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Autore: Little Redbird    05/09/2017    3 recensioni
Simon sapeva che sarebbe finito nei guai se qualcuno lo avesse visto, ma in quel momento non gli importava. Voleva solo un po’ di tranquillità. E un posto in cui potesse sistemare alla bell’è meglio gli occhiali spezzati senza che qualcuno lo vedesse, magari senza la puzza dei bagni dei maschi ai piani di sotto. Il tetto era la scelta più ovvia, anche se la più pericolosa.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Wayland, Magnus Bane, Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'You just found me in the wrong universe. That’s all. '
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Simon era in anticipo. Mancavano dieci minuti all’inizio degli allenamenti, e non era nemmeno sicuro che lui sarebbe venuto, ma doveva provarci.
Non vedeva Raphael da due giorni. In circostanze normali, la cosa non lo avrebbe preoccupato. Prima che Magnus e Alec si mettessero insieme, prima che Clary e Izzy si mettessero insieme, prima che avesse una cotta per lui, Simon lo vedeva di rado. Avevano pochi corsi insieme e frequentavano diverse cerchie. Non erano amici, si salutavano metà delle volte in cui si incrociavano per i corridoi e avevano tavoli ai lati opposti della mensa. Ma Raphael non si faceva vedere da due giorni per colpa sua. Era stato sospeso per colpa sua. Non che gli avesse detto di picchiare Gregor, ma era per lui che l’aveva picchiato. Per un motivo che non era ancora sicuro di capire davvero.
Era per questo che doveva vederlo. Doveva chiedergli perché l’aveva fatto. Perché si era cacciato nei guai per difenderlo quando gli aveva detto che non aveva importanza?
Se Raphael non si fosse presentato nemmeno agli allenamenti, si era detto, sarebbe andato a casa sua. Avrebbe pregato Magnus di accompagnarlo.
Proprio quest’ultimo comparve all’entrata delle gradinate, le mani affondate nelle tasche del cappotto e il mento nella sciarpa grigia. Lo vide, l’unica figura tra gli spalti spazzati dal vento, e sollevò il viso per sorridergli.
Simon si alzò, pronto a raggiungerlo per domandargli di Raphael, ma Magnus si voltò e dietro di lui comparve il diretto interessato, per la prima volta sul campo da calcio senza divisa. Simon si immobilizzò mentre Magnus sussurrava qualcosa e Raphael sollevava lo sguardo verso di lui. Simon tentò di muoversi, ma gli altri due stavano facendo altrettanto.
Magnus si diresse verso la gradinata centrale, mentre Raphael verso quella della curva, dove si trovava Simon. Lo raggiunse, lo salutò con un cenno del capo e si sedette sulla gradinata fredda, i gomiti sulle ginocchia e le mani unite.
Simon si sedette al suo fianco, le spalle contro la gradinata dietro di loro. “Hai picchiato Gregor.”
Raphael voltò il viso per guardarlo, solo per un attimo. “Ultimamente sembra questo sia il mio nuovo nome. ‘Ehi, Haipicchiatogregor!’”
Simon avrebbe voluto ridere, ma non gli sembrò il caso.
La squadra cominciò ad entrare in campo. Alec si voltò a cercare Magnus tra gli spalti e il suo viso si allargò in un sorriso quando lo vide salutarlo con la mano. Poi i suoi occhi si spostarono su Raphael e Simon, seduti vicini nel vento autunnale che odorava inspiegabilmente di incenso. Alec sollevò la mano per salutare Raphael, la fascia da capitano stretta al braccio. Raphael gli fece un cenno d’assenso, una sottile raccomandazione a guidare la squadra come avrebbe fatto lui.
“Mi dispiace che per colpa mia tu non possa giocare” gli disse quando la squadra cominciò a riscaldarsi.
“Non è colpa tua.”
“Certo che sì. È sempre colpa mia. Se non ti avessi detto che era stato Gregor…”
“Non me lo hai detto. L’ho capito da solo.”
“Be’, se non lo avessi chiamato Happy Hippo…
“Simon, il mondo non ruota intorno a te. Non tutto è colpa tua.”
Simon lasciò cadere le spalle. “Non capisco se stessi cercando di confortarmi o innervosirmi.”
“Nessuna delle due” disse Raphael. “Constatavo l’ovvio.”
Simon si arrese. Portò gli occhi sul campo, dove Jace parava uno dopo l’altro i tiri dei suoi compagni di squadra. Lasciò passare qualche secondo di silenzio, ma non poté trattenersi a lungo.
“Perché lo hai picchiato?” domandò in un sospiro che il vento quasi si portò via.
“Perché se lo meritava. Mi dispiace solo non essere riuscito a farti ripagare gli occhiali.”
“Ti ho detto che ne avevo altri” disse, indicando la montatura sul naso.
Raphael squadrò le lenti nere per un secondo, fece scivolare lo sguardo sulle sue labbra e tornò a guardare il campo. “Preferivo quelli vecchi” ammise. “Dovrò farci l’abitudine.”
Simon sospirò. Non riusciva proprio a farsi dare una risposta concreta. O forse voleva che gli desse la risposta che voleva lui. Che gli dicesse che aveva picchiato Gregor perché a lui ci teneva.
La sua gamba destra, quella a pochi centimetri da Raphael, partì con il suo solito tic nervoso.
Raphael gli lanciò un’occhiata, ma non si lasciò distrarre dagli allenamenti.
Simon portò i gomiti alle ginocchia, nel tentativo di imitare la posizione di Raphael e fermare la propria gamba prima che creasse un cratere nella gradinata.
“Ho chiesto alla preside di lasciarti giocare alla prossima partita” disse. “Ha detto che ci penserà, ma non so cosa deciderà alla fine.”
“Non ce n’era bisogno.”
“Sì, invece. Non mi importa quello che dici. Anche se solo in parte, tutto questo è colpa mia. Non sopporterei che la squadra perdesse perché ancora una volta non ho tenuto la bocca chiusa.”
Gli angoli della bocca di Raphael si sollevarono, ma cercò di fare la voce dura. “Sottovaluti la squadra.”
“Sai cosa intendo” disse. “Non è lo stesso senza di te” sussurrò. “E non voglio che gli altri mi odino ancora di più.”
“Non ti odia nessuno” gli assicurò. “Sei solo un bersaglio facile.” Sembrò voler aggiungere qualcosa, ma si trattenne. Rifletté per qualche secondo, poi aggiunse: “La preside mi ha chiamato. Vuole vedermi domani.”
Simon lo guardò negli occhi e Raphael fece lo stesso.
“Credo che tu l’abbia convinta.”
Simon gli sorrise quanto più poté. “Bene” disse.
Tornarono a guardare entrambi la squadra che si allenava.
“Verrai?” domandò Raphael. “Alla partita, dico.”
Simon si asciugò le mani sudate sui jeans. “Sì, credo di sì.”
“Bene” disse Raphael.
Simon strinse le mani in preghiera. Quando se ne rese conto, si disse che era solo appropriato per quello che stava per fare.
“Raphael?”
“Cosa?”
“È un appuntamento?”
Il cuore gli martellava nel petto mentre si voltava piano a guardarlo. Raphael aveva gli occhi socchiusi. Ingoiò a vuoto, poi le sue labbra si schiusero per lasciar andare un respiro.
“La partita?” chiese con voce spezzata. “No.”
Simon inspirò il vento gelido che gli sferzava il viso.
“Ma potremmo andare a mangiare qualcosa quando sarà finita” aggiunse Raphael, il viso piegato in un’espressione di incertezza.
Simon strinse la mani fino a farsi male, così da essere sicuro di essere sveglio, di essere ancora vivo. Annuì, mordendosi le labbra per nascondere un sorriso che era comunque troppo grande.
 




 
AN:
L'avevo detto che era più lungo. Vabbè.
Grazie infinite a Chara per avermi fomentata un po' e avermi costretta a scrivere. E grazie a Fanwriter.it per la splendida iniziativa.

Spero di esservi mancata almeno un po' con le mie menate.
Red
   
 
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