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Autore: Asia Dreamcatcher    03/09/2017    3 recensioni
Johann Schmidt è tornato e con esso le ceneri dell'oscura Hydra, pronta a risorgere.
Ma Teschio Rosso non è solo e Steve Rogers e gli Avengers dovranno vedersela con nuovi nemici. James Barnes sarà costretto, ancora una volta, a lottare contro i propri fantasmi, sperando di non soccombere.
Mentre gli echi di una nuovo guerra risuonano, Captain America e Vedova Nera si ritroveranno ad affrontare una sfida inaspettata, che potrebbe cambiare tutto per sempre.
Terza parte di "Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti"
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti'
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Capitolo Sedici: Ombre

L'unico modo per liberarsi di un'ombra è spegnere la luce,

smettere di fuggire all'oscurità

e affrontare ciò di cui si ha paura a testa alta”

~ Meredith Grey, “Grey's Anatomy”




«Chiaro o scuro?»

«Vogliamo davvero intraprendere questa conversazione?»

«Laura propende per il parquet chiaro ma io lo vorrei scuro» insisté Clint ignorando il commento dell'amica e madrina dell'ultimo nato di casa Barton.

Natasha alzò lo sguardo al tettuccio dell'auto su cui viaggiavano;

«Chiaro! La polvere si vede subito con il parquet scuro...» replicò stringendosi nelle spalle.

«Non credevo te ne intendessi di queste cose» scherzò l'arciere;

«Cosa non ti insegna la vita. Parcheggia pure qui».

Clint seguì quanto detto ed accosto il SUV scuro. I due Avengers si scambiarono un cenno d'assenso;

«Ti aspetto qui»

«Per quanto detesti avere una balia ovunque vada... Grazie.» ed uscì.


L'ingresso della casa di riposo era luminoso e ben curato ed alla reception l'accolsero con un sorriso.

«E' qui per vedere la signora Carter?» Natasha annuì «L'infermiera l'accompagnerà, prego».

L'infermiera non appena la vide sorrise cortese;

«Signorina Romanoff buongiorno. Alla signora farà sicuramente piacere la sua visita. Il signor Rogers non è con lei?».

La mascella di Vedova Nera si irrigidì impercettibilmente;

«E' impegnato» rispose liquidando la faccenda «Come sta oggi?»

«E' in una buona giornata» affermò la donna comprendendo al volo a cosa si riferisse.

Natasha annuì ed aprì con sicurezza la porta della stanza. L'anziana signora sedeva compostamente nel letto, il volto solcato da rughe era riposato e curato, i capelli candidi e soffici già in ordine. La camera era immersa in una luce calda dai toni aranciati, una fragranza leggera e dolce impregnava ogni cosa.

«Buongiorno Peggy» esordì la russa con un sorriso delicato.

Peggy Carter si voltò verso di lei, il suo sguardo si fece confuso per qualche istante, come se la stesse mettendo a fuoco, poi il suo viso si illuminò e il sorriso più sincero le dipinse le labbra.

«Natasha! Mia cara accomodati, che piacere averti qui» replicò con rinnovato vigore, osservandola attentamente mentre prendeva posto sulla poltrona accanto a lei.

«Mi spiace aver fatto passare del tempo dalla mia ultima visita...»;

la Carter sventolò delicatamente la mano in aria senza perdere il sorriso;

«Non dire così. Lo so bene che la vostra non è una vita semplice – il suo sguardo si fece più vivo e sereno – la gravidanza ti dona, mia cara» asserì sincera.

Natasha scosse il capo divertita;

«Ti ringrazio. Ma il sentirsi incinta non lo definirei altrettanto piacevole.» infilò la mano nella tasca del parka ed estrasse una paio di foto «Tieni. Sono le immagini dell'ultima ecografia, ho immaginato ti facesse piacere» asserì porgendogliele.

L'anziana Carter le osservò con cura, come fosse qualcosa a cui dare la sua massima attenzione; poi sollevò le sue iridi scure in quelle chiare della russa «Ma guardatelo, sembra in salute» affermò dolcemente, sfiorando con le dita magre e tremanti il profilo del bambino.

«Lo è» concordò Natasha, gli occhi leggermente lucidi; Peggy indugiò sui tratti del volto «Cosa ti turba?». Difficile che allo sguardo attento di Peggy Carter sfuggisse qualcosa.

La spia inclinò il capo e lo scosse impercettibilmente «Non riesco a percepirlo...»;

«La dottoressa cosa dice a riguardo?»

«Data la situazione è abbastanza normale... Ma non posso fare a meno di chiedermi-» Peggy levò la mano in aria come a volerla fermare;

«Mia cara c'è un motivo se esiste il detto “dai tempo al tempo” - sorrise benevola – Non ti devi sentire sbagliata, non ve n'è alcun motivo. Il bambino è sano? Sì. La dottoressa è allarmata? No. E allora non hai ragione di preoccuparti. Cosa ti dice l'istinto?» chiese seria.

Natasha puntò lo sguardo altrove e rimase in silenzio per qualche istante;

«Non saprei... Pensavo di potermi fidare, ma non ne sono poi così certa-» affermò con un sorriso amaro e triste. Peggy le afferrò gentilmente le mani e le tenne strette;

«Non dirlo mai. L'istinto a volte è l'unica arma che ci rimane, so chi sei Natasha Romanoff e l'istinto resta sempre e comunque il tuo alleato più prezioso».

La russa annuì dopo qualche tentennamento, ma in fondo grata di quelle parole. Lentamente, come un serpente che avvolge piano ma ineluttabile la propria preda, così il seme dell'incertezza più cupa aveva iniziato ad avvolgerla e tutto ciò che aveva faticosamente creato le appariva ogni giorno quanto mai fragile.

Si sentiva annaspare, costretta in panchina, camminava su un filo che avvertiva disfarsi ogni attimo di più, come se fosse stata di vetro e sul punto di frantumarsi; ogni mattina apriva gli occhi e doveva lottare per non andare in mille pezzi, osservava l'uomo che amava e non poteva fare a meno di percepirlo distante, imprigionato nel suo essere Captain America, sempre più nervoso, costantemente preoccupato per la sua sicurezza ed accecato dall'idea di sconfiggere l'HYDRA prima che potesse arrivare a loro. Da quando Bucky se n'era andato, ormai quasi un mese prima, non si era dato pace nemmeno per un attimo. Ma la verità era che anche lui stava inesorabilmente affogando.

Da quanto tempo non si abbandonavano l'uno all'altra? Quanto era passato dall'ultimo momento solo per loro? Lei crollava sempre per prima, sfinita dal dolore e dalla lotta interiore che la stata divorando, lui si coricava molto più tardi logorato nella mente – a volte senza nemmeno darsi la pena di togliersi la divisa – e si alzava presto, spesso prima che il sole sorgesse.

Il freddo la circondava non solo esteriormente ma anche dall'interno; suo figlio, pur crescendo sano, era muto e lei non poteva fare a meno di avvertire il gelo dentro di sé. Si sentiva tutto fuorché una madre...

«Come sta Sharon?» le chiese, il tono leggermente più cupo. Natasha abbandonò quei pensieri fastidiosi e constatò che purtroppo Peggy non aveva dimenticato ciò che era accaduto alla nipote.

«Sharon è una ragazza forte, Peggy. Ha preso da te in questo. Sta facendo del suo meglio per venire a capo della verità» asserì sicura. Ed era vero; l'agente 13 visitava regolarmente il Playground, aveva stretto un contatto con il Winter Soldier N, era l'unica con cui non desse di matto nei pochi momenti in cui non era sedato, anche se per la maggior parte del tempo farfugliava parole in russo e stralci di vecchi ordini ma lei continuava a non mollare. Ma non era semplicemente perché N poteva essere la chiave per carpire i segreti dell'HYDRA, Natasha sapeva che la ragione era anche un'altra: la ferita incisa nel petto di Sharon continuava a sanguinare, se con James poteva aver fallito, o meglio lei sentiva di averlo fatto, non lo avrebbe permesso una seconda volta. N forse poteva essere una sorta di surrogato di James, ma se quella era una delle ragioni che la spingeva ad alzarsi ogni giorno, Natasha non era nessuno per giudicarla. La capiva.

Il volto di Peggy si distese a quelle parole;

«La mia Sharon, quando era una bambina sua madre viveva nel timore che prendesse da me più del necessario – ridacchiò sinceramente divertita – i suoi timori erano fondati. Ti prenderai lo stesso cura di lei, Natasha?» un breve ma potente attacco di tosse la colpì e la russa le passò premurosa, un bicchiere d'acqua fresca.

«Certo. Steve ti manda i suoi saluti, promette che passerà presto». Natasha osservò gli occhi scuri dell'anziana donna illuminarsi; c'era stato un tempo in cui quello sguardo la metteva segretamente a disagio. La prima volta che Steve le aveva proposto di conoscere Peggy alla spia si era chiuso lo stomaco, quello era un confronto che non voleva avere. Era perfettamente conscia che i suoi timori erano del tutto irrazionali e non poteva certo sentirsi minacciata davanti ad un'anziana signora che aveva vissuto la sua vita in modo pieno e degno, ma non poteva certo ignorare che quell'anziana signora era pur sempre Peggy Carter, primo grande amore di Steve Rogers.

Natasha era in grado difendersi da qualunque cosa e da chiunque, ma dagli infidi mostri della gelosia che avevano preso possesso della sua mente, oh da loro no.

Ma quando si erano ritrovate faccia a faccia, i suoi demoni si erano immediatamente ritirati davanti allo sguardo luminoso e sincero di Peggy, semplicemente felice. Felice che Steve avesse iniziato a vivere la sua vita e non essere più solo Captain America, un simbolo, un ideale ma un uomo.

Natasha si era sentita meschina difronte a lei, che non aveva mai voluto altro che la pace per quel soldato che aveva amato con lealtà e tenerezza. Non erano poi così diverse, si era detta, entrambe avevano sempre voluto la medesima cosa per Steve. Ed in quel momento, finalmente, aveva sorriso, grata a quella donna straordinaria per tutto ciò che, inconsapevolmente, aveva fatto per loro; si erano scambiate uno sguardo in silenzio seguito da un piccolo ma deciso cenno, una muta promessa che Natasha avrebbe rispettato fin che avesse avuto fiato in corpo.

«Non c'è fretta mia cara, se solo noi fossimo stati più accorti e non avessimo contribuito a rendere il mondo com'è oggi non sareste in questa situazione...» mormorò Peggy stanca, Natasha si limitò a stringerle le mani e scuotere il capo dolcemente.

«Come sta?»;

«Stanco» rispose amaramente la russa «Lui nemmeno se ne rende conto – sorrise appena – è Steve, è Captain America fa ciò che è nella sua natura fare...»

Peggy sorrise comprensiva.

«Allora ricordagli di respirare ogni tanto...» Natasha annuì divertita, poi notò lo sguardo della donna appannarsi per qualche istante...

«Natasha? La gravidanza ti dona mia cara! A che mese sei?» domandò allegra Peggy come se la vedesse per la prima volta. Natasha fece un piccolo sospiro e stirò le labbra in un sorriso paziente.

«Ciao Peggy...».


Natasha uscì dalla clinica un'ora più tardi, risalì in auto e Clint mise in moto direzione Avengers Tower.

«Nat. Hai notato-»

«Il furgone bianco che ci segue da quando siamo ripartiti?» lo anticipò Natasha con tono piatto. L'arciere annuì fissandola.

«Non è lo S.H.I.E.L.D. vero?»

«Invio un'allerta» rispose Clint sospirando;

«Seminali» replicò la russa con espressione seria.

E ci provarono, Occhio di Falco premette l'acceleratore e senza scrupoli sfrecciò in mezzo al traffico di New York. Ma avrebbero dovuto immaginare che quello non fosse l'unico mezzo a seguirli.

Vennero bloccati da altri due furgoni, blindati, che gli tagliarono la strada, costringendo Clint ad inchiodare di colpo tanto che l'auto fece quasi un testa coda.

Dai furgoni scesero diversi uomini, che avevano tutto l'aspetto di essere dei mercenari, armati.

«Nat-» tentennò Clint, ma lei respirò a fondo;

«Fai quel che devi».

L'arciere ingranò la retro per tentare di prendere una via di fuga ma il furgone bianco, che li stava pedinando, gli arrivò dietro e lo urtò costringendoli ad arrestarsi. I mercenari intanto puntarono i loro fucili alle gomme del loro SUV blindato e dopo diversi tentativi riuscirono a forarle.

«Armi?» domandò a quel punto Natasha respirando a fondo. La loro auto era blindata, questo era vero ma non avrebbero potuto durare lì dentro per sempre e prima o poi il telaio e i vetri avrebbero ceduto inevitabilmente.

«Contatto la Tower» replicò l'arciere, si bloccò improvvisamente guardando l'amica in faccia.

«Non dirmelo. Hanno schermato l'area? - inspirò infastidita – beh siamo a New York non ci metteranno molto a capire che sta succedendo...»

«Dobbiamo solo resistere, okay Nat?» le mormorò Clint. Mentre i loro nemici all'esterno avevano iniziato a trivellare la loro auto, il loro unico rifugio, di colpi.

Natasha sapeva cosa gli stava indirettamente dicendo l'arciere. Erano loro due e, almeno per il momento, nessuno poteva aiutarli. In una qualsiasi altra circostanza questo non sarebbe stato un problema, erano tra i migliori in circolazione, addestrati, preparati e lei non si sarebbe fatta alcuno scrupolo. Ma ora il solo rischiare di restare ferita la paralizzava dentro; lei era una spia... E anche se per gente come lei la sopravvivenza era una questione fondamentale, la possibilità di rimanere ferita era comunque qualcosa che rientrava nel pacchetto e di questo non ne aveva mai avuto paura. Ma ora era diverso; al tempo stesso non poteva lasciare che Clint facesse tutto da solo, anche lui aveva una famiglia da cui tornare. I patti fra loro due erano sempre stati chiari: proteggersi le spalle a vicenda, questo facevano e questo avrebbero sempre fatto. Doveva farlo, non solo per Clint ma per suo figlio, aveva giurato che nessuno l'avrebbe nemmeno sfiorato e avrebbe mantenuto quel giuramento a costo di mettere entrambi in pericolo.

Natasha chiuse gli occhi, si passò una mano sul ventre rigonfio e lo accarezzò piano. «быть сильной»[sii forte] mormorò.

«Passami quelle due» disse indicando le pistole che erano riposte sotto il sedile dietro.

«Sei sicura?» ribatté l'arciere guardandola con cipiglio grave. La russa annuì secca.


*


«Molto bene. Credo che per oggi possa bastare Jace» disse Steve rialzandosi insieme al quindicenne che annuiva soddisfatto dei propri progressi. Alexandra a pochi passi da loro si riprendeva dalla propria sessione di allenamento.

«Grazie Steve, ma vorrei continuare ancora un po'» replicò Jace pur rosso in viso e con i muscoli gonfi e tesi che iniziavano a lamentarsi per lo sforzo.

Il supersoldato si prese qualche attimo per osservarlo attentamente, lo sguardo del suo allievo era serio e deciso, malgrado le sue forze stessero iniziando a cedere i suoi occhi gli stavano dicendo che non era ancora il momento di smettere. Capiva molto bene il suo stato d'animo, lui provava esattamente lo stesso; per entrambi l'allontanamento di Bucky era stato l'ennesimo sputo in faccia ricevuto dalla vita, e malgrado ciò non avevano permesso a loro stessi di crollare.

Steve gli sorrise comprensivo, poi scosse il capo;

«Va bene così per oggi Jace, davvero. Anzi sono io doverti ringraziare-» l'espressione del giovane si fece confusa, ma il capitano si limitò a sorridergli. Quella sessione di allenamento era stata per lui una boccata d'aria. Vedere lui ed Alexandra così decisi e sopratutto così affiatati era stata una gioia per gli occhi, l'allenamento pur difficile era stato per certi versi divertente, con momenti di risate e condivisione ed in quel momento si era reso conto che aveva bisogno di avere più che mai un contatto con Natasha; nell'ultimo periodo era stato così concentrato nel tentare di scoprire i piani dell'HYDRA che si era allontanato da lei, quando invece entrambi avevano più bisogno l'uno dell'altra.

La porta della palestra si aprì di scatto e un Sam visibilmente preoccupato si affacciò trafelato.

«Steve...».


*


«Nat ore sei!» urlò Clint affrontando l'ennesimo mercenario, mentre Vedova Nera finite le munizioni si apprestava ad uno scontro corpo a corpo.

Natasha doveva finire l'avversario prima che questi si avvicinasse troppo a lei; purtroppo la pancia era ormai visibile, nulla poteva nasconderla. Durante i minuti seguenti allo scoppio dello scontro fra loro e i mercenari, aveva notato che essi non erano interessati a eliminarla fisicamente, sembrava più che volessero semplicemente stordirla, questo aveva fatto cementato, in lei, la certezza che mirassero al bambino. Non sembravano agenti dell'HYDRA ma sentiva che in qualche modo vi erano collegati.

Natasha afferrò il mercenario per le spalle e gli tirò una ginocchiata esattamente in mezzo alle gambe, riuscendo così a metterlo fuori gioco. Non poteva azzardare mosse complesse per non mettere il bambino ancora più a rischio di quanto non stesse già facendo. Le sembrava di battersi in una rissa da bar.

Si sentiva affaticata e le ossa le dolevano quasi avesse la febbre ma il suo spirito era forte.

«Okay, tieniti forte» mormorò parlando al figlio «Questo potrebbe far male» la spia si tenne pronta all'eventuale impatto con l'ennesimo mercenario;

«Natasha!» lo scudo circolare si frappose fra lei e il suo prossimo avversario abbattendosi su quest'ultimo.

Natasha voltò il capo vedendo Steve correre verso di lei;

«Alla tua sinistra!» all'avvertimento accorato del proprio compagno il suo corpo reagì per lei: parò il pugno col braccio e con una mossa semplice ma efficace se ne liberò; rapida scivolò verso lo scudo e lo usò per difendersi e respingere i colpi finché Steve non le fu quasi accanto ed insieme – com'erano ormai soliti fare – sconfissero gli ultimi rimasti in piedi. Con la coda dell'occhio vide Sam aiutare Clint mentre Maria e Holden eliminare i folli che ancora osavano contrattaccargli.

Natasha trasse un respiro sentendosi, dopo tanto tempo, libera dalla paura e dall'ansia. Aveva affrontato faccia a faccia i suoi avversari, e malgrado avesse rischiato davvero tanto nel farlo si sentiva bene. Non doveva più nascondersi, certo fino al momento della nascita non si sarebbe più arrischiata a tanto, ma almeno ora i suoi nemici lo sapevano: sapevano che non era debole, che lei era pronta ad affrontare tutto e tutti per il proprio figlio.

Si voltò verso Steve e si accorse che anche lui ora la stava fissando, i suoi occhi chiari pieni di cose da dire e di domande, ma lei si limitò ad afferrarlo per la nuca e a far congiungere le loro labbra in un bacio tanto atteso quanto appassionato. Grata che fosse al suo fianco ancora una volta, ora poteva affrontare qualsiasi sfida, poteva stargli accanto senza avere paura di se stessa e senza dover continuare a chiedersi se sarebbe stata abbastanza forte per portare a termine la gravidanza durante una guerra come quella che stavano affrontando. E questo dovette capirlo anche il bambino, perché finalmente concesse a sua madre la possibilità di sentirlo.

Le loro labbra erano ancora unite quando la russa dovette staccarsi improvvisamente, portandosi le mani al ventre, il respiro mozzato e gli occhi sgranati.

«Natasha?» urlò preoccupato Steve piegandosi su di lei con atteggiamento protettivo. La donna gli fece segno di quietarsi e dopo qualche istante gli afferrò le mani e le poggiò sulla propria pancia.

«Sta-?» sussurrò incredulo, l'espressione commossa. Si guardarono negli occhi e Natasha annuì;

«Sta scalciando» mormorò con un delicato sorriso. La piccola creatura che portava in grembo, ora le stava facendo sapere che anche lei era forte, stava bene. Chiuse gli occhi per qualche istante assaporando quella nuova sensazione e per alcuni istanti si sentì in pace.

Purtroppo la situazione in cui erano richiedeva la loro attenzione, si scambiarono un bacio veloce ed in silenzio, ma fianco a fianco, si diressero verso i loro compagni che tenevano uno dei mercenari inginocchiato fra loro.

«C'è una taglia sulla testa di vostro figlio» biascicò l'uomo divertito. Steve chiuse le mani a pugno ma mantenne un'espressione neutra e concentrata.

«E tu sai anche chi c'è l'ha messa» replicò Natasha con sguardo altero. Nonostante la mano chiusa sul ventre con fare protettivo, Vedova Nera sembrava una regina che torreggiava sul proprio suddito infedele.

«Ne verranno altri-»;

«Che vengano. Ciò che io voglio sapere è chi li manda».

Il mercenario sorrise mellifluo;

«Allegra Belgioioso ti porge i suoi saluti Natasha Alianovna Romanoff».

______________________________________________________________________Asia's Corner

E dunque eccoci tornati, dopo questa pausa estiva (che devo ammettere mi ha comportato più problemi che gioie ma questo è un altro discorso) con questo nuovo capitolo (lo so vi ho fatto attendere davvero troppo) ma che spero non vi deluda!
Allora abbiamo un bell'incontro tra Peggy e Natasha, e la adorata Peggy - per quanto la malattia glielo concede - sta sempre sul pezzo, qui ho voluto mostrarvi le ombre di Natasha, le paure e le incertezze che in questo momento sta affrontando, come d'altronde ogni Avengers (ma su questo avremo modo di tornare nei prossimi capitoli).
E alla fine di questo capitolo scopriamo anche chi altro minaccia la vita degli Avengers, rullo di tamburi ebbene sì, ladies & gentlemen Allegra Belgioioso è tornata! D'altronde il suo primo incontro con gli Avengers gli è costato davvero caro, mica pensavate che se ne sarebbe stata buona buona dopo che questi le avevano rovinato gli affari!? Oh nonono!
Un'altra pedina è entrata in questa grande scacchiera... e promette di giocare pesante! Cosa ne pensate di questa sua mossa? Sono davvero curiosa! :)

Bene detto questo passo a darvi un'importante informazione, riguardante gli AGGIORNAMENTI. Allora vi ho riflettuto e visto al momento come stanno andando le cose ora ho deciso di postare un nuovo capitolo OGNI 3 SETTIMANE! Lo so, molti di voi non ne saranno felici ma questa scelta l'ho fatta per ASSICURARVI con maggiore serenità degli aggiornamenti! Purtroppo vuoi per una cosa vuoi per l'altra gli ultimi capitoli postati sono sempre usciti con qualche giorno di ritardo e con me che mi sentivo uno schifo ed arrivavo sempre tirata. Quindi, almeno per il momento (potrebbe non essere una decisione definitiva) ho deciso di spostare l'uscita dei nuovi capitoli; spero che comprendiate e abbiate pazienza!

Io per il momento vi saluto e vi ringrazio davvero tantissimo per la pazienza che avete avuto in questo periodo e per il supporto che mai mi è stato fatto mancare! RINGRAZIO MOLTISSIMO TUTTI VOI che seguite questa ff, che commentate o che leggete semplicemente :)
Ci vediamo fra tre settimane: SABATO 23 SETTEMBRE!

ps. Risponderò alle recensioni del capitolo 15 entro sabato 09! 
pps. Per qualsiasi informazione vi invito a mettere mi piace alla mia pagina FB "Asia Dreamcatcher"

   
 
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