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Autore: Gladys    07/09/2017    2 recensioni
Hanzo chiede aiuto a Blackwatch, la divisione di Overwatch legata alle operazioni clandestine, per sterminare definitivamente il clan Shimada e mettere fine alle loro azioni illegali, purificando per sempre il suo nome e avendo l'occasione di dimenticare il suo passato.
L'agente assegnato al suo caso, però, altro non è che Jesse McCree. In contatto con Blackwatch da anni ed esperto di traffico illegale di armi.
Sembrerebbe il candidato perfetto se non fosse per il suo passato anche troppo legato a quello di Hanzo.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanzo Shimada, Jesse Mccree
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Di nuovo insieme, troppo presto.

 
"O natura, che cosa puoi tu fare nell'inferno, se hai dato ricetto allo spirito di un demonio nel paradiso mortale di un corpo così bello? Ci fu mai libro così ben rilegato, che contenesse materia tanto vile?"
-Romeo e Giulietta
 
Presente.
Stati Uniti.
Teatro "Panorama"
Primo giorno di prove.

Mi affretto camminando a passo svelto sul marciapiede affollato, e una goccia di sudore scende sulla mia fronte.
Sento la voce di mio padre nella testa. "Un vero guerriero non si lascia scappare neanche una singola goccia di sudore."
Non mi sono mai vantato di essere un vero guerriero, in ogni caso.
Continuo a dirmi che sto sudando perchè sono di fretta. Non per colpa sua.
Da troppo tempo sto cercando di portare a termine questa missione con mio fratello. Non avrei mai pensato di lavorare con lui, ma dopo aver saputo di una branca nascosta che sta portando avanti gli affari del clan Shimada in tutto il mondo, mantenendone persino il nome, entrambi non abbiamo potuto fare a meno che unire le nostre forze.
Mi aveva detto che ce l'avremmo fatta da soli e che la nostra affiliazione con Blackwatch sarebbe stata solo temporanea, eppure ecconci ancora qui. A collaborare con Blackwatch. A collaborare con lui.
Genji è più che convinto che io sia andato mai andato oltre a quello che è successo con quell'uomo, ma sono soltanto balle.
Sono andato oltre.
Sono andato oltre da molto tempo, ormai.
Attraverso la strada, lanciando un'occhiata al traffico invivibile della grande città americana. Un paio di tassisti si stanno insultando, mostrandosi il dito medio.
Beh, sono sicuro che quel gesto voglia dire la stessa cosa in tutto il mondo.
Alzo lo sguardo verso l'orologio appeso al muro appena entro nella sala prove.
Cazzo.
Cinque minuti di ritardo. Non mi abituerò mai a questo posto.
Lo sguardo divertito sulla faccia di quel bastardo è impossibile da nascondere, o magari non vuole nemmeno nasconderla.
Ho appena messo piede nella stanza e voglio già fargli del male.
Mi fermo per un istante dopo aver fatto appena un passo in quella stanza per prendere un respiro come si deve. Sono meglio di così, sono molto meglio di così.
Sono allenato per molto peggio.
Posso farcela. Posso stare in una stanza con lui senza andare completamente a pezzi.
Lo so che posso.
Oh, chi voglio prendere in giro?
Certo, posso fidarmi ciecamente del mio ex, che mi ha mandato il cuore in frantumi non soltanto una volta, ma due. Nessun tipo di allenamento ti prepara per questo genere di cose.
Ma nessun problema, no?
Se esistesse il clan degli idioti, allora sì che sarei un perfetto leader.
Resto in silenzio e respiro lentamente. Non lascio trapelare nulla all'esterno, in questo non ho problemi.
Quando l'agente di Blackwatch ha chiamato per darmi la notizia di voler ufficialmente lavorare ancora con noi sul caso e di avere un nuovo grosso indizio, dovevo sapere che qualcosa sarebbe andato storto. Era troppo bello per essere vero. Niente è mai andato bene e basta nella mia vita.
Mi hanno detto che ci avrebbero assegnato uno dei migliori agenti del campo, Jesse McCree. Un talento naturale. Con esperienza nel giro del traffico illegale di armi. Molto difficile da far lavorare per loro, si rifiuta di lavorare a qualunque cosa ritenga ingiusta o poco interessante. Siamo stati molto fortunati.
Ovviamente non sapevano nulla della nostra storia o nemmeno del fatto che ci conoscessimo. Come avrebbero potuto? Nessuno dei due parla mai di quello che è successo o anche solo dell'altro.
Siamo uomini adulti e tra i migliori nel nostro campo. Agiamo da soli a meno che non sia strettamente necessario avere rapporti con gli altri. Non siamo ragazzine che raccontano in giro delle loro cotte.
Quello che è stato è stato e come non doveva saltare fuori all'epoca, non deve saltar fuori dopo.
Mi diverte pensare che a quanto pare siamo riusciti a tenere tutto nascosto anche a Overwatch.
Di solito mi allontano casualmente, quelle rare volte che il suo nome viene pronunciato.
Era più facile ignorare tutto, quando ero dall'altra parte del mondo, ma ora che sono qui ovviamente deve macchiare la più nobile delle mie missioni con la sua presenza.
Tipico.
Ancora una volta ringrazio mentalmente di essere stato allenato tutta la vita per restare impassibile all'esterno, per quanto io abbia una tempesta dentro. Non pensavo che mi sarebbe mai servito per qualcosa del genere e non pensavo che sarebbe stato più  difficile di farlo in battaglia, ma è quello che devo a mio fratello.
Posso sentire un'altra singola goccia di sudore scorrere sulla mia fronte, mentre cerco di carpire qualcosa dietro la sua espressione.
Mi troverà cambiato dopo tutto questo tempo? Quanto tempo è stato per davvero?
Dentro sono cambiato, ma fuori immagino di essere sempre lo stesso. Capelli e occhi scuri, sopracciglia perennemente aggrottate, un po' di grigio che mostra la mia età e tutto quello che ho passato.
Sono ancora qualcosa che lui può trovare attraente?
Non ho imparato nulla.
La mia anima è andata in pezzi più di una volta a causa sua. A causa delle sue stupide motivazioni e delle sue scuse per nulla credibili.
Non devo lasciare che acidità e rabbia mi offuschino la mente e trapelino attraverso la mia pelle. Non di nuovo.
Sono stato allenato per molto peggio.
Ho fatto molto peggio con queste stesse mani.
Andrà bene.
Smetto di guardarlo. Non devo dare ascolto al mio istinto, in questo caso. Proprio il mio istinto mi ha detto che avrei potuto provare qualcosa per un uomo, la prima volta. Per quell'uomo. Ma tirando le somme non ne ho ricevuto nulla.
Mi avvio silenziosamente verso la scrivania in fondo alla sala, dove uno sconosciuto sta avendo una discussione via rete con qualcuno che non posso vedere.
Accanto a lui, in piedi, la donna che mi ha parlato al telefono confermando la nostra collaborazione con Blackwatch. Riconosco la sua voce, quando anche lei si rivolge alla persona nello schermo.
Ora che la vedo in faccia so per certo di averla già vista con Jesse altre volte. Penso che sia l'agente che si occupa di mantenere i contatti tra lui e Overwatch.
Mi soprende che sia ancora la stessa, visto che Jesse se ne lamentava continuamente.
Direi che quella donna è un po' il suo portafortuna, avere un solo contatto così a lungo potrebbe dargli sicurezza, ma, ovviamente, perchè avrebbe bisogno di sicurezza? Non ha bisogno di niente e di nessuno, non è così? Jesse McCree l'intoccabile. Anche quando l'hanno colto con le mani nel sacco gli hanno offerto un lavoro invece di sbatterlo in galera.
La donna gesticola su un ologramma in scala di una zona della città, parlando di movimenti e meccaniche di un eventuale attacco ad uno dei palazzi.
Le altre persone ascoltano in silenzio.
Non ho problemi con quella donna. Sono certo che sappia fare il suo lavoro fantasticamente ed è stata molto professionale quando ci siamo parlati.
Se devo essere sincero, avevo persino pensato di contattarla personalmente per avere un contatto dentro Blackwatch, tempo fa, quando ancora pensavo che l'uomo con cui lavora fosse nato da una madre umana e non direttamente da un demone.
Le persone alla scrivania finalmente si accogono della mia presenza e alzano lo sguardo per guardarmi.
-Riconosco il mio errore e ne sono molto dispiaciuto.- Dico fermandomi davanti a loro.
-Non c'è nessun problema, signor Shimada.- dice l'uomo nello schermo -Stiamo ancora parlando di dettagli. Si calmi, prenda un caffè. Inizieremo presto.-
-Certo.- Annuisco e mi allontano leggermente dalla scrivania, lasciando loro lo spazio necessario per parlare indisturbati.
-Hey! Hanzo, vero?- La donna si allontana a sua volta dalla scrivania e mi si avvicina, sorridendo.
-Sì.- Rispondo, senza troppe cerimonie.
-Amy Cowart. Abbiamo parlato al telefono.- Il suo sorriso sembra sincero e rilassato.
Non rispondo. Per un attimo la mia rabbia viene rimpiazzata dal ricordo del momento in cui Jesse mi disse quel nome. Come avevo potuto dimenticarlo?
Amy è estremamente diversa dall'uomo che rappresenta, all'esterno quanto all'interno. Si vede.
Decisamente bassa, mentre lui è alto. Il suo viso è rotondo, mentre il suo è squadrato. I suoi capelli biondi e liscissimi, mentre quelli di Jesse sono castani e perennemente scompigliati.
Eppure guardarla mi fa pensare a lui. So già che la associerò per sempre a lui e non mi fiderò mai di lei. Troppi brutti pensieri.
Mi offre con il suo solito sorriso una bottiglia d'acqua naturale come quelle che sono appoggiate sulla scrivania, io allungo la mano senza parlare, ma quando la lascia, le mie dita perdono la presa per un istante, facendola cadere a terra con un tonfo.
L'intera sala si ferma per un istante a guardarmi.
Sento due leggeri colpi di tosse.
Vaffanculo, Jesse. Non mi girerò nemmeno.
-Scusatemi.- Dico sottovoce, chinandomi per raccoglierla.
Ancora due colpi di tosse.
Spero che ringrazi il suo Dio, se ne ha uno, che non siamo nel posto adatto per ucciderlo con le mie mani.
Guardo Amy. Non lo sa, ma è tutta colpa sua e dei suoi superiori.
Sono loro ad averlo assegnato al nostro caso. 
Mi sono convinto che chiedere l'aiuto di blackwatch sarebbe stata la svolta alla nostra indagine e che avrebbe messo fine una volta per tutte alla storia del clan Shimada, ma la realtà è che sarà la mia ultima missione, perchè se quell'idiota nell'angolo non la smette di tossire sarcasticamente, ucciderò non solo lui, ma tutti i presenti nella stanza. E la situazione non piacerà particolarmente a Overwatch.
Per fortuna i colpi di tosse si fermano, ma posso ancora sentire lo sguardo gelido e fermo sulla mia pelle.
Lo ignoro e apro la mia bottiglia d'acqua per prenderne un sorso.
-Wow. Sembri stressato.- dice Amy, che ora è appoggiata al muro accanto a me.
La sua voce sinceramente preoccupata è l'unica cosa che mi ferma dal volerle tappare la bocca per sempre. Sorrido senza rispondere.
-Sai,  sto cercando di conoscere meglio te e il signor McCree in modo da poter gestire meglio questa situazione e rendere tutto più piacevole.-
Più piacevole? Non stiamo andando ad una scampagnata. Poi, una situazione piacevole con me e "il signor McCree"? Povera illusa.
Decido di sorridere, invece.
-Amy, ti ringrazio. Le tue sono buone intenzioni.-
Lei si lascia scappare una risata e aggiunge -Se vuoi fare un salto fuori a prendere una boccata d'aria, torno a chiamarti quando stiamo per iniziare.-
-Grazie ancora.-
Con la coda dell'occhio vedo una figura sfocata dondolarsi su una sedia nella parte opposta della stanza, così mi giro nell'altra direzione per uscire, certo di dargli le spalle per più tempo possibile.
Sento il suo sguardo seguirmi fino ad appena fuori dalla porta, prima di fare i pochi gradini che mi conducono all'esterno della struttura.
Una volta fuori mi sento come alienato dalla situazione, come se non provassi nulla.
Mi siedo sui gradini gelidi e alzo lo sguardo verso il fazzoletto di cielo che si vede tra le cime dei palazzi.
Prendo un sorso d'acqua e tutto sembra tornare quasi alla normalità, la mia mente si placa.
Resto a contemplare il cielo per qualche minuto, poi mi alzo per tornare nella sala e cercare di capire per quanto ancora dovrò rimanere nella struttura, ma prima che io possa afferrare la maniglia del portone, questo si apre.
Tutta la rabbia e la tensione che ero riuscito a spazzare via, tornano come d'incanto.
I pantaloni di pelle scura avvolgono il suo corpo in modi che non dovrei notare.
I suoi occhi sono esattamente come li ricordavo. Dello stesso colore del caffè, ipnotizzanti. Le sopracciglia sono lunghe e scure e il suo sguardo troppo intenso per poterlo reggere in questo momento.
Tutto il resto per qualche ragione l'avevo dimenticato, forse avevo fatto in modo di riuscire a dimenticarlo, eppure quello è l'uomo più bello che abbia mai visto.
La stessa parola "bello" non gli rende giustizia. Il cielo la sera, quando è buio, ma ancora blu acceso è bello. Le foglie autunnali che cadono e volteggiano nell'aria per poi appoggiarsi delicatamente sulla superficie di un lago sono belle.
Lui no, lui è affascinante. Come un'aquila, maestosa, bellissima e potente. O una tigre, energetica ed enigmatica di natura, senza neanche provare ad esserlo.
Odio poter vedere la sua bellezza.
Sopracciglia folte e dritte, mascella squadrata sotto la barba scarmigliata, labbra abbastanza carnose da essere piacevoli alla vista, ma che insieme ai tratti del suo viso hanno un qualcosa di magnificamente mascolino.
I suoi capelli scuri, leggermente più corti dell'ultima volta in cui l'ho visto, ma sempre magnificamente indomabili.
Non so se è possibile, ma sembra anche più alto. 
Jesse è sempre stato più alto di me, certo, ma guardando le sue spalle mi sembra che siano più in alto. Alla nostra età si dovrebbe perdere altezza, altro che guadagnarla.
Ovviamente si è presentato a questo incontro più attraente che mai, il bastardo.
-Hey.- dice, coe se non avessi passato tutto questo tempo a sognare di potergli fare del male.
-Ciao, Jesse.-
Mi fissa e come al solito sento il suo sguardo risuonare sotto la mia pelle.
-Stai bene allora, eh?-
-Sembra che anche tu stia bene.-
-Hai tagliato i capelli?-
-No, ma i tuoi sono più corti.-
Fa un passo verso di me e continua a guardarmi. Odio avere il suo sguardo addosso.
-Quindi è passato un bel po' di tempo.-
-Non me n'ero accorto.- Cerco di avere il tono più annoiato che riesca a fare in questo momento. Non voglio che sappia cosa mi sta facendo. Non merita una mia reazione e, soprattutto, lo devo fare per me e per il mio onore.
-Che mi racconti?- chiede.
-Nulla. Tutto sta andando per il meglio.- Rispondo automaticamente. Non vuol dire nulla. Non è successo nulla. E cosa vuol dire meglio? Meglio di che cosa?
I suoi occhi sono ancora su di me, ma vorrei con tutto me stesso che si appoggiassero altrove, perchè questo momento assomiglia troppo ad uno dei tanti che abbiamo passato insieme, e fa troppo male.
-E tu?- Chiedo, cercando di non scortare le buone maniere. -Cosa mi racconti?-
-Io... è tutto ok.-
Qualcosa del suo tono nasconde un'informazione. Ha lasciato abbastanza da sapere per attirare la mia curiosità e penso l'abbia fatto consapevolmente.  Non voglio scavare nella parte di storia che mi manca, non voglio sapere altro. So che è quello che desidera.
-Mi fa molto piacere, Jesse.- Dico, sicuro di starlo irritando.
Lui guarda il pavimento e si fa passare una mano tra i capelli. La sua postura è sicura come quella di chi pensa di essere il proprietario del posto in cui si trova e del tempo che sta facendo usare alle persone attorno a lui. La conosco anche troppo bene.
-Beh, eccoci qui.- dice. -Dopo tutto questo tempo, è tutto quello che hai da dirmi. Cosa mi aspettavo?-
Il mio stomaco si chiude per un istante.
No, stronzo, non è tutto quello che ho da dirti, ma perchè parlare? Tutto quello che ho da dire è stato detto in passato e se non c'è nulla di nuovo da aggiungere ad una conversazione è saggio non parlare.
-Sì, è tutto qui.- Abbozzo un sorriso e spingo il portone, poi salgo gli ultimi gradini a passo svelto.
Sento la parola "cazzo" oltre il portone, prima di sentirlo riaprire e sentire dei passi svelti dietro di me.
Certo di aumentare il passo senza esagerare, nella speranza di arrivare davanti alla sala prove prima che mi raggiunga, ma appena prima di svoltare l'angolo, mi afferra un braccio.
-Hanzo, fermati.-
Mi giro per guardarlo e mi aspetto che mi spiga contro il muro, come ha fatto innumerevoli volte prima, ma non lo fa.
Resta fermo lì, ad un passo da me. L'aria si fa pesante e mi sento come se non potessi scappare. Non lascerò che lo veda.
Nessuna debolezza in nessuna circostanza. L'ho imparato sulla mia pelle.
-Ascolta, Hanzo.- mi dice, mentre io mi odio infinitamente per essermi reso conto che mi mancava sentirgli dire il mio nome. -Non pensi che potremmo lasciare indietro tutta la merda che è successa e riniziare da zero? Lo voglio davvero e... ho pensato che potresti volerlo anche tu.-
La sua espressione è sincera, ma l'ho già vista altre volte. Identica. Ogni volta che mi sono fidato di quell'espressione, sono finito a pezzi.
-Vorresti riniziare tutto?- rispondo. -Come ho potuto lasciarmi sfuggire quest'idea?-
-No, non dev'essere per forza così.-
Le sue parole suggeriscono che io non stia ragionando in questo momento. Se non fossi così arrabbiato penso che potrei ridere.
-Non riesco ad immaginare come dovrebbe essere.- la verità gli ha sempre fatto male. -Ti prego, illuminami. Nonostante tutto sei stato sempre tu quello che ha saputo giocare con la nostra relazione. Quale potrebbe mai essere il tuo gioco questa volta? Gli amici, gli amici di letto o i nemici? Oh, no. Perdonami, ma ho avuto un'idea migliore, Jesse. Giochiamo alla persona spregevole che pensa che mandarne in frantumi un'altra sia un passatempo divertente.
Io posso essere l'uomo fuori dal teatro che sta soltanto cercando di fare il suo lavoro. Cosa ne pensi?-
Stringe la mascella, segno indiscutibile di rabbia. Ne sono felice, posso gestire il confronto con una persona arrabbiata.
Si strofina gli occhi e respira profondamente. Mi aspetto che urli, ma non lo fa.
Al contrario, abbassa la voce prima di parlarmi.
-Non ti è importato niente di nessuno dei messaggi che ti ho mandato, vero? Pensavo che avremmo almeno potuto parlare di quello che è successo. Almeno li hai letti?-
-Ovviamente l'ho fatto.- gli dico - Ma non credo siano sinceri. Un uomo può offrire la sua fiducia un numero finito di volte, Jesse. Soprattutto alla mia età.-
-Non ti sto prendendo in giro. Non voglio prendere in giro nessuno. Quello che ho fatto in passato era la scelta migliore per entrambi.-
-Ti prego di non mentirmi. Spero che tu non stia insinuando che io ti debba un qualche tipo di ringraziamento.-
-No- risponde con voce roca per via della rabbia e della frustrazione - Certo che no. Voglio solo un'altra possibilità.-
-Vuoi una seconda possibilità per distruggermi definitivamente? Ora stai insinuando che io sia uno sprovveduto. O forse uno stupido.-
Squote la testa. -Voglio che le cose siano diverse. Se vuoi delle scuse, mi scuserò finchè non perderò anche l'ultimo filo di voce. Voglio solo che le cose vadano meglio tra di noi. Parlami. Aiutami a farmi perdonare.-
-Non puoi.-
-Hanzo...-
-No, Jesse. Questa volta non posso permettertelo e non te lo permetterò mai più.-
Mi si avvicina ancora. Troppo. Il suo profumo è proprio come lo ricordavo, e proprio come una volta, quando lo sento non riesco più a pensare lucidamente.
Il mio unico desiderio è spingerlo lontano da me in modo da potermi chiarire la testa. O fargli così tanto male da fargli capire cosa vuol dire non essere felici per la maggior parte della propria vita e vedere l'unica speranza di qualcosa di migliore strappata via da sotto le mani. Ed è tutta colpa sua.
Ci sono così tante cose che vorrei fare, ma l'unica cosa che mi riesce è stare qui immobile davanti a lui e odiare quanto inerme mi sento in questo momento.
Il suo respiro è agitato, i suoi muscoli sono tesi almeno quanto i miei e, anche dopo tutto quello che abbiamo passato, la chiara attrazione che proviamo l'uno per l'altro ci tortura nel profondo.
Per fortuna entrambi sentiamo il ticchettare di un paio di scarpe nel corridoio e ci allontaniamo di un passo, giusto in tempo per veder arrivare Amy.
-Signor Shimada, Signor McCree.- Il suo sorriso raggiante contrasta incredibilmente con la situazione, è quasi disarmante. - Spero vi siate rilassati perchè è il vostro turno di parlare di cose serie.-
Jesse si passa distrattamente le dita nei capelli, scompigliandoli ancora, mentre si avvia verso la sala prove. -Ok.- L'unica cosa che riesce a dire, la voce ancora vagamente roca.
-Siamo qui per una missione che mi sta molto a cuore.- Dico, mentre mi avvio a mia volta verso la stanza -Quindi cerchiamo di portare a termine questo lavoro al più presto.-
Posso vedere la mascella di Jesse stringersi ancora una volta, mentre Amy trotterella, precedendoci nella sala.
Lui aggrotta le sopracciglia rallentando il passo per starmi di fianco.
-Se è quello che vuoi...-
-Lo è.- Rispondo seccamente.
Lui annuisce e, senza dire null'altro, attraversa la porta.
Non abbiamo ancora iniziato e questa è la scena a cui ho già dovuto assistere.
Bevo un sorso d'acqua, mi ero scordato di averla in mano.
Due sedie sono sistemate davanti alla scrivania e aspettano me e Jesse. Lo schermo ora è rivolto verso di noi, ma è ancora spento.
L'uomo ed Amy sono seduti dall'altra parte della scrivania e hanno in mano un quantitativo decisamente eccessivo di documenti.
Sperando che ne valga la pena, afferro la mia sedia e la sposto il più possibile lontana da quella di Jesse, prima di sedermi sulla plastica dura e scomoda.
-Tutto a posto?- L'uomo dietro la scrivania alza un sopracciglio.
-Certamente.- Abbozzo un sorriso e interpreto diligentemente il mio ruolo. Siamo in un teatro dopotutto.
-Bene, andiamo con ordine allora.- dice l'uomo, scorrendo con aria corrucciata tra i documenti che ha in mano per poi estrare un paio di copie della stessa scheda.
"Andiamo con ordine."
Buona idea, dopotutto tutte le storie hanno un inizio e non sarà di certo questa l'eccezione.

   
 
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