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Autore: IndianaJones25    02/09/2017    12 recensioni
Tanto tempo fa, a bordo della base Starkiller, il contrabbandiere e celebre eroe della Ribellione Galattica Han Solo va incontro al proprio destino, guardando negli occhi suo figlio Ben. Ad Han mancheranno molte cose, ma specialmente sentirà la mancanza delle sue scorribande tra le stelle in compagnia del fedele amico di una vita intera, Chewbecca. Ma, forse, non tutto è definitivamente perduto...
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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RINASCITA DI UNA CANAGLIA

Tanto tempo fa, in una galassia lontana, lontana...

   La lama della spada laser rossa lo trafisse da parte a parte, con una violenza inaudita, facendolo sobbalzare; il dolore fu più terribile di quanto avesse potuto immaginare, ma si attenuò quasi subito, cedendo il posto ad una sensazione stranissima, quella di star scivolando lentamente fuori da quel corpo che gli era stato così caro per molti anni, quel corpo che lo aveva accompagnato in lungo ed in largo per la galassia, seguendolo ovunque, rimanendo con lui di fronte a tutto, anche dinnanzi ai pericoli più spinosi ed alle situazioni più assurde. Anche di fronte alla morte, sfuggendole più e più volte, in taluni casi solo per il rotto della cuffia. E, ovviamente, anche nei dolci momenti trascorsi tra le braccia di Leia, l’unica donna che potesse dire di aver mai amato in vita sua. Sarebbe stato molto strano, adesso, doversi congedare definitivamente da esso, abbandonandolo per sempre nel buio e nel freddo di quella base spaziale.
   Che strano, morire… Dopo tutte quelle che aveva passato, aveva sviluppato quasi l’idea di essere immune da quel fato tanto comune; ora, però, scivolando lentamente verso l’oblio, sentendosi soffiare addosso quasi un gelido vento, avvertendo la sua vitalità che se ne fuggiva via da quella ferita con la stessa velocità di una nave lanciata nell’iperspazio, comprese di non essere diverso da chiunque altro. Alla fine, tutti si muore: chi per uno schianto, chi per vizi, chi perché colpito da un colpo di blaster, chi perché attraversato da una spada laser, chi semplicemente per troppa vita. I modi sono tanti, ma il risultato è sempre uno, quello. Inutile e presuntuoso credere di essere così forti da potervisi sottrarre.
   La sua mano, però, riuscì a trovare ugualmente la forza di sollevarsi e di accarezzare leggermente il volto di Ben, il volto di suo figlio, che rimase glaciale e impassibile di fronte alla sua fine, limitandosi a sussurrargli, con tremendo distacco: «Grazie.»
   Eppure, lo vide chiaramente, gli occhi del giovane erano lucidi e gonfi di lacrime; chissà quali pensieri contrastanti dovevano sconvolgergli la mente, in quel momento supremo. Nella sua, peraltro, si susseguiva un tale vorticare di immagini e di sensazioni confuse da rendere quasi impossibile formulare anche un solo concetto comprensibile.
   Alle sue spalle udì risuonare il terribile «Nooo!» di Rey, quella piccola fanciulla spaventata e col cuore puro, a cui aveva imparato a voler davvero bene, in quei pochi giorni trascorsi insieme.
   Tornato repentinamente lucido, sperò con vivo ardore che la sua anima non si riempisse di rabbia, bensì che riuscisse a vincere le emozioni ed a superare quell’episodio tremendo perché, con le immense doti che già dimostrava di possedere, una tale prova avrebbe potuto condurla nell’ombra, trascinarla nel lato oscuro, come era accaduto a troppi alti - persino a quel ragazzo che, un tempo che sembrava infinitamente lontano e perduto per sempre, aveva tenuto tra le proprie braccia, cullandolo piano - e non desiderava che ciò accadesse, specialmente non per vendicare un vecchio come lui, la cui fine, in ogni caso, non sarebbe potuta essere ugualmente troppo lontana, rispetto a quel giorno, adesso se ne rendeva fin troppo bene conto. Morire oggi o tra un anno, che differenza avrebbe potuto fare, dopotutto? I suoi giorni di gloria, ormai, se li era lasciati alle spalle già da un pezzo. No, non valeva la pena che la povera, piccola Rey soffrisse così tanto per lui: avrebbe voluto guardarla negli occhi un’ultima volta per poterglielo dire, per farle capire che lei avrebbe dovuto intraprendere la propria via, una via diversa dalla sua.
   Ma peggio di tutto fu ascoltare il ruggito disperato e doloroso di Chewie, che rimbombò nella vastità dell’immensa sala: l’amico di una vita intera, il più fedele compagno che lo avesse mai accompagnato in tante scorribande, che gli era sempre rimasto vicino, anche nei momenti più cupi e disperati, stava urlando tutta la propria rabbia ed impotenza nel vederlo andarsene così, senza che lui potesse correre in suo aiuto. Di Chewie sì, che avrebbe sentito la mancanza, forse più di qualunque altra persona. Che esistenza sarebbe più stata per entrambi, costretti a rimanere per sempre separati? Avrebbe tanto voluto volgersi all’indietro, cercarlo con lo sguardo, rassicurarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene, che molto presto sarebbero tornati a volare insieme, a bordo del loro adorato Falcon… Ma come avrebbe potuto, se le forze lo abbandonavano, se le gambe gli cedevano e tutta la sua vita sembrava scorrergli dinnanzi agli occhi, per rinfrancarlo un’ultima volta, prima di abbandonarlo definitivamente?
   In un ultimo barlume di lucidità, rivide davanti a sé il volto incantevole ed al medesimo tempo forte e determinato di Leia, quel volto che era stato come un faro luminoso anche nelle notti più buie della sua vita. Leia… il suo amore, il suo unico amore. Tutti l’avevano sempre e solo conosciuta come una lottatrice accanita, una politica accorta ed un valido stratega militare; per ogni abitante della Galassia, la principessa di Alderaan od il generale Organa che fosse aveva sempre rappresentato la capacità di non arrendersi mai, di risorgere nelle sventure per combattere con ancora più valore e vigore contro le diverse personificazioni del male. Ma, per lui, sarebbe stata sempre e solo Leia, la donna a cui aveva consacrato la propria esistenza, la fragile ragazza bisognosa di essere confortata ed amata, la persona per la quale sarebbe volentieri morto. Per esaudire l’ultimo desiderio della quale, adesso, stava effettivamente morendo…
   Quelli che seguirono furono attimi eterni, senza fine, più lunghi di un’intera esistenza, infiniti come la vastità della Galassia; poi, tutto si fece distorto e confuso e Han Solo cadde, precipitando nel buio e nel nulla, con i confini della base Starkiller che si facevano incerti e intangibili e, all’improvviso, gli parve di viaggiare più veloce e più lontano di quanto avesse mai fatto a bordo del Millennium Falcon, per milioni di secoli, in avanti nel tempo e nello spazio, oltre l’Orlo Esterno, oltre le galassie, al di là dell’Universo, superando i limiti inconcepibili delle più remote profondità spaziali…
   E, tutto ad un tratto, si trovò abbracciato al petto caldo di una bellissima donna ansante e sudata, che lo stringeva a sé con dolcezza, accarezzandolo sulla schiena con estrema delicatezza. Era quella la morte? Be’, se era quella davvero, dovette ammettere che non fosse per niente male.
   Eppure, c’era qualcosa di strano.
   Stava piangendo, disperatamente, come se fosse stato strappato a viva forza dal suo mondo per essere trasportato in un’epoca ed in un luogo che non erano i suoi, che gli erano completamente estranei; e non aveva forse ragione di farlo?
   Agitava le braccia e le gambe, tentando di sottrarsi a quella strana costrizione, ma inutilmente, poiché il suo corpo si era improvvisamente fatto troppo piccolo e troppo debole anche solo per sfuggire alla dolce presa di quella donna che aveva cominciato a cullarlo.
   Gettò uno sguardo tutt’attorno, cercando di capire dove mai fosse capitato.
   Era in una stanza luminosa e ben arieggiata, in un caldo giorno; da una finestra poteva vedere un verdeggiante giardino pieno di alberi e fiori sconosciuti, mentre un quadro sopra una parete sembrava rappresentare un paesaggio desertico con monti rossicci all’orizzonte, il tutto coronato da un cielo blu e splendente. Quel dipinto gli ricordò vagamente Tatooine, ma quella non poteva essere la cantina di Mos Eisley, perché fuori dalla finestra c’erano tutti quegli alberi… via, impossibile. Ma non gli pareva possibile neppure di trovarsi nel locale di Maz Kanata, anche perché un attimo prima lui si trovava sulla base Starkiller, fredda e buia, ne era più che certo. La base… un ricordo confuso. Che cos’era successo? Ah, sì. Leia lo aveva mandato in cerca di Ben, per provare a convincerlo a tornare a casa, dove loro ancora lo aspettavano. O no? Non ne era più molto sicuro, adesso, perché i dettagli cominciavano a farsi indistinti e inafferrabili, come il fumo.
    Un rumore attrasse la sua attenzione e girò gli occhi per vedere che cosa l’avesse provocato.
   Vide un giovane uomo molto alto entrare nella stanza, un uomo con barba e capelli castano scuro; che fosse un Jedi? Di solito, erano loro, a portare acconciature simili, come Luke o quel vecchio eremita pazzo di Ben Kenobi. Ma chi era Luke? Gli sfuggiva quel dettaglio…
   E i Jedi? Il lato oscuro? I Sith? Cos’erano mai? Quegli strani nomi gli risuonavano nella mente, rimbalzando da un angolo all’altro della sua testa confusa e quasi ottenebrata, del tutto incomprensibili e intangibili, ed avrebbe desiderato poter parlare per chiedere qualche delucidazione a quel nuovo venuto, che aveva l’aria di saperla lunga su parecchie cose, ma si rese presto conto di non poterci riuscire, per il semplice motivo che nessuno, ancora, gli aveva insegnato a farlo…
   L’uomo si mise a sedere sul bordo del letto, guardando la moglie e il figlioletto con aria piena d’amore. Allungò una manona e fece passare un dito sul petto del bambino; e la creaturina, con una delle sue manine, strinse quel pollice che era quasi più grosso di lui.
   Chi era? Lui non capiva…
   L’uomo si chinò sulla puerpera e la baciò in mezzo alla fronte.
   «Anna» mormorò, «ora che Junior è nato… siamo una famiglia davvero, più di quanto non lo siamo stati fino a questo momento.»
   «Henry» rispose la donna, con voce stanca ma piena di gioia, «questo è il momento più felice di tutta la mia vita. Di tutte le nostre vite…»
   Anna, Henry, Junior… ma di chi parlavano? Lui si chiamava Han. O, almeno, così credeva. Non ne era tanto sicuro, adesso. Gli pareva normale essere chiamato così, ma non c’era alcun senso perché qualcuno continuasse a farlo. Aveva negli occhi delle strane immagini, ma non capiva esattamente che cosa fossero o che cosa rappresentassero.
   «Oggi, primo luglio 1899, siamo finalmente diventati genitori, Anna» riprese a parlare l’uomo, questa volta con tono più alto e profondo, con un accento straniero che, lì per lì, il neonato non fu in grado di riconoscere. «Da questo momento in avanti, dovremo cambiare molte delle nostre abitudini, divenire più responsabili e… stai buono, Indiana!»
   Un latrato festoso si fece udire nella stanza e qualcosa di grosso e peloso saltò sopra il letto, facendolo cigolare.
   Chewbacca? Davvero c’era anche lui? In sua compagnia, avrebbe potuto affrontare qualsiasi nuova stranezza a cuor leggero, ne era sicuro. Ma… chi era davvero Chewbacca? Ormai, per quanto assurdo potesse sembrare, cominciava a dimenticare anche quello. Senza riuscire a non sorridere, osservò l’enorme animale peloso e scodinzolante che, avvicinatosi di soppiatto, lo annusava tutto e lo leccava sulle guance, provocandogli il solletico.
   «Giù dal letto, Indiana!» ordinò bruscamente Henry e l’animale obbedì docilmente, andando a sdraiarsi sul tappeto e continuando ad agitare la coda, lo sguardo felice rivolto verso i suoi padroni.
   «Allora, Junior, ti piace il tuo cane Indiana? Scommetto che sarà il tuo migliore amico» mormorò la mamma, sempre accarezzando il neonato.
   Quindi, quello era un cane, non uno Wookiee. E si chiamava Indiana. Bel nome. Effettivamente, molto più bello di quel Junior con cui tutti si ostinavano a rivolgersi a lui, nella stanza.
   «Questo bambino diventerà un grande studioso, come suo padre» dichiarò Henry, con solennità. «I libri saranno il suo pane quotidiano e la sete di conoscenza diverrà la sua unica smania. Sento già che sarà un grandissimo letterato. Così, quando sarà cresciuto, potrà aiutarmi a proseguire nella mia ricerca del Santo Graal.»
   All’udire quelle parole, il piccolo volse sul padre i piccoli occhi ed accennò un primo, ironico sguardo di sfida.
   Si sarebbe rassegnato a dimenticare la sua vita passata - ormai, i viaggi spaziali, le battaglie contro l’Impero Galattico, i suoi vecchi e più cari amici, Luke, Leia, Lando e Chewbacca, lo stesso Han Solo, non erano più altro che ombre inconsistenti o nomi senza senso che, ne era certo, sarebbero scomparsi del tutto dalla sua memoria molto presto - ma non avrebbe mai e poi rinunciato ad una vita libera, all’aria aperta, in mezzo ai guai, per dedicarsi solamente a libri e studi ed a quel Graal, di qualunque cosa si trattasse. Di questo ne era più che certo e quell’uomo barbuto non sarebbe riuscito in alcun modo a spuntarla su di lui.
   Perché una canaglia rimane sempre una canaglia, sia che nasca in una galassia lontana, lontana, sia che venga alla luce sotto un cielo estivo, in una casa del pianeta Terra, e nulla, neppure la morte ed una successiva rinascita, sarebbe stata in grado di cambiarla.
   E, quindi, fu con questo ultimo ed ironico pensiero che, quel soleggiato mattino di sabato primo luglio del 1899, in una bella casetta con giardino nel centro di Princeton, nel New Jersey, Han Solo cessò per sempre di esistere, cedendo il posto al neonato Henry Jones, Junior.

[scritto: agosto 2017; revisionato: aprile 2019]
   
 
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