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Autore: Odhem    01/09/2017    1 recensioni
Un uomo si sveglia in una prigione e non ricorda niente, nemmeno il suo nome. Dovrà lottare con tutte le sue forze per ricordare e tornare libero.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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V

 

Il giorno dopo ci eravamo organizzati secondo il piano di Shadak. Era un buon piano, quasi infallibile, ma qualcosa non mi piaceva. Eravamo andati dallo sciamano e ci avevamo fatto preparare abbastanza pozione di invisibilità per tutti; gli ingredienti bastavano a stento e, se ne avemmo voluto dell'altra, lo sciamano avrebbe dovuto andare in cerca dei componenti.

Eravamo in tutto una trentina di uomini e c'erano anche alcuni ragazzi neanche diciottenni.

Dovevamo recarci alla prigione e non potevamo di certo usare il tappeto dato che eravamo in troppi. Decidemmo che avremmo attraversato la foresta a piedi per raggiungere il carcere.

Era tutto pronto per il viaggio. Ognuno era armato di una spada e un arco per non parlare dei maghi che potevano fare incantesimi. Eravamo in cinque. Io, Leokul, Shadak e altri due uomini ben addestrati.

All'alba eravamo tutti pronti e partemmo. Per prima cosa dovevamo lasciare la dimora dei nani e Leokul, che conosceva meglio le gallerie, ci guidava. Scendemmo innumerevoli gradini e passammo per tanti ed enormi corridoi. Alla fine ci trovammo davanti a una parete, in apparenza un vicolo cieco. Ma Leokul non si fermò, si avvicinò alla parete e cominciò a tastarla. Era tutto ben illuminato dai globi che noi maghi avevamo nella mano sinistra. La parete sembrava regolare e piatta senza la più minima imperfezione. Ma evidentemente non era così.

"Trovato! Ci ho impiegato un po', non pensavo che fosse così in basso" disse Leokul.

Poggiò la mano ad altezza del bacino, praticamente all'altezza della testa di un nano, e si piegò per spingere con forza. Si sentì un rumore acuto e lentamente il portone cominciò ad aprirsi. Era a due ante. Ce ne rendemmo conto dato che la luce cominciò a filtrare dalla fessura e poco dopo fu larga abbastanza per passarci. Uscimmo all'aria aperta.

Per arrivare alla prigione dovevamo attraversare una foresta che cominciava dalla base della montagna e si estendeva in tutte le direzioni per chilometri. Quello che si orientava meglio tra di noi era Leokul e infatti lo mettemmo in testa al gruppo.

"Secondo alcuni in questa foresta vivono gli elfi", disse Leokul "e non sono molto ospitali"

Ci addentrammo tra gli alberi. Le foglie oscuravano il sole tranne che per qualche piccolo spiraglio. Il terreno era piuttosto spoglio ma c'erano aghi di pino dappertutto. L'odore era quello pungente del pino.

Passarono delle ore durante le quali camminammo nella stessa direzione senza trovare ostacoli. Anche se non avevamo cavalli procedevamo piuttosto spediti.

Era quasi il tramonto e ci preparavamo ad accamparci quando una freccia sfiorò la testa di Shadak l'orco e si conficcò nell'albero lì vicino: eravamo sotto attacco. Shadak rimase di stucco a fissare la freccia che l'aveva sfiorato.

"Restate calmi!", dissi per evitare che si diffondesse il panico.

Delle urla si alzarono: "Sono gli elfi! Siamo spacciati!".

Poco dopo si udì lo scalpitare dei cavalli e in lontananza si intravedevano delle figure muoversi tra gli alberi tutt'intorno a noi: eravamo circondati.

Per un po' non sentimmo altri rumori, probabilmente si erano fermati ma non vedevamo ancora nessuno. Eravamo in disparità numerica, non valeva la pena provare ad attaccare e poi loro erano a cavallo e noi a piedi.

"Restate fermi dove siete!", ci giunse la voce con un accento strano.

"Fate come dice", dissi, e tutti restarono immobili a fissare il punto da cui proveniva la voce.

Poco dopo apparvero tre figure a cavallo. Quelle dietro avevano l'arco teso mentre quello davanti reggeva le redini del cavallo, sembrava il loro capo.

Si avvicinavano sempre di più e cominciammo a distinguere i loro lineamenti. Avevano le facce esili e le orecchie a punta. Indossavano delle tuniche verdognole con cappuccio ma lo portavano abbassato.

Arrivati a circa venti metri da noi si fermarono e il loro capo cominciò a parlare:

"Chi siete e che ci fate nella foresta sacra?".

"Siamo ribelli, ci stiamo dirigendo alla prigione di Rockpeak", dissi.

Non valeva la pena tentare di mentire e poi anche gli elfi non erano molto d'accordo con la politica del re. Pensavo che non ci avrebbero intralciato.

"Cosa andate a fare a Rockpeak?"

"Abbiamo intenzione di liberare i prigionieri".

"Ahahah! E come pensate di fare? Quel posto è protetto da maghi guerrieri che non esiteranno a uccidervi senza pietà per non parlare del fatto che siete così pochi che ne basterebbe uno di loro per farvi fuori tutti".

"Abbiamo un piano"

"Il vostro piano è destinato a fallire senza aiuto"

"Dobbiamo comunque provare", dissi.

"Sapete, non dovreste essere qui. Molti sono morti per aver messo piede nella foresta. Ma voi mi piacete e se siete davvero dei ribelli potete farci comodo. Ora seguiteci, vi porteremo al villaggio a discutere con Adolamin, il nostro re. Capirete subito in che modo aiutarci".

Non potevamo far altro che ubbidire e ci mettemmo in marcia. Ci addentrammo sempre di più nella foresta. Ormai era notte ma dagli elfi che ci precedevano emanava una specie di bagliore che ci permetteva di vedere la strada.

Era notte inoltrata quando arrivammo al villaggio. Non c'erano mura nè niente e le dimore si trovavano tutte in cima agli alberi a cui si arrivava tramite delle scale a chiocciola. Al centro del villaggio si trovava un albero, anch'esso con una capanna sulla sommità, ed era il più grande di tutti. Pensai che dovesse essere la dimora del re.

Il capo delle guardie ci disse che era troppo tardi per parlare col re e che dovevamo aspettare il mattino seguente. Ci fecero sistemare sull'erba alla base degli alberi e ci diedero da mangiare. Andammo a dormire e sprofondai in un sonno profondo e rigenerante.

   
 
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