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Autore: queenjane    03/09/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Aspettai, mancava poco a pranzo.
 “Alessio io vado, ci troviamo stasera,se vuoi. E ti devo dire una cosa” che ti lascio.
“E domani…che facciamo? Ho tante idee, tu.. Catherine, Cat, che bello trovarti”diglielo..
“Domani nulla, io vado via” sfilai la mano dalla sua, decisa, una netta separazione. La sera avanti non glielo avevo detto, in parte per non agitarlo, in parte perché non conoscevo la data esatta e sarei stata cattiva, la notte amplifica pensieri e separazioni.
“NO” Ecco la sua rabbia, tranne che sarebbe stato peggio andarmene alla chetichella, che mi aspettasse invano. (..Non certo per Voi, non capirebbero e si sentirebbero abbandonati, senza perché, un saluto è ben dovuto) “NON VOGLIO”
“DEVO”Alzando la voce, senza toccarlo, mi fece cenno di togliermi, stava per aprire bocca e..“ E nessun ordine. Di rimanere.Questi sono tassativi, senza appello o revisione”Prevedendo la sua mossa, lui era l’erede, viziato e capriccioso ma gli ordini dello Zar superavano i suoi.
E ogni giorno che mi trattenevo alla stavka rischiavo di voler rimanere. Non ho il delirio di onnipotenza, gli anni mi hanno insegnato l’umiltà, almeno un poco, credo, tranne che mi sono chiesta se non fossi andata via, dietro alle avventure, all’egoismo, alle storie che mi raccontavo cosa sarebbe accaduto. Magari io e Andres non saremmo stati insieme, o forse sì, quien sabe, chi lo sa.
“Prendo congedo Altezza Imperiale” mi flettei nel primo inchino, era il principe ereditario, meritava ogni cura e rispetto, in ogni situazione, e non lo avevo umiliato, sancendo che non avrei obbedito, né sfiorato con un dito, si stava agitando e non avrebbe compiuto gesti avventati, per la frustrazione, o almeno speravo, non lo volevo contenere a livello fisico, lo avrei sminuito e offeso, senza appello, come se fosse un infante, lo sapeva che doveva stare attento.
“Vattene, non ti voglio più vedere, non è che devi farlo, lo vuoi fare” era troppo sveglio, troppo..
“Allora Vi saluto ora”Secondo inchino. “ Grazie per avermi ricevuto e …”
“Quando hai detto che vai via?”
“Domani mattina..”finsi di non vedere il gesto, che mi tendeva le braccia.
“Allora quando hai fatto, ci troviamo a che ora..?” glielo dissi, un cauto orario e aveva le palpebre asciutte, mi voleva e temeva il distacco. Perdonami, Alessio.. che se avessi voluto, sarei rimasta.
“A dopo”Iniziai ad allontanarmi, se mi fosse riuscito a mantenermi saggia o cattiva, avrei proseguito, se ne sarebbe fatto una ragione, no.. un piccolo singhiozzo Invece mi girai dopo tre passi, con lui non ero mai stata cattiva in modo deliberato.. “.”Zarevic.. venite qui, se volete” Mi affondò il viso nel petto, gli circondai le scapole, me lo issai in grembo, aspettai che si calmasse
“A pranzo dove vai”
“Boh..”
“Allora mangi con me”
“ Va bene.. Ora riprendiamoci, vuoi?”gli baciai il viso, mentre si soffiava il naso con uno dei miei polsini.
Lui, come Olga, pur variando le forme e le sostanze, sono stati i miei grandi amori, l’inespresso, cenere e assenzio.
Ti è troppo legato, commentò mio zio, quando glielo passai, scrollando la testa, non imparerai mai, va bene la sorella, ma lui .. BASTA, a voce bassa, replicai, mentre Alexei schizzava dai suoi giocattoli, mi inchinai e uscii.

E quel giorno avrei conosciuto, pardon rivisto Andres Fuentes, il mio lieto fine, uno dei pochi, veri amici che Alessio ebbe in tutta la vita, pur variando età, titoli e esperienze.
Il diavolo si porti, in ogni caso, mio zio, il principe Sasha R-R, il diminutivo che la principessa Ella aveva dato a suo fratello Aleksander Rostov- Raulov dai cento talenti.
E lo benedica.  Molto dopo, mi assicurò che in tutto il mondo non poteva esistere persona migliore per me di Andres, e viceversa, per quanto fossimo due impareggiabili scocciatori, furfanti e rompiscatole. E sorrideva nel dirlo. E anche mia madre vi aveva messo le sue principesche falangi.
 
 Ansimavo, reggendomi lo stomaco, ignorando il mondo circostante, tranne che la guancia pulsante. Fitte infinite, che ci facevo là, come era cominciata..
Le sensazioni, non i particolari definiti.
“Che dicevamo?”
“Che sei un tornado. Ti ho sottovalutato. Sei una rompiscatole”
“Già” E mi avevano definita in modi ben peggiori.
Andres Fuentes, uno dei migliori elementi di mio zio, un carismatico, prezioso asso nella manica come Cassiopeia.
Entrambi avevamo storto la bocca nell’apprendere gli ordini per il successivo ingaggio, io perché ero abituata a contare su  me stessa, lui perché riteneva che fossi una principiante, una mocciosa. “Nessuno avrà pietà di te, sei solo una donna”, aveva detto, dandomi uno schiaffo in pieno viso, che mi aveva colto di sorpresa per un breve momento, facendomi barcollare, quindi era salita la collera, rapida, chi era, che voleva.
La guerra era violenza e non potevi certo abbassare la guardia, così gli avevo rifilato un calcio nell’inguine, che lo aveva fatto piegare in due, e aveva reagito tirandomi un pugno sullo stomaco, ed era stata la volta di una mia  testata sul mento.
Ero nata donna, per quei tempi ero debole, convenzionale, tranne che ero sempre stata una diversa, sia nel bene che nel male, Andres non doveva permettersi di giudicarmi, allora ignoravo che un Fuentes valuta la persona, quello che è, non il sesso. Mio zio guardava quella zuffa nell’arena boschiva fumandosi una sigaretta, poi aveva interrotto il tutto.
“Basta!! Voi due siete i migliori che ho tra le mani, insieme farete grandi cose e badate di andare d’accordo. Tu, mia cara, hai imparato che devi sempre  stare in guardia, tu Andres, che non devi sottovalutare una donna, che ti ha messo a tappeto. Lei è Cassiopeia 130, che dici, abbiamo cambiato opinione? E va bene che è bella, abituata ad avere gli uomini ai propri piedi, ma in senso letterale, non certo metaforico, come con te, Fuentes, è forse la prima volta” Dannato R-R.
Fuentes spalancò gli occhi, realizzai che erano verdi, un colore scuro e profondo, come la trama dei suoi capelli neri, e che era alto, sul metro e ottantotto, con un viso armonioso e un fisico muscoloso, senza essere massiccio. In quel momento teneva una mano sui suoi preziosi genitali, ( se lo avessi castrato!!) l’altra sul mento, io cercavo  di non gemere per il dolore al viso e allo stomaco.
Ansimavo, ancora,  la guerra era violenza, inutile che mi lamentassi, me la ero cercata e non volevo cambiare idea. Potevo tornare a San Pietroburgo da Ella, andare in Francia, fare la principessa oziosa, ma il mio posto era lì, da combattente, non da mantenuta.
Stesi la mano, il braccio in avanti. “Lieta di conoscervi, Andres Fuentes”
Mi strinse il palmo, notando come ero pronta a fare perno sui talloni, il corpo in posizione di difesa, gli fosse venuto  in mente qualche tiro.
“Lieto, Catherine, nipote di Rostov- Raulov, vediamo che combineremo insieme. Non vi sottovaluterò. Almeno non volontariamente, mai più” Ricambiò la stretta, sancimmo una tregua.
“Voi comunque avete il vizio di tirare calci e pestoni.” Corrugai la fronte, certo citava un episodio, o forse più di uno, peccato capire quali, io ero quasi sicura di non averlo mai visto.  O no? Quel modo di muoversi, fluido e sicuro, senza eccessi. Come un gladiatore. Era LUI... Ne era passato di tempo e di affanni, da tanto non ci pensavo...un ballo e un matrimonio e una corrida...
Mio zio rideva sotto la barba. Sia io che Andres avemmo lo stesso pensiero, che se ne andasse al diavolo.
 
“Che hai combinato?”Alessio mi prese il viso a coppa tra le mani, osservando la guancia gonfia, nonostante vi avessi applicato del ghiaccio. Non potevo certo dirgli della lotta indecorosa, che avevo fatto a pugni come l’ultimo dei contadini, né delle trovate pindariche del mio capo. “Oggi pomeriggio, dico  ”
“Ho avuto un incontro ravvicinato con un armadio, tanto te lo avevo detto che non c’ero” Vivente, a cui avevo tirato un calcio nei genitali, stavo pensando a dove lo avessi visto, quella battuta sui calci e i pestoni, mi veniva da ridere, dalle acque della memoria affiorava qualcosa, poi realizzai, accidenti che figura. Glissai il resto del pensiero, ci mancava solo che provassi attrazione per quel barbaro, quello straniero, avevo perso mio marito solo da un anno, ed erano passati dieci anni abbondanti da Ahumada, una vita.
Si strinse nelle spalle, poi prese un mazzo di carte e giocammo. Il giorno dopo sarei andata via e lo sapeva, voleva godersi quei momenti senza domande, fingendo magari che fosse una sera come tante altre nel passato, di giochi, letture e storie. O almeno ci provò.
“Quando torni?”era inquieto, disattento, era il suo turno e non calava la mano, si agitava sulla sedia.
“Per Natale, forse prima. Tre mesi, stiamo larghi” Studiai le carte poi lo fissai, vergognandomi di me stessa, ma non a sufficienza.
“Due. “ contrattando. “Uno.. Una settimana”
“Farò prima che posso, cercherò,  non assicuro nulla” sincera per come potevo esserlo. Ironico, certo. Perché mi hai trovato Alexei, sarebbe stato meglio il contrario .. Io vado ed il tempo trascorso, un anno dall’ultima volta, non ti ha fatto scordare. Ti eri già fatto le tue idee, valutato e tanto .. So che i segreti li sai tenere, sei incredibile e ti sto arrecando pena, e tanto andrò avanti. Lasciando cenere e macerie.
“Se non ti fai ammazzare prima, per cosa poi ”Cupo, aveva pensato a sufficienza in quella ore, una ruga gli affilava la fronte, le iridi velate, scure come un fiume invernale“o se non mi viene qualche accidente. A cavallo mi è andata bene, e tanto potrei sentirmi male per ogni urto”
Scrollai la testa, non osai abbracciarlo, capiva e non era uno stupido. “E non tirare in ballo la volontà di Dio” pensava a Rasputin, o a quello che avrebbe detto sua madre..?? Omisi di toccarlo, la malattia e la sua fragilità lo avevano reso acuto, era un bambino solo per età, apparente, non per esperienza
“Magari per riprendere la mia Iliade, un libro che mi porto sempre dietro. Come l’Odissea.” Uno dei miei pochi effetti personali, assieme ai capi di vestiario, di ricambio, giusto due camicie e un paio di pantaloni, al sapone, viaggiavo leggera, solo una borsa a tracolla. Un coltello, una pistola e poco più completavano il bagaglio.
“Non mi interessa, tienilo, quando mai mi sono piaciuti i libri, MI PRENDI IN GIRO, su tutto. E domani non disturbarti a venirmi a  salutare. Anzi, bada a non farti vedere, era meglio se non ti trovavo. Mi hai illuso, sei bugiarda e cattiva” una giostra di attimi “Cattiva e bugiarda”Lo sguardo azzurro, pieno di rabbia, e disperazione, stava per mettersi a piangere e non voleva. “E tanto ho chiesto, devi andare per forza.. Sei la più brava, accidenti a te” A chi?quando e dove? Sillabai Alexei, mise un braccio di traverso, non mi toccare e raggiunse la porta, le carte caddero per terra.
Era finita.
Uscì sbattendo la porta, diretto verso il suo alloggio, non travolgendo per poco Andres che scartò di lato, un vassoio tra le mani.
 Come Olga. Era come con Olga. E non mi avrebbero cambiato con nessuna altra al mondo.
 “Prima di rimediare un altro calcio, sappiate che sono venuto in pace e ho portato una bottiglia di vino e la cena, R-R è in riunione e farà tardi, lo zarevic è atteso fuori da uno dei suoi valletti e. lo accompagno io, se mi attendete qualche minuto, giusto il tempo per il passaggio delle consegna “
“Mangiamo pure al vostro ritorno.”  Poi : “Fuentes, siete una scocciatura, lo sapete?”
“Lo so, ma in genere le donne mi ritengono piacevole. Per la cronaca, non ho moglie o figli, quindi evitate quella faccia”
Risi, era impossibile. “Assaggio il vino, muovetemi..”  Alexei..
“Spiegami una cosa”avevamo deciso di darci del tu e parlare civilmente, forse, dividendo vino, pollo arrosto con insalata e uno sformato di patate.
“Che ci fa una principessa, amica delle figlie dello zar a fare la spia e la bara?” intuì di avere centrato il punto
“Sì. Sei giovane, ricca, piena di salute e talenti e rischi di farti ammazzare per cosa, come ha detto lo zarevic. Ho sentito anche se non volevo. E di cose ne ho viste tante e forse tu sei la più strana” mi scrutò, le luci delle lampade, accese nella sera, creavano golfi di ambra e luci  sul suo viso, le sue iridi erano verdi come le foglie di una nuova primavera. Era calmo, sicuro di sé, non il pallone gonfiato del pomeriggio.
“ Sono utile, non indispensabile, faccio quello che posso.”Presi il bicchiere tra le mani, Chablis bianco, facendo tintinnare il cristallo “ Avevo un marito, Fuentes, è morto l’anno scorso, di questi tempi, a Tannenberg, gli hanno sparato alla schiena. Si chiamava Luois de Saint-Evit. Come un animale.. devo fare qualcosa, di utile o provarci, a modo mio. Per una sorta di scherzo, Rostov Raulov è un grande nelle sue alzate di ingegno e .. Non sono ubriaca, almeno non ancora” Aveva chiesto e dovevo andare, ero la più brava.. Oddio.
“Questa è un motivo”Alzai la testa, sorpresa dal suo intuito. “E ti capisco, da una parte”
“ E le tue ragioni, Fuentes? Ora ti ho riconosciuto, sei in Russia dal 1903, almeno credo, che eri tra i segretari di mio zio, mi pare, giocavo e ti ho tirato un pestone per correre dietro al mio gatto. Non ti ho badato, ti è caduta una pila di fogli dalle mani e ti sei messo a quattro zampe per raccoglierli tutti. Avevo otto anni, ero una mocciosa viziata”percepii di arrossire”Il calcio fu ..che figura” bevve un sorso di vino, come me, adesso toccava a lui parlare. E avevo dieci anni, all’epoca successiva, ma che capivo. E non deponeva a mio favore che fossi petulante e viziata come pochi.
“Alla lunga non importa, eri ancora una bambina. La storia è lunga, comunque.. Solo a titolo di cronaca, mia madre era russa e mio padre spagnolo, ho una grande famiglia ma è meglio che stia fuori dai piedi.”la sua voce, dallo scherzo era sfumata nella serietà.
“Capisco. Forse. Alla nostra Fuentes.. “ Di sicuro conosceva le lingue, dal russo eravamo spaziati al francese e all’inglese senza imbarazzi o increspature.
“Chiamami Andres.”
“Io sono Catherine, detta lupo e tempesta. Fin da piccola, mi hanno appellata alla francese, come la omonima zarina. Olga Nicolaevna per economia Cat, alle volte Kitty Kat, gattina in inglese”Sorrisi. In quei momenti non mi faceva male ricordarla.
Catalina. In spagnolo.” Fino a lì ci arrivavo pure io. In mio nome, alla spagnola, fu come entrare in una frontiera che portava al paese dell’altrove, senza ritorno, un previsto disastro che era stato solo rimandato.
“I Rostov-Raulov discendono da uno spagnolo, si chiamava Felipe  de Moguer, si reinventò titoli e fortuna nel 1700, alla corte di Caterina II”
“Alla battaglia di Cesme, in Anatolia, prese il titolo di conte Rostov, poi sposò una principessa, Elisabetta Raulov, diventò principe ipso jure, diventando così Rostov-Raulov, per non perdere quello che si era guadagnato. Aveva 18 anni quando diventò conte, riscattando una nascita illegittima, suo padre era un marchese, Aleksander ne è sempre fiero, dice che per voi, i suoi discendenti, nulla è impossibile”
“Vedremo.. Andres, il padre di Felipe si chiamava Xavier dei Fuentes, vi suona familiare?”
“I Fuentes di Ahumada, marchesi ma il fratello di Felipe, Nicolas, divenne principe a sua volta, vennero elevati dopo la caduta di Napoleone, tanto fedeli erano rimasti al re di Spagna.”
“Andres Fuentes, principe”
“Un figlio minore, un cadetto”
“Sei sempre un principe”  nemmeno se io e Alessio ci fossimo accordati su quella battuta, che non era affatto tale. “E domani vado a salutare lo zarevic.. Per me, non per lui” Andres non ripose, mi osservava e basta, i suoi suntuosi occhi verdi erano una poesia.  
E io ero una Fuentes, allora per lontane ascendenze, parecchio risalenti, a onor del vero, e tanto era.
 
   
 
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