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Autore: Alice_nyan    07/09/2017    4 recensioni
• Napstablook!Centric; Introspettivo, Malinconico ― 999 parole ― Missing Moment, Pac/Neu •
Con gli occhi puntati al soffitto, supino, ti godi la solita squallida visione quotidiana.
[...] La musica che vibra nelle cuffie è bassa.
È una sequenza indistinta di ‘OOOoooOOO’ da te composti – “
sei bravissimo, tesoro! Ti voglio con me” aveva detto qualcuno che diceva di conoscerti, di volerti bene – sarà la decima volta che la ascolti oggi.
○La fiction è una riflessione su/di Napstablook, un missing moment dopo la visita di Frisk a casa sua.
Napstablook è un personaggio stupendo, triste, attuale, sono io; merita tutta la gioia che non può avere, dovevo donargli un momento felice.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Napstablook
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Trasparente


 
Con gli occhi puntati al soffitto, supino, ti godi la solita squallida visione quotidiana. 

Sei nudo, sei nudo fuori e nudo dentro. Non puoi indossare vestiti, li attraverseresti senza problemi. Ci provasti – una volta, da piccolo – a vestirti, ma percepirti trasparente ti fece sentire un glaciale senso di inadeguatezza. Sì, a te, che il freddo neanche puoi sentirlo. 

Eppure, non puoi negarlo, sei freddo. 
Perché sei freddo fuori e freddo dentro.

Dev’essere bello toccare qualcosa.

Il mondo è così colorato. Davvero meraviglioso. 

Così diverso in tutte le sue sfaccettature, in tutti i suoi abitanti.
Le tue lumache crescono a vista d’occhio: quella coi baffi più che crescere ormai invecchia. 
Chissà quando invecchierai anche tu.  Dicono che la senilità sia terribile, che sia meglio non arrivarci e morire bambini, ma a te piacerebbe, piacerebbe davvero. Non puoi fare a meno di fantasticare su quell’idillio determinando i particolari più futili, come la tua barba che immagini grigia, la tua futura e scricchiolante sedia in vimini e il colore delle tue rughe.

Ma non lo capisci? Tu non puoi invecchiare. 
Le rughe compaiono su un viso, su un corpo che non c’è modo tu possa ottenere.
Non invecchierai, non diventerai nemmeno adulto, maturo, completo. Sarai larva per sempre, ti scioglierai presto in una pozza di lacrime, affogando nella tua nullità.

Dev’essere bello sentire qualcosa.

La musica che vibra nelle cuffie è bassa.  
È una sequenza indistinta di ‘OOOoooOOO’ da te composti –  “sei bravissimo, tesoro! Ti voglio con me” aveva detto qualcuno che diceva di conoscerti, di volerti bene – sarà la decima volta che la ascolti oggi.

Ce la fai a comporre il pezzo per la prossima settimana?” No, non ce l’avresti fatta; eppure non dicesti una parola, non mostrasti un cenno del capo. Non osavi dire di no, non volevi deluderlo. Ti aveva chiesto di comporre una canzone glamour per uno spettacolo speciale; sarebbe stato fantastico. 

A te piace comporre, è una delle poche cose che non ti dà noia, che aspetta quando sei pronto, che ti rende felice dopo una giornata ispirata. È un passatempo che dà e non toglie. Non ti prende il braccio dopo che hai dato la mano, per comporre non ti serve nulla. È un processo naturale, senti la musica che ti esce direttamente dal cuore, senza fatica.

Vedere la pagina bianca macchiata di segni neri ti scalda.

Pensandoci però, da quando ti ha chiesto di lavorare per lui non hai idea di cosa fare. 
Le poche note che riesci a mettere insieme stonano, le altre rimangono impigliate nella mente senza una conclusione. Hai ben presente la data. Manca poco ormai. Devi finirlo. 
Finire cosa, che non hai ancora iniziato nulla? 

E i giorni passano, mentre a terra contempli il rimpianto quotidiano. Piuttosto che di melodie, la tua testa trabocca di lamenti. 

«avrei dovuto farlo ieri……..» biascichi nel silenzio, quando sai che ieri hai detto lo stesso, che ti saresti impegnato al massimo, che dopo aver mangiato un panino leggero avresti scritto anche una sola nota, solo per provarci. Ma la preparazione della merenda ha impiegato del tempo... dovevi tagliare il pane, non potevi mancare di pulire tavolo e coltello, a ogni passo eri sempre più fiacco, la tua attenzione vacua balenava da una scusa a un’altra pur di non focalizzarsi sull’imminente lavoro da svolgere.
Per questo ti sei fermato a guardare fuori dalla finestrella e hai visto tutti quei mostri che correvano affrettandosi con le espressioni più varie. Facevano baccano e non potevi concentrarti.

La curiosità ti ha spinto senza che te ne accorgessi fuori casa, ma la timidezza è stata più forte e non ce l’hai fatta a chiedere il motivo di tanta agitazione. Sei andato il più in fretta possibile a rintanarti nel primo luogo isolato, desideroso di fuggire da qualsiasi contatto, anche pacifico.

E nell’arco di poco ti sei appisolato nel bel mezzo di una strada, stanco senza aver fatto nulla.
Anche lì, fissavi il soffitto di quell’enorme caverna senza stelle, ammirando un cielo fasullo che è il vostro cielo, l’unico sotto cui potete gioire e piangere, l’unico sotto cui state tutti[1].
Quello stesso cielo è stato fissato da centinaia di migliaia di mostri. Da tutti i mostri che hanno iniziato a respirare quest’aria umida, da tutti quelli che hanno ottenuto in dono un briciolo di determinazione. 

Quanti, quanti saranno in tutto, ti chiedi. Eppure di loro ne ricordi ben pochi. Ci sarà sicuramente stato qualche bravo compositore, qualche musicista talentuoso degno di nota ma, per caso, sfortuna o circostanze, il suo ricordo è evaporato come un soffio al vento, un'eco flebile svanito dalla bocca dei fiori. A pensarci ti senti quasi volare via, vedi già le tue membra candide sciogliersi in una brezza fresca, incolori e anonime. 

Qualcuno sarà anche stato più bravo di te nella musica, ma sicuramente non era un fallimento.

Sei il miglior fallimento di sempre. Sei bravo solo in questo. Forse. 

Anzi no, nemmeno. A tratti non sai nemmeno se sei qualcosa.

Dev’essere bello essere qualcosa. 

Potevi solo immaginare, come dicevano i tuoi amici con commenti sul tuo Blog, cosa si provasse nell’avere uno spirito forte, un corpo tangibile

Tua cugina c’era riuscita, perfino quell’irascibile di tuo cugino. Tutti e due, per strade diverse, avevano provato desideri così forti da riempirsi di determinazione. Quel sentimento che fa nascere, che tiene in vita, che può perfino resuscitare i morti. 

Ma tu avevi l’anima piena solo di nulla. Vuota, sapevi bene che il suo colore non fosse rosso scarlatto, verde o viola. Bianco, forse, ma di quel bianco un po’ spento, a malapena visibile. Neanche eri sicuro di avercela un’anima. 

A che serve, se non puoi farci nulla.

Dev’essere bello fare qualcosa.

In effetti – e lo capisti solo successivamente – qualcosa di buono, nel tuo piccolo, potevi anche averlo fatto. 
Rimanere nei pressi della tua patetica casa – a fare schifo come al solito, ma a fare qualcosa – ti aveva dato una tiepida soddisfazione. 

È bello ricevere visite. 


 

 
[1] Citazione dal film "Hero": "sotto uno stesso cielo"
   
 
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