. “ Era cresciuto, ancora, sarebbe diventato alto e ben fatto,mi abbracciò per la vita rovesciando il viso, premendolo poi contro il busto, annotando il mio vestito scuro, da lutto, alla fine, che Luois fosse morto non glielo avevo detto, e tanto… lui ascoltava tutto, sempre, anche se non pareva..mi si serrò addosso, stretto.
“Le mie storie le ricordi. “ una cosa che gli lasciavo, un dono d’amore e tanto ero vuota e spenta, nulla meritavo.
“Certo. Sempre” Gli accarezzai capelli, leggera.
“Io pure.”
“Anastasia, che fai.. “un movimento fluido e ci strinse entrambi.
“Cat. Quando torni?” Un sussurro che finsi di non sentire, infinitesimale, una bolla di sapone, un soffio di voce dello zarevic.
Probabilmente mai più. Non tornerò mai più.
Gli diedi un bacio e mi congedai, approfittando di una scusa. “Cat..” “Addio, zarevic, cercate di stare bene”
 “MA..”
⏳ “Sempre” accostai la guancia contro la sua, tenera, una recita, me ne volevo solo andare e tanto.. Congedati con onore, lascia che ti ricordino tranquilla, non isterica, non vi rivedrete più, fai uno sforzo.
Per staccarmi presi spunto dal cucciolo, che stava mordicchiando un guanciale.
 
Quello era un addio, mi ricordai di sorridere, senza fallo, poi strinsi Marie e Tatiana.
Quando andai a prendere l’auto, attesi che l’autista mi aprisse la portiera, mi girai di scatto, la sensazione di essere osservata.
Dal secondo piano del palazzo di Alessandro, la mano appoggiata contro il vetro, eri lì, un raggio piombò contro i pannelli illuminando le ciocche delle sfumature dell’oro e del bronzo, come un’immagine, un dipinto .
Chinai la testa, un piccolo cenno e salii.
Mai ho sentito di un lupo che abbia pianto.


Dai quaderni di Olga Romanov” la guerra, iniziata con tanto slancio, recò invece delle promesse vittorie morti e feriti e sconfitte inenarrabili. Lo so con cognizione di causa, che nel mese di agosto 1914 avevo frequentato con mia madre e Tatiana un corso per infermiere, trovandoci poi a lavorare nel Palazzo di Caterina riconvertito in ospedale militare, dopo avere assistito a una messa alle sette di mattina. Se tutto andava male la colpa era dei tedeschi e quale migliore capro espiatorio della zarina nata in Germania? Il pomeriggio frequentavamo i corsi supplementari, la mattina assistevamo agli interventi, facendo le medicazioni e assistendo e confortando come potevamo. Sporcizia, fatica, nausea.. la prima volta che mi hanno dato un braccio amputato da mettere via stavo quasi per vomitare, a malapena sono riuscita a non svenire. Leggevo i giornali, interrogavo gli ufficiali, cercavo di capire. E mi mancavi, anche se tenevo duro. Era un addio, no.  Ai tuoi tanti gesti impulsivi e scriteriati ero abituata, definirti egocentrica era un dato oggettivo, tranne che a quel giro non ne venivo a capo. La morte di tuo marito era stata un colpo atroce, choc, panico e dolore, ma tagliavi tutti i ponti e te saresti andata senza un saluto. Lo seppi per puro caso da tua madre, che non sapeva a quale santo votarsi per farti rimanere.. “Parlatele voi .. per favore. Siete la solo persona che può convincerla..” Hai fatto soffrire me, hai fatto soffrire lei che ti dissi, non vi è peccato peggiore che tradire chi si fida di te. E con Alessio ti avevo tirato una stoccata non indifferente, ti adorava e gli eri mancata, come gli sei mancata a prescindere.  Io spero solo di non vederti mai più. Quell’ultima frase, detta a voce bassa, l’avevi sentita, eccome, ti volevo far soffrire ed ero ben riuscita nello scopo, senza ricavarne altro che amarezza, mi ero pentita il momento dopo averla pronunciata. Ma sono andata avanti, non avevo molta scelta, tutti noi ci raccontiamo delle storie per proseguire, mi domando quale sia stata la tua, e so di averti ferita a morte, a nulla è servito.
Ancora dai quaderni”.. comunque, a rate davi notizie, giungevano dei biglietti, indirizzati a CARA OTMA, le iniziali mie e delle mie sorelle, nulla di rilevante, nel primo anno di guerra ne avrai mandati una decina, per lo più brevi annotazioni, personali per i compleanni e gli auguri, poche frasi di prammatica. Chilometri di distanza, nessun obbligo, tranne che mi mancavi. Non volevo, tanto era, uno dei tanti effetti collaterali. E mi arrabbiavo con me stessa, eri stata impulsiva, sventata e egoista, pur soffrendo. Ognuno reagisce a modo suo, lezione appresa nei lunghi turni di infermiera. Vestita con l’uniforme e il velo bianco, la croce rossa ricamata, mi confondevo. Ero una sorella di misericordia. Davo il mio contributo, una goccia nel mare, sempre meglio di nulla. Come tutti, anche Marie e Anastasia, divenute patrone di un ospedale. Leggevano per i feriti al pomeriggio, lavoravano a maglia le loro cose, giocando a carte e dama per intrattenerli, scrivendo a casa sotto dettatura, cucendo vestiti e bende e fasciature. A malincuore andavano a lezione. Oltre all’attività di infermiera, facevo pure io quelle cose, insieme a Tata, in più suonavo il pianoforte. E cercavo di non pensare alle serate trascorse dalla Vyribova, che, tranne che per un concerto settimanale si ripetevano con monotona cadenza. Non vi era verso di sottrarvisi, io ero indocile, ingrata e ribelle.. As usual. E non sopportavo il Nostro Amico, come mia madre definiva Rasputin, come se le sue preghiere fossero davvero quelle di un re taumaturgo, calmava l’ansia di mia madre, non quella di Alessio.. Cat .. perché mi hai detto dopo, quando pensavamo di esserci perse per sempre e ci siamo ritrovate sull’orlo, che quando Luois de Saint Evit è morto avevi abortito per la seconda volta, eri incinta di due mesi appena, andava tutto bene, la prima gestazione poteva essersi conclusa in aborto per la precocità, la giovane età, la seconda si era chiusa per il trauma.. Ci credo che eri piena di dolori e tormenti, pure.. Potevi dirmelo. Per proteggermi, te ne sei andata, definirti contorta ed egoista è sempre stata una perifrasi. Eri il dragone solitario delle tue storie, eri ancora e sempre la mia principessa, poi di ritorno, amore non significa possesso, quando hai avuto la libertà sei ritornata, le fragilità che erano diventate un punto di forza, non ti sei arresa. E quando ho saputo .. la realtà della violenza, eri una tigre, una combattente da sempre, egoista per non arrendersi“
 
Ero riuscita ad andarmene senza scoppiare. Non sarei tornata mai più. Addio, Olga.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: queenjane