Je te Pardonne/ I forgive you
I forgive you
You know now what you have done
I forgive you
Now that’s time for me to
move on
I forgive you
You did not see right from wrong
I love you, always in my heart.
(“Je te Pardonne/
I forgive you” Maitre Gims
ft. Sia)
I
rapporti tra Elijah e Hayley parevano essersi piuttosto raffreddati dopo
l’episodio del patio: la ragazza era consapevole di aver fatto una figura
meschina mostrandosi offensiva e provocatrice, ma allo stesso tempo non capiva
perché il vampiro Originale dovesse mostrarsi tanto paziente e tollerante con
il piccolo mostro. Tuttavia anche lei doveva sopportare la presenza di Tristan
e l’insolita gentilezza di Elijah nei suoi confronti, poiché, a quanto
sosteneva Vincent, sarebbe stato proprio il Conte l’artefice della sconfitta
della minaccia che incombeva su Hope e sulla famiglia Mikaelson. Per il bene
della figlia Hayley avrebbe stretto i denti e resistito, ma una volta che il
pericolo fosse passato ci avrebbe pensato lei a scacciare quel subdolo e
viscido serpente, visto che Elijah sembrava incapace di capire quale fosse la
cosa giusta da fare.
Dal
canto suo, Elijah provava sentimenti contrastanti che lo rendevano meno sicuro
di sé.
Continuava
a pensare che il suo futuro dovesse essere legato a Hayley e a Hope, che con
loro avrebbe potuto formare la famiglia che desiderava e vivere una vita più
serena, eppure, allo stesso tempo, era in ansia per la sorte di Tristan.
Riteneva, infatti, che gli Antenati lo avrebbero usato per i loro scopi e che non
si sarebbero interessati del suo destino una volta sventata la minaccia. Quello
che contava, per loro, era sbarazzarsi dell’entità malefica che minacciava la
stabilità di New Orleans e avevano scelto Tristan per farlo, poco importava a
quale prezzo.
Quali
motivazioni potevano aver avuto gli antenati per scegliere proprio Tristan? Non
era difficile immaginarlo. Tristan era uno dei vampiri più antichi dopo gli
Originali e dunque più potente di molti altri; era inoltre facilmente
ricattabile dopo che avevano fatto rapire sua sorella da Vincent e, alla resa
dei conti, sarebbe stato nel suo interesse proteggere il suo Creatore dato che,
morto lui, si sarebbe istantaneamente estinta anche la sua intera discendenza.
E
poi, ma pensare a questo raggelava il sangue di Elijah, per loro Tristan era sacrificabile.
Per
tutti questi motivi, l’Originale riteneva che fosse giusto, in quel periodo,
mostrarsi più paziente e gentile con Tristan, fargli qualche concessione e
passare del tempo con lui. Hayley avrebbe dovuto capire, Tristan aveva bisogno
di stare tranquillo e rilassarsi per poi essere pronto e concentrato quando
fosse stato il momento di agire.
Eppure,
il pensiero che davvero attanagliava il cuore e la mente di Elijah era un
altro.
Cosa farei se
Tristan non sopravvivesse alla prova? Voglio stargli accanto il più possibile,
adesso che posso averlo qui con me…
Quella
mattina, dunque, Elijah si presentò a Tristan con disinvoltura e un sorriso
accattivante.
“Qualche
giorno fa sembrava sentissi il bisogno di uscire da questo palazzo. Bene, non
hai il permesso di andare fuori da solo, ma ho pensato che ti farebbe bene fare
una passeggiata e distrarti. Beninteso, verrai con me e non ti perderò di vista
un solo istante” gli annunciò.
“Proprio
non ti fidi di me, eh? Pensi di procurarti anche un guinzaglio, tanto per stare sul sicuro?” ribatté Tristan, in tono
insolente.
In
realtà quella reazione caustica serviva a mascherare la profonda emozione e il
turbamento provato quando Elijah gli aveva detto che lo avrebbe portato fuori.
Sarebbero usciti insieme, dunque, solo loro due? Tristan si impose di non fare
lo sciocco e di mantenere un’apparenza di controllo: quella era soltanto
un’altra concessione che l’Originale intendeva fargli, in virtù del fatto che
lui era destinato a salvare la sua vita e la sua famiglia. Inutile farsi film
mentali come un ragazzino di tredici anni…
“Spero
di non averne bisogno, tu che ne dici?” ribatté Elijah, stando al gioco.
Inspiegabilmente, anche lui si sentiva rilassato e sereno al pensiero di trascorrere
una giornata fuori con Tristan. “Ho saputo che al New Orleans Museum of Art si sta svolgendo un’interessantissima mostra
itinerante sui tesori della tomba di Tutankhamon e ho pensato che potrebbe
farti piacere visitarla. Potremmo recarci lì stamattina e restare anche a
pranzare nel ristorante che c’è all’interno del museo, per visitare tutto
quello che ci interessa con calma.” *
Tristan
ostentava calma e distacco, ma dentro di sé fremeva: Elijah aveva pensato
proprio a tutto e quella sarebbe stata davvero una giornata tutta per loro, a
prescindere dalle intenzioni del suo Creatore. Sarebbe stato davvero molto
difficile mantenersi controllato e non farsi illusioni…
“Non
capisco il motivo di questo improvviso slancio di generosità da parte tua, ma sarebbe
da sciocchi rifiutare un’occasione simile” replicò il giovane Conte. “Io sono
pronto, possiamo partire quando vuoi.”
“Non
c’è momento migliore del momento presente” fu la risposta di Elijah.
Così
i due si recarono al New Orleans Museum of Art, suscitando
i commenti più o meno malevoli del resto della famiglia.
“Va
bene che Tristan, secondo le visioni di Vincent, è destinato a salvare la
nostra famiglia, ma qui mi sembra che si stia esagerando” disse Freya, dopo che
i due furono usciti. “Se Elijah desiderava vedere quella mostra avrebbe potuto
andarci da solo o chiedere a qualcuno di noi di accompagnarlo.”
“Io
mi fido di Elijah” ribatté Rebekah, alla quale quell’uscita al museo sapeva
tanto di appuntamento galante, nel modo un po’ contorto del fratello maggiore,
“e se ha scelto di portare fuori Tristan avrà senza dubbio i suoi motivi. Non
credo che esista il minimo pericolo e, anzi, probabilmente è anche una mossa
astuta: in questo modo Tristan dovrà sentirsi ancora più in debito con lui e
impegnarsi maggiormente per la missione che gli è destinata.”
“Quello
psicopatico non sa nemmeno dove stia di casa la gratitudine” fu il tagliente
commento di Hayley. “Elijah si sbaglia di grosso se pensa che questa
concessione serva a legarlo di più alla famiglia.”
“Non
sono d’accordo con te” le disse Rebekah, cercando tuttavia le parole giuste per
non offendere i sentimenti della ragazza. Lei non aveva il minimo dubbio che
Tristan fosse legato ad Elijah per più di un motivo e che stargli accanto
avrebbe contribuito a sviluppare sempre di più il suo affetto per lui… ma non
poteva certo dirlo in faccia a Hayley! “Tristan è comunque asservito ad Elijah
e io so per esperienza quanto, nonostante rivalità, odio e vendette, alla resa
dei conti il legame più forte resti quello tra creatura e Creatore. Il fatto
che tra loro due si crei un buon rapporto non può essere che un vantaggio per
tutti.”
“In
questo caso penso che Rebekah abbia ragione” intervenne Klaus, ripensando al
suo rapporto altalenante con Marcel. “Elijah fa benissimo a trattare bene il
piccolo mostro, cercando di essere per lui quella figura di mentore e guida
che, finora, non è mai stato. Ciò che mi domando, invece, è perché non ha
chiesto a nessuno di noi se volevamo accompagnarli. Io sarei stato interessato
a visitare la mostra sui tesori di Tutankhamon…”
Rebekah
represse un risolino e tentò di trovare una risposta convincente.
“Beh,
immagino che abbia pensato che a nessuno di noi avrebbe fatto piacere
trascorrere una giornata intera insieme a Tristan!” disse.
“Ci
puoi scommettere!” fu la replica decisa di Hayley. “Io non sopporto nemmeno di
stare nella stessa stanza con quell’infido assassino e spero vivamente che,
quando il pericolo sarà passato, ce ne potremo liberare in un modo o in un
altro.”
“Io,
invece, avrei anche potuto tollerare la presenza del mostriciattolo” dissentì
Klaus. “Lo avrei ignorato per tutto il tempo e mi sarei goduto le meraviglie
della mostra… ma non è così importante. Approfitterò di questo tempo libero per
andare a parlare con Marcel. Sono diversi giorni che non si fa vivo e questo
non mi piace. Avete visto tutti com’è diventato freddo con noi dopo che abbiamo
messo in pericolo la vita di Davina e non vorrei che… Insomma, è molto meglio
che ci parli personalmente.”
Mentre
Klaus si recava a casa di Marcel, la giornata di Elijah e Tristan si stava
svolgendo nel miglior modo possibile. Il Conte era quasi incredulo dalla
felicità e, pur ripetendosi che non doveva illudersi, che quella giornata non
significava niente, che tutto sarebbe ben presto tornato come prima, si sentiva
come se uno dei suoi desideri si fosse finalmente trasformato in realtà: Elijah
lo portava con sé, lo istruiva, lo guidava e si mostrava gentile e premuroso
con lui. Avevano visitato il museo con estremo interesse, soffermandosi in
particolare sulla mostra egizia e commentando insieme i tesori e le opere
d’arte che ammiravano, come se fossero stati amici di lunga data.
Ad
un certo punto la guida aveva spiegato che, durante la sepoltura, gli antichi
Egizi erano soliti mettere un talismano a forma di scarabeo sul petto del
defunto, tra le bende. Ciò avveniva perché, nell’aldilà, il dio Anubis avrebbe pesato il cuore del morto e, se esso fosse
risultato più pesante di una piuma, sarebbe stato condannato per l’eternità; la
presenza dello scarabeo, invece, faceva sì che il cuore risultasse sempre più
leggero, anche se in vita il defunto non si era comportato bene.
“Per
far risultare leggero il tuo cuore ci vorrebbero più di cento scarabei”
sussurrò provocatorio Elijah all’orecchio di Tristan.
“Forse
dovresti pensare al tuo, di cuore” replicò soavemente il Conte, con un altro
sussurro: se Elijah voleva un duello verbale, lui non si sarebbe di certo
tirato indietro. “Ti credi tanto virtuoso, ma il piatto della bilancia di Anubis crollerebbe sotto il peso della tua anima nera,
anche con tutti gli scarabei di questo mondo.”
A
quelle parole gli occhi dell’Originale avevano scintillato. Aveva afferrato
Tristan per le spalle e lo aveva portato con sé dietro un pesante tendaggio
della sala, dove aveva iniziato a baciarlo e a mordicchiarlo sul collo,
imprigionandolo per la vita con un braccio e facendo scendere l’altra mano ad
accarezzarlo intimamente.
“Ma
che… che ti prende adesso?” aveva tentato di protestare il Conte, indignato per
la mancanza di rispetto che Elijah gli stava dimostrando e ancor di più con se
stesso perché il suo corpo si accendeva e fremeva a quel contatto.
“Posso
fare quello che voglio, visto che sono il tuo Sire” aveva risposto in un soffio
Elijah, sempre continuando a baciarlo e toccarlo. “Se vuoi che smetta, dovrai
pregarmi di farlo e non dimenticare di chiamarmi Mio Signore.”
“Te
lo puoi scordare” ansimò Tristan.
“Allora
significa che vuoi che continui” aveva concluso l’Originale, toccandolo con più
audacia e voltandogli il volto verso il suo per baciarlo profondamente, godendo
il contatto con la sua bocca morbida, il suo sapore e il profumo della sua
pelle. Aveva continuato fin quando aveva voluto, prima di uscire dal riparo del
tendaggio e ritornare verso gli oggetti esposti come se nulla fosse. Tristan lo
aveva seguito pochi istanti dopo, molto scosso e cercando di risistemarsi giacca
e cravatta insieme alla dignità che gli era finita sotto i piedi.
Per
il resto di quella indimenticabile giornata, conclusasi con un raffinato pranzo
al Courtyard Cafe, il
ristorante che si trovava all’interno del museo, Elijah si comportò da perfetto
gentiluomo, affabile e affascinante, mandando completamente in confusione il
giovane Conte che, se possibile, si sentiva più attratto da lui ogni minuto che
passava e avrebbe desiderato soltanto che quel giorno così speciale durasse in
eterno.
I
due rientrarono al palazzo dei Mikaelson solo a pomeriggio inoltrato. Klaus non
era ancora tornato dal suo colloquio con Marcel, ma Freya e Rebekah non
poterono fare a meno di notare che il volto di Elijah appariva sereno e
rilassato come poche volte lo avevano visto e che gli occhi chiarissimi di
Tristan sembravano illuminati di luce propria.
Rebekah
sorrise tra sé, quasi intenerita vedendo confermati i propri sospetti; al
contrario Freya s’innervosì nell’osservare quella nuova complicità tanto
evidente tra loro. Va bene, Tristan sarebbe dovuto diventare la loro arma segreta contro una minaccia non
ancora ben definita, ma c’era proprio bisogno che Elijah si legasse così tanto
a lui? Aveva già dimenticato tutte le malvagità che aveva compiuto e gli
intrighi che aveva tramato contro la loro famiglia?
Quella
sera Elijah pensò che avrebbe dovuto compensare tutto il tempo trascorso con
Tristan mostrandosi più gentile con Hayley e passando la notte con lei e, come
sempre quando sentiva di avere un dovere da compiere, tentò di farlo. La
raggiunse nello studio e volle provare a raccontarle ciò che aveva visto di
affascinante e insolito alla mostra, chiedendole come aveva passato la giornata,
se era andata a trovare Hope… ma la ragazza era ostile, offesa per essere stata
lasciata sola e indignata con Tristan. Ad ogni tentativo paziente e sollecito
di Elijah rispondeva in modo laconico se non addirittura nervoso. Questo suo
atteggiamento non fece che aumentare nell’Originale l’insofferenza verso di lei
e gli riportò alla mente il modo meschino in cui si era comportata con Tristan
nel patio pochi giorni prima, provocandolo e insultandolo al fine di ottenere
da lui una reazione aggressiva che avrebbe poi scatenato la collera di Elijah.
Dopo
aver trascorso un paio d’ore cercando inutilmente di sentirsi a suo agio con
Hayley, Elijah decise che quel comportamento non meritava indulgenza e si
autoassolse per il suo desiderio di tornare da Tristan. Senza sprecare troppe
parole di commiato, si alzò dal divano su cui sedeva e lasciò lo studio per
dirigersi verso la stanza in cui si trovava il giovane Conte. Nel ballatoio,
però, incontrò Klaus che appariva piuttosto preoccupato.
“Che
ti succede, Niklaus?” gli domandò.
“Sono
andato da Marcel, stamani” rispose il fratello minore, con lo sguardo perduto a
inseguire qualche lontano pensiero. “Volevo parlare con lui perché dopo ciò che
è accaduto con Davina non si è fatto praticamente più vedere. Questa minaccia
ancora sconosciuta incombe su di noi ed è importante sapere su chi possiamo contare.
Però Marcel mi è sembrato strano, evasivo, non pareva interessato a ciò che
avevo da dirgli, come se non credesse a un reale pericolo. Con lui c’era Sofya, ricordi la vampira mercenaria che lavorava per
Lucien? Beh, adesso, a quanto pare, è la sua amante. Questa cosa non mi piace
affatto, quella donna potrà solo contribuire a metterlo sempre più contro di
noi.”
“Hai
ragione, non piace nemmeno a me” concordò Elijah. “E’ vero che Sofya lavorava per Lucien solo per interesse, ma potrebbe
nutrire rancore per l’uccisione del suo capo. Forse sarà bene che gli parli
anch’io domani.”
La
notizia che aveva portato Klaus era preoccupante. Elijah diede la buonanotte al
fratello e si avviò verso la stanza di Tristan, rendendosi conto, con sorpresa
e sgomento, di sentirsi impaziente di rivederlo. Non era soltanto il desiderio
di lui a spingerlo: il vampiro Originale era ansioso di raccontare a Tristan
ciò che gli aveva detto Klaus, di metterlo a parte dei suoi sospetti e delle
sue preoccupazioni, di considerarlo, insomma, come un suo pari, un nuovo membro
della famiglia Mikaelson. Provava sollievo all’idea di non dover tornare da
Hayley e di potersi invece confidare con Tristan e, nonostante dentro di sé
condannasse questi sentimenti, pure non poteva impedirsi di provarli.
Eppure,
quando aprì la porta della stanza di Tristan e vide il volto del giovane Conte
illuminarsi per la sorpresa, ogni scrupolo e rimorso scomparve: lui era
esattamente dove voleva stare e quello, al momento, era il suo posto.
Elijah
si sentì subito meglio quando poté condividere il fardello che portava con
Tristan, parlando con lui gli parve che le cose potessero comunque sistemarsi e
che, sebbene con molte difficoltà, tutto sarebbe finito bene. Poi, rinfrancato,
prese il giovane tra le braccia e lo baciò a lungo, dimenticando i pensieri e
le preoccupazioni; cominciò a spogliarlo e a liberarsi degli abiti senza
smettere di baciarlo, potendo finalmente sfogare quel desiderio che aveva
dovuto reprimere la mattina al museo. Si mise sopra di lui e lo prese con
ardore ma anche con una certa qual tenerezza, baciandolo e accarezzandogli i
capelli mentre si muoveva in modo lento e profondo dentro di lui, cercando di
far durare il più possibile quegli attimi di piacere e dolcezza. Solo dopo
molto tempo, molti baci e molte carezze, giunse all’apice dell’estasi insieme a
lui, sentendosi completamente appagato nel corpo e nel cuore. Strinse tra le
braccia Tristan, che era sfinito e ansante, e chiuse gli occhi, convinto che
sarebbe riuscito a godere di un sereno riposo insieme a lui.
Dal
canto suo, Tristan era riuscito a mantenersi calmo e a ostentare tranquillità
quando Elijah gli aveva parlato di Marcel e Sofya, ma
l’accenno alla vampira gli aveva subito fatto tornare alla mente la scena che
aveva visto in sogno e adesso comprendeva, finalmente, chi fosse la donna che
avrebbe pugnalato Elijah. Quando ritenne che l’Originale si fosse addormentato,
si sollevò sul cuscino, puntellandosi ad un gomito, e restò a guardare il suo
Sire mentre nel suo cuore infuriava la tempesta. Temeva che il momento della
resa dei conti fosse vicino e non aveva ancora avuto altri messaggi dagli
Antenati, né tramite i sogni né tramite Vincent. Era terrorizzato all’idea di
non poter fare abbastanza per salvare Elijah e adesso la giornata che avevano
trascorso insieme gli sembrava un sogno incantato lontano milioni di anni luce
dalla terribile realtà.
“Non
sai che è molto fastidioso dormire quando qualcuno ti guarda fisso?” gli
domandò, inaspettatamente, Elijah.
Tristan,
che lo credeva addormentato, trasalì e cercò di dominarsi, affinché sul suo
viso non si potessero scorgere le ombre e le paure che lo laceravano. Non
voleva che Elijah si preoccupasse, ma nemmeno che capisse quanto lui era in pena per la sua sorte…
Il
vampiro Originale aprì gli occhi e si voltò verso di lui.
“Qualcosa
non va, ragazzino?” gli chiese.
Tristan
tentò con una risposta arrogante, per non mostrare il tumulto che lo straziava.
“Lo
sai che se chiunque altro osasse chiamarmi ragazzino
lo farei lentamente a pezzi e lo spargerei per tutti gli angoli di strada di
New Orleans?” ribatté con insolenza.
“Allora,
se non vuoi che ti chiami così, comportati da adulto e dimmi chiaramente cosa
ti preoccupa.”
“Non
sono preoccupato” mentì Tristan, cercando di sviare il discorso su un altro
argomento. “Mi ero messo a pensare a tutte le cose che mi hai fatto in questi
mille anni, al fatto che mi hai usato come esca per tuo padre, che mi hai
abbandonato, che mi hai condannato a un supplizio atroce nel container… eppure
io non riesco a odiarti. Anzi, ti perdono per tutto quello che mi hai fatto e
sono contento di essere stato scelto per salvarti la vita.”
“Oh,
mi sento già molto meglio sapendo che Sua Grazia il Conte Tristan de Martel mi
ha graziosamente concesso il suo perdono” replicò Elijah, beffardo,
scompigliando i capelli del giovane.
“E’
inutile che mi prendi in giro!” ribatté Tristan, in tono oltraggiato. “Una
volta ho letto in un libro una frase che mi ha colpito: merita di morire soltanto chi ha saldato tutti i suoi conti. ** Forse
è per questo che non hai voluto uccidermi e invece mi hai condannato a quell’agonia
eterna nel container, per farmi pagare tutti i conti in sospeso… ma io ti ho
perdonato lo stesso, per quanto sia stato orribile. Ti ho perdonato a tal punto
che sono disposto anche a rischiare la mia vita per salvarti e tu invece…”
Elijah
non volle sentire altro. Afferrò Tristan e lo attirò contro il suo petto, reso
d’un tratto inquieto dalle sue parole.
“E’
proprio questo che non voglio che tu faccia. Tu non devi rischiare niente,
Tristan, perché anch’io ti ho perdonato per ciò che hai fatto con la Strix, per
ciò che volevi fare alla mia famiglia… ti ho perdonato nell’istante stesso in
cui sono venuto a riprenderti dal container e non voglio che ti accada niente,
né ora né mai. Sono stato chiaro?”
Le
parole di Elijah commossero Tristan, tanto che il giovane dovette fare uno
sforzo per trattenere le lacrime, ma ancora una volta reagì con l’ironia che
tanto lo aiutava a dissimulare.
“Cristallino”
rispose, abbandonandosi all’abbraccio del suo Sire.
Ma
sapeva bene che, almeno quella volta, non avrebbe obbedito al suo ordine.
Sapeva
bene che avrebbe messo in gioco la sua vita senza esitazioni per difendere
quella del suo Creatore, dell’uomo che amava disperatamente da mille anni, del
centro stesso della sua esistenza.
FINE
*Ho trovato le
informazioni sul New Orleans Museum of Art su
Wikipedia XD e c’era scritto anche che qualche anno fa c’è stata veramente una
mostra sui tesori della tomba di Tutankhamon!
**La frase è nel libro “Il labirinto degli
spiriti” di Carlos Ruiz Zafon