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Autore: Mary Rosemary    04/09/2017    3 recensioni
Vivere la propria vita allo stesso modo, memorizzare i medesimi ricordi, all'infinito.
Da quanto, esattamente, il mondo si era messo a procedere in tale irrazionale maniera?
Il tempo, dilatandosi e restringendosi, srotolava la sua bobina di filo bianco, per poi mettersi a riavvolgerla tutta con un solo, veloce movimento; e così portava tutto con sé, le anime perdevano il loro significato e l'intero cosmo si resettava.
E ricominciava com'era finito.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tecna, Trix, Winx
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo: La Decadenza delle Memorie

I frammenti lasciati da un tetro finale





I.





Una leggera aroma d'arancio riempiva l'angusto locale in legno chiaro, combattendo prepotentemente contro l'odore umido del muschio.
Il tutto contrastava il pesante senso di nausea, alleviava il dolore.
Nelle vuote stanze qualche goccia d'acqua produceva l'ormai unico rumore presente; la pioggia, al di fuori, stava lentamente trascinando l'edificio in un'inevitabile decadenza ed abbandono.
Quanti anni erano passati?
A giudicare dalle condizioni del legno, una decina. Forse anche di più.
Quella dimora era ben lontana dall'epoca in cui i suoi muri echeggiavano di voci, risate ed incantesimi. Così distante da ormai conservare solamente il lezzo di morte che si levava dai dintorni.
Del sangue era stato versato, e sarebbe tornato allo stesso modo a bagnare il soffice terriccio in cui il cottage affondava le sue radici.
Tecna non riuscì immediatamente a ricordare con esattezza come fosse arrivata in tale oscuro luogo, ma trovò la forza di tirarsi a sedere per poter fissare il proprio sguardo su qualcosa di differente rispetto alle travi di legno atte a reggere il soffitto.
Non riconobbe il posto, non avrebbe mai potuto farlo in quanto non apparteneva né al suo passato, né al suo presente; ma identificò la sottile fragranza proveniente da un singolo barattolo di vetro, posto orizzontalmente a ridosso di una delle pareti della stanza.
La stessa che, nelle ultime quarantotto ore aveva etichettato come un pericolo da evitare nell'immediato. La pelle di Icy ne era talmente intrisa che nemmeno il fumo, e le sostanze nocive che conteneva, avrebbe potuto sovrastarla.
Il poroso tappo di sughero aveva assorbito parte del liquido, velocizzandone l'evaporazione; la boccetta doveva essere molto più recente, fatto che non suonava per niente come una buona notizia per la fata della tecnologia.
Si guardò intorno sospettosa, facendo attenzione ad ogni minimo rumore che potesse tradire chiunque – al 95% delle probabilità poteva affibbiare un nome a tale 'chiunque' – avesse lasciato l'oggetto incustodito, ammettendo che si trovasse ancora nei paraggi.
Un flebile tintinnio delle campane tubolari attirò la sua attenzione, portandola alle finestre sprangate in modo spartano. La fioca luce dell'esterno penetrava dagli spiragli fra le assi inchiodate alle pareti.
La pioggia, ora riflessa negli occhi color giada della fata, andava diminuendo; non una figura, né un'eventuale presenza.
Le campane si sfiorarono di nuovo, ma oltre alla brezza non c'era nessuno là fuori. Del resto, una violenza cruda e sofferta era tutto ciò che al momento occupava la sua testa.
Ignara degli avvenimenti consumatasi fra le mura del luogo, Tecna si allontanò dai vetri muovendo qualche passo sul pavimento scricchiolante.
Quanto veloce era passato il tempo lì.
Aveva consumato in fretta il parquet, scrostato la vernice protettiva dalle pareti; aveva portato il rapido invecchiamento, consumando senza pietà la struttura ed i pochi oggetti rimasti;
Logorando le memorie.
L'anziana casa, come gli esseri umani, aveva vissuto, era maturata ed ora si apprestava a cadere fra le scheletriche braccia della morte. Nei suoi ultimi attimi la solitudine ed un assordante e violento silenzio regnavano incontrastati.
Ora come non mai, la fata avrebbe voluto spogliare il casolare dei propri segreti; invece si limitò a voltarsi verso la lucente boccetta di profumo, ancora adagiata contro la parete. Come attratta da una sorgente magnetica si avvicinò, chinandosi ad osservare come il sottile strato di polvere delineasse il liscio profilo del vetro; il liquido chiaro, come aggrappato alle pareti, occupava un volume patetico se messo a confronto con la capacità del contenitore. Nel giro di qualche settimana sarebbe scomparso anch'esso.


Respiri mozzati e rantoli echeggiavano nell'aria, muovendo le immagini, che l'occhio percepiva in modo confusionario, in una vorticante danza senza fine.
La forte sensazione di smarrimento, che aveva attanagliato il corpo della strega steso sul freddo ed incolore parquet, andava crescendo, rinnovando la propria invadenza nei pensieri di quest'ultima.
Non che facesse molta differenza rispetto all'alternativa: 'Allora è così che ci si sente a soffocare per un'emorragia interna'.
Deglutendo un grumo di sangue, Icy si decise a sollevare completamente le palpebre – i quali movimenti si erano fatti estremamente lenti, inducendola in una sorta di dormiveglia.
Dalla profonda ferita al petto zampillava qualche fiotto di sangue, ad ogni breve battito del suo cuore – si stupì non poco di averne uno – sorprendendo le sue aspettative; dopo aver subito un danno simile non sarebbe dovuta durare così tanto.
Si concesse un mezzo sorriso, in quanto la sua tenacia si era dimostrata un'arma a doppio taglio in una situazione in cui avrebbe voluto smettere di soffrire in fretta. Una flebile presenza di ciò che quarantotto ore prima era il suo grande potere la teneva aggrappata alla vita, difendendone il possesso dalla propria controparte.
Per quanto avrebbe resistito? Sarebbe passata a miglior vita in seguito ad un crudo dissanguamento oppure disintegrata dal suo stesso incantesimo?
Oh, ma che importa.
Del resto, cos'era rimasto di tanto importante per restare?
Aveva fallito per l'ennesima volta, ed era riuscita a trascinarsene fuori tutt'altro che illesa; Darcy e Stormy sapevano cavarsela benissimo da sole, non in un'eventuale conquista della dimensione magica senza un piano decente, ma per il resto si erano dimostrate grandi abbastanza da poter proseguire per la loro strada.
Non che avesse dei particolari pensieri inclini al suicidio, ma valutando tutte le eventualità, le probabilità che potesse sopravvivere ad una situazione simile parevano estremamente scarse.
Molto, troppo velocemente i suoi ragionamenti
andavano perdendo la lucidità; il sapore ferroso del sangue le invase la gola, impedendole di prendere anche solo un altro respiro. Forse era stato uno scherzo della provvidenza a portarla ad una morte simile; le ricordava un avvenimento ben preciso, ma nel momentaneo delirio della sua mente, non riuscì a collegare tale sensazione.
Le iridi opache si mossero velocemente ad osservare le travi del casolare, accogliente come non era mai stato nei suoi ultimi attimi, fissandosi solamente sull'umido e marcio legno. Nessuna memoria attraversò la loro visuale, solo lo scuro bruno del soffitto.
Attimi della propria vita non sfiorarono la sua mente. Rimase soltanto il vuoto.
Tanto meglio, meno sguardi colmi di odiosa pietà a guardarla mentre cercava di strisciare verso una morte poco dignitosa;
quale morte era dignitosa?
Vedere realizzarsi la propria ambizione di crepare nella più completa solitudine l'aveva leggermente tranquillizzata; con le labbra che si coloravano appena per la mancanza di ossigeno, mimò il principio di una frase, che aveva udito infinite volte in ventiquattro anni.
Ma, alla seconda parola, si bloccò. L'immenso sforzo a voltare la testa di lato le costò una forte fitta di dolore, ma le permise di liberare la bocca e la faringe dal denso liquido rosso.
Esso bagnò il pavimento e sporcò i suoi capelli bianchi, di nuovo.
Tossendo, si prese qualche sofferente respiro, godendosi la piacevole sensazione che l'aria fresca, passando lungo la sua gola, le dava. I gelidi occhi, di nuovo vigili, puntarono le lucenti schegge di vetro, dalle quali un liquido chiaro colava ancora verso il parquet.
Stronzate.
Non ho fatto tutto ciò con il fine di morire per così poco.




Avvertenze e condizioni per l'uso:
L'ansia che sia deludente? Tanta.
Inoltre, questa robba doveva spiegare cose, ma visto che sono una f**king moody b**ch ho deciso che comunque volevo tenerla sula vago. E' divertente come non riesca a mettermi d'accordo nemmeno con me stessa, fantastico.
Ah, questa volta non ho messo la divisione in favore di uno scambio fra Tecna ed Icy nello stesso luogo (una in sogno, l'altra nella realtà.) Ci sono frasi che collegano i due periodi, collegando strettamente i due mondi a causa del collasso del Loop; spero non siano difficili da capire.
Vi ringrazio da morire per aver seguito questa storia, che è stata un travaglio fino all'ultimo perché mettere insieme i ragionamenti di Tecna con termini appropriati è dura damn. Ma sono felice che il mio lavoro e la mia fatica siano state premiate.
Qui si fa riferimento alla dimora che usarono le Trix in seguito alla distruzione del loro regno, dove vissero con la madre; ci sono degli accenni a una determinata scena, ma non ve la scrivo qui solo perché vorrei sapere cosa riuscite a dedurre: vi fornirò comunque una spiegazione. 
Spero che non vogliate uccidermi perché vi ho deluso/ho fatto un epilogo dove non si sa se la nostra testimonial Algida sopravvive o meno, e che vi siate goduti questa lettura dal primo capitolo fino a qui.
Ringrazio molto Ghillyam, TheSeventhHeaven e Tressa che mi hanno sostenuta fino a qui, ringrazio chi ha seguito la storia ed i lettori silenziosi, sperando che abbiate trovato ciò che cercavate. Ringrazio anche il mio prof di filosofia che ha spiegato benissimo Nietzsche, senza il quale tutto ciò non sarebbe venuto alla luce.
So che non vedrai mai questa storia perché rimarrà segreta (fuhuhuh), ma grazie.
Ora, non mi resta che salutarvi, rimandandovi alla prossima.
Perché sì, tornerò.


Mary


Una comunicazione di servizio: il mio nick presto cambierà da Still_Sane a Mary Rosemary
Ps:
Non volendo lasciare il dubbio logorante per aver deciso di rimanere vaga ed inconcludente (evviva me) vi rivelo la frase rimasta alla seconda parola sulle labbra di Icy.
Andrà tutto per il meglio.
La frase che il padre le ha rivolto nel capitolo precedente e che nel corso di tempo normale sarebbe la sua ultima frase, prima che lei fugga con la madre e le sorelle dalla capitale. Piano con i forconi.

   
 
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