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Autore: SweetD    07/09/2017    3 recensioni
Damon ed Elena si conoscono da sempre, sono grandi amici ma qualcosa li porterà ad allontanarsi.
Riusciranno a ritrovarsi e a ripristinare il loro rapporto?
-"Matt mi ha chiesto di fare coppia fissa” mi aveva detto.
Ed in quel momento mi sembrò che avesse preso un rastrello e lo avesse trascinato sul mio cuore martoriandolo. Probabilmente sarebbe stato meno doloroso.
“Cosa vuoi da me Elena?” le avevo chiesto sperando non scorgesse quanto quelle parole mi avessero fatto male.
“Volevo solo sapere cosa ne pensi.”
... -
- “Non sai in che guaio ti stai cacciando Elena.” provai ad avvertirla. A metterla in guardia, perché ero diventato pericoloso. Ma sapevo benissimo che se non mi avesse allontanato di sicuro non sarei stato io a farlo. Dopotutto ero uno stupido egoista innamorato. -
[Delena]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Mi devi un appuntamento

MI DEVI UN APPUNTAMENTO

Vi siete mai chiesti fino a che punto ci si possa spingere per amore?
Fino a che punto sia possibile mandare a puttane la propria vita pur di conquistare la persona che ami?

Prendiamo ad esempio Romeo e Giulietta, uno più stupido dell’altro. Erano finiti per perdere la vita entrambi pur di poter stare l’uno al fianco dell'altro.
Si erano tolti la vita gettandosi nell’oblio della morte sperando e credendo di potersi rivedere alla fine del tunnel della vita.

Fino a poco tempo fa pensavo che fossero due cretini, la realtà è che io, probabilmente, lo ero più di loro.

Un emerito deficiente innamorato che si era tolto la vita sperando di poter conquistare la donna dei suoi sogni.

Ebbene sì, mi chiamo Damon Salvatore e sono morto. Per mano mia e volontariamente, tra l’altro.

Ma procediamo con ordine.

Elena è il nome della ragazza che mi ha spinto a fare ciò che ho fatto. Probabilmente, se venisse a scoprire i motivi che mi hanno spinto a farlo, comincerebbe ad urlarmi contro, con la sua voce poco aggraziata, quanto fossi cretino ed incosciente, cominciando una diatriba interminabile che mi avrebbe di sicuro fatto alzare gli occhi al cielo e che avrei voluto terminare stampandole un dolce bacio sulle labbra per farla stare zitta – ed anche per il solo gusto di baciarla, lo ammetto.

Pur non avendo la voce più aggraziata di questo Pianeta (in modo particolare quando è incazzata o semplicemente quando canticchia una canzone che sta ascoltando con le sue immancabili cuffiette – quante volte l’ho sfottuta dicendole che assomigliava ad una cornacchia in calore), Elena è bella.

Bella sul serio.

A partire dai suoi occhi caldi da cerbiatta, alle sue labbra non troppo grandi ma che ti fanno venire voglia di morderle per sapere che gusto hanno, ai suoi capelli lunghissimi che non taglia da anni, fino ad arrivare ad i suoi piedi, che personalmente lei odia, dice che sono troppo grandi, anche se porta un normalissimo 39.

Eravamo amici sin dall’infanzia e devo dire che questo è stato il mio problema maggiore.
Sapevo tutto di lei, ogni suo singolo segreto, la sua passione per l’horror, ed in particolare per i vampiri, ogni suo desidero o sogno, anche il più strano – una volta mi disse di aver sognato di essere la fatina dei denti e di essersi infilata nella mia stanza; aveva messo una mano sotto il cuscino e, dopo aver estratto due dentini (canini per la precisione – pensai amaramente), aveva infilato al di sotto di esso un anellino blu lapislazzulo con un simbolo quasi più grande dell’anello stesso, una D gotica, mi pareva avesse detto. Ora ne avevo la certezza.

Era decisamente una D, pensai rigirandomi tra le dita l’anello che una piccolissima Elena Gilbert, tantissimi anni prima, aveva sognato.

Vi starete di sicuro chiedendo: ma se sei morto, come riesci a rigirarti un anello tra le mani?

Ebbene, se pazienterete ancora un attimo saprò rispondervi con precisione.

Il mio secondo grande problema con Elena era che, dopo tanti anni di migliore amicizia, ci eravamo allontanati.

Mi ero accorto, ad un certo punto, di provare un sentimento ben diverso dalla semplice amicizia nei suoi confronti.

E così, da grande egoista quale che ero, un bel giorno, durante la festa di fine anno, l’avevo baciata.
Avevamo ancora solo quindici anni, eravamo dei ragazzini, ma soprattutto ... lei era fidanzata.

Fidanzata con Mutt Donovan, il capitano della squadra di basket della nostra scuola.

E quello era stato il suo primo bacio.

Il suo primo bacio.

Io ero stato il suo primo bacio.

Lo avevo capito bene che quello era stato il suo primo bacio, e non per via della evidente, iniziale, inesperienza con cui si muovevano le sue labbra sulle mie, ma perché me lo aveva urlato in faccia, davanti a tutta la folla di ragazzi che cominciarono a fissarci come se facessimo parte di uno squallido film da quattro soldi. Probabilmente avrebbero gradito anche dei pop-corn, se ne avessero avuti a disposizione.

Quel giorno me ne ritornai a casa umiliato, con una guancia dolorante – dovuto allo schiaffo ricevuto da Elena dopo la sua sfuriata – , con un livido violaceo che pulsava sotto l’occhio – avrei dovuto ringraziare Mutt per quello – ma soprattutto, con il cuore infranto.

Effettivamente me lo meritavo, l’avevo presa alla sprovvista, tirata per un braccio mentre sorseggiava il suo punch intenta a parlare con le sue amiche del cuore. Lo strattone le causò, oltre ad uno spavento, soffocato da un gemito appena accennato dalle sue labbra, anche qualche goccia di punch, vivacemente rosso, sulla manica del vestito, di un panna delicato.

L’avevo notata da lontano, non si stava divertendo, ed io avevo una fottutissima voglia di assaggiare le sue labbra per la prima volta – l’ho già detto che sono alquanto egoista? – pur di farle tornare il sorriso sulle labbra – e pur di uscire da quella che in molti chiamano friendzone.

Eppure il sorriso non glielo avevo fatto tornare, tutt’altro. L’avevo fatta incazzare di brutto.

Quel giorno aveva deciso di accettare la proposta di Matt di fare coppia fissa. E questa cosa mi dava sui nervi. Lui non doveva averla, lei doveva essere soltanto mia.

Dovevo fare qualcosa, non potevo permettere che me la portasse via.

Eppure solo tre giorni prima avrei potuto fare in modo che tutto ciò non accadesse.

Riportai alla mente la mattina in cui Elena si presentò sotto casa mia, erano le cinque del mattino, ed aveva delle occhiaie terribili. Sicuramente non aveva dormito.

Dopo averla presa in giro per l’aspetto terribilmente trasandato – anche se restava comunque bellissima ai miei occhi, ma questo ovviamente non glielo avevo mai detto – e dopo averla sgridata per essere uscita di casa a piedi e da sola a quell’ora del mattino, la invitai da accomodarsi.

Lei rifiutò, restando in piedi sul ciglio della porta ad osservarmi. Aveva ancora il fiatone, aveva corso da casa sua per venire da me. E se la cosa, per un momento, mi fece gonfiare il petto di gioia, la mia felicità fuggì via com’era arrivata non appena aprì bocca.

“Matt mi ha chiesto di fare coppia fissa” mi aveva detto. Ed in quel momento mi sembrò che avesse preso un rastrello e lo avesse trascinato sul mio cuore martoriandolo. Probabilmente sarebbe stato meno doloroso.

“Cosa vuoi da me Elena?” le avevo chiesto sperando non scorgesse quanto quelle parole mi avessero fatto male.

“Volevo solo sapere cosa ne pensi.” rispose arrossendo ed abbassando lo sguardo. Probabilmente non lo sapeva, ma quando arrossiva mi faceva perdere la testa.
In quel momento però per la testa avevo soltanto immagini di Mutt.
Morto.
Fatto a pezzi dal sottoscritto.

“Cosa dovrei pensare scusa?”

“Non lo so, insomma, vorrei sapere se sei d’accordo …” incalzò lei. Mi stava per caso chiedendo il permesso? Questa cosa mi stava dando sui nervi.
Le avrei voluto urlare: ovvio che non sono d’accordo, ti amo da sempre, resta con me.

Ma quello che riuscii a dire in quel momento, complice la rabbia ed il fatto che non mi stesse guardando negli occhi – se solo li avesse alzati, anche per un piccolo secondo, sono sicuro che avrei ceduto – le risposi nel modo più stupido che potessi fare:

“Non me ne frega niente, per me puoi fare quello che vuoi. Ora se non ti dispiace vorrei tornare a dormire. Stammi bene Gilbert.” e proprio mentre stava per alzare lo sguardo – erano lacrime quelle che avevo visto di sfuggita sulle sue guance? – le sbattei la porta in faccia tornando a letto.

Apatia, fu quello il non sentimento che provai in quel momento.
Indifferenza fu ciò che ci rivolgemmo a vicenda fino al giorno del ballo, fino al giorno in cui si misero insieme, fino al giorno del bacio e dello schiaffo.

Dopodiché continuammo le nostre vite, divisi, evitando di scambiarci troppe parole, se non quando necessario.

Gli sguardi c’erano però. Quelli non erano svaniti. Ogni tanto mi ritrovavo a fissarla quando, persa nei suoi pensieri si rigirava una ciocca di capelli tra le dita, o quando i professori facevano qualcosa di stupido – il più delle volte in questi casi i nostri occhi si cercavano sorridenti, per poi ricordarsi della situazione complicata dei nostri cuori, tornando così ad essere spenti e distanti.

La fissavo anche quando prendeva quel libro sui vampiri che tanto adorava, le pagine ormai sciupate per le troppe volte che  lo aveva tenuto in mano.

Spesso, prima del litigio, mi aveva detto che sperava che un giorno arrivasse un vampiro pallido – e che risplendeva alla luce del sole, ogni volta che lo diceva alzavo gli occhi al cielo – che la portasse via correndo più veloce del vento.

Era questa l’immagine del suo principe azzurro. Non un uomo dai capelli biondi e gli occhi blu su di uno stallone, ma un succhia-sangue pronto ad affondare i propri canini nel suo candido collo, pronto ad ammazzarla.

Non ci trovavo niente di romantico in questa visione, Elena non è mai stata una ragazza conscia del pericolo. Sapevo però che l’affascinava.

Ed una volta glielo avevo anche detto.

“… solo un’ultima cosa.” le dissi prendendola per un braccio impedendole di scappare nuovamente da me. Lei guardava le sue scarpe, rossa in viso e le guance rosse dalla rabbia. I capelli mori le svolazzavano per via della leggera brezza autunnale.

Che altro vuoi Damon? “ la voce dura come mai lo era stata nei miei confronti. Sapevo di aver superato il limite, ma una volta oltrepassato quello, che male c’era ad andare ancora oltre?

Non puoi pensare sul serio di stare insieme a quel damerino. Lui ha già in mente tutto, ti vede già in abito bianco camminare lungo una navata con il pancione; si immagina già mentre rientra a casa dal lavoro e tu ad accoglierlo con i capelli alzati ed il grembiule, con un cucchiaio impregnato di sugo in mano; ti vede già mentre col punto croce cuci le prime calze dei vostri bambini. E sono cose che, al momento, a te non interessano. Sii sincera con te stessa. Ti immagini nelle vesti della bella mogliettina pronta a sfornare figli e a riscaldare il letto del proprio maritino?” non so esattamente da dove mi fossero uscite quelle parole, sapevo però che dovevo dirgliele e che lei aveva bisogno di sentirle.

Cosa vuoi che ti dica Damon?” mi rispose alzando finalmente lo sguardo. Non lo avesse mai fatto.
I suoi bellissimi occhi color del cioccolato fiammeggiavano dopo aver pronunciato quelle parole.
Le stesse parole che mi fecero sussultare. Sapevo che non erano parole scelte a caso.
Erano le stesse parole che le avevo riservato io, quella ormai lontana mattina, sulla soglia di casa mia.

Voglio che tu mi risponda.” semplicemente.

Da come parli sembra che tu sappia cosa in realtà io voglia dalla vita. Se tu hai tutte le risposte, perché non mi illumini?” mi umettai le labbra pronto a dar voce alla mia mente.

“Tu vuoi sentirti libera Elena, ma allo stesso tempo protetta.
Vuoi essere abbracciata forte, e vuoi piangere in quell’abbraccio e sfogarti ma non ti vuoi mai sentire soffocare.
Tu vuoi finire gli studi con una buona media, ma non ottima, perché non ti piace la perfezione, anche se dall’esterno fai pensare di esserlo, perfetta. E forse lo sei davvero.
Tu vuoi laurearti e diventare una bravissima scrittrice, viaggiare e lasciarti ispirare dai posti che hai visitato.

Vuoi avere tante storie da raccontare, una più interessante dell’altra e mai cadere nel banale.

Infine Elena, tu vuoi un amore che ti consumi, vuoi passione, avventura, e anche un po’ di pericolo. 

E sai benissimo che con Matt tutto ciò non lo potrai mai ottenere.” finii il mio discorso osservandola dritto negli occhi. Boccheggiava. Era rossa in viso e non più per la rabbia, sembrava stravolta.
Stravolta dalle mie parole.

Le lasciai il tempo di assimilare tutto quanto. Sapevo di averla sconvolta, non era da me parlare così tanto. Ma in quel momento avevo un gran bisogno di parlare con lei e, lo speravo nel profondo, anche di chiarirmi.

La rivolevo nella mia vita.

Notai che qualcosa cambiò nel suo sguardo. Ma non era nulla di positivo, purtroppo.

“Queste parole avrei preferito sentirmele dire quella mattina Damon. Non ora, non adesso, non quando è troppo tardi!” non urlò, sembrava calma, le sue nocche strette e pallide dicevano però il contrario.

Addolcii il mio sguardo, sperando di calmarla in qualche modo. Non funzionò.

“Non è mai troppo tardi.”

“E’ tardi Damon. Tardi lo è quando ci sono delle persone che potrebbero soffrire. Ed io non voglio far soffrire Matt.”

“Qui ci sono già due persone che soffrono Elena. Ci vedi? Guardaci per un attimo e capirai che siamo noi le persone che soffrono. Metteresti mai la tua felicità davanti a quella di qualcun altro?”

“Solo se quel qualcuno se lo merita.”

“E noi ce lo meritiamo Elena? Meritiamo di essere felici?” incalzai. La vidi riflettere per qualche secondo. Aprì la bocca per poi richiuderla dopo qualche secondo.
Dimmi ciò che stavi per dire, ti scongiuro la pregai con gli occhi.
Ma lei parve ignorarmi.
Non con lo sguardo però.
Il suo sguardo non mentiva mai ed in quel momento mi stava dicendo: perdonami.

“Non credo. Forse un tempo sì.” Non la credetti. Le presi entrambe le mani, schiudendole dal pugno in cui le aveva tenute strette per tutto quel tempo. Notai che si era procurata dei solchi con le unghie per quanto le aveva tenute strette. Lei sussultò non appena le nostre pelli entrarono in contatto, la stessa cosa fece il mio cuore.

“Proviamoci almeno. Esci con me. Un appuntamento ti chiedo solo questo.” Un sorriso ironico comparve sul suo viso, mi sarei aspettato di tutto ma non questo. Puntò per un istante gli occhi sul suo immancabile libro, che nel frattempo era rimasto appoggiato sulla panchina alle sue spalle.

“D’accordo.” disse infine stringendo per un attimo le sue mani nelle mie. Il mio petto si gonfiò di nuovo di felicità. “Però solo quando diventerai un vampiro.” … e si sgonfiò nuovamente come fosse un palloncino che perdeva aria.
Alzai gli occhi al cielo sbuffando. Probabilmente aveva detto quelle parole per smorzare la tensione che si era creata.

Effettivamente eravamo molto vicini, più di quanto lo fossimo mai stati – tranne la volta che l’avevo baciata – e, sicuramente, lei non riusciva a reggere quella vicinanza.

“Elena non è divertente.”

“Lo so è che … io …” prese un bel respiro chiudendo per un attimo le palpebre. Quando le riaprì decise di porre fine al contatto tra le nostre mani.

Vuoto  e Freddo, ecco cosa sentivo in quel momento.

“Io … io non riesco davvero a seguirti Damon. Non capisco cosa vuoi, non capisco se ci tieni o se ti comporti così solo per paura di perdere qualcosa che un tempo era di tua proprietà. E’ così Damon? Si tratta di possessione vero? Dimmi se sbaglio.” non ci vidi più, allungai le braccia e strinsi le sue scuotendole appena.

“Si tratta di Amore, Elena. Quello con la A maiuscola. Non confonderlo con nient’altro.” Glielo avevo confessato. Elena io ti amo, non ne dubitare mai, gridavano il mio cervello ed il mio cuore. Ma lei non parve sentirmi.

“Beh, può darsi che sia proprio questo il problema allora …” Vidi Elena allungare una mano verso il mio petto all’altezza del cuore, forarlo e tirarne fuori il mio organo vitale; dopodiché lo gettò ai suoi piedi calpestandolo con tanta veemenza.

Le mie braccia caddero lungo i miei fianchi, sentivo gli occhi, la testa ed il cuore stanchi. Stanchi di aspettare. Stanchi di sentirsi dire cattiverie.

Indietreggiai di un passo.

“D-damon no … non volevo dire questo. Sul serio, non …”

“Lascia stare Elena. Il problema si sta togliendo dalle palle, tranquilla.”

 

________________________

Ci ho provato. Ho provato a togliermela dalla testa.
Ho fatto cose di cui mi pento, sono stato con diverse donne – tutte diverse da lei.
Ma non ci sono riuscito. Non sono riuscito a dimenticarla.

Dopo un paio di mesi dalla nostra conversazione ho scoperto che aveva fatto ciò che le avevo consigliato di fare: aveva lasciato il damerino e si stava informando sulle Università che avrebbe potuto frequentare alla fine degli studi – sua madre, Miranda, mi aveva detto che era davvero sorpresa di vederla così presa dall’argomento Università, nonostante mancasse più di un anno prima del conseguimento del diploma.

In qualche modo la nostra conversazione l’aveva scossa, eppure non tornò mai a cercarmi.

Finché un giorno non la rividi; era sola, molte delle sue amiche l’avevano abbandonata dopo che aveva lasciato il Capitano, schierandosi ovviamente con il piccolo bastardo.

Caroline e Bonnie invece, le sue amiche secolari, non erano in vista.

Elena portava le sue fidate cuffiette, dal movimento delle labbra stava sicuramente ascoltando gli Imagine Dragons, in mano il suo solito libro.

E mentre le passavo accanto la notai alzare lo sguardo verso di me e mi sorrise.
Non lo faceva da secoli ormai. Non riuscivo neanche a credere che fosse indirizzato a me quel sorriso.
Dopo aver controllato alle mie spalle – al che lei alzò gli occhi al cielo – ricambiai il suo sorriso ma proseguii comunque dritto.

Non mi fermai a chiederle il perché lo avesse fatto dopo così tanto tempo, tirai semplicemente avanti, con il cuore in agitazione.

Forse non era tutto finito.

E ne ebbi la conferma quando la vidi sempre più spesso cercare il mio sguardo, sorridermi durante le lezioni e cercare la complicità che un tempo ci contraddistingueva.

Un giorno a mensa mi ero finalmente deciso di andare a parlarle, sapevo quanto lei fosse timida, di sicuro non avrebbe mai fatto il primo passo.

Ed io ero sempre più convinto che le cose si potessero aggiustare, che noi potessimo aggiustarci a vicenda, ritornare ad essere quelli di prima. Non volevo niente di più e niente di meno.

Volevo che tornassimo ad essere Damon ed Elena, Elena e Damon, gli inseparabili.

Mi bastava tornare ad essere amici, l’importante era averla al mio fianco, nella mia vita.

Damon ed Elena senza Elena e Damon erano diventati le ombre di loro stessi ed io ne ero pienamente consapevole, volevo rimediare.

Così mi alzai prendendo in mano il vassoio su cui avevo riposto il mio cibo, pronto ad avvicinarmi al suo tavolo, in cui sedeva soltanto lei, denigrata dai suoi ex-falsi amici.

Lei non mi aveva notato, mi dava le spalle. Ma quando fui a pochi metri da lei la vidi alzarsi e correre ad abbracciare un ragazzo.

Questo era pallido, alto, magro ed aveva i capelli bronzei sparati in aria.
Sembrava la brutta copia di Edward Cullen, l’unica cosa che lo distingueva da quest’ultimo, oltre all’aria da imbecille che ha intenzione di tagliarsi le vene perché la vita è troppo dura per essere vissuta con serenità, erano gli occhi verdi.


Sentii delle ragazzine sospirare adoranti alla vista del nuovo arrivato. 

Non c'era niente di romantico nel loro abbraccio, ne ero consapevole, ciò non toglie che ne rimasi perturbato. 

Gettai il vassoio a terra, facendo scivolare dal piattino di plastica la mia pizza, che sembrava anch’essa essere fatta di plastica, e me ne andai, incurante delle occhiate che mi lanciarono i miei compagni di liceo e, probabilmente, anche del suo sguardo. Anche se non ne ebbi mai la conferma perché non mi voltai.

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Avevo bisogno di prendere aria. Di correre, di sentire il vento tra i capelli, sul viso. Avevo bisogno di sentirmi fresco e libero, libero da tutto.

E lo feci, corsi. Corsi sin quando non arrivai di fronte a casa mia.

Un uomo dai capelli castani seduto sul dondolo sotto il porticato.

Stefan. Perché non aveva avvertito che sarebbe tornato?

Ciao fratellino.” mi squadrò alzandosi immediatamente, aspettando che lo raggiungessi.

Stefan, che ci fai tu qui? Pensavo che fossi al college. E’ successo qualcosa?” gli chiesi dopo avergli dato una pacca fraterna sulla spalla.
Lui mi scrutò per alcuni secondi cercando di formulare le parole più giuste per dirmi ciò che avrebbe stravolto la mia vita in modo irreparabile.

Vedendo che non aveva intenzione di aprire la bocca, afferrai le chiavi di casa ed aprii la porta.

Mentre fai lavorare i cricetini io vado a prendermi qualcosa di forte. Perché non entri?

Lo vidi tentennare sulla soglia della porta, un piede a mezz’aria come se volesse fare un passo in avanti ma una barriera invisibile non glielo permettesse.

Cosa stava succedendo?

Non posso farlo.” inarcai le sopracciglia cercando di capirci qualcosa di più, ma niente. Se non avesse parlato subito giurai che l’avrei preso a schiaffi. Mi stava davvero dando sui nervi.

E ‘successa una cosa. So che non mi crederai, ma ti dimostrerò che ciò che sto per dirti è la pura realtà.” i suoi occhi non sembravano prendermi in giro, decisi di non farlo neppure io, sicuramente si trattava di qualcosa di davvero serio.

Parla!” lo esortai e lui cominciò a parlare.

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“Un vampiro?”

“Già.”

“Tu sei un vampiro?”

“Esatto.”

“Un vampiro vero?”

“Si Damon, mi sembra di avertelo ripetuto almeno 27 volte.”

“Hai anche i canini appuntiti?”

“Te li ho mostrati Damon, quindi la risposta è sì!”

“E l’aglio? Ti puoi trasformare in un pipistrello? Aspetta che ti scatto una foto!” lo accecai con il flash della mia fotocamera. Lo vidi sbattere le palpebre più volte irritato.

“Ci sei, assurdo, quindi non è vero che non comparite in foto. Probabilmente anche la leggenda degli specchi è falsa. Quella delle bare invece?”

“Se non decidi di starti zitto ti ci metto io in una bara Damon.”

“Deduco quindi che la risposta sia negativa. Peccato, ho sempre desiderato dormire in una bara. “ mio fratello mi guardò scioccato.

“In realtà non è vero, ti stavo solo prendendo in giro.”

“Sei un deficiente!!” urlò spintonandomi. Cavoli se era diventato forte! Un tempo a mal la pena mi avrebbe spostato di un millimetro, invece ora mi aveva fatto indietreggiare di almeno un metro e mezzo, facendomi sbattere contro il tavolo alle mie spalle.

“Auch!”

“Fratello scusami tanto! Purtroppo non so ancora controllare bene la mia forza.”

“Non preoccuparti, un giorno ricambierò con la stessa moneta.”

“Che cosa intendi?” mi chiese Stefan, ora sull’attenti.

“Ti sei trasformato per amore giusto?” lo vidi socchiudere la palpebre cercando di capire dove volessi arrivare con quel discorso.

“Si.” rispose infine, rimanendo comunque sull’attenti.

“Bene.” feci una pausa, realizzando solo in quel momento ciò che stavo per chiedergli.

“Voglio che tu faccia lo stesso con me. Voglio che tu mi trasforma per lo stesso motivo.” e non avrei di sicuro avuto un no come risposta.

 

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Ci misi ben tre giorni per riuscire a convincere mio fratello a trasformarmi, alla fine però ci ero riuscito.

Spesso Elena mi parlava della trasformazione della sua beniamina, Bella Swan, in vampira.
L’aveva descritta come una cosa davvero dolorosa, che era durata ore, qualcosa che induceva alla pazzia in alcuni casi, qualcosa che ti avrebbe indotto a chiedere al tuo carnefice di ucciderti piuttosto che farti sopportare tutto quello spasimo.

Io, invece, non provai nulla.

Ciò che l’autrice di quegli stupidi libri non sapeva era che per diventare vampiro bastavano pochi secondi.

Ti bastava bere del sangue di vampiro ed infine morire.

Ero morto.

Mio fratello mi aveva spezzato il collo pochi secondi dopo avermi fatto bere il suo sangue.
Non si era neanche accertato che fosse entrato nel mio organismo, aveva semplicemente fatto pressione sul mio collo rompendo la vertebra cervicale e con sé anche il midollo osseo provocandomi un’istantanea … morte.

La morte è irreversibile.

Ed io ero morto per amore.

Dovevo ammettere però di essere stato più furbo di Romeo e Giulietta. Loro non avevano alcune certezze dopo la morte, io invece ce l’avevo.

Sapevo che dopo essere morto avrei comunque riaperto gli occhi, sapevo che dopo essere morto avrei comunque continuato a vivere.

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Non fu facile i primi tempi.

Dovetti abituarmi alla mia nuova vita, nutrendomi di umani cercando di non ucciderli, cancellandogli la memoria e dicendogli di inventare qualche balla se qualcuno avesse fatto domande sul morso che gli avevo procurato da qualche parte sul loro corpo.

I miei sensi si erano acutizzati. Tutto era ampliato: la mia forza, la mia vista, la mia velocità e, purtroppo, anche i miei sentimenti.

Spesso sentivo bruciarmi il petto, e non perché avessi una qualche malattia – i vampiri non possono ammalarsi – semplicemente perché pensavo a lei, al suo sorriso, ai suoi bellissimi occhi da cerbiatta che si accendevano ogni qual volta incontrasse il mio sguardo e mi mancava. Mi mancava terribilmente.

Mi rigirai l’anello che mi permetteva di espormi ai raggi solari, senza bruciare vivo, tra le mani.

Il fuoco. Quello era uno dei modi per mettere fine alla vita di un vampiro.

Ero diventato immortale, realizzai solo in quel momento, dopo un mese e mezzo da quando ero diventato un vampiro.

E se … NO, non riuscivo neanche a pensare all’idea che Elena non volesse più stare con me.

L’avevo letto nei suoi occhi, lei mi rivoleva nella sua vita e così sarebbe stato.

Sarei stato al suo fianco finché non si fosse scocciata di me, un vampiro che non può né morire né invecchiare.

Tremai all’idea che in realtà io non l’avessi mai capita, che non avessi mai inquadrato la mia Elena.

Sperai con tutto me stesso che non volesse per davvero diventare la casalinga disperata sforna-figli che le avevo descritto tempo addietro.
I figli erano una cosa che non potevo più darle, oramai.

Forse ero stato troppo avventato.
Forse non avrei dovuto farmi trasformare così in fretta.
Forse … Forse … Forse NIENTE, oramai è troppo tardi e non si vive di rimpianti.
Infondo, in parte, lo avevo fatto proprio per lei, per compiacerla.
Speravo di piacerle di più se avesse saputo che ero un vampiro e non più uno stupido ragazzino di 18 anni umano.

Per di più stavo davvero amando questa mia nuova natura ed il fatto di sentirmi invincibile, mi ci stavo abituando a questa nuova vita. Era come se fosse la cosa più giusta per me.

No, non rimpiangevo l’essere diventato un dannato succhiasangue.

Mi alzai, decidendo di andarmi a fare una doccia.

Erano le cinque del mattino e da quando ero diventato un vampiro non avevo più degli orari.

La routine si era spezzata: mangiavo, dormivo e respiravo solo per il gusto di farlo, non per necessità.

Stavo per entrare in bagno quando ad un tratto sentii un campanello suonare insistentemente.

Era già successo in passato. Stesso orario, stesso cielo nuvoloso e ad attendermi dietro la porta una Elena trafelata dal sudore che respirava affannata con il dito premuto sul campanello.

Stessa scena, e stessa persona, dato che dietro la porta c’era proprio lei ad attendermi. La mia Elena.

“Elena? Che ci fai qui a quest’ora?” cercai di restare il più calmo possibile. Il suo profumo alla vaniglia mi inondò le narici, lo stesso che usava sin da quando era una bambina e che io avevo sempre amato.
Notai una vena sul suo collo pulsarle per la forte corsa e resistetti all’impulso di sfiorarla con un dito – o ancor peggio, di affondarci dentro i miei canini.

“Dove sei stato per tutto questo tempo?”

“Dovevo risolvere delle faccende.”

“Che tipo di faccende? C’entra per caso una ragazza?”

“Si.” le risposi laconico avvertendo la sua gelosia. In fondo era la verità.

Un sorrisino mi spuntò sul volto quando la vidi abbassare lo sguardo verso le sue amate converse nere. Rialzò dopo alcuni secondi lo sguardo sul mio volto, senza però fissarmi negli occhi. Deviò su tutto senza mai incrociarli.

“Oh” rispose infine stringendosi nella giacca di pelle nera, per poi inserire le mani nelle tasche per proteggerle dal freddo.
“Scusami se ti ho disturbato allora.” fece un passo indietro senza però voltarsi. Stava cercando qualcosa alle mie spalle o forse qualcuno. Probabilmente si aspettava che apparisse all’improvviso chissà quale donnaccia pronta ad interromperci. Non sapeva quanto si sbagliasse.

“Che cosa volevi Elena?” le afferrai il polso quando la vidi fare un’ulteriore passo indietro.

Non volevo che se ne andasse. Non di nuovo.

“Te.” e quella fu proprio la risposta che meno mi sarei aspettato da lei. Lei non era quella impulsiva, lei era quella che rifletteva almeno dieci volte di parlare, prima di dire qualsiasi cosa. Non era proprio possibile che mi avesse appena detto di volermi.

La guardai come se avessi visto un asino parlare. Così lei decise di rendermi le cose più semplici e di chiarire il significato della sua frase.

“Volevo te, Damon.”

Volevo te, Damon.

Volevo te, Damon.

Volevo te, Damon.

Volevo te, Damon.

Volevo te, Damon.

Stavo di sicuro impazzendo.
Mi era quasi parso di sentire il mio cuore,  ormai fermo da più di un mese, ritornare a battere.
E forse lo stava facendo sul serio o forse no, ma in quel momento non ci stavo capendo davvero più niente.

Non capivo niente, eppure era stata così chiara.

Ma era stata chiara anche quando mi aveva rifiutato più e più volte in passato, per non parlare di quella volta che aveva detto che il fatto che l’amassi era IL problema.

Ma che stavo facendo?? Non avevo fatto altro che aspettare questo momento per una vita intera ed invece ora mi stavo tirando indietro?

No, di sicuro non mi stavo tirando indietro, in quel momento mi sentivo l’uomo più felice sulla terra ma ciò non toglie che volessi delle spiegazioni.

“Perché?”

“Perché mi manchi davvero tanto, mi mancano i tuoi sorrisi stupidi ed anche quelli enigmatici, i nostri sguardi complici, le tue battute, i tuoi abbracci, le tue rassicurazioni, il tuo sarcasmo – anche se di quello potrei farne a meno, o forse no. Forse è proprio ciò che mi manca di più di te o forse e semplicemente … mi manchi tu. E ne vale la pena Damon, ti giuro che noi ne valiamo la pena.” ancora non ci credevo. Mi presi delle ciocche di capelli tra le mani e tirai forte provocandomi del dolore. Avevo bisogno di capire che fossi sveglio.

“Dove sei stato per tutto questo tempo?” ripetette con ormai le lacrime agli occhi. Sembrava mi stesse dicendo Perché mi hai abbandonata?

“Dovevo risolvere delle faccende. Ma mi sa che ho combinato un gran casino.” mi guardò come se volesse provare a leggermi dentro. Allungò le mani sulla mia testa e prese le mie, costringendomi e districare le mie dita dalle ciocche color corvino che, di sicuro, ora apparivano più disordinate che mai.

“Risolveremo tutto. Insieme.”

“Abbiamo un tempismo di merda, Elena.”

“L’importante è ritrovarci. Sempre.” sciolsi le mani dalle sue e la accolsi in un abbraccio caloroso. A quel punto potevo dire con certezza che il mio cuore stava battendo ed anche tanto veloce.

Era lei che me lo faceva battere, Elena era il mio cuore e la pompa di benzina che alimentava il mio essere. Senza di lei sarei come un bell’involucro di una macchina che non riesce a partire perché privo di carburante.

“Non sai in che guaio ti stai cacciando Elena.” provai ad avvertirla. A metterla in guardia, perché ero diventato pericoloso. Ma sapevo benissimo che se non mi avesse allontanato di sicuro non sarei stato io a farlo. Dopotutto ero uno stupido egoista innamorato.

“Mi piacciono i guai. Infondo non sono forse la ragazzina che vuole un amore che la consumi, un amore passionale, avventuroso, e anche un po’ pericoloso?”  sorrisi come un ebete per poi rendermi conto delle parole che aveva utilizzato. Ok, erano più o meno le stesse che avevo pronunciato io in passato ma c’era qualcosa dietro quelle parole. Mi stava dicendo che ero io la risposta alle sue richieste. Che ero io il soggetto del suo amore.

“Ragazzina, attenta alle parole che usi.” la rimproverai con un sorriso tirato allontanandola leggermente in modo da poterla guardare finalmente negli occhi.

Nei suoi leggevo soltanto una parola: Amore.

“Perché dovrei? Ti amo e non ho più intenzione di nasconderlo.” non la feci andare oltre. Con un piccolo – davvero misero – sforzo la sollevai facendola arrivare alla mia stessa altezza e poi la baciai.

All’inizio fu un semplice sfioramento di labbra, ci stavamo esplorando, ci stavamo conoscendo. Alla fine ci eravamo baciati solo una volta e non era di sicuro stata una bella esperienza per lei. Dovevo rimediare. Cancellare per sempre quel ricordo che, di sicuro, l’aveva tormentata per molto tempo.

Inaspettatamente fu lei ad approfondire il bacio, facendomi sentire tutto il desiderio che provava nei miei confronti. Infilò le mani tra i miei capelli e strinse forte le ciocche, proprio come avevo fatto qualche minuto prima io. L’unica differenza era che prima era un gesto dettato dall’amore e dalla sorpresa, ora invece era solo amore.

Il mio cuore impazzì dalla gioia e dal sentimento che provavo verso quella ragazzina.

L’avrei amata, sempre, e glielo avrei dimostrato ogni singolo giorno. Che io venga dannato se dovessi venire meno a questa promessa.

Dopo un po’ ci staccammo, entrambi con il fiatone, entrambi con il sorriso stampato sulle labbra.

Fronte contro fronte.

“Ti trovo …” si fermò un attimo stringendo gli occhi.

“Cosa?? Più bello? Più attraente? Più affascinante?”

“… più pallido.” continuò lei, alzando infine gli occhi al cielo con fare esasperato. Quanto mi erano mancati i nostri siparietti. Mi trovai a riflettere su ciò che mi aveva appena detto e dopo averle ridato un bacio a stampo mi allontanai da lei, dandole le spalle.

Mi devi un appuntamento.” le dissi, sorridendo , avviandomi verso l’ingresso di casa.

“Come scusa?” mi voltai verso di lei, invitandola ad entrare con lo sguardo. Lei mi seguì con uno sguardo corrucciato.

“Per il momento ricorda soltanto che abbiamo un appuntamento in sospeso.” le strizzai l’occhio.
Di sicuro non ci stava capendo niente.
Meglio così, per il momento, almeno per qualche ora, avevo intenzione di accantonare i problemi per poter passare un po’ di tempo con lei.
Ne avevamo molto da recuperare.

Così chiusi finalmente la porta di casa ed aprìi quella che ci avrebbe portato verso il nostro futuro.

Insieme.

Fine

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Angolino mio:
C
iao a tutti ragazzi =)
Ringrazio chiunque sia giunto fino alla fine della mia piccola storia e spero tanto che vi sia piaciuta.
Un bacio,
SweetD

 

 

  
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