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Autore: belle_delamb    05/09/2017    2 recensioni
E se i personaggi di Sailor Moon finissero all’interno di una fiaba? Ho voluto riscrivere alcune fiabe in questo modo. Così Bunny è Biancaneve e Queen Beryl la strega cattiva. Ho cercato di mantenere i caratteri il più possibile simili agli originali, anche se ho dovuto fare qualche modifica per adeguargli alla fiaba scelta.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Reapunzel, solo Rea per Phobos e Deimos, i due corvi che vivevano con lei, si sistemò i capelli di fronte allo specchio. Era iniziata un’altra delle sue lunghe giornate chiusa nella torre. Unica soddisfazione era sistemare i lunghi boccoli neri, un compito che le prendeva molto tempo. Si pettinò una ciocca alla volta. Forse era giunto il momento di fare un bel balsamo per renderli più morbidi e resistenti. In quel momento una voce la fece immobilizzare.
-Mia bella Rea, butta la tua chioma e tirami su-
La ragazza sorrise e corse alla finestra, quindi senza alcun indugio, gettò giù la sua lunga chioma e non appena sentì un peso attaccato ad essa tirò su. Dopo poco vide spuntare da oltre il davanzale Madre Beryl affannata e accaldata.
-Madre, come sono felice di vedervi!- esclamò la fanciulla, buttandole le braccia al collo.
-Quanta felicità! Non sarà per caso perché aspetti il mio regalo?-
-Oh no, madre- mentì Rea, cercando con gli occhi il dono. Alla fine lo individuò che spuntava dalle pieghe dell’abito, legato stretto con una corda –è sempre una gioia vedervi- esclamò, cercando d’immaginare di cosa si potesse mai trattare.
-Certo, certo- e preso il regalo lo porse a Rea che lo scartò in un attimo: si trattava di alcuni nastri per capelli. Alla ragazza sfuggì un’esclamazione di felicità, quindi corse davanti allo specchio.
-Bellissimi, di tutti i colori!-
-Sono fatti di tessuti molto preziosi, alcuni vengono da luoghi in cui esseri umani non hanno mai messo piede-
Rea ne accarezzò uno per uno, incantata dalla morbidezza del tessuto, erano veramente unici.
-Sono contenta che ti piacciano- disse Beryl, togliendosi il pesante mantello da viaggio –hai eseguito i soliti riti mentre non c’ero?-
-Come sempre- disse Rea, tornando improvvisamente al suo ruolo di sacerdotessa della torre –ho anche eseguito un rito di purificazione-
-Ah sì? Hai percepito delle negatività quindi-
-Qualcuna … non riesco proprio a capire da dove provenga- sospirò –sfortunatamente le carte non mi dicono proprio nulla-
Madre Beryl si strinse nelle spalle. –Ti devo dare una brutta notizia: domani partirò di nuovo-
-Di nuovo?- chiese Rea sorpresa e un po’ innervosita dalla cosa. Ecco perché le aveva portato quel bel regalo.
-Purtroppo non ne posso fare a meno-
-Arriverà il momento in cui potrò uscire anch’io da qua?-
-Oh, tesoro- esclamò Beryl, andandole incontro –non posso, c’è bisogno di qualcuno che stia qua a controllare il santuario-
-Non si può fare neppure un’eccezione? Mi piacerebbe molto vedere il mondo là fuori-
-Ma cara, il mondo è molto crudele e il male sempre in agguato, può entrare qua dentro da un momento all’altro, ed è tuo compito tenerli lontani-
Rea annuì, sapeva che era quello il motivo per cui si trovava lì, il suo compito, la sua vocazione. Per lei nel mondo là fuori non c’era nulla. Sospirò, ormai si era quasi abituata a quell’idea.
-Cosa puoi desiderare di più dalla vita, cara? Sei una sacerdotessa, sorridi e continua con le tue funzioni-
Madre Beryl aveva ragione, come sempre.

Quella notte Rea quasi non dormì. Le succedeva spesso ultimamente di non riuscire a chiudere occhio. La teneva sveglia la costante sensazione che nella sua vita mancasse qualcosa. Cosa però non avrebbe saputo dirlo. Si alzò e si diresse alla finestra, come faceva spesso quando non riusciva a dormire. Poteva sentire il respiro regolare di Madre Beryl, immersa in chissà quale sogno. La ragazza si sedette sul davanzale. Da lì poteva osservare il bosco e cullarsi nella sua tranquillità e nel suo silenzio. Era certa che, se mai fosse stata là fuori, sarebbe stata davvero felice. Per un attimo immaginò di scavalcare il davanzale e si calarsi dalla torre. Si sporse per vedere com’era la parete esterna e capire se era davvero possibile scendere. No, troppo liscia. Non c’era speranza di uscire da lì se non usando la sua lunga chioma. Sconfitta Rea ritornò a letto, sperando di riuscire finalmente ad addormentarsi.

La mattina seguente Rea salutò Madre Beryl, con un abbraccio, quindi l’aiutò a scendere con la sua chioma. Restò ad osservarla fino a quando non divenne un punto lontano in mezzo al bosco, quindi tornò alle sue faccende.
La ragazza non poteva certo sapere che il giorno precedente un giovane aveva assistito alla scena della richiesta della chioma e della salita di Madre Beryl. Si trattava del principe Jaidete, figlio del re di quel regno, sempre curioso e alla ricerca di un’avventura. Osservata la scena tornò al castello e chiese in giro a chi appartenesse quella torre.
-Appartiene a una strega molto potente- gli spiegò il bibliotecario –fossi in voi ne starei ben lontano-
Ma Jaidete aveva intravisto la bella figura che si sporgeva dalla finestra e ne era rimasto rapito, quindi aveva deciso di appostarsi ancora fuori dalla torre. Fu così che vide Madre Beryl andarsene e comprese dai bagagli che aveva con sé che si trattava di un viaggio lungo. Deciso ad approfittare della situazione si diresse alla torre e dopo un attimo di esitazione ripeté la frase che aveva sentito dire alla strega.

Rea restò sorpresa dalla chiamata di Madre Beryl. Forse aveva dimenticato qualcosa ed era tornata indietro per riprenderselo. Curiosa di sapere il motivo di quella chiamata buttò giù la sua chioma nera. Sentì subito che c’era qualcosa di diverso, come se il peso che doveva tirare su fosse improvvisamente diventato più pesante. Inspirò a fondo e tirò con tutte le sue forze. Madre Beryl stava ingrassando, doveva farglielo notare con un po’ di garbo altrimenti la chioma non avrebbe più retto. Questi erano i suoi pensieri quando finalmente vide l’oggetto della sua fatica e come si stupì quando si accorse che quello che aveva tirato su non aveva proprio le fattezze di Madre Beryl. Si trattava di un ragazzo dai capelli biondi e dai profondi occhi grigi, molto simile ai disegni dei principi che si trovavano nei libri.
-Milady- disse il giovane, con un profondo inchino –scusate la mia improvvisa apparizione, ma vi ho intravista e non ne ho proprio potuto fare a meno-
Rea restò un attimo in silenzio, poi prese il bastone, che aveva affianco e che utilizzava per il rito di purificazione del mattino, e lo diede in testa all’intruso con tutta la forza che aveva, quindi lo guardò cadere a terra improvvisamente indecisa su cosa fare. La decisione fu presa rapidamente. Afferrò il ragazzo per le braccia e lo trascinò vicino al tavolo, quindi lo legò stretto alla gamba di questo. Iniziò ad andare su e giù per la stanza, adesso cosa doveva fare? Oh, come avrebbe voluto che ci fosse Madre Beryl! Lei l’avrebbe indirizzata. La ragazza era persa in questi pensieri quando sentì l’intruso gemere. Si stava svegliando! Rea alzò il bastone, pronta a difendersi, decisa a capire chi fosse.

Jaidete sbatté le palpebre smarrito. Cos’era successo? E perché aveva quel forte mal di testa? Una caduta da cavallo. Fece per toccarsi il capo, ma fu fermato da qualcosa. Guardò verso il basso e vide che era legato. L’avevano rapito. Oppure era in guerra ed era stato imprigionato. Poi alzò la testa e incontrò lo sguardo di fuoco di una bellissima ragazza. Improvvisamente gli tornò tutto alla mente. Era stata quella bella fanciulla dall’abito cremisi e dai lunghi capelli scuri che l’aveva colpito. Si ritrovò a sorridere. Aveva ricevuto un bel colpo e aveva la vista un po’ annebbiata ma in fondo ne era valsa la pena.
-Sono forse finito in Paradiso? Perché di fronte a me ho un angelo-
Per tutta risposta la ragazza lo colpì al ginocchio con il bastone. –Con me non si scherza-
-Lo immaginavo-
La fanciulla piegò le labbra, imbronciata era ancora più bella. –Cosa ci fai qui?-
-Mi sono innamorato- disse lui, diretto.
La fanciulla parve sorpresa da quella frase e lo fissò sbattendo le palpebre. –Cosa intendi dire?-
-Non sai cosa vuol dire?-
Lei scosse la testa.
Jaidete scoppiò a ridere. –Non dirmi che non sei mai uscita da questa torre, vero?- si pentì subito d’averlo detto perché lo sguardo della ragazza valeva più di mille parole. Probabilmente non era davvero mai uscita da lì e questo gli trasmise un senso d’ansia. –Se vuoi io posso portarti fuori da qui-
La ragazza restò immobile, come se stesse riflettendo su quelle parole.
-Ti porterò a vedere dei luoghi meravigliosi- insisté lui.
Per tutta risposta lei si voltò e sparì dietro una porta.

Rea era sconvolta, non si era mai sentita così in vita sua. Si appoggiò al muro per pensare e osservò i suoi due corvi che volavano su e giù, anche loro nervosi. Finalmente era arrivata la svolta nella sua vita ma lei non era ancora pronta. Andarsene dalla torre? Lasciare il santuario? Per dove poi? Non c’era nulla di sicuro là fuori, poteva anche essere un luogo desolato e infelice, un posto in cui non sarebbe stata tranquilla. Eppure voleva toccare con mano quel mondo che le sembrava così distante.
-Cosa devo fare?- chiese ai suoi compagni di reclusione –Accetto?-
Loro le volarono intorno gracchiando.
-Lo prendo per un sì- tornò indietro.
L’uomo le sorrise. –Ti ho convinta?-
-Non devi fare scherzi-
-Ti do la mia parola d’onore e te lo giurerò mano sul cuore non appena mi libererai-
Dopo un ultimo attimo di indugio Rea si decise a liberarlo. Sciolse i nodi in maniera rapida e si allontanò di qualche passo per lasciare che lui si alzasse. Lo studiò con sguardo attento. Sembrava uno di quei personaggi che si trovavano ritratti nei libri, con un cappello con la piuma e l’aspetto sicuro e pieno di sé. Un vero principe ecco. Scosse la testa, cercando di pensare ad altro.
-Non esiste un’uscita da questa torre- disse.
-Non importa, con una corda si può fare molto-

Fu così che pochi minuti dopo Rea si ritrovò attaccata alle spalle del giovanotto mentre questo usata la corda per scendere. Stretta a lui con tutte le sue forze si chiedeva che cosa l’avesse spinta a fare quella follia, rischiando di morire. Era furiosa con se stessa per aver ceduto.
-Piano- urlò quando le parve che il giovanotto stesse per scivolare.
-Tranquilla, non potresti essere in mani migliori-
Su questo Rea aveva dei forti dubbi. I corvi le volavano intorno come per darle coraggio. Quando toccò terra le sfuggì un sospiro di felicità. Almeno non si era schiantata al suolo, era già qualcosa.
-Venite- disse lui –ti porterò in un luogo bellissimo-
E la ragazza, seppur dubbiosa, lo seguì.

Effettivamente Jaidete non avrebbe potuta portarla in luogo migliore. Si trattava di una piccola spiaggia che si affacciava su un mare rosato. Un vero angolo di Paradiso. La ragazza fissò entusiasta quel luogo. Non aveva mai immaginato che là fuori ci fosse qualcosa di così bello. Si fermò sulla riva ad ammirare quell’acqua dal riflesso così innaturale.
-Si tratta di un gioco di luci- le spiegò lui, andando al suo fianco e sfiorandole la mano.
-Bellissimo-
-Vuoi fare una cosa divertente?-
Lei lo fulminò con lo sguardo e il principe sorrise, gli piaceva essere fulminato da degli occhi così belli.
-Nulla di sconvenienti, suppongo che tu non abbia mai fatto un bagno in mare-
E di nuovo Rea si fece tentare, dimentica delle raccomandazioni della sua tutrice. Qualche istante dopo era in acqua, immersa fino alle spalle e si godeva la sensazione delle onde contro la pelle. Jaidete non aspettava situazione migliore e, con qualche parolina dolce e molto fascino, riuscì a sedurre Rea e a strapparle un bacio prima che il sole fosse calato. Alla fine della giornata si sdraiarono sul bagnasciuga, fianco a fianco, sulla sabbia calda, usando i vestiti come cuscini. Il cielo stava iniziando a diventare scuro e già si vedevano le prime stelle.
-Non ti ho ancora chiesto il nome- disse lui, accorgendosi solo in quel momento che non si era informato su una cosa così importante.
-Reapunzel, ma tutti mi chiamano Rea-
-Bel nome- disse lui –io sono Jaidete, immagino che avrai già sentito parlare di me-
Ci fu un attimo di silenzio prima che la ragazza scuotesse la testa. –Mai sentito-
Lui ci rimase male. –Io sono il principe- tentò ancora, sperando così di riuscire a far ricordare la ragazza.
-Un principe? Come quello delle fiabe?-
-Circa-
Rea lo fissò sorpresa. –Non pensavo che esistessero per davvero … sicuro che non mi stai mentendo?-
Lui scoppiò a ridere di fronte a tanta incredulità. –No, è la verità-
Un principe? Aveva di fronte a lei uno di quelle creature belle e affascinanti di cui si parlava nei libri?
-Ora però voglio sapere qualcosa in più di te, non sei mai uscita dalla torre? Oppure è solo uno scherzo che fai alle persone che non ti conoscono?-
E Rea raccontò tutta la sua monotona vita, passata rinchiusa nella torre a languire, nella speranza che un giorno sarebbe scappata.
-Ora ci sono io qui con te, non sarai più costretta a tornare alla torre-
Ma la ragazza non se la sentiva di lasciare Beryl, in fondo l’aveva cresciuta e forse semplicemente si preoccupava per lei.
-Potrai venire con me a palazzo-
-Non posso lasciare la mia tutrice- disse la fanciulla –lei si è sempre presa cura di me-
-Rinchiudendoti in una torre? Quello non vuol dire prendersi cura di te-
-Sì invece, vuole solo proteggermi-
-Porteremo anche lei con noi allora-
Lei sospirò. –Non so come la prenderà-
-Se ti vuole veramente bene sarà contenta, possiamo comunque affrontarla insieme, che ne pensi?-
-O no, la prenderebbe come una sfida-
-Non ci pensiamo ora- disse lui, stufo di parlare, accarezzandole la guancia –questa notte è solo nostra-

Il giorno dopo il principe riaccompagnò Rea alla torre, con la promessa di tornare. Ed effettivamente ciò avvenne e i due s’incontrarono più volte. La ragazza nel frattempo desiderava e temeva il ritorno di Madre Beryl. Avrebbe voluto da un lato affrontarla e così poter fuggire con il suo amato. Dall’altro temeva la reazione di lei e aveva paura di deluderla. Quella volta però la sua tutrice sembrava non aver intenzione di tornare a casa, così passò ben un mese e della donna ancora non si vedeva traccia. Rea però iniziò ad accusare degli strani sintomi: giramenti di testa, nausea, strane voglie che la portavano a desiderare alimenti assurdi. Fu così, oltre che per gli incontri con Jaidete, che cominciò anche a trascurare i riti.
-Qualcosa non va?- le chiese una volta il suo principe, preoccupato per il pallore della giovane.
-Non mi sento molto bene in questi giorni-
-Forse è solo stanchezza-
-Non so-
-Passerà-
Ma Rea sentiva che qualcosa in lei stava cambiando. Piccole cose, ma di un certo rilievo. Iniziava anche a mettere peso, lei che era sempre stata magrissima. C’era decisamente qualcosa che non andava e fu un libro a darle la soluzione all’enigma, un romanzo che le aveva regalato Madre Beryl ma che lei non aveva mai sfogliato prima, trovando la trama troppo sdolcinata per i suoi gusti. Quel pomeriggio però si annoiava terribilmente senza Jaidete, così, complice il sentimento che provava, lo prese e iniziò a leggerlo. All’inizio trovò noiosi tutti quei sospiri e quelle promesse, poi però quando l’eroina, lasciata dall’amato che era dovuto partire per la guerra, aveva iniziato a manifestare i suoi stessi sintomi per poco non era svenuta. La nausea, le vertigini, la stanchezza, addirittura quella strana sensazione del corpo che cambia senza un motivo. La diagnosi del medico, per la protagonista del libro, era stata inclemente: la ragazza era incinta. Rea a quel punto era scoppiata in lacrime anche se non ricordava di aver mai pianto in vita sua. Impossibile ora tornare indietro, impossibile salvarsi dalla fine. E maledisse il principe per averla messa in quel guaio e maledì se stessa per la propria debolezza e anche perché non aveva accettato la proposta di fuggire con lui.
-Adesso cosa farò?- domandò ai corvi, suoi unici amici.
E proprio in quel momento sentì una voce familiare chiamarla. Madre Beryl era finalmente tornata.

Rea gettò la chioma tremante. Indossava un vestito largo per cui dubitava che la donna si sarebbe accorta subito della gravidanza. Ma quanto avrebbe ancora potuto nasconderla? Quella sera avrebbe dovuto spogliarsi dinnanzi a lei e così avrebbe visto e il segreto sarebbe stato finalmente stato rivelato.
-Rea- esclamò la donna quando la vide –come sei bella- e la strinse a sé –sbaglio o hai messo su un paio di chili?-
-Non so- disse lei.
-Stai benissimo-
-Anche voi state molto bene, madre-
-Eppure c’è qualcosa che non va- disse la donna come se improvvisamente si accorgesse di un oggetto fuori posto.
-Cosa?- chiese Rea con voce un po’ troppo stridula e fu così che l’altra comprese.
-Mi hai tradita- urlò, strappandole di dosso gli abiti per poter vedere quello che aveva sospettato –di chi è il bambino?- domandò con la voce tremante.
-Un principe-
La donna la schiaffeggiò. –E tu ci hai creduto?-
-Lui ha giurato che sarebbe tornato-
-Ha mentito, non tornerà e tu sei stata sciocca ad avergli creduto-
-Lui tornerà e mi porterà nel suo castello-
-Sei solo una ragazzina senza cervello- ruggì e la prese per i capelli –questi non ti serviranno più-

Il principe si ripresentò alla torre il giorno seguente. Chiamò la sua innamorata a gran voce, assaporando i momenti che avrebbero passato insieme. La sua amata esitò un poco più del solito prima di lanciare la chioma, ma il giovane non ci fece parecchio caso e l’afferrò immediatamente, desideroso di arrivare in cima alla torre. Quale fu la sua delusione quando invece della sua bella Rea vide una donna dal volto arcigno.
-Chi siete?- chiese, furioso.
-Chi siete voi che disturbate la mia pace-
-Cerco Rea -
-Non la troverete certo qua, è andata via ormai-
-Dove? Cosa le avete fatto?-
E per tutta risposta la donna lo spinse giù dalla torre.

Rea vagava sola nel deserto. Da quando Madre Beryl l’aveva cacciata dalla torre aveva pianto molto.
-Se è il mondo là fuori che vuoi lo avrai- le aveva detto la donna, quindi aveva pronunciato alcune parole in una lingua sconosciuta e la ragazza si era trovata a vagare per il deserto. Ora non aveva nessun luogo in cui trovare rifugio da quel sole caldo. Un forte dolore al ventre la fece cadere in ginocchio e vide con orrore che stava perdendo del liquido. Capì così che il bambino stava per nascere.

Jaidete viaggiava da non sapeva quanto. Era rimasto cieco nella caduta, per cui non sapeva nemmeno dove stava andando, era solo per pura fortuna se era ancora vivo. In quelle condizioni gli era impossibile trovare la strada per il castello e si doveva accontentare di mangiare le bacche che riusciva a riconoscere al tatto. Una vita solitaria ed infelice la sua. Niente più balli, niente pomeriggi passati a cavallo, nulla di nulla, solo tenebre e infelicità, dover vagare senza sapere dove stava andando, senza meta, senza poter ritornare al suo amato castello.
-Ahimè, ahimè - si lamentava, le lacrime che gli scendevano sulle guancie –che ne sarà di me? Sono stato un vero sprovveduto!-
E fu proprio quella voce lamentosa che attirò l’attenzione di un’altra persona lì presente.
-Chi è?- chiese a gran voce.
-Un povero sprovveduto-
-Questa voce non mi è sconosciuta-
E a quel punto all’uomo parve di riconoscere la voce che gli stava parlando. –Rea- chiamò, le parole che gli tremavano in bocca.
-Come sapete il mio nome?- chiese la ragazza.
-Sono io, il tuo Jaidete -
-Oh mio Dio! Siete molto cambiato dal nostro ultimo incontro-
-Il mio amore per te però è sempre lo stesso-
-Anche il mio- e lei lo strinse forte a sé.
Fu allora che il principe sentì un leggero pianto. Cosa stava succedendo? –Ci sono dei bambini?- domandò.
-I nostri due piccoli- disse lei.
-Sono i nostri figli?- chiese lui, improvvisamente commosso dalla notizia.
-Sì, i nostri figli- disse lei e le sue calde lacrime caddero sugli occhi di lui bagnandoli. Fu così che il principe riacquistò la vista e poté rivedere la sua Rea, non più di una bellezza splendente, ma più matura.
-Mi sei mancata- mormorò.
-Anche tu- e restarono abbracciati per un tempo lunghissimo.

I due convolarono a nozze non appena il principe ritrovò la strada per casa. I bambini furono subito introdotti a palazzo e divennero eredi della corona. Per quanto riguarda Madre Beryl lei è ancora nella torre. È infelice, sola, senza la sua Rea, ma questa è la punizione per averla lasciata andare via. In compenso Rea e il suo principe vivono felici e contenti.
   
 
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