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Autore: eliseCS    06/09/2017    0 recensioni
Una piccola OS che vuole essere un prequel dell'altra OS e della long della serie "In silenzio, tre passi indietro come un'ombra" (sarebbe da leggere DOPO quelle due ma poi fate come volete).
(Di cui non fregherà probabilmente niente a nessuno ma l'ho scritta di getto e non volevo lasciarla a fare ragnatele nel computer)
--- Dalla storia ---
Il bambino aprì gli occhi di scatto mettendosi a sedere.
Lasciò che il suo sguardo si soffermasse su ogni dettaglio dell’ambiente che lo circondava mentre la confusione nella sua testa continuava a crescere [...]
...
[...] Non aveva la più pallida idea di dove si trovasse, né tantomeno di come ci fosse arrivato [...]
...
[...] Si guardò attorno finchè i loro occhi non si incrociarono, ma nei suoi Dave non vi lesse paura, né sorpresa.
Solo tanta confusione, com’era giusto che fosse [...]
---
Buona lettura
(E sì, lo so che faccio schifo con le introduzioni)
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In silenzio, tre passi indietro come un'ombra'
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NdA:
Essendo un prequel questa one shot è da collocarsi temporalmente prima dell'altra
one shot "
In silenzio, tre passi indietro come un'ombra - Non ne vale la pena - "
e della long "
In silenzio, tre passi indietro come un'ombra"
Può anche essere letta singolarmente, ma sarebbe meglio aver letto
le altre due storie prima di passare a questa
 (ho messo i link!).





 
In silenzio, tre passi indietro come un'ombra
- Eccezione -



Il bambino aprì gli occhi di scatto mettendosi a sedere.
Lasciò che il suo sguardo si soffermasse su ogni dettaglio dell’ambiente che lo circondava mentre la confusione nella sua testa continuava a crescere.
Si trovava in una stanza, pulita e riscaldata da un caminetto in cui il fuoco scoppiettava allegro, il letto a baldacchino su cui si trovava era grande e morbido e le lenzuola, seppur ruvide e grezze, sapevano di pulito.
Non aveva la più pallida idea di dove si trovasse, né tantomeno di come ci fosse arrivato.
 
Probabilmente confusione non sarebbe stata l’unica cosa che avrebbe provato in quel momento, se solo i suoi ricordi sul prima fossero stati ancora lì nella sua testa.
In quel caso sicuramente il sentimento predominante darebbe stato la sorpresa.
Sorpresa di trovarsi in un ambiente del genere con l’apparente sensazione di avere la pancia piena dopo una vita – non molto lunga invero – di stenti trascorsa prevalentemente per strada.
 
Non poteva sapere che in quella fredda notte di inverno, rannicchiato a ridosso del muro di un edificio cercando di raccogliere un minimo di calore proveniente dall’interno attraverso la parete, si era addormentato per non svegliarsi più.
Neppure la mattina seguente nessuno aveva fatto caso a lui, un piccolo scricciolo vestito di stracci accovacciato per terra, per diverse ore: non le persone che gli passavano accanto frettolose e men che meno gli occupanti dei carri o delle più lussuose carrozze che passavano rapide schizzando occasionalmente acqua dalle pozzanghere che si erano formate per la pioggia dei giorni precedenti e che non si erano ancora asciugate.
 
 
 
Un rumore di passi, il cigolio dei cardini della porta: l’uscio della stanza si aprì.
Una donna fece il suo ingresso.
Per quello che poteva dire lui non doveva avere più di una quarantina d’anni.
Il bambino pensò che fosse bellissima.
 
L’abito era degno di quelli indossati dalle dame dell’alta corte, elaborato e dai tessuti sicuramente pregiati, e il viso diafano era incorniciato da capelli biondi come il grano acconciati finemente.
Gli occhi erano azzurri, calmi e rassicuranti, e le labbra rosse erano curvate in un sorriso gentile e materno.
 
Il bambino si alzò in piedi esibendosi poi in un inchino impacciato: era così che si doveva fare no?
Lo aveva visto un paio di volte ma non ci aveva mai provato – anche se questo ovviamente non se lo ricordava.
Non aveva nemmeno fatto a tempo a realizzare di essere pulito come se fosse appena uscito da un lungo bagno e vestito con abiti di pari qualità: per qualche motivo aveva la strana impressione che sarebbero piuttosto dovuti essere stracci.
La dama al suo gesto ampliò il suo sorriso, questa volta scoprendo anche i denti bianchi come perle.
 
La parola angelo arrivò inaspettata quanto azzeccata nella mente del bambino.
 
Dopo qualche altro istante in cui i due continuarono ad osservarsi in silenzio la donna tese una mano nella sua direzione.
E parlò.
“Andiamo Dave” la voce morbida.
E il bambino non potè fare altro che ricambiare finalmente il sorriso, afferrare quella mano e seguirla.
 
 
 
♦♦♦
 
 
 
Dave rientrò nel suo alloggio.
Si scompigliò i capelli – aveva deciso di farli crescere giusto per cambiare un po’ – mentre sospirava profondamente.
Erano anni che ormai aveva preso il posto di Alma, e ce l’aveva messa tutta, davvero, ma quel giorno qualcosa era cambiato.
 
Aveva preso molto sul serio il lavoro di reclutatore fin da quando aveva completato il suo addestramento, seguendo le orme della sua guida, l’angelo che per primo l’aveva accolto.
Alma, appunto.
Era stato intenso, difficile a volte, ma non ricordava di essersene mai lamentato.
Quando poi gli era stato detto che lui non sarebbe stato un normale angelo custode, che avrebbe avuto un compito diverso ma allo stesso tempo sempre molto importante, l’idea di tirarsi indietro non gli era neanche passata per la testa.
E così era andato avanti, nonostante dovesse ammettere che gli ci era comunque voluto qualche tempo per accettare il modo in cui i nuovi angeli venivano scelti, scacciando la consapevolezza che era lo stesso modo in cui lui stesso era arrivato fin lì – seppure non ne conservasse alcuna memoria.
 
Però quella volta era stato diverso.
Quel ragazzino di appena dodici anni aveva smosso qualcosa in lui.
Niente di troppo eclatante – una sensazione di vento freddo sulla pelle, stomaco vuoto e passanti disinteressati – ma era stato abbastanza.
 
Il mondo si era certamente evoluto da com’era quando lui aveva iniziato il suo lavoro – da quell’epoca che le persone mortali avevano nominato Medioevo – ma era sconcertante vedere come in certe zone le cose non fossero in realtà cambiate così tanto.
 
E non era nemmeno tutto.
Quando aveva provato ad avvicinarsi per portarlo via con sé era stato respinto.
Era rimasto di sasso.
Succedeva rarissime volte che un bambino venisse rifiutato, non si sapeva per quale motivo, ma a lui non era mai capitato prima di quella volta tanto che era arrivato a pensare che in realtà fosse una cosa impossibile, nulla più di una diceria.
E probabilmente non sarebbe successo nulla se le circostanze fossero state diverse, ma non lo erano.
In quel momento aveva deciso che non avrebbe più continuato.
Non sarebbe riuscito a trovarsi nuovamente in una situazione del genere, non voleva neanche correre il rischio.
 
 
Fare il normale angelo custode poteva forse essere leggermente più impegnativo, ma non si lamentava, e almeno per i primi tempi aveva chiesto al Consiglio di poter seguire solo persone adulte.
Quel bambino lo aveva segnato più di quanto avrebbe creduto possibile.
Poi pian piano le cose erano tornate a posto, e l’età del proprio protetto non fu più un problema.
 
O almeno pensava...
 
 
 
♦♦♦
 
 
 
Non aveva mai visto un bambino con così tanta energia e propensione ad aiutare il prossimo come era successo con lei.
Aveva appena compiuto dieci anni e già andava con sua madre – che era infermiera – negli ospedali improvvisati che sempre più frequentemente venivano allestiti negli edifici più disparati per accogliere i feriti di guerra.
Si era accorto di lei praticamente per caso quando il suo protetto si era ritrovato una bambina a cambiargli la fasciatura della ferita di proiettile che aveva alla gamba invece delle solite donne di mezza età – solo i più fortunati ricevevano cure da donne più giovani e magari più avvenenti.
 
Aveva un sorriso di incoraggiamento per tutti, una carezza, una parola dolce.
Nemmeno lui riusciva bene a spiegarsi come mai una bambina preferisse passare il suo tempo in un ambiente del genere, circondata da feriti e, purtroppo, spesso e volentieri anche morti, piuttosto che stare a casa e magari intrattenersi a giocare con altri bambini della sua età - che erano tra l’altro stati evacuati in giro per le varie campagne, indubbiamente più al sicuro.
Se doveva essere sincero fino in fondo non poteva fare a meno di ammirarla.
 
 
 
Come da regolamento il preavviso fu minimo, anche se per quella volta Dave pensò che forse avrebbero potuto dargli un po’ più di due misere ore.
 
Due ore e una bomba avrebbe colpito l’ospedale senza lasciare sopravvissuti.
Un pochino forse si vergognava ad ammetterlo, ma in quei centoventi minuti il suo protetto passò completamente in secondo piano: non avrebbe comunque potuto fare niente per lui, non poteva interferire in nessuno modo, quello era il suo destino – anche se lui non poteva dirsi d’accordo.
No, in quel breve lasso di tempo i suoi occhi non riuscirono a staccarsi dalla figura minuta di quella bambina che affaccendata passava avanti e indietro tra le barelle.
Non era il suo angelo, non avrebbe neanche potuto manifestarsi a lei per avvertirla e dirle di lasciare quell’ospedale improvvisato il più in fretta possibile.
Non poteva fare altro che sperare che la bambina se ne andasse da sola per un qualsiasi motivo, possibilmente mettendo quanta più distanza tra lei e quel posto.
 
Nessuno sembrò ascoltare le sue preghiere.
 
 
 
Quando la polvere finalmente cominciò a diradarsi Dave si mosse tra le macerie e i calcinacci.
Non l’aveva persa d’occhio un istante e individuarla non fu così difficile.
 
Era rimasta schiacciata da un pilastro dalla vita in giù, l’espressione del suo viso indicava sorpresa, gli occhi azzurri rimasti spalancati per lo stupore erano giù vuoti e vitrei.
Si inginocchiò al suo fianco posando una mano sul suo petto all’altezza del cuore e si concentrò.
 
Aveva rinunciato a quel genere di poteri quando aveva chiesto di occuparsi dell’addestramento e non più del reclutamento, ma quella era una situazione particolare.
Percepiva che la bambina non era una degli scelti, ma il Consiglio poteva, doveva, fare un’eccezione per lei.
Non l’avrebbe lasciata lì, non ci sarebbe riuscito, non se lo meritava.
 
 
L’aria cominciò a vorticare intorno a lui mentre una luce accecante cominciava a diffondersi costringendolo a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì si ritrovò in piedi in una camera dell’Accademia.
Non avrebbe potuto sbagliarsi: gli alloggi erano tutti uguali all’inizio, era il rispettivo occupante che poi li modificava a proprio piacimento.
Fu con una punta di timore che si girò a controllare il letto, quasi avesse paura che lei non fosse lì.
Le sue paure si rivelarono infondate: la bambina era distesa sul letto – certamente erano stati fatti enormi progressi dal materasso su cui si era svegliato lui all’epoca nonostante la maestosità del baldacchino – il petto che si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro.
 
L’aria tremò al suo fianco e l’attimo dopo un angelo non troppo alto e rotondetto, i capelli color paglia, gli occhi marroncini, il naso a patata e le labbra sottili era apparso accanto a lui.
 
“Buongiorno Dave”
Lui rispose con un rigido cenno del capo.
“Penso tu sia consapevole che quello che hai fatto non è consentito... portare all’Accademia un non prescelto è assolutamente proibito...”
“Non sono più un reclutatore da almeno un secolo, ho rinunciato a quei poteri. Se la bambina adesso è qui vuol dire che il Consiglio è d’accordo. Non sono stato io a portarla qui, non direttamente almeno” replicò lui.
Il fastidio che provava nei confronti dei funzionari del Consiglio, di quello in particolare poi, sembrava una cosa innata in lui, qualcosa che non riusciva a spiegarsi fino in fondo.
L’angelo cercò di contenere la sua espressione indispettita.
“Sì, beh. Sappi che ci aspettiamo grandi cose dal lei. Non è cosa di tutti i giorni fare eccezioni del genere... credo che l’unica volta sia stato con Alma, probabilmente verso l’inizio del Medioevo...”
Dave lo fronteggiò arrabbiato.
Alma si era ritirata un centinaio di anni prima e lui aveva sempre sentito molto la sua mancanza.
Ma d’altronde era normale che solitamente si formasse un legame particolare tra un allievo e il proprio mentore.
E le implicazioni di quello che l’angelo aveva appena detto non gli erano piaciute.
 
“Senti tu...” cominciò solo per venire interrotto dal funzionario che l’aveva bloccato puntandogli un dito contro il petto.
“No, tu ascolta. Lei dovrà essere niente meno che perfetta. La migliore. Niente sbagli, niente errori. Non era previsto che occupasse questo posto e dovrà guadagnarsi ogni minuto che passerà all’Accademia. Nessuna eccezione per lei, glie n’è già stata concessa una, enorme. Sono stato chiaro?”
“Cristallino” non potè fare altro che rispondere.
“Sarà meglio”
L’aria tremò e Dave fu di nuovo solo.
Scostò la sedia di legno dalla scrivania a cui era abbinata e si sedette.
Adesso doveva solo aspettare.
 
 
 
 
Come accadeva la maggior parte delle volte anche la bambina si svegliò di soprassalto, boccheggiando e inspirando rumorosamente come se avesse trattenuto il respiro per tanto tempo, mentre i capelli – neri, lisci e lunghi appena poco più sotto delle spalle – scivolarono in avanti a coprirle il viso e gli occhi azzurri di nuovo luminosi e vivi.
Si guardò attorno finchè i loro occhi non si incrociarono, ma nei suoi Dave non vi lesse paura, né sorpresa.
Solo tanta confusione, com’era giusto che fosse.
 
L’angelo inspirò a sua volta cacciando da parte le parole che il funzionario gli aveva detto, ci sarebbe stato tempo per quello.
Si alzò invece in piedi sorridendo alla bambina con fare incoraggiante.
Lei lo imitò e i due si trovarono a fronteggiarsi.
Ad un suo cenno del capo la porta della cameretta si aprì lasciando vedere il corridoio al di fuori.
 
“Come ti chiami? Dove siamo?” domandò la sua voce squillante.
L’angelo rise di cuore.
“Mi chiamo Dave e questa è l’Accademia”
E questo è solo l’inizio e tu sei speciale, ma l’ultima parte la pensò soltanto mentre le tendeva la mano.
Non poteva ancora sapere quanto avesse ragione.
 
 
 
 
 
 
 
“Andiamo Aurora?”













Salve!
Chi sta seguendo E&E probabilmente mi vorrà uccidere perchè invece di andare avanti con quella sto scrivendo storie nuove ma vabbè... (ci sto lavorando, giuro!)
Comunque...
Come ho detto all'inizio questa one shot sarebbe da leggere dopo le altre due storie che fanno parte di questa serie, anche se temporalmente si colloca prima, essendo un prequel (ma tanto se state leggendo qui il danno è già fatto...).
Spero solo di non aver deluso troppo nessuno con la mia "spiegazione" sul da dove vengono fuori gli angeli... (sono aperta a commenti e critiche, non mordo!).
Scherzi a parte mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate.
Alla prossima
E.

 
   
 
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