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Autore: Jox    07/09/2017    0 recensioni
Pensate. Immaginate. Un macchinario geniale, un capolavoro di ingegneria biofisica, un tramutatore di elementi. Che cosa accadrebbe, in un mondo dominato dall'egoismo, l'ascesa di qualcosa che possa trasformare ogni tipo di oggetto, ogni tipo di materia in qualsiasi altra forma o composizione? Una cosa del genere nelle mani giuste porterebbe la soluzione dei rifiuti, potendoli trasformare addirittura in acqua potabile. Si risolverebbero centinaia di problemi in poche mosse, ma in mani sbagliate, qualcosa che potrebbe tramutare un semplice sandalo in un lingotto d'oro, o in una vera e propria bomba scatenerebbe una corsa al potere devastante. Se ne è lavorato per tanto tempo, molti sono morti, tanti, troppi, cercando di fermare questo progetto. Gli interessi sono alti, e i soldi stanziati non possono andare persi. I 20 stati, che finanziarono il progetto, riuscirono sempre a insabbiare qualsiasi cosa potesse risultare un impedimento alla realizzazione del progetto. Un'informazione esce. Un piccolo, ma importante particolare, cade nelle mani di qualcuno che avrà la forza e le capacità per fermare tutto questo, ma i suoi modi sono tutt'altro che discreti, il suo animo tutt'altro che eroico, i suoi motivi tutt'altro che altruistici. Anche lui dovrà essere fermato.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
I

Erano ancora in auto,diretti a tutta velocità verso il dipartimento dell’ FBI, Parker stava dando ordini secchi e precisi al suo vice su come muoversi in quella tragica situazione, lui doveva tornare al dipartimento. Non perché si voleva sottrarre dalla responsabilità a cui era chiamato dopo un avvenimento così terribile, ma perché aveva necessità di portar via di lì la professoressa Holmberg e di darsi una ripulita. Inoltre aveva bisogno di dare una spiegazione logica e darsela di persona, potendo visionare una cartina, del luogo da cui un possibile terrorista poteva essersi appostato. Immerso nelle sue chiamate non si accorse delle due piccole gocce di lacrime solcare con una andatura e velocità irregolari le morbide guance della professoressa Holmberg, e forse era meglio così. Troppi anni da Marines e da Capo dell’ FBI per potersi permettere di avere quel patos che sarebbe servito per sollevare e sostenere moralmente quella donna, del resto, un uomo che ha visto uccidere e ha dovuto togliere la vita ad altri per salvare la sua e di chi gli era accanto difficilmente fa della dolcezza la sua dote dominante. Le auto si inchiodarono, quasi da far sbattere le teste dei due passeggeri nei poggiatesta avanti a loro. Scesero con neanche eccessiva rapidità, Parker partì deciso verso la struttura, poi rallentò ricordandosi che aveva ancora sotto custodia la professoressa. Attese che si avvicinasse, ma senza che lei gli arrivasse al fianco, Parker riprese a camminare lasciandosi a pochi metri la Holmberg, facendogli però con la mano un cenno di seguirlo. Holmberg era un po’ stizzita da quella situazione, era solo una professoressa di storia antica, e per una lettera che citava qualche numero e due stupide divinità date dalla fantasia di quelle antiche civiltà, si ritrovava lontana da casa. Era già molto stanca, sognava di potersi prendere quella settimana tutta per se dopo i lunghi periodi di stress dati dalle lezioni e dai vari esami e test a cui dovette presenziare. Mentre saliva le marmoree scalinate del dipartimento la sua mente le enfatizzava il piacere presunto che avrebbe potuto avere coccolandosi in riva all’oceano se sarebbe potuta andare dalla madre a Miami. Peccato. Intanto Parker la fece accomodare su una sedia insolitamente ergonomica, e le disse in un modo che a parer suo risultava il più dolce del suo repertorio, ma un po’ troppo rigido e imperativo per i gusti di lei : << Mi dispiace che lei debba stare qui, ma ho bisogno almeno per qualche ora che lei mi sia facilmente reperibile, potremmo venire a conoscenza di nuove informazioni e intercettare e-mail che richiederebbero ancora il suo aiuto, nel frattempo ogni sua necessità può riferirla a chiunque del reparto che si muoverà per esaudirla, non si faccia problemi >>. Mentre concludeva quella parte Parker le lesse in quei occhi placcati di verde la tristezza che quella donna poteva provare in quel momento, ancora sotto shock per ciò che aveva visto, e lontana da casa. Quindi di sua iniziativa chiamò a se un agente che stava rifornendo il bicchiere che aveva in mano con un po’ d’acqua dal distillatore. << Agente Bryan, porti.. >> poi si rivolse a Holmberg : << Caffè o Tè? >> << Tè,  grazie.. >>. << Bè hai sentito, veloce.. >> l’agente bevve velocemente il sorso d’acqua fece per riprenderne un altro ma il brivido sulla schiena che percepii gli fece comprendere che sarebbe stata una cattiva idea vista la premura che Parker aveva fatto trasparire, quindi accartocciò il bicchiere e al volò lo tirò nel cestino, e dopo un cenno di intesa con i due, si riversò per le scale raggiungendo le macchinette all’entrata. Parker si rinchiuse poi nella sala conferenze dando ordini a chi di dovere di proiettare nel grande monitor della sala la mappatura sia topografica che satellitare della piazza fino ad un raggio di 10 km. Intanto Bryan tornò su e diede ad Holmberg il suo tè, portandole qualche bustina di zucchero non sapendo la quantità che poteva essere di suo gradimento, << Ecco il suo tè professoressa >> lei lo ringraziò con un dolce sorriso e strizzando dolcemente il suo sguardo, probabilmente il più bel “grazie” che quell’agente avesse mai ricevuto. << se ha bisogno io sono nell’ufficio qui accanto>>, dopo un cenno di intesa l’agente si rifugiò nel suo ufficio con ancora in mente quella mezzaluna rosea che era stata formata dalle labbra della professoressa. Nel frattempo Holmberg mise una bustina di zucchero nel suo tè, ma mentre mescolava decise che quel giorno tanto amaro necessitava almeno di un paio di bustine in più. Si alzò quindi per andare a prendere da se la bustina di zucchero che le mancava, avendone ricevute solo un paio dall’ agente. Una volta in piedi si bloccò. Si strizzò gli occhi, e guardò con ancora più attenzione attraverso il vetro della porta dell’ufficio in fondo al corridoio. La luce era spenta e la tendina abbassata ma qualcosa catturò la sua attenzione. Guardò la targhetta sulla porta: “Mark Parker”, era chiaramente il suo ufficio, ma c’era qualcosa di strano incastrato in quelle tendine. Holmberg si avvicino di più, lo guardò attentamente da più vicino, fece per entrare ma non si sentì di invadere lo spazio privato del rigido Parker. Si limitò quindi ad osservarlo da fuori. Poi dopo averlo studiato un po’ fece un piccolo sorriso, e ritornò col pensiero alla sua bustina da zucchero. ‘che strano..’ pensò tra se e se ‘una piuma così bella e variopinta incastrata nella tendina della porta’, poco importava, prese la bustina dal recipiente su un piccolo tavolino situato affianco alle macchinette dell’entrata e ritornò seduta di sopra, si risedette al suo posto e si mise a miscelare lo zucchero con il tè lanciando un ultima istintiva occhiata a quella bella piuma.
   
 
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