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Autore: Vikkio92    18/06/2009    11 recensioni
Remake in prosa del Capitolo 513 (Manga) e dell' Episodio 405 (Anime).
Mi sono concentrato particolarmente sull'interiorità di Rufy =)
Hope you'll enjoy it ^^
"やめろ..."
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccola premessa: sappiate che amo talmente tanto One Piece, da aver sofferto a scrivere ogni riga: quindi, nel caso vi sia piaciuta, siete anche avvertiti del fatto che, su One Piece, non scriverò mai più nulla di così tragico e deprimente. One Piece è solare, divertente, emozionante, riesce sempre a sorprenderti e questo piccolo episodio non è altro che una eccezione alla regola. Quindi non ce ne saranno più di simili (anche perché l’ho scritta tutta d’un fiato, senza rileggerla, e non sono certo sia leggibile :P).

Per quanto riguarda la FF nel particolare, invece, volevo solamente dire che è liberamente tratta da un’idea di Ffamran, che ringrazio, e che va intesa come un ampliamento in prosa del capitolo 513 del manga, il cui titolo provvisorio può venire interpretato come “Non sono riuscito a salvare...”. Ho qui deciso di intitolarla “Fermati...” per riprendere le parole più importanti del capitolo, ripetute anche nell’episodio dell’anime.

Ultimo appunto, ho cercato di giocare molto sulla velocità e sul ritmo dell’azione, quindi sulla velocità e di conseguenza l’estremo dolore della scomparsa dei Nakama, mentre la lentezza e il dolore ancor più terribile, in quanto lento e gelido, che prova Rufy nel vederli svanire tutti. Mi auguro ve ne rendiate conto, fatemi sapere quello che ne pensate!! Hope you’ll enjoy it! ^^


Fermati...

Un alito di vento, un po’ di polvere che si solleva dal suolo: tutto ciò che rimaneva di Zoro.

Fu da quel momento che Rufy non avvertì più nulla. Le urla di Nami, il grido strozzato di Robin, i ruggiti di Chopper, trasformatosi in mostro, i pugni di frustrazione scagliati al suolo da Sanji, il cozzare delle lame di Rayleigh e Kizaru: tutto svanito, insieme allo spadaccino.

Il mondo circostante gli appariva muto, ovattato, immobile, e lui si sentiva svuotato di ogni sensazione, estraneo a tutto e tutti. Non voleva pensare, non voleva reimmergersi in quella realtà terribile, gelida da mozzargli il fiato, non voleva costringersi ad ammettere il proprio fallimento.

Quel lieve tocco di Kuma era riuscito a distruggere ogni sua sicurezza, ogni sua certezza.

Aveva sempre creduto di poter difendere tutti i suoi compagni, di poterli salvare da ogni pericolo, grazie alla sua forza e alla sua determinazione. O forse lo aveva sempre sperato: le rare volte in cui, di notte, il Capitano si svegliava di soprassalto, sulla sua amaca, madido di sudore, tremante e terrorizzato, nessuno poteva immaginare che cosa fosse capace di sconvolgere anche lui, Rufy, il ragazzo di gomma tanto sicuro di sé, Ambizioso, determinato, sempre sorridente e pronto ad affrontare qualunque difficoltà.

Nessuno poteva immaginare che l’unico incubo capace di terrorizzare il futuro Re dei Pirati fosse proprio quello che stava vivendo su quell’Arcipelago: l’incapacità di salvare i propri Nakama, vederli sparire, ad uno ad uno, inerte. Era una frustrazione, una sofferenza, un dolore tanto lancinante, da far scorrere calde lacrime persino sul suo volto.

Eppure, c’era ancora una speranza a cui aggrapparsi, una speranza che aveva sette nomi e sette volti, una speranza alla quale lui, in quanto Capitano, non avrebbe permesso di morire.

Usopp, Sanji, Nami, Chopper, Robin, Franky, Brook. Quei volti, quei sorrisi, quelle voci, gli rimbombavano ossessivamente nella testa, insieme ad una singola frase, ad una sola espressione di volontà, per la realizzazione della quale avrebbe rinunciato alla propria vita, persino al sogno di diventare Re dei Pirati.

“Non perderò anche voi. Non perderò anche voi. Non perderò anche voi non perderò anche voi non perderò anche voi non-perderò-anche-voi!!!!!!!!!!”

Decise di riscuotersi dal torpore dovuto allo shock della scomparsa di Zoro: si mise difficoltosamente in piedi e sbatté rapidamente le palpebre, cercando di riprendere cognizione di ciò che accadeva attorno a lui.

Improvvisamente, un lampo di luce richiamò la sua attenzione. Lentamente, con i riflessi ancora un poco ritardati, storditi dallo stupore e dal rammarico, si voltò verso la fonte di quella luce abbagliante: il Kuma senza cuscinetti stava caricando un altro dei suoi raggi di luce, puntandolo verso Usopp.

Rufy non ebbe nemmeno il tempo di muoversi, che in un attimo anche quello era svanito: il Kuma vero, quello con le mani dotate di cuscinetti, aveva fatto svanire, allo stesso modo di Zoro, anche il robot a lui identico in tutto e per tutto.

Ma ora si trovava a pochi metri da Usopp, Brook e Sanji.

Scappare, occorreva scappare a tutti i costi, mettere al sicuro i suoi Nakama: questo l’unico, frenetico pensiero che attanagliava ora la sua mente con una forza allarmante. Scappare, dovevano scappare, senza voltarsi indietro, dovevano mettersi al sicuro, perché erano i suoi Nakama e non sarebbe riuscito a perdonarsi di non averli potuti salvare. Con una voce che non gli apparteneva, trasfigurata dall’ansia e dall’angoscia, diede l’ordine.

Aveva la tachicardia, voleva solamente vederli tutti al sicuro e non sapeva trovare una via di fuga: pura disperazione. Era terrorizzato al pensiero di poterli perdere, non riusciva a smettere di tremare, e si rendeva conto, ormai sempre di più, di quanto si stava rivelando inutile il suo aiuto.

Durò solo pochi, eterni istanti: il Capitano non era riuscito a far altro che alzare un braccio nella loro direzione, come per afferrarli e cercare di metterli al sicuro, che erano scomparsi tutti e tre.

Brook venne spazzato via in un attimo, mentre tentava di far guadagnare tempo ai suoi Nakama; Usopp, terrorizzato, mentre tentava inutilmente di difendersi dal lento, inesorabile incedere del cyborg; Sanji, al culmine della disperazione, mentre sferrava un calcio contro lo Shichibukai.

Franky e Nami sarebbero stati i prossimi. A questo pensiero, alla vista dell’enorme membro dei Sette ergersi minaccioso sulla Navigatrice e sul Carpentiere, agì d’istinto: entrò in Gear Second, le orecchie che gli fischiavano per la rabbia e la frustrazione, sorde alle urla che Robin rivolgeva probabilmente a lui. Scagliò contro l’orso un Jet Pistol, per distrarlo dai suoi Nakama, con una forza che la rabbia ed il dolore amplificavano esponenzialmente.

Il colpo venne deviato dal cuscinetto carnoso dello Shichibukai, e lui si ritrovò sbalzato lontano, trascinato dal suo stesso braccio allungato, lontano da quei compagni che non poté proteggere: Franky era svanito prima ancora che il suo Capitano potesse riaprire gli occhi; Nami lanciò uno sguardo carico di disperazione verso gli occhi neri, profondissimi del ragazzo di gomma, implorando il suo aiuto.

Ma anche per lei non ci fu niente da fare.

Il sangue nelle vene di Rufy cominciò a ribollire ancor più velocemente che con il Gear Second: stavano sparendo tutti, uno dopo l’altro, sotto i suoi occhi, e lui non poteva farci niente, NIENTE!!

Si scagliò contro Kuma in un ultimo, disperato impeto di rabbia e disperazione. Lo Shichibukai, tuttavia, si era già teletrasportato e, fatto sparire persino Chopper in versione mostro, camminava lentamente alla volta di Robin, l’ultima Nakama che gli era rimasta.

やめろ...

Fermati...

やめろ...

Fermati...

やめろ...

Fermati...

やめろ...

Fermati...

“TI PREGO, SMETTILA!!!!” Urlò Rufy, in lacrime, con tutto il fiato che aveva in corpo, gettandosi verso l’Archeologa, deciso ad afferrarla e ad impedire che anche quell’ultima amica gli fosse strappata via.

Fu questione di un istante: il Capitano si lanciò verso la compagna, allungò il braccio per afferrarla, e, ancora a mezz’aria, incrociò lo sguardo spaventato di lei, lei che stava pronunciando il suo nome, quasi a voler chiedere il suo aiuto.

Ma anche quella era già scomparsa.

Rufy cadde in ginocchio.

Gli erano stati portati via tutti.

Sotto i suoi occhi.

Non aveva potuto fare nulla per aiutarli.

Era un’idea troppo crudele, troppo terribile per poterla pensare senza che persino lui, il futuro Re dei Pirati, si mettesse a piangere, disperato.

Era un dolore troppo lancinante, troppo tremendo, troppo insopportabile, perché non desiderasse morire, perché non desiderasse che tutto avesse finalmente un termine.

“NON SONO RIUSCITO A SALVARE... NEMMENO UNO DEI MIEI COMPAGNI!!!!!” gridò sbattendo violentemente la testa contro il suolo.

Voleva solo gridare, ferirsi per la propria debolezza, per l’incapacità che aveva dimostrato, per non essere stato in grado di svolgere il suo ruolo di Capitano.

Per averli delusi tutti.

Mentre si contorceva e si dibatteva al suolo, schiacciato dal peso di quei pensieri, distrutto nel corpo e nella mente, non poté fare a meno di chiedersi se forse non fosse stato troppo Ambizioso e avventato, se i suoi Nakama non fossero spariti per colpa sua, se non li avesse perduti a causa della propria incoscienza.

Se fosse degno di diventare il Re dei Pirati.

“Forse non...” “...questo è un addio”

*POFF*


FINE

P.S.: questa One - Shot è conclusa e, come vi dicevo, non ne scriverò altre di tipo “malinconico” su One Piece, perché appunto non è un manga triste. Però, se vi fa piacere, posso scriverne una nuova, sequel di questa, magari di più capitoli, in cui Rufy riesce a trovare il coraggio di rialzarsi e recupera tutti i suoi Nakama!! =)
  
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