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Autore: rora02L    07/09/2017    3 recensioni
Questa è una storia che racconta di una principessa che, per amore, perde ogni cosa.
Questa è la storia di Aurora e della sua maledizione, che ancora oggi pende sulla sua testa, ma che non la spaventa più.
Dedicato a tutte le principesse che ancora non hanno trovato il principe azzurro.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cera una volta,
una coppia giovane e felice, in attesa del loro primo genito. Furono felici di scoprire che il loro bambino era una femminuccia e, quando la moglie diede alla luce la piccola, tutti augurarono alla giovane Aurora felicità e gioia. Tutti tranne sua zia e la nonna materna, che, invidiose della felicità della coppia, lanciarono alla piccola una maledizione: tutti gli uomini che avrebbe incontrato sul suo cammino, le avrebbero spezzato il cuore, usandola e tradendola. La coppia rimase turbata dalle parole delle due donne, ma non diedero loro troppo peso e crebbero la figlia con pazienza ed amore, insegnandole a non mentire, ad essere buona ed onesta ed ad aiutare il prossimo.
La bambina, però, era molto ingenua e ben presto cadde vittima dei dispetti e degli insulti che i suoi coetanei le riservavano, dato che lei era incapace di difendersi. La bimba chiese allora aiuto ad i genitori: il padre non se ne curò e la madre le disse che bastava ignorarli ed avrebbero smesso. La piccola seguì il consiglio della mamma, ma alla fine si ritrovò da sola. Eppure aiutava ugualmente gli altri bambini e cercava di essere buona con loro, nonostante la isolassero di proposito.
Aurora aveva ben poche amiche e la cosa non cambiò. Le sue amicizie erano sempre misere e nemmeno approvate dai suoi genitori. Ma Aurora non aveva nessun altro e nonostante provasse a conquistare la fiducia dei suoi coetanei, falliva sempre miseramente.
Crescendo, gli insulti e gli scherzi diventarono pesanti. Iniziarono a deriderla, a picchiarla ed ad insultarla per ogni cosa. Tanto Aurora era così mite che nemmeno rispondeva, educata alla gentilezza.
Si aspettava che gli adulti intervenissero, ma ciò non accadde mai. E nemmeno i suoi genitori riuscirono a cambiare la situazione, neanche quando Aurora si presentò a casa con un enorme bernoccolo sulla fronte, datole da un bambino di cui a malapena sapeva il nome e che sosteneva di essere stato deriso da lei.
La mamma, allora, chiamò la madre del ragazzo … e poco mancò che non fosse lei a doversi scusare con il bambino. Nessuno proteggeva Aurora né le stava affianco. L’unica consolazione della bambina era il suo amato fratellino.
Aurora lo adorava e lo accudiva come una seconda madre. Il piccolo si chiamava Filippo ed era la luce degli occhi della sorella, l’unico motivo per cui era felice. Aurora crebbe ed andò alle superiori. Lì iniziò a provare una nuova attrazione per i ragazzi: erano belli e le davano un senso di protezione che le era sempre mancato.
Aurora aveva imparato, dopo le tante batoste, a difendersi … ma la solitudine era difficile da sconfiggere ed ancora non aveva amici. Le sue prime cotte non furono per nulla corrisposte, ma Aurora non si diede per vinta: era una sognatrice e credeva nel vero amore, nonostante in questo mondo sia così difficile da vedere e sperimentare.
I suoi genitori pretendevano da lei che si impegnasse al massimo e la ragazza lo faceva, ma i suoi risultati non erano quelli sperati: non era la migliore in nulla. Era una buona a nulla per i suoi, un peso quasi, una che non aveva dato a loro altro che problemi.
Eppure non disobbediva ai suoi genitori, se non sporadiche volte e con piccole cose. Non nascondeva i voti, non copiava… ma aveva paura dei suoi genitori. Ogni volta che li deludeva, era una pugnalata al cuore per lei. Si sentiva un mostro, una inetta. E si convinse, col tempo, che lo era davvero e che per questo nessuno voleva stare con lei.
Ad un certo punto, si chiese perché continuare quella vita, sempre all’inseguimento di un ideale di perfezione che era troppo in alto per le sue umili capacità. Voleva farla finita, a dodici anni era l’unica ragazzina ad aver pensato alla morte.
Ma Filippo, con il suo amore, la salvò, impedendole di buttare la sua vita. Amava troppo il fratello per lasciarlo da solo, sapeva che lui avrebbe sentito per sempre la sua mancanza. Aveva fatto soffrire abbastanza i suoi genitori, non sarebbe stata la causa della sofferenza anche del fratello, che la adorava e la consolava come poteva. Si sostenevano a vicenda ed erano inseparabili.
Quando Aurora ebbe venti anni, incontrò per la prima volta un giovane che la fece innamorare davvero e che sosteneva di essere innamorato di lei, il suo nome era Alessandro. I due si scambiarono il primo bacio, si fidanzarono ed Aurora lo presentò subito ai suoi genitori. Il padre non era molto convinto del ragazzo e la madre, dopo averlo conosciuto, disse che se la rendeva felice andava bene.
Ma i due innamorati commisero un errore per cui la mamma di Aurora iniziò ad odiare entrambi, soprattutto Aurora, poiché si fidava di lei ed invece era stata tradita. La ragazza non voleva fare uno sgarro ai suoi genitori, ma non era riuscita a controllare e gestire la situazione. Non aveva mai avuto veri amici, figuriamoci un ragazzo.
La madre la costrinse a lasciarlo, convincendola che lui non la amava. Aurora pianse molto, perché aveva perso sia l’amore di Alessandro che quello dei suoi genitori. Non le era rimasto molto a cui aggrapparsi e si chiedeva perché non potesse avere entrambi. La maledizione della zia e della nonna era appena iniziata, agli occhi della mamma di Aurora. E lei era appena diventata un vero mostro, una figlia disgraziata che non sapeva badare a sé stessa, che era un pericolo pubblico e che si sarebbe trascinata fino alla rovina a causa del suo amore. Sarebbe stato meglio se Aurora si fosse uccisa, avrebbe arrecato un dispiacere inferiore a sua madre.
Ma ormai il danno era fatto e la ragazza tentò di riallacciare i rapporti con la madre e di scacciare con tutta sé stessa sia Alessandro che il suo amore per lui. Ma non ci riuscì, persino casa sua le parlava di lui e la segregazione dentro casa a causa della costante paura della madre di un possibile incontro col giovane, l’avevano depressa e chiusa in un bozzolo di tristezza ed orrore verso sé stessa. Alessandro la cercò ancora ed Aurora non riuscì a scacciarlo.
Si rividero in segreto, chiarirono il perché della loro azione affrettata e sbagliata e si dichiararono ancora una volta amore. La ragazza chiese allora all’amato di parlare al più presto coi suoi genitori, per chiarire la situazione e tornare magari insieme. Non sopportava il fatto di dover mentire ai suoi genitori, non lo aveva mai fatto su una cosa del genere e non voleva. Ma Alessandro la convinse che era troppo presto, che non avrebbero concluso nulla e che per ora potevano vedersi ogni tanto di nascosto.
Aurora non era molto convinta, ma non voleva tornare depressa come dopo la rottura col giovane ed accettò le condizioni. Ma un giorno la madre scoprì l’inganno e la ragazza perse anche la poca fiducia che ancora la donna provava per lei. La insultò, la minacciò e la colpì pur di farle capire che quel giovane non la amava, che voleva solo usarla ed Aurora era sempre più confusa, non capiva a chi dare ascolto né cosa fare.
Dovette nuovamente allontanare Alessandro, nella speranza che il giovane decidesse di fare ciò che non aveva voluto fare in passato: parlare con i genitori di Aurora. Nel mentre la giovane fingeva di non essere triste, di non ricordare nitidamente gli insulti pesanti che la propria madre le aveva detto e di non ascoltare le frecciatine che ogni tanto la donna le lanciava, spinose ed acide.
Aurora sapeva che sua madre, nel momento stesso in cui l’aveva vista neonata, l’aveva amata ed odiata come aveva fatto con la sorella. Per questo, per sua madre, non c’era speranza e lei era e sarebbe sempre stata una fallita come sua zia, nonostante avessero passati diversi. Perché, per lei, entrambe non sapevano cosa fosse l’amore sincero e non sapevano riconoscerlo. Ma come avrebbe potuto Aurora, al primo tentativo, trovare subito un ragazzo che la amasse davvero? Non poteva sbagliare? Non poteva innamorarsi per poi lasciarsi serenamente? Non poteva non essere un mostro o una sgualdrina? Non poteva avere un destino diverso da quello della zia? Non poteva scrivere lei stessa il suo destino? Non poteva la maledizione non esistere nella realtà, ma solo nella mente della madre di Aurora? E se invece tutto questo fosse reale? Aurora avrebbe dovuto imparare a vivere da sola. A sopportare le angherie della vita, la solitudine, la tristezza e l’invidia ogni giorno. A morire da sola, senza nessuno che le dicesse addio. Ma preferiva questo, che far soffrire i suoi genitori. Preferiva una vita miserabile ed infelice, ad una in cui non avrebbe avuto al suo fianco i suoi genitori, felici per lei.
Al diciottesimo compleanno del fratello, la giovane si vestì in fretta e prese un cavallo dalle scuderie, senza dire nulla a nessuno, nemmeno all’amato fratello minore. Era convinta che fosse meglio così.
Tra le lacrime per il dolore che sentiva al petto e che da oltre un anno la lacerava, togliendole il sonno e la serenità: aveva eternamente gli occhi gonfi per il pianto ed il suo sorriso radioso e spensierato non era più tornato. Il suo amato l’aveva cercata, ma non si era mai presentato a lei per paura. Aurora si convinse che non l’amava: lei non avrebbe mai permesso che lui soffrisse in questo modo. Ogni giorno era una tortura per la ragazza, che veniva graffiata dallo sguardo deluso e amareggiato della madre, le sue parole piene di bile e rabbia, mentre le dava della puttana. Ma lei sapeva di essere vergine, anche se non sapeva come provarlo.
Per una principessa, ci sono due strade: il matrimonio o il convento. Nessuno l’avrebbe mai sposata, o per la maledizione o per ciò che era successo con Alessandro. Nessuno l’avrebbe mai più amata, oltre al suo fratellino. Restava solo da dare i voti ed era lì che Aurora stava andando, senza soldi o beni materiali da offrire per un caldo letto ed un po’ di cibo. Sapeva che le suore l’avrebbero accolta senza fare troppe domande, avrebbe preso i voti e si sarebbe vestita di nero e bianco.
La vita in convento non le sembrava poi tanto male: pace, contemplazione, studi, preghiera, lavoro per i più poveri e bisognosi. Avrebbe dovuto rinunciare a molto però: lo sfarzo, i gioielli, i bei vestiti, i cibi raffinati, le scarpe comode… l’amore della propria famiglia e la possibilità di realizzarne una tutta sua.
Mentre cavalcava, con una mano si accarezzò il grembo vuoto, chiedendogli perdono, perché non avrebbe mai sentito scalciare il suo bambino. Poi mise il palmo sul petto, dicendo scusa al suo cuore, che non avrebbe più sussultato per amore e nemmeno tremato per la tristezza ed il rammarico di quel fatale errore.
Ma non aveva altra scelta. Non sapeva fare molto e nessuno l’avrebbe presa come sguattera o cameriera. E comunque una vita spesa solo per sé stessa non era da lei, la trovava vuota. Con le suore avrebbe cercato il perdono e la pace, mettendo a tacere il suo cuore.
Si chiese se sarebbe bastato, stringendo più forte le redini per cercare di ricacciare indietro le lacrime. Sentiva che, se non fosse stato abbastanza rinchiudersi in convento per dimenticare e scappare, avrebbe dovuto scappare dalla vita. Ma non voleva arrivare a tanto, perché avrebbe pensato che quel gesto avrebbe deluso ancora di più il Signore, lui che era l’ultima cosa che le era rimasta per vivere.
Si fece coraggio, era pur sempre una principessa, e si disse che tutto sarebbe andato bene, che presto la voce di sua madre che le urlava addosso e le sue mani che la picchiavano sarebbero scomparse dalla sua memoria e dalla sua anima. Era una bugia, ma era l’unica cosa a darle speranza.
Tremava, pensando a quante volte si era sentita un mostro. Le sue mani tremavano smisuratamente ed aveva paura, no il terrore, che fosse vero. Che quell’uomo, quell’amore che credeva fosse sincero e puro, l’aveva trasformata in un mostro orribile.
In quel momento, rendendosi pienamente conto di ciò che quell’uomo le aveva fatto, il suo cuore tremò di paura, per lui: non aveva mai, mai avuto paura di lui prima di allora. Adesso la terrorizzava l’idea che avesse ancora potere su di lei e che lei, pur di avere il suo amore, fosse diventata la sua schiava. Avrebbe fatto di tutto per lui, che non aveva nemmeno smosso un dito per proteggerla. Tutto quell’amore che aveva tanto decantato nei suoi confronti era una bugia, una stupida e lurida bugia. E lei ci era cascata, ci era stata dietro per troppo tempo e aveva creduto a quelle parole così disperatamente da non rendersi conto che la stavano trasformando in una donna che non era lei, che non riconosceva essere lei.
Doveva tornare ad essere sé stessa, al più presto. Doveva tornare a vivere senza di lui, anche se le mani le tremavano ed il cuore si era irreparabilmente rotto. Ripensò ai suoi genitori, non poteva far altro che piangere ancora e chiedere scusa.
Il suo cavallo andava sempre più veloce, mentre Aurora si asciugava le lacrime e si diceva che doveva smettere, smettere subito di piangere. Smettere di fare tutte quelle cose che faceva per colpa sua, sua e solo sua. E che ora la terrorizzavano in modo allucinante. Voleva solo scappare, morire, nascondersi e fuggire.
Cadde da cavallo. Sentì il tonfo della terra contro il suo corpo, mentre un dolore lancinante le colpiva gli arti ed il fianco. L’odore del fango le inzozzava il vestito ed il nitrire del cavallo sbizzarrito le stava facendo perdere i sensi, mentre pregava che quegli zoccoli neri non la colpissero.
Non voleva morire, non davvero, non ora, non sul serio e non tra il fango. Chiuse gli occhi smeraldini, sperando che il suo destriero non esaudisse quello che era stato il suo desiderio fino a pochi minuti prima. Si rese conto che non voleva morire, che aveva ancora molto da fare e da vedere. Che quello che aveva passato era solo l’inizio. Aveva ancora molti anni da affrontare, con le loro delusioni e soddisfazioni, amori ricambiati o non, lotte interne ed esterne, tramonti ed albe che ancora voleva vedere, dagli angoli più remoti di questa terra. Aurora amava la vita, come tutti.
Era giovane, aveva ancora molto da imparare sul perdono. Perdonò sé stessa ed il suo errore, che altro non era che di aver amato un ragazzo che ancora non aveva imparato cosa significasse amare e lei non era riuscita ad insegnarglielo con il suo affetto. Forse non era ancora una brava maestra o l’allievo che aveva scelto non era portato per quell’arte che richiede impegno e sacrificio.
Ma il mondo aveva ancora molto da insegnare proprio a lei, la giovane principessa dai lunghi boccoli bruni. Aurora espirò.
Il cavallo si era fermato, ad un centimetro da lei erano i suoi zoccoli, immersi nello scuro fango. Il muso dell’animale la scrutava, compassionevole. Aurora sorrise e poi rise.
Si alzò, aggrappandosi al muso del destriero, e pulì il fango dal suo mantello porpora. Montò nuovamente in sella e, con un moto d’animo che non aveva mai sperimentato prima, galoppò verso casa, la sua vera casa. Indietro, al castello dei genitori, che la accolsero a braccia aperte una volta tornata.
Aurora non sentì più le urla della madre, né i suoi colpi su di sé e nemmeno la vergogna di essere chiamata puttana. Non era più la stessa persona. Il principe Alessandro le mandò ancora delle missive di nascosto, utilizzando dei piccioni viaggiatori. Ma non vi era più amore tra i due.
Questo bastò ad Aurora, che scelse chi amare in quel giorno. Scelse di amare sé stessa. Scelse di amare la vita. Scelse di amarsi come avrebbe voluto essere amata da lui, che ancora doveva imparare cosa fosse l’amore.
Lei lo aveva compreso toccando il fondo. Perché poi era risalita, con il cuore cicatrizzato e le vesti meno sporche di fango. Quelle macchie, con il tempo, se ne andarono. Sia dalla sua veste che dal suo animo. Pensate che questa sia solo una favola?
E se vi dicesti che è tutto vero, mi credereste?

Con amore,

Aurora

  
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