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Autore: queenjane    02/09/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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  Qualche giorno prima del mio arrivo si svolse il seguente incontro, che Andres mi raccontò poi.
“Come vi chiamate?”
“Andres Fuentes, in russo Andrei" vedendo che era perplesso nel sentire quel nome, il suo, sul viso, una piccola smorfia.
“Avete un nome buffo”
“Mio padre è spagnolo, mia madre era russa”
“ E che ci fate qui?” Andres fece appello a tutta la sua pazienza. Il ragazzino petulante che gli si rivolgeva era il figlio dello zar di tutte le Russie, Nicola II, e si chiamava Alessio Nicolaevic, alias zarevic e atamano di tutti i cosacchi e via dicendo.
Nato nel 1904, a dieci anni dalle nozze tra Nicola e una tedesca, Alix von Hesse, dopo quattro figlie femmine, aveva una salute cagionevole.
Un eufemismo, il bambino era apparso ben di rado in pubblico, era sovente malato o indisposto, tanto che si vociferava che fosse epilettico, deforme o ritardato.
Ad Andres, pareva intelligente, curioso e chiacchierone, sempre dietro agli adulti, almeno a giudicare da come gli si stava rivolgendo, aveva superato la timidezza iniziale a trattare con gli ufficiali e i commensali di suo padre, normale prassi, che si era ritrovato da un ambiente chiuso e protetto come il palazzo di Alessandro nel frizzante coacervo del Quartiere Generale.
“Ci lavoro, il mio capo è il principe Rostov-Raulov” Ovvero un personaggio dai vari talenti, amico di gioventù di Nicola II, aveva fatto una strepitosa carriera nell’esercito, era membro della polizia segreta del regime, la terribile Ocharana, un Giano bifronte e Andres era tra i suoi migliori elementi, per non tacere del resto.
“ E che fate?”Senza fallo, era davvero petulante.
“Di tutto un poco”  una cauta definizione, era un agente, un baro e una spia, un camaleonte, varie e poliedriche erano le definizioni che si prestavano, alcune gentili, altre meno, come per Rostov Raulov, R-R per gli amici.
Scapolo, libertino e gaudente, era di una spiccia saggezza, ben inserito, come la principessa Ella, sua sorella, la cui prima figlia, Catherine, alla francese era un intima amica delle figlie dello zar Nicola, specie della prima Olga.
Catherine. Quel nome, un palpito. Si concentrò sul ragazzino, domandandosi dove fossero le sue guardie del corpo, pardon infermieri che lo seguivano in ogni dove, due marinai che lo controllavano a vista, come due tate.
Mistero, magari li aveva seminati, non era di sua spettanza, e sarebbe stato idiota a trattare male il figlio dello zar. Poi, alla fine gli ricordava vagamente come era stato alla sua età, ansioso, teso e con grandi occhi, per non parlare di un bambino che aveva amato e non era mai cresciuto.“E ora?”
“Vado ad allenarmi ai bersagli, prego..” Andres rasentava il metro e novanta, aveva gli occhi verdi e quando voleva, aveva molto tatto, sapeva riconoscere la fame di attenzioni.
“Vengo con voi”Il ragazzino lo seguiva, una piccola ombra, rispetto a lui.
Nel 1912 si era sentito male, lo davano per morto, ricordava i dispacci ufficiali, i giornali listati a lutto, poi si era ripreso, pareva per un telegramma consolatorio di Rasputin, lo starec debosciato, il monaco pazzo e libertino.
L’anno dopo avevano pubblicato un libro, "Behind the Veil of the Russian Court", asserendo che lo zarevic fosse malato di emofilia, morbo trasmesso dalla madre, che a sua volta lo aveva ereditato dalla propria genitrice, Alice, figlia della regina inglese Vittoria. Di sicuro erano emofiliaci due dei figli del re di Spagna, la cui moglie era una nipote della regina Vittoria, Vittoria Eugenia di Battemberg, detta Ena.
La Corte dello Zar non aveva risposto, né in senso positivo o negativo a quella insinuazione.
Andres scrutò gli occhi azzurri dello zarevic, che ricambiò senza timore.“Volete venire?”
“Sì.” Un soffio.
Che Dio sia con me, rifletté.
“Andrej e poi? Il vostro patronimico, figlio di ..” Diceva Andrej alla russa, la versione spagnola era troppo esotica, strana.
“E’ leggermente impronunciabile in russo, Altezza Imperiale. Mio padre si chiama Xavier, mia madre, ripeto, russa non ha mai saputo traslitterarlo in modo adeguato.” Stava finendo di contare i passi, era stato fatto un campo di bersagli in cui esercitare la mira e voleva tenersi in allenamento.
Spettatore lo zarevic e si chiedeva in quanto tempo lo avrebbero trovato, di sicuro stavano impazzendo nella sua ricerca. A pronunciare Fuentes si era impaperato meno, ricordava vagamente il francese.


 Era  nato sui Pirenei spagnoli, alla rocca di Ahumada, ultimo figlio di un principe e di una dama russa.Aveva molti talenti, tra cui l’attitudine per le lingue e a vagabondare nelle terre di suo padre, con il fratello che lo precedeva, un altro cadetto come lui, Jaime, mentre l’erede trovava conforto nei riti e nella storia dei loro grandi antenati, come la loro sorella più grande, ironica, scanzonata e ribelle.Sapeva fare trappole per i conigli con  i fili, scavare buche per catturare un ipotetico lupo, seguire le tracce di un daino come cercare di capire le parole straniere, si portava un libro di grammatica, fosse russo, come inglese o francese o tedesco nelle sessioni di pesca.
Crebbe solitario, come un titano, come un eroe, amava la solitudine e non aveva nessun timore apparente.
I suoi occhi erano verdi, come gli smeraldi che sua madre amava indossare, con il principe suo padre si erano conosciuti e innamorati e sposati nel giro di poco, lui la chiamava la sua piccola perla.
Verdi come le iridi di LEI, era il figlio minore, forse  il suo prediletto. Tranne che la donna era rimasta sempre una straniera, nostalgica della Russia e delle sue luci e dei lunghi inverni, pur amando Xavier dei Fuentes senza misura e parimenti ricambiata.
Le piaceva che Andres fosse senza timori, che amasse la caccia, trattenendosi spesso nel capanno a ciò adibito, anche lui era una fiera selvatica, che rifuggiva le sue tenerezze.
Poi se ne era andato, tranne che quella era una storia su cui non amava soffermarsi.
“ Piuttosto, procediamo così. E’ sempre utile fare un controllo e.. “BUM!!
Centrò le lattine di metallo, che caddero rotolando.“Lo fate sembrare facile” Come a dire, fatemi provare.  Pessimo, rifletté, se si fa male vado nei casini, se mi rifiuto vado nei casini uguale. “Dipende. Questione di allenamento .. Ecco, se volete provare a tenere in mano la pistola e a vedere l’effetto, vi avviso che ho finito le pallottole. E credo che vi stiano cercando”Comparve un marinaio infermiere e Andres fu lieto di squagliarsela. Il bambino fece una smorfia.
 
“Oggi vi sono fischiate le orecchie, Andres?” Il principe Rostov-Raulov lo scrutava, indefinito. Pessimo segno quando gli dava del voi.
“Non troppo, anzi no,  da questa battuta deduco che oggi a pranzo sono stato oggetto di conversazione”
“Già, lo zar si è giustamente arrabbiato, che suo figlio vada in giro senza le sue tate, pardon marinai, ci credo che evada alla prima, che anche io farei così, chiariamo, ma soprattutto era curioso di avere dettagli di questo Andrej senza patronimico, che diamine ci faccio con uno spagnolo, che si porta dietro un ragazzino a sparare ai bersagli..”
“Mi si è appiccicato dietro, alla fine se nessuno gli nega nulla tranne suo padre, fatto noto, che mi dovevo inventare? E non sono idiota, non l’ho fatto sparare” (Fuentes, che volevamo sostenere???tralasciamo è meglio)
“Giusto, sempre bene non contrariare un Romanov, anche di undici anni, in particolare l’erede al trono. Che mi ha chiesto dove ti avessi trovato, pardon scovato, quella peste non sa stare a tavola, si alza di continuo, ti fa entrare il mal di testa, definirlo viziato e' un eufemismo, nemmeno mio nipote è così petulante,  comunque ha giovato che sei un principe, bada non mi interessa, il figlio di un principe è sempre un principe”
“E.. ?”
“Sì, ho raccontato. Non che ero caduto nella buca che tu e Jaime avevate scavato, sa il Signore se avete mai preso un lupo, giusto io sono infilato nel vostro fosso, tanto è..”
“Che fondatore dei Rostov-Raulov, Felipe,il vostro capostipite, veniva dalla Spagna, come noto, e che voi cercavate testimonianze, per scrivere un libro che non ha ancora visto la luce. E siete venuto a Ahumada a trovare documenti. Don Xavier dei Fuentes vi ha accolto con piacere e siete stato suo ospite. “
“E’ una battuta, Andres, sono stato io  a cadere come un allocco.. Comunque, senza farla troppo lunga, ti sei trovato un nuovo passatempo.” Rideva sardonico, le iridi scure vibravano di divertimento represso.
“NO..
“Sì, gli sei rimasto simpatico.  Comunque, sarà un rompiscatole, viziato e via dicendo” La voce era bassa, appena un sussurro” Ma sai del libro, quello che dice che abbia l’emofilia. Vero o meno, è spesso ammalato ed è un bambino fragile. Viziato e guardato a vista, sempre vicino a sua madre e alle sorelle”
“Ho capito, un unico maschio dopo quattro femmine porta a viziare in ogni caso, solo … non avete niente di meglio da assegnarmi. O di più importante”
“Andres, principe Fuentes, conte de la Cueva, hai fatto l’impossibile nei tuoi ingaggi, venendone fuori senza fallo, e ti sta pensiero lo zarevic?”
“Sì.” Affermazione che valse le sonore risate del principe.
Più che volergli bene .. Alla peggio ti capiterà questo, e se sapesse solo la metà delle tue imprese non ti mollerebbe più, Andres dei Fuentes, conte de la Cueva. Eroe della Calle Mayor, che come la metti sei un eroe
Sono un cretino, ecco cosa sono, pensò Andres, invece. Che lo adorerò, nonostante sia viziato e petulante, uno sfinimento.


“Aspetta, non alzarti, lo prendo in braccio io”Lo zar emerse verso le nove di sera, Alessio si era appisolato  tra le mie braccia, dopo cena mi ero seduta sul divano, lui dietro, come spesso accadeva in passato, un gomito contro la mia clavicola, lo avevo serrato, come una specie di baluardo.
“A domani”
“ A domani” Sorrisi, amara, indefinita,  e mi inchinai.”Però devo mantenere una promessa”
“Sei una idiota.”Enunciò lo  Zar alla fine del mio racconto, un sussurro furtivo, a mezza voglia tra il darmi retta o tirare uno schiaffo” Lui a cavallo.. MA che hai in testa ? fallo, e taci, magari ti andrà bene, come oggi, che lo hai fatto sparare..Dovrà cominciare e meglio con te, che ti obbedisce, per convenienza o meno, ti dà retta, un prezzo per averti ritrovato” Una pausa di sofferenza. Io lo trattavo da ragazzino normale, o  cercavo,diciamo così, come mio fratello Aleksandr. O ci provavo, non avrei mai consentito a Sasha di rispondermi male o fare le bizze per mangiare, ma lui non era malato e Alessio sì, la differenza era quella. E lo avevo viziato, inutile negarlo, vano che criticassi gli altri e omettessi per me, Olga mi definiva,ai bei tempi, una egocentrica trionfante, che rideva dei suoi difetti. E  non avevo mai stretto Sasha come lo zarevic, peraltro non lo avevo mai imboccato o abbracciato come con lui.. Riusciva a rendermi meno rigida, armata e guardinga di quanto in genere non fossi. Brava a me.
 E stava meglio adesso, rispetto a quando era piccolo e aveva emorragie continue e deabilitanti. Ripensai a Spala, alla sua agonia, e  poi che mi aveva chiesto di prendere l’aria da una finestra, nella convalescenza, di avergli negato quel semplice piacere. E se prendeva un urto di troppo e moriva…
“Lui sarà il vostro erede, il vostro successore. Il più tardi possibile, mi auguro” Semplici, potenti, parole. E lo dicevo per me e Alessio, lui meritava di meglio che essere trattato da malato e io avevo molto da riscattare “Dovrà sapere sparare e cavalcare, per il suo stesso bene, od almeno avere le basi”In modo da non apparire  fragile, non lo aggiunsi, credo che lo pensammo entrambi. Bastava pensare all’anno avanti quando, per una storta alla caviglia, non si reggeva in piedi, un cosacco della guardia lo aveva accompagnato in braccio alla chiesa di Mosca, per il tradizionale giuramento degli zar in caso di guerra, l’impressione era stata di pena e compatimento, una debole creatura, frutto dei lombi di una iettatrice, giunta al trono al seguito di una bara. Io ero la figlia di Ella e delle tempeste, lo amavo a prescindere, e io non ero il mondo, appena una goccia nel mare.
“ Come mia figlia Olga.. Lei cavalca il vento su Tintagel e sa sparare”Sorrisi e non risposi“.. ha continuato a cercarti sempre e comunque. Ti vuole bene.  E va bene, proviamo”
“Sire, vi prego, lasciamo fare. Scusate .. forse..“
“Glielo hai promesso”Me lo ripassò, per mutuo accordo, mi misi un cappello e ingobbii le spalle, tenendolo stretto, lo avrei riportato fino alla casa del Governatore. “A domani, Alessio”lo avevo spogliato e preparato per la notte, movimenti leggeri, impacciata da lui che mi si attaccava.
“Aspetta, non mi lasciare..ti prego”una supplica, non un capriccio. “Resta, mi sei mancata tanto.. Per favore“
“ E che.. ti svegli a comando, “la voce bassissima, serrandolo”.. Va bene, ti addormento, domani ci ritroviamo, fidati che ti diverti” Gli appoggiai la fronte sul plesso solare, avvertii che mi sfiorava la nuca, gli diedi un bacio a caso  Tenera come non ero mai stata a mia memoria. “Ti voglio tanto bene, Alessio, ti va qualcosa sul mare..” Un piccolo sì assonnato, mi sdraiai sulla sua branda, lo posai contro lo sterno, riuscii ad addormentarlo a furia di favole e sussurri, sul serio, baci e carezze, un miracolo, il mio, quanto lo avevo rimpianto.
_ ______________________ “Sei contento?” per la gioia quasi non parlava, annuiva e mi stringeva una mano, palmo contro palmo, le dita serrate.
“Sei stato impareggiabile”
“ Ma non come te, Olga o Tatiana. Voi siete bravissime. Specie te e Olga, saltate gli ostacoli, correte al galoppo e ..”
“Dovrai imparare, meglio ora che poi, siamo andati piano,come lumache,  tenevo le redini di controllo, come ti sentivi” Era un cavaliere nato, la schiena eretta, le gambe che seguivano i movimenti del cavallo, le braccia rilassate e la testa dritta, eravamo andati rigorosamente al passo su un terreno liscio.
“In alto” Risi della sua ironia ovvia ma potente, era salito su un pony o mulo, mai su un cavallo vero, tranne che una volta con me a Friburgo, quando aveva sei anni, in compenso eravamo rimasti immobili.  “Da qualche parte bisogna pur iniziare..”
“Catherine.” Mi misi sui talloni,  alla sua altezza, sopravvissuto sarebbe stato alto come Andres, anche un poco di più.
“Dimmi” le braccia intorno al collo, mi sfiorava le ciocche con le dita, vicino anche se io mettevo la distanza, meglio per entrambi, o cercavo, gli baciai un polso, mi era mancato come una ferita, una amputazione, in una manciata di ore eravamo di nuovo legatissimi. “Tu mi lasci fare, come Papa. Anche Andrej, anche se a modo suo. Perché MAMA no ?”
Un minuscolo respiro, era sua madre, non ci sopportavamo come carattere ed entrambe gli volevamo bene, quindi omettevamo di parlare male l’una dell’altra, specie dietro le spalle “ Per lei sei sempre il suo piccolo bambino, mio piccolo zarevic, atamano di tutti i cosacchi, ti vuole proteggere da tutto. Ma un giorno sarai ZAR, quindi devi imparare. Per te e gli altri. Mai cedere. Se mi vedi con le spalle basse e la schiena curva, che pensi, che sono umile, derelitta, invece se sto dritta e gonfio il petto, che ridi”gli feci il solletico sotto il mento” sembro una regina, anche se ho i miei dispiaceri come tutti. Ma io non ho bambini, quindi che ne so” e lo avevo amato come Olga e le sue sorelle, allora, senza sapere, gli avevo dato le mie storie e il mio tempo, tacendo quando ero scappata, egoista e sventata, moglie novella e poi martire in fieri. Come ora..
“CERTO, però fidati, sarai una brava mamma” Una pausa, prevenni la domanda successiva, gli dissi che le storie della principessa cantastorie, le avrebbe avute ancora per un poco, fin quando avrebbe voluto. Allora credevo che non avrei mai avuto figli.
E in un certo senso era lui il mio bambino,  in senso traslato, chiaro.
 
   
 
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