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Autore: L S Blackrose    06/09/2017    3 recensioni
Eric è uno dei leader degli Intrepidi. Freddo, calcolatore, spietato e crudele.
Ma non è sempre stato così. Cosa lo ha portato ad odiare a tal punto i Divergenti?
In questo prequel di Divergent, il suo destino si intreccerà a quello di Zelda, una ragazza tenace e potente come una freccia infuocata.
Può un cuore di ghiaccio ardere come fuoco?
Un cuore di pietra può spezzarsi?
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dal capitolo 4 (Eric)
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Sto per aprire bocca, per invitare le reclute a dare inizio al loro cammino negli Intrepidi, quando un movimento al limite estremo del mio campo visivo mi obbliga a voltare il capo.
Ormai davo per scontato che le disgrazie fossero finite, invece una figura esile si lancia dall’ultimo vagone del treno e fende l’aria come un proiettile.
A causa della luce del sole che mi arriva dritta in faccia, in un primo momento metto a fuoco soltanto una macchia indistinta, blu e nera.
Nella frazione di secondo che segue, sono costretto a spingere l’autocontrollo al massimo della potenza per non mostrare nessuna emozione, per mantenere la mia posa autorevole e l’espressione gelida.
Perché sono talmente esterrefatto da non riuscire a credere ai miei stessi occhi.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Zeke
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Zeric - Flame of ice'
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Capitolo 50

 



 

Zelda


L'ufficio di William è un po' più grande di quello di Eric, ma molto meno ordinato. Sopra la scrivania, in equilibrio precario, ci sono pile di fogli e cartellette e, praticamente nascosto dietro tutte quelle scartoffie, noto lo schermo di un computer. Osservo quel caos con un sorrisetto.

Beh, un difetto William doveva pur averlo, dopotutto.

Il Capofazione mi invita ad accomodarmi sulla poltroncina davanti al tavolo ingombro, poi prende posto a sua volta. Si massaggia la nuca e fissa il disordine davanti a sé con un'espressione colpevole. - Mi ripeto sempre di dare una sistemata qui dentro, ma non trovo mai il tempo -. Sposta alcuni moduli scritti fittamente e una decina di plichi legati da robuste graffette, riuscendo a liberare la tastiera del computer. Digita qualche tasto, probabilmente la password, e lo schermo si illumina. Vedo i suoi occhi socchiudersi e la sua espressione farsi scura per un momento, finché non riporta lo sguardo su di me.

Accenna un sorriso e prende di nuovo a rovistare tra i fogli che ha davanti a sé. - Allora, Zelda, parlami di te -.

Mi mordo un labbro. - Non credo ci sia molto da dire - confesso, a disagio.

William alza gli occhi dalla cartelletta su cui stava scribacchiando e mi scruta attentamente. - Non avere paura, non ci sono risposte sbagliate. Non è un test, sto solo cercando di conoscerti per capire quali mansioni farebbero al caso tuo -. Vedendomi tentennante, si passa una mano tra i capelli e fa una smorfia. - Ti ho intimidita? Ti chiedo scusa, mia moglie mi ripete sempre di essere meno diretto -.

La sua espressione si fa più dolce non appena nomina la compagna: deve amarla molto. Non so perché, ma a quel pensiero sento la tensione sciogliersi un po'. - No, è che non mi piace parlare di me stessa. Ogni volta che qualcuno me lo chiede, mi chiudo come un riccio -. Faccio spallucce. - Ma davvero non saprei cosa dire, a parte che ho deciso di lasciare la mia vecchia vita perché mi stava stretta e mi faceva soffrire. Ho scelto gli Intrepidi perché era la fazione che più si adattava al mio carattere e non me ne sono pentita: ho trovato una famiglia che mi accetta per quella che sono, che mi vuole bene e di cui mi fido. L'unica cosa che desideravo era superare l'iniziazione e ora non potrei essere più felice -.

William annuisce, sempre con un sorriso sulle labbra. - Sei una ragazza straordinaria, Zelda, ma tendi a sottovalutarti. Ho visto le tue simulazioni e assistito al tuo test finale di persona, quindi posso dirti in tutta sincerità che la fazione è fortunata ad averti tra i suoi nuovi membri -.

Il complimento mi fa arrossire, ma William non pare farci caso perché i suoi occhi sono tornati allo schermo del computer. - Hai raggiunto il quinto posto nella classifica. Questo significa che hai libera scelta sul lavoro che svolgerai da oggi in poi -. Mi porge un pacco di fogli. - Qui ci sono i vari posti disponibili. Leggi pure con calma e poi ne discuteremo assieme. Se hai dubbi, chiedimi pure. Sarò felice di aiutarti -.

Il suo tono gentile e il suo atteggiamento disponibile, che tanto contrastano con i modi spicci e bruschi della maggior parte degli Intrepidi, mi colpiscono talmente che non riesco a spiccicare parola. Abbasso lo sguardo sui fogli, mentre lui torna a digitare sulla tastiera. Fisso le parole scritte, ma non ne comprendo il significato. In mente ho solo quel cartello, quello che ho visto appeso alla porta dell'infermeria il primo giorno che vi ho messo piede. C'è ancora, ho controllato questa mattina prima di dirigermi in mensa. Inizio a scorrere le varie pagine, finché non trovo quello che cerco. Appoggio il resto del plico sulla scrivania e mi schiarisco la voce per richiamare l'attenzione di William. Il Capofazione distoglie gli occhi dal computer per fissare prima me, poi il foglio che gli sto porgendo. Lo prende e legge le poche righe stampate, per poi tornare a guardarmi. Ha le sopracciglia corrucciate. - Ne sei sicura? -.

Annuisco una volta, con convinzione. - Sì -.

William si massaggia il mento. - Non preferiresti un posto da istruttrice? Te la cavi molto bene con le armi, da quanto ho potuto leggere sulla tua scheda personale -.

Ci avevo pensato. Eric mi aveva suggerito la stessa cosa, ammettendo a malincuore che sarei stata un'insegnante molto più brava di lui. Ma io so per cosa sono portata, in quale ambito il mio talento potrebbe essere più utile alla fazione. - Ti ringrazio per la proposta, ma non credo faccia per me -.

William resta in silenzio per qualche minuto, poi ridacchia sottovoce. - Beh, io ci ho provato e Max di certo non potrà sostenere il contrario -. Alza entrambe le mani e si allunga sulla sedia, più rilassato. - Lungi da me costringerti a fare qualcosa che non rientra nelle tue corde. Questa scelta spetta esclusivamente a te -. Sempre sorridendo, raccatta una penna semisepolta sotto una decina di fascicoli rilegati e mi porge un nuovo foglio, sul quale spiccano due firme: la sua e quella di Elizabeth, la capo infermiera. Lo guardo con la sorpresa dipinta in viso. Lui fa spallucce. - Elizabeth ed io siamo stati compagni d'iniziazione. Le dovevo un favore, quindi le ho promesso che avrei fatto il possibile per convincerti ad accettare il posto. Alla fine non ce n'è stato bisogno, ma, se dovesse chiedertelo, puoi fingere che sia stato, almeno in parte, merito mio? -. Mi fa l'occhiolino e io ricambio il sorriso, prima di apporre sul contratto l'ultima firma mancante: la mia.


 

 

*



 

Elizabeth quasi mi soffoca con un abbraccio quando mi presento assieme al mio mentore in infermeria. Emette un lungo sospiro sollevato, poi mi lascia andare e si affretta a staccare il cartello che ancora fa capolino oltre il vetro della porta. Lo straccia e getta i piccoli pezzetti di carta nel cestino con un gesto che trasuda soddisfazione. - Sinceramente, non osavo sperarci. Tutti parlano di te con grande entusiasmo, perciò dubitavo avresti scelto un ruolo così poco popolare -.

Scambia un'occhiata eloquente con William, che accenna un mezzo inchino e mi appoggia le mani sulle spalle come un papà orgoglioso. - Ti avevo detto di lasciar fare a me, no? Dubitavi forse delle mie capacità di persuasione? -.

Nessuno che non sia cieco potrebbe mai dubitarne, penso tra me. Con il suo carattere amabile e il suo aspetto magnifico, William non faticherebbe a persuadere anche il più riottoso degli Intrepidi. Uno fra tanti, Eric. Infatti non credo che il mio Capofazione potrebbe mai arrabbiarsi con lui, o rispondergli per le rime come fa con James.

Elizabeth sorride a William. - Non ho dubitato di te nemmeno per un istante, ma temevo che Max potesse immischiarsi e farti passare dalla sua parte. È da quando ha visto gli allenamenti di Zelda al poligono che spera di includerla nel team degli istruttori -.

William ride. - Sfortunatamente per lui, questa ragazza ha le idee ben chiare e non permette a nessuno di decidere al posto suo -. Mi dà una stretta rassicurante e fa un cenno ad Elizabeth. - Te la affido. Sono sicuro che insieme formerete una squadra imbattibile -.

Dopo un ultimo occhiolino nella mia direzione, esce di scena. E io posso tornare a respirare normalmente.

Elizabeth mi tende la mano. - Benvenuta a bordo, collega. Pronta a cominciare? -.

Lo sono di certo e lei non si fa scrupoli a farmi cominciare all'istante. Ha già un camice bianco pronto per me, al quale basta applicare la targhetta col mio nome. Dopo mezz'ora - durante la quale mi ha spiegato in termini specifici le mie mansioni, l'organizzazione dell'infermeria e del magazzino adiacente, e tutto ciò che mi serve sapere nell'immediato -, sono già pronta ad entrare in azione.

Indosso il camice e lego i capelli, prima di uscire dall'infermeria per il mio primo incarico. Nel corso della mattinata mi capita di chiedermi se i miei compagni – i gemelli, nello specifico - alla fine ce l'abbiano fatta a riprendersi dalla sbornia e siano riusciti a muovere qualche passo fuori dal dormitorio.

Finisco di cambiare le bende ad un giovane Intrepido rimasto ferito durante un'esercitazione, passo a controllare un bambino che si è recentemente slogato il polso sinistro e infine, approfittando dell'assenza di altri compiti urgenti, mi fermo a giocare con Ted, dopo averlo incrociato nei corridoi. Pranziamo assieme, dal momento che né le mie amiche, né gli altri si presentano in mensa.
Ted non smette un attimo di parlare e io di sorridere. Sono talmente felice di far parte di questa fazione che non riesco a contenere l'entusiasmo e quasi getto le braccia al collo di Quattro quando prende posto accanto a me. Mentre mangiucchia la bistecca che ha nel piatto, mi osserva di sottecchi con un sorrisetto compiaciuto. - Allora alla fine l'ha spuntata Elizabeth - afferma, accennando col capo al mio camice. - Mi sarebbe piaciuto averti nella mia squadra di istruttori, ma approvo la tua scelta -.

Alzo le spalle. - Non credo mi si addica molto il ruolo di insegnante. Mi sento più a mio agio ad aggiustare caviglie slogate e ricucire ferite da taglio -.

Quattro annuisce. - E il tuo ragazzo come l'ha presa? - chiede, con finta innocenza.

Bevo un sorso d'acqua, senza scompormi. - Gli avevo già accennato le mie intenzioni. Quando mi vedrà in infermeria, anziché in palestra a dare ordini, non rimarrà molto sorpreso -.

Il mio ex istruttore sorride a mezza bocca. - Conoscendolo, credevo avesse tentato di indirizzarti verso un ruolo di comando, o perlomeno, verso un lavoro che comprendesse l'uso di qualche arma. Ma forse ho fatto male i miei conti: Eric tiene davvero a te, quindi di sicuro si sentirà sollevato a non saperti lì fuori in pericolo. Specialmente in questo periodo -. Quattro ha abbassato la voce verso la fine del discorso, probabilmente per non farsi udire da Ted, che, di fronte a lui, mangia con appetito il suo hamburger.

Mi chino verso l'istruttore con curiosità. - Cosa significa “specialmente in questo periodo”? Cosa sta accadendo lì fuori? -.

Quattro sospira e appoggia le posate nel piatto. - Sembra che gli Esclusi siano in fermento, da un paio di settimane a questa parte. È per questo che Max ha incrementato i turni di guardia e sta sottoponendo i nuovi soldati a duri addestramenti. Non sappiamo cosa abbiano in mente, ma non vogliamo farci trovare impreparati -.

Rimango pensierosa fino alla fine del pranzo, chiedendomi cosa stia succedendo all'interno della città. Non mi sorprende che gli Esclusi si stiano facendo sentire, né che abbiano sete di vendetta nei confronti delle altre fazioni, viste le condizioni precarie in cui si trovano. Invece mi preoccupa sapere che il ragazzo che amo, alcuni dei miei amici e tutti gli altri Intrepidi che conosco si trovino fuori dalla Residenza, in costante pericolo di finire in un'imboscata e di non uscirne vivi, come è accaduto al fratello di Max.

Scaccio questi pensieri dalla testa, prima di farmi prendere dal panico. In caso qualcuno si faccia male, ci sarò io, qui, pronta ad intervenire.

Torno in infermeria, dove trascorro alcune ore seduta alla scrivania a leggere i libri di medicina che mi ha consigliato Elizabeth. Dopo aver riempito almeno dieci pagine di appunti, decido che per oggi può bastare.

Metto in ordine le poche cose sparse sopra i tavoli, poi riprendo la mia borsetta con il kit di pronto soccorso e mi avvio verso la stanza dell'Intrepido che ho visitato stamattina. Le bende vanno cambiate almeno tre volte al giorno, ha detto Elizabeth, quindi meglio dargli una controllatina prima di ce...

Delle urla improvvise mi fanno trasalire nel bel mezzo del corridoio. Mi guardo attorno e, visibilmente preoccupata, mi dirigo verso la galleria che conduce al Pozzo. Aguzzo le orecchie: sembra che le grida provengano proprio da lì. Affretto il passo, mentre penso ad almeno cinque scenari diversi sulle possibili cause di queste urla stridule...finché non raggiungo la grande sala e la preoccupazione lascia spazio all'incredulità.

Al centro del Pozzo un gruppo di Intrepidi, tutti ragazzi giovani e tutti senza maglietta, sta svolgendo quello che, almeno a prima vista, si direbbe un allenamento fisico intensivo. Le grida che ho udito appartenevano ad un folto gruppetto di ragazze, che si stanno sbracciando per attirare l'attenzione dei suddetti soldati e che li incitano a togliere anche quei pochi indumenti che ancora indossano.
E credo proprio che i ragazzi lo farebbero volentieri, che si spoglierebbero senza alcun indugio per mettere in mostra muscoli sodi e tatuaggi virili, se solo non avessero alle costole un Capofazione più duro e inflessibile dell'acciaio.

Alla vista di Eric, a petto nudo come tutti gli altri, che incita le reclute a seguirlo in un veloce giro di corsa lungo il perimetro del Pozzo, mi lascio sfuggire un sospiro di ammirazione e mi appoggio mollemente alla parete, per godermi meglio lo spettacolo.

Osservo il corpo agile e muscoloso del mio ragazzo mentre si muove in giro per la sala, e non riesco nemmeno ad ingelosirmi nel constatare che la maggior parte delle ragazze urlanti sta facendo esattamente la stessa cosa. Eric è davvero un portento, un insieme di forza ed eleganza dal quale è impossibile distogliere gli occhi. Le reclute lo imitano e lo seguono, tentando di seguirne i movimenti e l'andatura, ma si vede benissimo che, più che correre, stanno arrancando. Chissà da quanto tempo si stanno allenando: a giudicare dal sudore e dalle espressioni sfinite, direi troppo. Hanno decisamente bisogno di una pausa.

Spinta da compassione nei loro confronti - nessuno di mia conoscenza potrebbe tenere il ritmo di Eric senza sputare entrambi i polmoni dopo pochi minuti - mi stacco dalla parete e mi dirigo verso il centro del Pozzo. Eric, che sta per terminare il quinto giro della sala, si trova esattamente dalla parte opposta, ma di sicuro non impiegherà molto a mettermi a fuoco. Il mio camice bianco spicca in mezzo alla folla vestita di scuro come una rosa rossa in un campo di gigli.

Capisco perfettamente il momento in cui registra la mia presenza: Eric blocca la propria corsa in modo talmente improvviso che le reclute rischiano di franargli addosso. Sbraita qualche ordine e, con mia somma gioia, vedo il sollievo dipingersi sui volti dei soldati, che approfittano dell'allontanamento del loro comandante per riposare le membra stanche. Io continuo a camminare, fingendo di non aver assistito alla scena.

Ad un certo punto devo fermarmi, perché qualcuno afferra la stoffa del mio camice, impedendomi di proseguire. Volto appena la testa e incrocio lo sguardo stupito di Eric. - Cosa ci fai qui? - mi chiede, piuttosto bruscamente.

Piego le labbra in un sorriso sarcastico. - Anch'io sono felice di vederti, tesoro -.

All'ultima parola, Eric emette uno sbuffo dal naso che posso paragonare solo a quello di un toro pronto a dare battaglia. - Ti diverti un mondo a mettermi in imbarazzo, vero? -.

- Curioso, potrei dire lo stesso di te -.

Lui rotea gli occhi, per poi fissarli sull'indumento che stringe tra le dita. La sua espressione si divide tra divertimento e rassegnazione. - Sapevo che Max non l'avrebbe avuta vinta, stavolta. Congratulazioni per il tuo nuovo lavoro, piccola -.

Mi abbraccia con trasporto, sollevandomi da terra come se non pesassi nulla. Prima che mi lasci andare, gli scocco un bacio sul collo. - Grazie. Questo vuol dire che non sei deluso dalla mia decisione? - chiedo, con una vena di titubanza nella voce. Ne avevamo già parlato e lui mi aveva assicurato il suo appoggio, ma un conto è la situazione ipotetica, un altro la realtà concreta.

- Certo che no, se questo significa che non dovrò preoccuparmi di vedere troppi ragazzi girarti intorno. Come sarebbe successo se avessi accettato il posto di istruttrice -. Mi scruta attentamente da capo a piedi, prima di chinare la testa per baciarmi. Mi passa un braccio attorno alla vita e non mi permette di allontanarmi nemmeno quando ci giungono alle orecchie i fischi impudenti degli altri Intrepidi.

Con tutta la calma del mondo, Eric scosta le labbra dalle mie e scocca un'occhiata micidiale alle reclute ancora intente a fissarci. Osservo con una strana soddisfazione le loro espressioni sogghignanti diventare vere e proprie maschere di terrore. - Un minuto e si ricomincia - scandisce lentamente il mio ragazzo in direzione dei soldati. Ogni sillaba ha il sapore della vendetta che non esiterà a mettere in pratica non appena gli avrò voltato le spalle. A giudicare dalla luce sadica che gli brilla negli occhi, alla fine dell'allenamento delle reclute resterà ben poco.

Poveretti. Certo che se le vanno proprio a cercare, però.

Dopo aver zittito i sottoposti impiccioni, Eric torna a guardarmi. Quando incrociano i miei, i suoi occhi si fanno più dolci, ma stranamente seri. - Hai già portato le tue cose in camera nostra? -.

Camera nostra.

Ha un bel suono, un suono rassicurante, che mi riporta alla mente l'unica notte che abbiamo passato insieme. La forza e il calore delle braccia di Eric attorno a me, i suoi baci decisi e possessivi, il suo sguardo pigro e disarmante al nostro risveglio. Ora potrò gustarmi queste cose ogni giorno, potrò averlo per me ogni notte.

Il mio sospiro di felicità fa scattare in su il sopracciglio di Eric. Alla sua occhiata interrogativa, rispondo scuotendo la testa. - No, non ancora. Sono stata piuttosto impegnata e non penso di riuscire a traslocare prima di cena -.

Il pollice del Capofazione mi accarezza pigramente il collo. - Ti hanno già messa all'opera? Che efficienza -. Guarda con disprezzo i soldati, tutti ancora seduti a terra per riprendere fiato, e una smorfia gli increspa le labbra. - Di certo non si può dire lo stesso dei tuoi compagni d'iniziazione, visto che la maggior parte di loro ha sostenuto il colloquio solo dopo pranzo. Quegli smidollati non entreranno in azione prima di domani, e ... -. Si blocca e stringe le labbra. La sua espressione si fa ancora più tirata e cupa.

Gli premo una mano sul petto. - Finisci la frase. Lo vedo che c'è qualcosa che ti turba -.

Lui lascia andare un sospiro. - Non volevo farti preoccupare, per questo non te ne ho parlato stamattina. Il fatto è che di recente gli Esclusi si stanno comportando in modo strano e … -.

- … e Max vi sta sottoponendo a turni massacranti, ronde e allenamenti continui - completo io, con cipiglio severo. - Sì, lo so. Me l'ha detto Quattro a pranzo -.

Eric socchiude le palpebre a fessura. - Quel Rigido non dovrebbe andare in giro a divulgare questo genere di informazioni senza essere stato autorizzato. E sentiamo, che altro ti ha detto? -.

L'ansia che avevo scacciato torna a farsi sentire, mi comprime il petto. - Perché, c'è dell'altro? -.

Lui non risponde e io mi sento gelare. Eric deve percepire la mia improvvisa immobilità, perché ricomincia ad accarezzarmi la schiena. - Non è nulla di allarmante, ma non posso dirtelo adesso. Devo rispettare gli ordini di Max -. Il suo tono fermo mi fa capire che non ho alcuna speranza di estorcergli delle informazioni, in nessun modo, finché non deciderà di mettermi al corrente.

Ricambio il suo sguardo con uno altrettanto determinato. - D'accordo. Promettimi solo che farai attenzione e che non ti getterai volontariamente in situazioni pericolose -.

Eric inarca di nuovo il sopracciglio, ma stavolta la sua bocca si stende in un sorriso. - Questo te lo posso promettere, piccola. Non farò nulla che possa impedirmi di tornare da te -. Mi sfiora la fronte con le labbra, prima di fare un passo indietro. - Stanotte probabilmente farò tardi: mi hanno assegnato il turno di ronda assieme a James. Non aspettarmi alzata -, fa una pausa e mi lancia uno sguardo allusivo e provocante, - ci penserò io a svegliarti quando tornerò -.

Gli rivolgo un sorriso malizioso. - Quindi farei meglio a non indossare nulla, giusto? -.

Eric si passa la lingua sui piercing con fare pensieroso, poi posa gli occhi sul mio camice aperto. - Nulla, a parte questo -. Unisce i due lembi di stoffa e chiude uno dei bottoni. Negli occhi aleggia una luce predatoria. - Sarà un vero piacere potertelo togliere -.

- Fa in modo di tornare tutto intero e potrai giocarci quanto vorrai -.

Lui fa per dire qualcos'altro, poi scuote la testa. - A stanotte, allora -. Un ultimo bacio ed è già fuori dalla mia portata. Lo guardo tornare dalle reclute con un misto di ansia, rimpianto e desiderio.

Solo allora mi accorgo di essere osservata.

Anzi, di essere circondata.

Dalle stesse ragazze che poco fa gridavano come ossesse e che, mentre chiacchieravo e flirtavo con Eric, si sono spostate silenziosamente alle mie spalle come cornacchie pronte a banchettare con un povero animaletto indifeso. Infatti iniziano a gracchiare non appena il Capofazione si allontana.

- Allora state davvero insieme! -.

- Come ti invidio! Eric è uno sballo -.

- Mette una paura del diavolo, ma è davvero super sexy! -.

- Come hai fatto a conquistarlo? Bacia bene, vero? -.

- L'hai davvero chiamato 'tesoro' di fronte a tutti? -.

Sospiro tra me.

Sarà un lungo pomeriggio.

 


 

* * *

 


 

Eric


 

Quanto vorrei che James la smettesse di parlare. Siamo usciti dalla Residenza circa un'ora fa e, nel tempo che abbiamo impiegato a raggiungere la periferia del quartiere dei Candidi, il mio collega si è lanciato in un monologo che fra poco mi vedrò costretto ad interrompere, in modo brutale. Ovvero puntandogli il fucile alla gola.

Non sto prestando attenzione alle parole che gli escono di bocca più di quanto non stia osservando il procedere silenzioso delle reclute che Max mi ha costretto a portarmi dietro in questa ronda fuori programma.

L'unica cosa che desidero in questo momento, a parte due minuti di silenzio, è tornare di corsa al quartier generale, fiondarmi in camera e restare da solo con la mia ragazza per almeno una settimana.

E' chiedere troppo? Evidentemente sì, o non mi troverei di pattuglia nel mio giorno libero.

Maledetti Esclusi. Durante le ultime settimane non hanno fatto altro che creare disordini in tutti i quartieri, specialmente in quello dei Candidi. Non c'è da stupirsi che Max abbia incrementato i turni di guardia, il numero delle squadre addette alla sorveglianza della recinzione e stia sottoponendo tutti, Capifazione inclusi, ad allenamenti continui.

Ci eravamo illusi di averli tacitati per sempre, dopo aver respinto il loro attacco più forte, avvenuto pochi mesi fa. Come siano riusciti a procurarsi nuove armi e munizioni è un mistero che nemmeno gli Eruditi sono riusciti a spiegarsi. E le minacce nei confronti degli Intrepidi non si sono fatte attendere: siamo l'unica fazione che ha il potere di tenerli a bada, gli unici in grado di proteggere la città dal caos che gli Esclusi tentano con ogni mezzo di creare.

Stringo con più forza il fucile, mentre scruto il profilo degli edifici in rovina. Questa parte della città è la meno illuminata: riusciamo a procedere solo grazie alle torce che portiamo alla cintura. In ogni caso non è affatto semplice: le strade sono dissestate, in certi punti l'asfalto è estremamente cedevole e minaccia di sgretolarsi sotto i nostri piedi se non prestiamo sufficiente attenzione.

Nel frattempo, James continua a dar aria alla bocca. Come se non ci trovassimo in territorio nemico, ma stessimo semplicemente partecipando ad una gita di piacere. Nonostante tenga la voce bassa, le sue parole rimbombano nel silenzio della notte come colpi di pistola.

Lo lascio blaterare per altri cinque minuti prima di fermare l'avanzata della squadra e mettergli la canna del fucile all'altezza del petto. - Se non chiudi il becco di tua spontanea volontà, dovrò pensarci io -. I soldati attorno a me trattengono il fiato. In realtà ho la sicura inserita, ma nessuno può accertarsene in quest'oscurità.

Il mio basso ringhio non gli fa battere ciglio. James si limita ad allontanare l'arma con una mossa annoiata della mano. - Come vuoi. Stavo solo cercando di allentare la tensione -.

Non abbasso il fucile. - Stai dando un pessimo esempio. Non siamo qui per parlare, ma per eseguire degli ordini. E il tuo comportamento sconsiderato potrebbe metterci tutti in pericolo -.

Alla luce delle torce elettriche riesco a vederlo alzare gli occhi al cielo. - D'accordo, scusa. Non ti scaldare, piccolo -.

Scopro i denti. - Non chiamarmi piccolo -.

- Tesoro, allora -.

Non so quale dei soldati abbia il fegato di ridacchiare, ma smette immediatamente quando mi vede portare una mano alla cintura, dove ho allacciato dei coltelli da lancio. Ho già le dita strette attorno all'impugnatura, quando un brivido mi fa rizzare i capelli sulla nuca.

Non riesco nemmeno a voltarmi del tutto: l'esplosione squarcia la notte e tutto quello che mi circonda si colora di rosso.

Rosso sangue.



 

 

* * *


 

 

Zelda



 

Sono ferma da cinque minuti davanti alla porta della stanza di Eric e ancora non mi sono decisa ad entrare. La chiave che stringo tra le dita è quasi diventata un tutt'uno con il palmo della mano per quanto la stringo forte.

Il cuore batte veloce nel petto e mi sento decisamente stupida ad esitare in questo modo, ma non posso farne a meno. Una volta entrata non sarò più l'iniziata trasfazione che cercava solamente di fuggire dai fantasmi del passato e sognava di trovare finalmente un posto che le appartenesse, una vera famiglia. Una volta entrata lì dentro il passaggio da iniziata a membro effettivo della fazione diventerà definitivo, così come il mio rapporto con Eric.

Camera nostra.

Quando William ha finito di completare la mia scheda personale, con tutti i dati sul mio nuovo lavoro e il mio punteggio del test finale, mi ha chiesto se avessi già deciso con chi condividere la stanza. Arrossendo come una bambina beccata a rubare caramelle, gli ho spiegato la situazione e lui ha annuito, sembrando piuttosto compiaciuto. Il perché mi sfugge tutt'ora.

Mentre infilo la chiave nella serratura e spingo con cautela la porta, mi ritorna in mente ogni minuto trascorso qui con Eric: il nostro primo bacio, i battibecchi e le dichiarazioni avvenuti tra queste mura. In questa stanza è iniziata la nostra storia e forse è per questo che mi sento così emozionata.

Accendo la luce e mi guardo intorno: come al solito, l'ordine regna sovrano. Trascino la mia sacca fino all'armadio e rimango di stucco quando apro le ante: Eric ha già sistemato le proprie cose in modo da lasciarmi spazio, più di metà armadio a completa disposizione. Lo stesso vale per l'armadietto del bagno e per la scrivania, che inauguro appoggiando la pila di libri di medicina gentilmente donatami da Elizabeth.

Non impiego molto tempo a sistemare le poche cose che ho portato con me dal dormitorio. La collana che mi permette di comunicare con Damien e il braccialetto di mia madre sono gli unici oggetti che ritengo veramente importanti: li nascondo in fondo ad uno dei cassetti della scrivania, per sicurezza.

Prima che me ne andassi definitivamente dalla camerata, Melanie e Leslie mi hanno abbracciato e lasciato tra le mani il loro regalo d'addio, un piccolo pacchetto che non ho ancora aperto.

Neanche dovessimo separarci per i prossimi vent'anni.

I gemelli mi hanno salutata con abbracci spacca-costole come se stessi partendo per combattere una guerra dalla quale è improbabile far ritorno. Questo la dice lunga su cosa pensino effettivamente della mia relazione con Eric. A nulla sono valse le mie rassicurazioni: quando ho superato la porta mi stavano ancora fissando come una madre guarderebbe l'unico figlio incamminarsi disarmato verso il nemico.

Dovrò trovare un modo per farli andare d'accordo, anche se non sarà per niente semplice.

Guardo di sfuggita la sveglia sul comodino: la mezzanotte è passata da poco e tutta la stanchezza che ho accumulato in questi giorni comincia a farsi sentire. Faccio una doccia veloce e decido di non assecondare i desideri di Eric.

Questa sera si fa a modo mio, caro Capofazione.

Appendo il camice accanto all'armadio e frugo nei cassetti alla ricerca di una maglietta da usare come pigiama. Prendo la prima che mi capita tra le mani, la indosso e mi lego i capelli in due trecce, per evitare che durante la notte si trasformino in un cespuglio indomabile come al solito. Una volta sistemata, scelgo uno dei libri di medicina e mi stendo a pancia in giù sul materasso. Alla fine del secondo capitolo le palpebre si fanno pesanti, così decido di spegnere la luce e tentare di dormire.

Mi svegliano i colpi alla porta.

Qualcuno sta bussando come se volesse sfondarla a mani nude.

I miei occhi assonnati mettono a fuoco le lancette della sveglia: segnano le tre e mezza del mattino. Un'occhiata veloce all'altro lato del materasso e alla luce spenta del bagno bastano a farmi capire che Eric non è ancora tornato.

Un brutto presentimento si affaccia nei miei pensieri quando i colpi alla porta si fanno più pressanti.

La preoccupazione mi serra la gola mentre corro ad aprire. Riconosco la figura minuta che mi si presenta davanti anche senza l'aiuto delle deboli luci del corridoio. - Melanie - sussurro, faticando ad udire la mia stessa voce a causa del battito che mi risuona nelle orecchie come un ritocco funebre. La domanda che vorrei porle mi rimane sulle labbra perché lei si slancia verso di me, gettandomi le braccia al collo e mozzandomi il respiro. Solo quando pronuncia il mio nome con voce spezzata capisco che sta piangendo.

E Mel non piange mai.

- Mio fratello - la sento singhiozzare contro la mia spalla. - Mio fratello … lui è ... -.

Un altro singulto le scuote il petto e non le permette di completare la frase.

- Cosa, Melanie? Cos'è successo a James? - domando, cercando di dominare la paura che mi paralizza da capo a piedi.

Perché stanotte James faceva parte della stessa squadra di Eric. Quindi qualsiasi cosa gli sia accaduta durante il giro di ronda … coinvolge direttamente anche il mio ragazzo.

No. Per favore, no.

 

 

 


 

 

 

 

 

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Ciao a tutti! Ogni tanto mi rifaccio viva. Ecco il nuovo capitolo, dove finalmente si vede un po' d'azione. Cosa sarà successo a Eric e James? Io lo so, ma sono sadica dentro e quindi ve lo dirò nel prossimo capitolo (*risata malefica*).

A parte gli scherzi, mi spiace farvi aspettare così tanto tra un capitolo e l'altro, ma proprio non riesco a scrivere in tempi brevi. Voglio farvi leggere qualcosa di scritto bene, quindi mi prendo il mio tempo (anche troppo, forse), ma spero che il risultato valga l'attesa. Questo lo dovete decidere voi, e mi farebbe davvero piacere conoscere i vostri commenti/pareri sulla storia.

Come sempre vi ringrazio per non avermi ancora mandata a quel paese, per continuare a seguirmi e per aver dato una possibilità a questa fanfiction. Grazie di cuore!

Un bacio a tutti,

la vostra Lizz


 

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