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Autore: Drew Bieber    01/09/2017    0 recensioni
Nel famoso anfiteatro dell'Antica Roma ogni giorno si svolgono crudeli lotte contro animali selvaggi, terribili esecuzioni e combattimenti tra gladiatori che lasciano senza fiato. Tra questi vi è una persona in particolare cui nome è gridato ed acclamato dalle folle a gran voce: Thalissa. Venduta come schiava quando era solo una bambina orfana ha saputo farsi strada nel mondo spietato in cui vive dove è la legge del più forte a vigere sulle altre. Coraggio e Paura, Ricchezza e Poverta, Vita e Morte, Amore e Odio, Umano e Divino. Questa è la storia della gladiatrice.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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8. BACCO

Il cinghiale era davvero cotto a puntino, ma per quanto delizioso fosse, Thalissa non riuscì ad assaggiarne neanche un pezzetto lasciando la sua porzione a Valerio che non ci pensò due volte a ripulire il piatto. A lei bastavano un calice e una brocca di vino, seduta a terra appoggiata al davanzale della finestra con quella sua tipica aria pensierosa. Da qualche parte lì fuori sua sorella di stava preparando per andare alla festa organizzata da Emilio e chissà cosa sarebbe successo. Lei non avrebbe di certo potuto saperlo standosene là a sorseggiare vino. 
-Sapevo che ti avrei trovata qui- Domizio si mise a terra con le spalle al muro e di fianco a lei che nel vederlo non batté affatto ciglio -Stai pensando a tua sorella?- quell’insistenza riusciva sempre ad irritare la ragazza che puntualmente non riusciva ad ignorare il seccatore -Si- stizzita si versò un altro bicchiere di vino e prese a bere –Potresti andare anche tu alla festa e vedere come sta andando- una possibilità che Thalissa non avrebbe neanche preso in considerazione, così come non prese in considerazione la cortesia di rispondere-Non sapevo avessi una sorella, parlami di lei, sono curioso- una richiesta più fuori luogo di così non poteva esserci, Thalissa non faceva che pensare a Giuditta e magari invece di distrarla cambiando totalmente argomento Domizio decise proprio di parlare di lei. Ad ogni modo la ragazza non vide ragione di far storie e prese a raccontare:
-Cosa vuoi sapere?- tra le varie cose che non sapeva fare c’era anche il non saper iniziare a raccontare una storia e quindi vi era per forza bisogno che qualcuno l’aiutasse in questo -Beh parti dall’inizio no?- “Dall’inizio” si era un buon modo per cominciare -Vedi noi… non siamo davvero sorelle..- fin da subito lui ebbe da ridire -Ah no? Ma se vi riferite l’una a l’altra chiamandovi “sorella”? – che domanda stupida -Questo perché io e lei siamo cresciute insieme come sorelle, quando io arrivai nella casa del mio primo padrone non ero che un’orfana di 4-5 anni al massimo, Giuditta aveva 1-2 anni e quando mi vide, sua madre decise di prendersi cura di me. Abbiamo vissuto nella stessa casa, ci conosciamo affondo e io le voglio molto bene- Domizio sorrise con sguardo furbo -È per questo che non l’hai fermata vero? Sai che anche gridandole contro lei non avrebbe rinunciato all’idea di prendere parte alla festa- Thalissa non era per niente sorpresa di quella deduzione, dopotutto aveva ben capito che il ragazzo avanti a lei era molto più furbo di quanto ella stessa pensasse -Tra me e lei non c’è mai stato davvero bisogno di chiarire o discutere, sapevamo ciò che l’altra pensasse prima ancora che le parole potessero uscire dalla bocca, tra di noi sono gli sguardi e i gesti a parlare, come lo schiaffo che le ho dato e come lo sguardo che lei mi ha lanciato…- Thalissa fece per portarsi il calice alla bocca ma prima che potesse bere Domizio glielo tolse dalle mani bevendo al suo posto -Eppure non capisco perché te la prendi tanto, le intenzioni di Emilio sono ben chiare a tutti e se tua sorella è soddisfatta non credi che dovresti metterti il cuore in pace?- la ragazza sembrò davvero risentita dalle parole appena pronunciate -Tu non capisci, e neanche Giuditta capisce, voi uomini, soprattutto quelli ricchi, credete tutti di avere il mondo in mano e di poter fare ciò che volete, le donne non le vedete che come oggetti, le usate per diletto, per capriccio o per noia, poi vi stancate e le gettate via, senza curarvi dei sentimenti e se vi mancano di rispetto non ci pensate due volte a ricorrere a dure punizioni- la voce di Thalissa non era né alta né severa ma nel tono c’era una freddezza e una fermezza tagliente che andavano ben più a fondo, suscitando l’indignazione Domizio -Come puoi parlare così? In base a cosa tu affermi ciò?- alla ragazza venne spontaneamente ma sorridere, beffeggiando l’ingenuità dell’amico -Se parlo così è perché io ricordo, io ho visto e ricordo, cosa che non vale per Giuditta, troppo piccola anche solo per capire. Ricordo chiaramente quella donna che mi crebbe come una figlia. Era una donna alta, formosa, dai tratti delicati, i suoi erano capelli lunghi e ricci, color del miele, i suoi occhi erano blu come il cielo, sapeva cantare, cantava spesso, per questo durante i banchetti intratteneva sempre gli ospiti. Per queste sue qualità era desiderata da molti uomini e preferita preferita da uno in particolare. Quasi ogni notte, quando arrivava l’ora di dormire lei mi intimava di andarmene a letto e di potar con me anche Giuditta e per nessuna ragione avremmo dovuto cercarla. Una volta lei era seduta in braccio ad un uomo che continuava ad infastidirla e lei faceva buon viso a cattivo gioco, fingeva la normalità eppure si capiva chiaramente che non ne poteva più di tutti quegli abusi. Poi si stancò e si ribellò ad uno di loro. Una sera la costrinse a stare in camera sua e lei durante il sonno tentò di assassinarlo, presa dalla disperazione stava per pugnalarlo, l’uomo però si svegliò e fu lui ad ucciderla. Giuditta non seppe mai come andarono davvero le cose, ma io si, io lo seppi. Perché mentre quella povera donna urlava dal dolore e cercava di aprire la porta per scappare io ero dall’altra parte a sentire i suoi lamenti a vedere il sangue scorrere a terra. Le avevo disobbedito: Giuditta si era svegliata piangendo il nome della madre e io nel tentativo di calmarla andai a chiamarla. Non avevo idea… - in quel momento la voce di Thalissa si spezzò, sembrava stesse per piangere ma era solo tanto odio accumulato, lo si vedeva chiaramente negli occhi e per il nervoso le tremavano le mani- È per questo che sono diffidente dagli uomini. Non fanno che abusare delle donne… e non voglio che mia sorella faccia la stessa fine di nostra madre, almeno Giuditta io la voglio proteggere, purtroppo so che non ci riuscirò, lei è davvero troppo testarda…-
Thalissa parlò davvero allungo eppure quello stanco sembrava Domizio che, non aver ascoltato la vicenda, non sapeva più che dire, neanche riusciva a sorseggiare il vino come aveva fatto fino a qualche minuto fa. Ai due andava bene anche il silenzio assoluto, tanto che restarono lì per un bel po, con come sottofondo il ciabattare dei servi.

La festa intanto procedeva bene. Gli invitati erano numerosi, il cibo e il vino abbondanti. Emilio andava in giro tenendo sottobraccio Giuditta che si era degnamente preparata per l’occasione indossando i regali che Emilio stesso le aveva fatto in modo che lei potesse sfoggiarli quella sera. La ragazzina sembrava non essere mai stata una serva, tutti erano gentili con lei, gli uomini le porgevano complimenti, le signore sembravano un po’ più acide, probabilmente prese dall’invidia. Mentre Giuditta stava riempiendo una coppa di vino per il suo signore sentì un paio di loro parlar male di lei -Ma l’avete vista quella sgualdina? Si è adornata per bene e crede di essere al nostro livello, se non superiore a noi! Povera illusa non ha capito di essere solo il divertimento del signore che tanto sembra adorare- parole che non le furono indifferenti e che per un secondo le ricordarono sua sorella, d’istinto si mise una mano sulla guancia che il giorno prima aveva ricevuto un sonoro schiaffo. Quasi percepiva ancora il forte dolore. Giuditta non si accorse che ora accanto a lei era arrivato Emilio che vedendola come incantata le aveva appoggiato una mano sulla sua. Questo gesto fece ritornare in se la ragazza che alzò lo sguardo sull’uomo -Tutto bene?- chiese lui – Si… tutto bene- i due si allontanarono dal tavolo, lasciando stare il vino -Ti vedo stanca, andiamo in camera mia così vai a riposarti- un’idea che a Giuditta non fece molto gola in quel momento, molto probabilmente Emilio non l’avrebbe lasciata immediatamente dormire e un pensiero simile la rese titubante. Durò poco però perché la ragazza non ci mise molto a scacciare indecisioni varie e fuori luogo e si dimostrò ben disposta ad accettare tale accortezza. Prese la mano dell’uomo e lui stesso non si ci mise molto a lasciare i vari ospiti a banchettare nella sala. 

Ormai a notte fonda gli occhi di Domizio avevano ceduto completamente e si era quindi abbandonato sulla spalla di Thalissa seduta a terra accanto a lui. Lei però era ben sveglia e vigile, troppo presa dall’ansia per dormire come il ragazzo lì vicino. Per tutto il giorno aveva vagato in lungo in largo, su e giù per l’intera casa in una sorta di angosciante impazienza. A quell’ora il suo corpo aveva trovato pace, ormai stanco,  ma questo non valeva per il suo spirito, mentre la mente volava a pensieri lontani e assurdi pur di evadere dalla prigione di preoccupazioni in cui era rinchiusa. Osservando il cielo sopra le loro teste ricordò il sogno fatto qualche sera prima. Senza neanche una stella ad illuminarlo era davvero simile alla profondità marine in cui Thalissa stava per essere trascinata. Quasi sentiva il freddo penetrarle nelle ossa. Le venne anche in mente la predizione che ricevette un giorno da una vecchia signora al mercato. Era con Fabiano quella volta e fu stesso il ragazzo, titubante, a trascinarla in quella che forse era stata una vera e propria perdita di tempo. Nonostante ciò Thalissa ricordava ancora le parole dell’anziana, benché per sommi capi: semplicemente lei non era sola, c’era ancora qualcuno lì fuori per lei, forse una madre, un fratello, degli zii, chiunque fosse la stava reclamando, ma in che senso? C’era bisogno di perdere per trovare e di affondare per risalire… lei però in quel sogno stava solo affondando… probabilmente non era uno dei presagi migliori che potesse avere e forse si trattata di sole sciocchezze, fatto sta che la mente di Thalissa restò con un chiodo fermo per attimi interminabili. 
Intanto Domizio stava diventando davvero inquieto nel sonno. A quanto pare non riusciva più a trovare una posizione comoda per dormire e si muoveva continuamente. Certo che chi si sarebbe immaginato un finale del genere? Non si erano che conosciuti per caso, grazie ad un bambino un po’ troppo disobbediente che pur di incontrare la famosa Thalissa si era infiltrato nella casa dei gladiatori e suo fratello per recuperarlo, altro non poté fare che seguirlo. Il ragazzino se ne era andato su e giù per i piani dell’edificio nella speranza di scovare la sua tanto amata gladiatrice e Thalissa per poco non impazzì a trovarlo, non avendo la benché minima idea di chi fosse il piccolo infiltrato. Poi, nell’accompagnare il piccolo dal fratello, si ritrovò davanti Domizio, con Valerio che gli correva in contro. A prima vista era difficile decidere chi dei due fosse più imbambolato dell’altro nello scambiarsi reciproci sguardi. Ora invece Thalissa si ritrovava a vivere nella casa dei due: col più piccolo giocava, combatteva, per modo di dire, e andava a caccia. Con il più grande ci litigava, ci si scontrava, si sfogava, ci rideva, ci si annoiava e gli faceva da cuscino. Non che la spalla della ragazza fosse il miglior sostituto di un vero e proprio cuscino. Infatti Domizio non aveva di certo smesso di agitarsi, facendo smuovere la stessa Thalissa, ma quella era una situazione alla quale lei stessa era abituata. 
Da piccola lei e Giuditta avevano sempre condiviso lo stesso letto. Finché erano entrambe piccole si stava anche comodi in due ma non appena iniziarono a crescere non si poteva dire lo stesso, tanto che ci si ritrovava a riposare su un fianco solo. Per questo motivo le due andavano sempre a dormire piuttosto tardi poiché Thalissa passava le ore ad inventare storie per la sorellina, sembra troppo attiva per chiudere gli occhi. Si mettevano l’una su l’altra e mentre Giuditta le accarezzava i capelli, Thalissa parlava e parlava rischiando di essere la prima ad addormentarsi. Una volta che la piccolina sprofondava nel sonno più profondo non era di certo finita lì, iniziava infatti una serie di calci e manate, anche parole senza senso qualche volta, spesso capitava di restare senza coperte o cuscino e insomma Thalissa non passava di certo una notte tranquilla con una peste del genere accanto. 
Con tutti questi ricordi in mente alla ragazza era proprio difficile ritornare alla realtà in cui la sua sorellina ora si trovava. Quel salto da piccola e innocente a grande e cresciuta la spaventava per davvero. In fondo lei sapeva che Giuditta restava una bambina ingenua e sicuramente incapace di difendersi. Anche per quello ci aveva pensato sempre Thalissa. Quando quelli più grandi le deridevano lei era sempre pronta a fare a botte con i maschi e si conciava proprio male. Non si trattava mai di scontri alla pari quindi lei le prendeva di santa ragione ogni singola volta. Thalissa aveva iniziato così, rotolandosi nella polvere con bambini troppi prepotenti, per poi finire nell’arena del più grande anfiteatro di Roma a combattere contro vere e proprie macchine da guerra. Anche quella era una cosa inaspettata.

-Thalissa- Domizio si era svegliato e aveva lo sguardo rivolto nella direzione della ragazza, non stava guardando lei però, ma più infondo, dietro di lei -Quello lì… non è fumo?- voltando la testa, lo notò anche lei. Un’enorme nuvola di fumo che si alzava da terra e si espandeva immensa nel cielo inquinando l’aria. Un odore acre di erba e carne bruciata.  Aguzzando l’udito si riuscivano a percepire anche delle grida, delle richieste di aiuto, voci così forti da sembrare disumane. Evidentemente poco lontano da lì era scoppiato un incendio. Per un attimo pensò quasi che il sonno stesse giocando brutti scherzi ed entrambi ma loro non furono gli unici ad accorgersi di quanto stava accadendo. Dalle finestre, non solo di casa propria, si stavano affacciando sempre più persone tutte probabilmente disturbate o dalle grida o dall’odore fastidioso, qualcuno forse vedendo i vicini svegli si era svegliato a sua volta. Chi si agitava e gridava chiedendo soccorso, chi osservava in silenzio, chi già era fuori casa pronto a correre in direzione dell’incendio, alcune donne erano addirittura svenute dalla paura, dei bambini piangevano con le fiamme negli occhi. Qualcuno, la madre di Domizio probabilmente, urlò -LA CASA DI EMILIO STA BRUCIANDO!- il ragazzo si mise in piedi ma non fu in grado di fare altro. Thalissa invece era una di quelli che guardavano con totale e apparente indifferenza.
  
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