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Autore: nikita82roma    07/09/2017    2 recensioni
Ambientata qualche mese dopo la fine di Always Fighting. Rick e Kate vivono la loro quotidianità con la piccola Lily. Castle, però, vuole regalare a sua moglie quel viaggio di nozze che non hanno mai potuto fare e cercherà di convincere in tutti i modi sua moglie a partire loro due da soli. Riuscirà Kate a resistere?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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- Mi sento in colpa Rick. Dopo mesi starò cinque giorni lontano dal lavoro e non li passo con lei. Mi sento così egoista! - Kate strinse Lily a se mentre la bimba giocava con i suoi capelli tirandoglieli di tanto in tanto, senza che Beckett se ne curasse, come se quella fosse la giusta punizione che sua figlia le stava infliggendo.

- Non sei egoista Kate, anzi non lo siamo. Credimi, farò in modo che quei giorni volino! - le disse Castle malizioso

- Io non voglio che volino! - Sbuffò - È solo che qualunque cosa mi sembra sbagliata!

- Non c’è nulla di sbagliato. Ci ricaricheremo un po'… È stato un anno intenso, anche più di uno. E quando torneremo saremo pronti a farci tiranneggiare di nuovo dalla piccola despota! - disse prendendola dalle sue braccia e facendola ondeggiare in aria provocando le sue risate cristalline. Kate aveva un sorriso sognate nel vedere Lily con Castle. Erano ormai passati più di dieci mesi dalla nascita della piccola e Beckett ancora non riusciva a non meravigliarsi della bellezza di sua figlia e suo marito insieme. Era normale che ci fosse, ormai non poteva nemmeno immaginare la sua vita senza di lei, anzi non riusciva nemmeno a ricordare come fosse la vita prima di lei tanto era totalizzante, eppure quando si fermava a pensare che quell’essere splendido era sua figlia, la sua bambina, era ancora avvolta da un’emozione tale che si sentiva mancare il fiato. Era una frase fatta ma per lei Lily era realmente la cosa migliore che avesse mai fatto.

- Che c’è Kate? - le chiese Castle mente faceva saltellare Lily sulle sue ginocchia.

- Niente. È solo che alcune volte ancora mi sembra impossibile che tutto questo sia reale. Forse non mi abituerò mai. - Accarezzò prima suo marito e poi sua figlia che la ricambiò con uno dei suoi sorrisi dai quali spuntavano i primi dentini.

Il giorno della partenza si avvicinava sempre più e Kate aveva deciso di prendersi tutto il tempo possibile per stare con Lily. Aveva chiesto alla segreteria del partito di allentare i suoi impegni così alla sera riusciva a passare gran parte del tempo con sua figlia che adesso amava giocare, soprattutto con lei e con Castle che era un compagno di giochi perfetto e loro sembravano sempre ottimi alleati. Finito il gioco, poi, quando era esausta, voleva solo rifugiarsi tra le braccia della mamma e quello di certo non era il modo migliore per Kate per convincersi che aveva fatto bene ad accettare di partire, perché ogni volta le sembrava che la piccola avesse troppo bisogno di lei. Castle si divertiva a stuzzicarla, ricordandole come lei era quella che diceva sempre che non si sarebbe fatta condizionare, che non sarebbe stata oppressiva o troppo ansiosa e Kate, colta in fallo, ogni volta non sapendo come rispondere gli lanciava una delle sue occhiate facendolo ammutolire all’istante. Sapeva, però, che aveva ragione lui, che non era da lei comportarsi così, si era sempre detta che lei non avrebbe fatto nulla di tutto questo.  Non sarebbe accaduto nulla a Lily per pochi giorni. Non sarebbe accaduto nulla nemmeno a lei, standole lontana o almeno così sperava. La realtà era che lei viveva ancora fortissimi sensi di colpa per tutto nei confronti di sua figlia: per averla messa in pericolo ancora prima di nascere, per il rapimento, per il poco tempo che le poteva dedicare. Si sentiva sulla testa l’etichetta di “peggiore mamma di sempre” e non bastavano le rassicurazioni di Castle e nemmeno quelle di Martha, il suo senso di colpa era qualcosa di solo suo, di più profondo.

Un giorno, poco prima di partire, si era presa mezza giornata di permesso al distretto, complice anche una giornata piuttosto tranquilla ed una riunione molto noiosa al mattino, ed era andata a trovare suo padre. Era un po’ che non si vedevano loro da soli, solitamente era lui che andava al loft da tutta la famiglia. Jim si accorse subito che sua figlia era piuttosto pensierosa, mentre lo vedeva giocare con Lily che adorava la pallina degli Yankees che le aveva dato e la stava esplorando con le mani e con la bocca.

- Te la ricordi quella Katie? - Disse indicando la palla tra le piccole mani di Lily

- Sì, era la mia. - Sorrise lei ricordando quando suo padre gliel’aveva regalata mentre scostava i capelli dal volto di sua figlia.

- Cosa ti preoccupa?

- Lasciarla. Voglio stare con Castle, voglio fortemente fare questo viaggio con lui, ma mi sento una mamma orribile a lasciarla sola. - Disse tutto d’un fiato.

- Se tua madre ti sentisse ti farebbe uno dei suoi discorsetti, Katie. - Rise Jim.

- Perché? - Chiese sorpresa.

- Perché quando avevi poco meno di un anno ci aveva invitato tuo zio Robert al suo matrimonio, a San Francisco. Lei sosteneva che quei giorni sarebbero stati troppo stancanti per te, viaggio compreso ed io le avevo detto che non era importante andare al matrimonio di mio fratello, che dovevamo stare con te. Jo, però ha insistito perché diceva che fosse giusto così, e a rimanere qualche giorno con sua sorella ed i suoi figli, non ti sarebbe accaduto nulla. Alla fine siamo partiti ed io ho visto come tua madre era molto emozionata nel lasciarti, soprattutto quando appena ti ha lasciato in braccio a tua zia Theresa tu hai cominciato a piangere e a cercarla, un po’ come fa Lily quando vuole venire in braccio da te.

Proprio in quel momento Lily fece cadere la pallina e Kate con un gesto istintivo la prese al volo prima che toccasse terra. La fece riapparire da sotto il tavolo dove era seduta, tenuta ferma dalla braccia protettive del nonno, ed il suo volto si aprì con un gran sorriso grato verso sua madre che le sorrise a sua volta riconsegnandole il suo nuovo gioco. Jim era rimasto in silenzio a guardare la scena, poi appena vide la figlia dargli di nuovo attenzione, continuò il suo ricordo.

- Tua madre era dispiaciuta almeno quanto me di lasciarti, ma lo ha fatto perché diceva che era giusto, come ha fatto tante altre cose forzandosi: la prima volta che ti ha portato all’asilo quando è tornata a lavoro. Sai che ha pianto tutta la notte? Però quando tu poi le raccontavi le tue storie alla sera, di quello che avevi fatto e di quanto ti eri divertita, lei aveva capito che aveva fatto la scelta giusta. Quando sei cresciuta non è stato diverso, la prima gita con la scuola quando per la prima volta hai dormito fuori casa una notte, quando sei partita per Kiev ed anche quando hai scelto di andare a Stanford. Era felicissima per te, ma lei avrebbe sempre avuto volerti vicino. Però sapeva che ogni passo, ogni separazione, piccola o grande, era necessaria per te, per farti diventare la donna che sei adesso: forte, indipendente, sicura di te.

- Tu e mamma non mi avete mai fatto mancare nulla papà, né avete mai messo a rischio la mia vita…

- Perché, tu pensi che fai mancare qualcosa a tua figlia? Questa è solo una tua idea. Non penso che hai mai considerato tua madre una cattiva mamma se qualche volta la sera aveva delle riunioni che la tenevano a lavoro fino a tardi, no? Cosa c’è di diverso? Io non sono bravo come tua madre a farti questi discorsi, so che lei ti avrebbe rimesso in riga con molte meno parole ed in modo più incisivo Katie ma… Sei un’ottima madre e non lo sarai di meno perché ti concedi qualche giorno di relax con tuo marito e credimi, Lily non ti colpevolizzerà mai per questo e qualsiasi cosa farai in futuro, non lo farà mai più di quanto non lo fai tu con te stessa.

Le parole di suo padre le avevano fatto bene e parlare di sua madre non era più così doloroso o un tabù come era stato in passato, per merito di Lily, probabilmente e di tutto quello che era accaduto, era riuscita ad avere un grado di accettazione maggiore. Sua madre era sempre una ferita aperta che forse non si sarebbe mai del tutto rimarginata, però lei sentiva che stava guarendo. Riuscire a parlarne così con suo padre, rivivere il loro passato, sentire racconti inediti di quello che era, non solo come donna sicura di se, come quei ricordi che aveva più vividi dei loro ultimi anni insieme, ma come mamma con i suoi stessi timori e le sue stesse fragilità, le aveva dato più consapevolezza in se stessa. Se c’era una cosa che si augurava e si ripeteva spesso, era quella di riuscire ad essere per sua figlia tutto quello che sua madre era stata per lei, una confidente, un’amica quando occorreva ma soprattutto un punto di riferimento inamovibile ed un esempio per tutto quello che aveva fatto ed ancora lo era. Negli anni le era mancato il confronto con lei sulle vicende della sua vita, le più disparate. Ogni decisione che aveva preso si era sempre chiesta cosa lei avrebbe fatto, come l’avrebbe consigliata. Però, da quando era nata Lily sentiva che quella mancanza del suo punto di riferimento era ancora più forte: certo, Martha le era stata e le era tutt’ora vicino, ma era diverso, non potevano esistere due donne più diverse di sua madre e della madre di Castle e per quanto le volesse bene, a lei mancava la mano sulla spalla si Johanna, le sue rassicurazione ed anche il suo “te l’avevo detto” quando faceva qualcosa di sbagliato. Sentiva spesso che avrebbe avuto ancora tante cose da chiederle, tanti consigli che avrebbe voluto avere per riuscire ad avvicinarsi almeno in parte a quello che era lei. Si era confidata con Castle più di una volta su questo e lui come sempre aveva trovato le parole, ed i gesti giusti per placare le sue inquietudini ogni volta che tornavano. L’aveva abbracciata mentre sul divano cercava di far addormentare Lily e le aveva detto che se non poteva più avere i suoi consigli, aveva sempre il suo esempio, doveva solo ricordarsi quello che aveva fatto con lei, come si comportava anche nelle situazioni che a lei avevano fatto meno piacere ed ora, sicuramente, avrebbe capito perché e l’avrebbe vista con occhi diversi. Aveva avuto ragione.

Quando uscì da casa di suo padre mise Lily nel seggiolino che continuava imperterrita a mordicchiare la pallina che le aveva dato Jim. Le diede un bacio sulla fronte mentre le allacciava le cinture di sicurezza, ricompensata da uno dei suoi sorrisi per poi tornare a dare più attenzioni alla palla che a sua madre. Qualche giorno con Esposito e Lanie, Lily sarebbe sopravvissuta, sui suoi amici, invece, aveva ancora qualche dubbio, pensò ridendo anche lei.

   
 
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