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Autore: lost in books    08/09/2017    1 recensioni
Una maga dal misterioso passato, un giovane con una missione, un re assetato di potere. Le loro vite si intrecceranno mentre un'antica minaccia incombe sul loro mondo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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28
 
5 anni prima
 
“Sol vince” la voce allegra di Lucien risuonò per la stanza in cui si trovava in compagnia della sua tutrice, sconfitta per l’ennesima volta al gioco preferito dal principe, lux et tenebris.
Il gioco si svolgeva su una scacchiera dove si trovavano da un lato delle pedine avorio raffiguranti i guardiani della luce e dall’altro delle pedine nere raffiguranti gli adepti di Umbra e i loro alleati. Il gioco era stato creato molto tempo addietro, prima ancora della nascita di Iliana, e voleva rappresentare l’importante evento storico della prima guerra tra i due gruppi rivali, quando l’Oscurità aveva minacciato per la prima volta il loro mondo, dopo la scomparsa degli dei.
Alla fine di una partita si usava proclamare la vittoria di una delle due divinità, Sol o Umbra, invece che dell’esercito specifico, ed era chiaro quale fosse il lato più popolare fra i due. Per decidere quale delle due fazioni muovere durante una partita di solito si lanciava una moneta per decretare chi avrebbe avuto le pedine chiare e chi quelle scure e risolvere le dispute; invece quando Lucien ed Iliana giocavano erano soliti alternarsi a turno nell’uso delle pedine o Iliana faceva scegliere al suo allievo quale lato preferisse. Lucien prediligeva le pedine chiare.
“Ormai sei diventato troppo bravo in questo gioco. E dire che ti ho insegnato io le regole” sbuffò la maga.
“Non è vero. Riesci ancora a battermi…ogni tanto” provò a consolarla il principe.
“Non fare il modesto. Lo sai, mille anni fa ho giocato a lux et tenebris con una persona molto brava a questo gioco. Una sua particolarità era che sceglieva sempre di giocare dal lato di Umbra. Lei ti sarebbe piaciuta e sarebbe di certo stata una sfida avvincente. Mi chiedo chi la avrebbe avuta vinta fra di voi?”
La maga sembrò assorta nella ricerca di una possibile risposta al suo quesito e Lucien decise di restare in silenzio, limitandosi ad osservarla.
Capitava ogni tanto che la donna tornasse con la mente ai ricordi del suo passato ma Lucien aveva capito che era meglio non interrompere il flusso dei suoi pensieri in casi come quello. Era sempre stato curioso della vita della sua tutrice ma in quei momenti, se le chiedeva di raccontargli qualcosa di più, aveva riscontrato come la donna si chiudesse in se stessa e si rattristasse. Le occasioni in cui poteva domandarle del suo passato erano altre ma non poteva fare a meno di chiedersi chi fosse stata quella persona e se fosse stata importante per lei. Avrebbe voluto sapere tutto sulla maga per aiutarla a stare meglio, a lasciarsi il passato alle spalle, ma lei per prima sembrava non volere una cosa del genere. Era come se volesse rimanere nel passato per quanto la facesse soffrire, come se si considerasse un’intrusa in quel tempo, mentre Lucien in cuor suo, per quanto sapesse che era un pensiero egoista, non avrebbe mai potuto ringraziare abbastanza il fatto che la donna fosse stata maledetta, altrimenti non l’avrebbe mai incontrata.
“Lucien, tutto bene?” la voce di Iliana lo riportò alla realtà. Alla fine anche lui si era perso nei suoi pensieri; “ti eri incantato” ridacchiò la maga per poi tornare improvvisamente seria “Sei preoccupato per quello che sta succedendo tra Anthemis e Rafflesia?”
L’argomento tirato in causa dalla donna lo riportò completamente alla realtà. Era per distrarsi dalla situazione precaria in cui si trovava il suo regno che aveva chiesto alla sua tutrice di giocare qualche partita. Negli ultimi due anni il regno di Rafflesia aveva mostrato il suo lato peggiore, conquistando regni e distruggendo chiunque si mettesse sul suo cammino. Il padre di Lucien aveva passato tutto quel tempo a cercare di mediare con i  suoi sovrani e finalmente loro avevano acconsentito ad un incontro formale in un luogo neutrale. Suo padre era partito con la sua scorta da qualche giorno ormai e il giovane principe era preoccupato che potesse succedergli qualcosa, che sua madre avesse ragione e che non ci fosse altra via se non la guerra.
“Non è niente. Oggi voglio solo divertirmi un po’. È da parecchio che non passiamo del tempo assieme” le rispose.
Era vero. Ultimamente si era allontanato dalla donna di sua iniziativa. Temeva il suo giudizio, in fondo lui stesso era spaventato da quanto fosse cambiato negli ultimi due anni. Non voleva che la maschera che ora portava quando era in sua presenza, il Lucien allegro e felice, svanisse lasciandolo inerte sotto lo sguardo della sua tutrice, ma allo stesso tempo non voleva lasciarla andare, aveva bisogno di lei, non poteva perderla.
“Ora devo andare. Mio padre ha lasciato il regno nelle mie mani dopotutto e ho parecchie scartoffie da firmare” Lucien si alzò dalla comoda sedia sulla quale era seduto e, rivolto un sorriso alla donna, uscì dalla stanza.
Iliana, rimasta sola, cominciò a rimettere a posto le pedine. Aveva quasi fatto, mancava solo il re bianco ma, una volta presolo in mano, si fermò. Qualcosa stava turbando il suo allievo e non era solo per via di Rafflesia. Doveva fare qualcosa.
 
La stanza di Iliana al castello era stata spoglia per mesi dopo il suo arrivo. Era stato il principe a convincerla a renderla più vivace un giorno, semplicemente entrando nella sua stanza con un vaso di fiori in mano, quasi più grande di lui all’epoca. Ricordava di essere scoppiata a ridere per la scena comica e di come Lucien le avesse sorriso contento per essere riuscito in quell’impresa. Da allora ne avevano passate tante e nella sua stanza non erano mai mancati fiori freschi e profumati. Con il tempo si erano aggiunti oggetti di vario genere per i suoi esperimenti e libri a volontà, così tanti da riempire un’ intera parete della stanza su cui era stata piazzata un’enorme libreria.
Stava cercando di leggere ma continuava ad essere impensierita dall’atteggiamento del principe. Era sicura che le stesse nascondendo qualcosa e, anche se aveva sperato che lui si aprisse con lei nell’ultimo periodo come aveva sempre fatto, non era stato così. Richiuse il libro di scatto e le sfuggì un breve grido frustrato di cui si pentì subito dopo. Sperò di non aver attirato inutilmente l’attenzione delle guardie un’altra volta, probabilmente non ne potevano più di lei e del suo sbraitare quando il suo umore si alterava.
Dopo qualche minuto e nessuna guardia in vista decise di uscire dalla sua stanza e di andare a cercare il principe. Ora ne aveva avuto abbastanza, se lui non voleva dirle cosa non andava, allora glielo avrebbe chiesto lei di persona.
Non era nella sala del trono e neanche nella sua stanza o in biblioteca. Lo trovò infine nella sala in cui si allenava nell’uso delle armi al coperto. Al suo interno c’erano armi di ogni tipo, tutte tenute con la massima cura e assicurate negli appositi spazi ai muri della stanza.
Nel suo centro si stavano affrontando due ragazzi: uno era Lucien mentre l’atro era un amico con cui era solito allenarsi, un valido avversario.
Lucien era cresciuto molto nell’ultimo anno e spiccava in altezza sul suo avversario, dalla statura nella media.
Rimase ad osservare lo scontro amichevole per un po’, non se la sentì di interromperli mentre erano così assorti. Le fu presto chiaro che, anche se non lo dava a vedere, Lucien aveva il pieno controllo sullo scontro. Il suo avversario lo stava attaccando con colpi dalla grande potenza ed aveva anche un’ottima difesa ma il modo in cui il principe lo stava guardando, lo stesso sguardo che aveva quando stava approntando una strategia durante una partita al suo gioco preferito, le fece capire che aveva calcolato ogni possibile mossa che lo avrebbe portato alla vittoria.
Dopo qualche minuto infatti il suo avversario finì a terra sconfitto, la sua arma toccò il suolo  con un tonfo. Ansimavano entrambi ma Lucien si avvicinò all’amico e gli porse una mano, sorridendogli, per aiutarlo a rialzarsi.
Quella scena scaldò il cuore di Iliana; l’animo di Lucien era sempre stato gentile e sembrava non essere cambiato in quello nonostante il tempo passato e gli avvenimenti correnti. Per un attimo pensò che forse si stava sbagliando e che si era preoccupata inutilmente, ma poi ricordò lo sguardo di Lucien qualche ora prima.
Quando l’amico si prodigò a rimettere a posto le armi usate nel combattimento, la donna si fece avanti. Doveva sapere cosa lo stesse turbando, non era solo per via di Rafflesia, di questo era certa.
“Lucien” lo chiamò, facendolo girare verso di lei di scatto.
“Ilia” il tono di voce del principe era decisamente sorpreso “Che cosa ci fai qui?” sembrava imbarazzato, come se gli importasse il fatto di non essere esattamente presentabile tutto sudato.
“Ho bisogno di parlarti”
“È proprio urgente?” Lucien si guardò, cosciente di necessitare di lavarsi.
“Non ci vorrà molto” Iliana aveva paura che se lo avesse lasciato andare ora avrebbe perso l’occasione, visti i tanti impegni del ragazzo e quanto poco riuscivano a vedersi ultimamente. Ormai le sue lezioni non erano praticamente più necessarie.
“Se ti preoccupa il fatto di farti vedere coperto di sudore, sappi che non mi dà fastidio” continuò.
La sua voleva essere una battuta per metterlo in imbarazzo, ma il principe, dopo essere arrossito più di quanto si era aspettata, sembrò incupirsi.
“Lucien?”
“Va bene” si riprese lui “di cosa volevi parlarmi?” aveva un sorriso tirato sulla faccia, come se sorriderle fosse uno sforzo per lui. Non lo era mai stato.
“Riguarda il discorso di questa mattina. Qualcosa ti preoccupa e non è solo per via di Rafflesia. A me puoi dirlo, lo sai che sono qui per te, vero?”
Il principe la guardò intensamente e rispose “Non è niente. Te lo giuro, sono solo pieno di impegni, nient’altro. Sto bene”
Di nuovo quel sorriso, falso.
“Non mentirmi. È da tempo che mi nascondi qualcosa, da parecchio tempo prima che tuo padre partisse”. Ora sì che si stava arrabbiando.
“Ilia, io…” negli occhi di Lucien si accese improvvisamente la paura “Attenta!”
Il principe la prese per un braccio e la spostò bruscamente di lato facendola cadere al suolo.
Quando lei alzò gli occhi da terra si accorse dell’assurda scena ora di fronte a lei.
Quello che doveva essere un amico per il principe ora lo stava attaccando, e non si trattava più di uno scontro amichevole.
Lucien, schivando i colpi dell’avversario, riuscì a farsi strada rapidamente fino alle armi appese su uno dei muri della stanza e a recuperare una spada.
Lo sguardo calcolatore che aveva prima era tornato ma c’era qualcosa di diverso, era più freddo.
Questa volta lo scontro durò solo qualche secondo, Lucien si mosse più velocemente rispetto alla sessione precedente, stupendo l’avversario con delle mosse che prima non aveva usato o dato segno di conoscere.
Disarmato e con una lama alla gola, l’avversario si arrese, ma nei suoi occhi si poteva leggere un’immensa rabbia.
“Sapevo che eri una spia. Stavo solo aspettando una tua mossa” disse glaciale il principe.
“Maledetto, tu e tutta Anthemis. Rafflesia vi farà vedere di cosa siamo capaci, tutti i regni cadranno al nostro cospetto”
“Lo vedremo” la voce di Lucien era sprezzante, piena di odio “pensavi davvero di potermi uccidere a quel modo? Che fossi così stupido da distrarmi tanto facilmente?” poi guardò a terra, nel punto dove prima si trovava Iliana e lei fece altrettanto.
Lì una pozza scura si stava spandendo sul pavimento “No, tu volevi due cose. Uccidere me e mettere fuori gioco la mia tutrice. Cosa volevi farne di lei? Quali sono i tuoi ordini, parla!” urlò talmente forte che delle guardie, sentendolo, si riversarono nella stanza.
“Guardie, portate questa spia nelle prigioni” ordinò.
“Siete in gamba, principe Lucien. Avevate capito tutto e tenuto le vostre mosse migliori segrete” disse il giovane prima di essere portato via “ma questo non fermerà il mio regno. Ci sarà sempre qualcuno mandato per distruggervi!”
La porta si rischiuse dietro le guardie e la spia.
La spada che Lucien stava ancora tenendo in mano cadde a terra rumorosamente.
Il principe si fece strada verso la maga ancora a terra, la preoccupazione evidente “Ilia, stai bene? Non ti ha colpita con quel liquido, vero?”
La aiutò ad alzarsi, lentamente, le sue mani non lasciarono quelle di lei per tutto il tempo e poi si spostarono sulle sue braccia. Sembrava quasi che fosse lui quello ad avere bisogno di sostegno, la presa delle sue mani tremolante.
“Sto bene Lucien” solo allora lui mollò la presa.  
D’un tratto la preoccupazione svanì dal suo volto e ricompose in fretta la maschera che ormai portava quasi sempre in sua presenza, e dietro la quale si nascondeva.
“Ilia, devo…”
“Andare, lo so” finì lei per lui “parleremo dopo. Intanto analizzerò il liquido”
“Grazie” sorrise lui e uscì dalla stanza, con la donna già intenta a raccogliere un campione della sostanza sul pavimento.
La spia era stata una sciocca. A Lucien non sarebbe importato molto se lo avesse ferito ma quello che non poteva sopportare era il fatto che avesse cercato di fare del male a Iliana. Non lo poteva tollerare, avrebbe pagato per quello.
 
Le analisi fatte da Iliana sul campione di liquido rivelarono quello che in cuor suo aveva già immaginato: era la stessa sostanza usata dall’assassino due anni prima e che l’aveva messa fuori combattimento.
Il risultato non era confortante. Controllò e ricontrollò l’esito delle sue analisi china sui suoi strumenti, non voleva crederci. Era la conferma che Rafflesia fosse l’artefice anche dell’attentato alla vita del principe di due anni prima, ma non solo. Ora sapeva che chi voleva uccidere Lucien in realtà aveva un ulteriore motivo dietro all’attacco. Voleva anche lei.
Portò una mano ai capelli, frustrata dalla scoperta, e le sue dita sfiorarono la forcina che si era messa per tenere le ciocche ribelli lontane dai suoi occhi e lavorare meglio, quella che le aveva regalato Lucien.
Non era passato molto tempo da allora, ma la distanza che si era creata fra lei e il principe era aumentata di giorno in giorno, così lentamente che non se era accorta fino a che non era stato  troppo tardi. Ricordava di come era eccitato quel giorno alla remota possibilità di incontrare Florian; invece, dopo la sua breve convalescenza Lucien non aveva più accennato all’idea.
Aveva pian piano ridotto il tempo dedicato alle loro lezioni teoriche e dato più spazio a quelle con il maestro d’armi dicendole che non voleva mai più trovarsi impreparato. Inizialmente aveva chiesto anche a lei più lezioni pratiche su come affrontare gli attacchi magici al meglio ma, per qualche motivo a lei ignoto, dopo qualche mese aveva ridotto anche il tempo dedicato a quello.
Sembrava quasi non ci fosse più bisogno della sua presenza a corte, il tempo che trascorreva con il principe, in quell’ultimo e delicato periodo, era dedicato ad incontri amichevoli per lo più con lo scopo di svagarlo e confortarlo.
Ma anche in quei casi Lucien, come quel giorno, non si tratteneva mai troppo. Sì, era felice di vederla, questo le era evidente e lo stesso valeva per lei, visto che i giorni spensierati che avevano trascorso assieme le mancavano, però nel giro di poco tempo sembrava rattristarsi o impensierirsi. Era turbato ma per qualche motivo non voleva aprirsi con lei, che avrebbe fatto tutto quello che le era possibile per aiutarlo, se solo glielo avesse permesso.
Le sue dita si chiusero sulla forcina e sospirò. Il sole era da poco scomparso all’orizzonte per dare spazio alla luna.
Risoluta,  guardandosi allo specchio, rimise a posto la forcina sui capelli e andò alla ricerca di Lucien per comunicargli ciò che aveva scoperto. Ormai doveva aver finito ciò che doveva fare. Era sicura che si fosse recato dalla spia ma non pensava fosse riuscito a ricavare qualche informazione; Lucien non aveva mai preso in considerazione la tortura preferendo il dialogo, pacifista come suo padre. Era una delle cose che apprezzava di più del suo carattere. Era sicura che la rabbia mostrata prima fosse dovuta alla preoccupazione e nient’altro.
Vista l’ora decise di provare a cercarlo nella sua stanza, sperando di trovarlo lì.
Giunta a destinazione, dopo aver percorso i lunghi corridoi che separavano la sua stanza da quella del principe, bussò alla sua porta. I rumori provenienti dall’interno le fecero capire che aveva fatto centro. Nel giro di qualche secondo la porta si aprì, rivelando un Lucien dall’aria molto stanca. Aveva ancora addosso i vestiti in cui lo aveva visto prima ma la sua camicia aveva qualche bottone slacciato e i suoi capelli erano bagnati.
“Scusami se ti ho disturbato. Ti stavi rinfrescando?” gli chiese.
“Non preoccuparti” rispose lui, troppo stanco anche per rivolgerle quel falso sorriso che si era abituata a vedere.
“Pensavo avessi intenzione di lavarti…”
“Per via di quello che è successo prima ora mi sono rimaste delle cose da fare quindi ho solo il tempo per una rinfrescata, ma se hai bisogno di parlarmi sono tutto orecchi”
“Posso entrare?” tentò lei.
Lucien sembrò pensarci su, era da un po’ che lei non entrava più lì, cosa che prima faceva spesso e ora così distante da lei.
“Certo” Lucien si scostò dalla porta per farla passare per poi richiuderla una volta che lei fu  entrata.
La stanza non era cambiata molto dall’ultima volta: c’erano il suo letto rifatto, la scrivania di solito in ordine ora coperta di fogli e libri, alcuni aperti e altri no, la sedia scostata. Il rumore che aveva sentito da fuori doveva essere stato per via dello spostamento della sedia.
“Allora, cosa volevi dirmi?” domandò con voce stanca, sedendosi sul letto.
Iliana restò in piedi “Ho analizzato la sostanza” fece una pausa, non sapeva come dirgli quello che aveva scoperto senza farlo preoccupare troppo, ma aveva il dovere morale di dirglielo. Lui la stava fissando, aspettando che lei continuasse, e reggere il suo sguardo si fece così difficile che la donna dovette distogliere il suo e fissare il pavimento.
“Ilia? Che hai scoperto?” ora la voce del principe era agitata, lo sentì rialzarsi in piedi.
Lei sospirò e lo guardò dritto negli occhi quando gli disse “Era la stessa sostanza che mi ha messa fuori gioco due anni fa”
Non serviva altro, lui non era una stupido. Lo vide mettere assieme i pezzi in suo possesso, realizzare che Rafflesia era dietro ad entrambi gli attacchi, che se era così allora suo padre era in pericolo più di quanto già si aspettasse.
“Lucien” Iliana si fece strada verso di lui “tuo padre ha portato con sé i migliori cavalieri di Anthemis, non gli succederà niente. Per quanto speri sempre nel meglio non è uno sciocco ed è preparato all’eventualità di un attacco”
“Lo so bene. Mio padre era cosciente di un possibile inganno ma non poteva lasciar perdere questa opportunità di dialogo. Far finire questa guerra insensata è più importante”
“Sei un bravo ragazzo” gli disse con voce dolce poggiandogli una mano sulla guancia.
Lucien sfuggì al contatto voltando la testa di lato, come se il suo tocco lo avesse scottato, Iliana lesse qualcosa di simile al senso di colpa nei suoi occhi.
Stava per chiedergli una spiegazione quando notò qualcosa sul colletto della camicia del principe, qualcosa che la fece raggelare.
“Che cos’è questo?” la sua mano fu più veloce di una qualsiasi reazione del principe e andò a chiudersi sul colletto, dove si trovava una macchia rossa, come di sangue.
Forse si stava sbagliando, doveva sbagliarsi, Lucien non avrebbe mai fatto quello che stava pensando. Non avrebbe ferito o peggio ucciso nessuno se non in una situazione di vita o di morte. Ma la paura che lesse sul volto del suo allievo, la paura di essere stato colto sul fatto, le confermò il suo timore più grande.
“Che cosa hai fatto? Che ne è della spia?” era incredula, non poteva essere. Sentì le gambe cederle e si ritrovò a fare dei passi indietro distanziandosi dal principe.
Lucien da parte sua rimase immobile. La donna colse l’incredulità e la paura sul volto del principe, così come erano comparse, mutare per lasciare spazio alla calma più assoluta.
“Ha avuto ciò che meritava” la sua voce era salda, senza alcun rimorso. I suoi occhi fissi in quelli della sua tutrice.
“Dimmi che non è vero…” in un attimo Lucien fu di nuovo accanto a lei ma non disse nulla, non si stava rimangiando niente.
“No, tu non sei così. Perché l’hai fatto?”
“Ha cercato di farti del male”
“Lo sai che non posso morire!”
“Non posso vederti soffrire!” se la voce della maga era quasi un grido, quella del principe era un urlo disperato che la zittì all’istante “Non lo sopporto” ora la sua voce era un sussurro.
“Ciò non ti scusa da quello che hai fatto. Che cosa ti è successo?” lei cominciò ad avvicinare una mano al volto del principe ma si bloccò. Le parole che Lucien aveva appena pronunciato, che non poteva vederla soffrire, la fermarono. Era sembrato così disperato, così diverso dal bambino che aveva protetto e cresciuto per anni.
Fu Lucien ad afferrare la sua mano e portarla al suo volto, poggiandola sulla sua guancia e trattenendola lì con la sua.
“Non sono più un bambino Ilia” la voce del principe era stanca ma risoluta, sembrava sfinito, come chi ha lottato a lungo ma alla fine aveva ceduto “quando sei rimasta ferita per proteggermi ho giurato a me stesso che non avrei mai più permesso a nessuno di cogliermi impreparato. Era ciò che mi serviva per svegliarmi e capire che il mondo non è tutto rose e fiori. Che a volte è necessario fare cose spiacevoli per proteggere chi è importante per me”,
la presa sulla mano della donna si fece più stretta.
“Non sono più un bambino” ribadì lui come se volesse assicurarsi che lei avesse chiaro il concetto “e farei qualsiasi cosa per proteggerti, qualsiasi cosa”
La sincerità e risolutezza delle parole del principe la scioccarono, non riusciva a muoversi.
Lo sguardo di Lucien si addolcì di colpo e con la mano libera toccò la forcina sui capelli della donna prima di chiederle “Quanti anni avevi quando sei stata maledetta?”
Non era la prima volta che glielo chiedeva ma questa volta le ci volle un po’ di tempo per ritrovare la parola “Ventun anni”
“Fra cinque anni dimostreremo la stessa età” la mano del principe lentamente si spostò dai capelli fino al volto di lei in una carezza delicata. Era sempre più vicino.
Iliana si liberò di colpo dalla stretta del suo allievo “Devo andare”
Lo guardò come se non riconoscesse più chi aveva davanti prima di aprire la porta e andarsene.
Rimasto solo, Lucien arretrò fino ad incontrare uno dei muri della sua stanza e, in preda alla frustrazione, sbattè la testa contro di esso.
“Stupido…” disse a se stesso.
 
Arrivata nella sua stanza, Iliana si richiuse pesantemente la porta alle spalle prima di crollare a terra, le gambe non la reggevano più.
No, non riusciva a credere che il bambino che aveva praticamente cresciuto fosse capace di atti come la tortura. Avrebbe capito se fosse stata difesa personale ma non quello.
Le lacrime cominciarono a scendere silenziose lungo le sue guance.
Aveva fallito. Tutto quello che aveva fatto per istruirlo alla fine non aveva impedito al suo allievo di sprofondare lentamente nell’oscurità. Aveva sperato che potesse essere diverso, che avesse una possibilità. Ma la cosa che la faceva stare più male era aver saputo dalle stesse parole del principe che ciò che lo aveva spronato a cambiare fosse stata lei, il volerla proteggere.
Se Lucien era cambiato era solo colpa sua e di nessun altro, questa era la sua conclusione ed ora era troppo tardi per sistemare le cose.
Avrebbe dovuto capire tutto, in fondo ne aveva viste tante nella sua lunga vita, ma l’affetto e la totale fiducia che provava nei suoi confronti l’avevano accecata di fronte a ciò che ora era chiaro davanti a lei e lo era sempre stato.
Forse era lei che non aveva voluto vedere, che non aveva voluto credere che potesse essere come gli altri, come lei stessa. Se c’era qualcosa che il suo viaggio di mille anni fa le aveva insegnato era che tutti avevano un lato oscuro e che prima o poi veniva a galla.
Lucien aveva cercato di nasconderlo, per non farla soffrire, e lei ci era cascata. Trovò la cosa ironica e non riuscì a trattenere una risata isterica che ora si era unita alle sue lacrime. Era stata una vera sciocca.
Un tintinnio la riportò al presente. Seguendo il rumore i suoi occhi si posarono sulla forcina che ora era a terra. Le era scivolata dai capelli. Con mani incerte la raccolse e il ricordo del giorno in cui le era stata regalata le ritornò in mente come se fosse successo solo il giorno prima.
La giornata al villaggio, il regalo, l’attacco e le parole di Lucien quando si era ripresa.
Non permetterò più a nessuno di farti del male, te lo prometto. Diventerò più forte e sarò io quello a proteggerti.
Era stato allora che era cambiato, allora che avrebbe dovuto dare ascolto al suo istinto e impedire che Lucien si trasformasse a quel modo.
In quegli ultimi due anni era anche cambiato il modo in cui lui la guardava. All’inizio aveva pensato che fosse perché ormai stava crescendo e non avesse più bisogno di lei ma poi, quando lui la aveva cercata, non aveva potuto fare a meno di notare il suo sguardo, quello di chi aveva un disperato bisogno di lei ma allo stesso tempo doveva starle lontano.
L’ultima cosa che le aveva chiesto quel giorno, quanti anni avesse avuto all’epoca della maledizione, era diventata una domanda sempre più frequente, una fissazione per il principe.
Non sono più un bambino Ilia.
Il modo in cui l’aveva guardata prima, come era prima sfuggito al suo tocco e poi aveva afferrato la sua mano, le sue parole, era quasi come se lui fosse…no, non poteva essere, sarebbe stato tutto troppo assurdo.
Una delle sue lacrime si infranse sulla forcina che teneva in mano.
La situazione era degenerata troppo e, per quanto le spezzasse il cuore, sapeva che c’era solo una cosa che poteva fare per risolverla. Solo lei, che era la causa del problema, poteva fare qualcosa. Richiuse le mani sulla forcina e se le portò al petto. Ormai aveva deciso, non c’era altra soluzione. Si alzò lentamente in piedi e raggiunse la scrivania quando qualcuno bussò alla sua porta.
 
Era passato un giorno dall’ultima volta che Lucien aveva visto Iliana e la notte precedente per lui era stata un incubo. Dopo aver finito di assolvere ai suoi doveri, cosa che gli richiese più tempo del previsto a causa del suo stato emotivo, aveva dovuto lottare contro se stesso. Una parte di lui voleva andare dalla maga, parlare con lei e cercare di riappacificarsi, mentre l’altra, più ragionevole, era consapevole che la donna avesse bisogno di spazio. Alla fine aveva vinto la ragione. Aveva decisamente perso il controllo prima con lei e probabilmente rovinato il loro rapporto, e c’era il rischio che peggiorasse solo le cose. Però, quando aveva provato a chiudere gli occhi, il sonno non era voluto arrivare e solo dopo delle ore crollò per sfinimento, ma c’era sempre lei nella sua mente, anche nei suoi sogni.
Quando si era svegliato si era ritrovato sommerso da mille cose da fare, e parlare con la maga era stato impossibile.
Era ormai giunta la sera e Lucien stava perdendo la pazienza. Voleva parlare con Iliana, doveva, o sarebbe impazzito. I momenti che passava con lei erano diventati per lui sia una gioia che una tortura, ma non poteva farne a meno, lei era una delle sole due persone che gli impediva di impazzire in quel periodo in cui tutto era cambiato per lui. Vedere che cosa Rafflesia, senza rimorso alcuno, fosse capace di fare gli aveva fatto capire quanto si fosse illuso a credere nel suo sogno di un mondo migliore. Ormai solo suo padre, l’altra persona che gli facesse mantenere i piedi per terra, era l’unico a credere in quel sogno e per cui era disposto a tutto. Suo padre, l’idealista.
Finì di apporre la sua firma sull’ennesimo documento per poi decidere che ne aveva avuto abbastanza per quel giorno, qualunque cosa fosse successa.
Non fece in tempo ad alzarsi dalla sedia che una guardia bussò alla porta dello studio in cui stava lavorando e gli chiese di seguirlo.
Lo sguardo dell’uomo gli fece capire che avrebbe preferito trovarsi da qualsiasi altra parte tranne che in sua presenza; non faceva presagire nulla di buono e non poté fare a meno di pensare che fosse successo qualcosa di molto brutto.
Fu quando la guardia lo scortò alla sala del trono e gli aprì le pesanti porte che ebbe conferma dei suoi timori.
All’interno si trovavano sua madre la regina, austera come sempre, e alcuni dei cavalieri che avevano scortato suo padre all’incontro, molti dei quali mostravano ferite più o meno gravi, e lì, proprio al centro della sala, su una bara di legno chiaro, c’era il cadavere di un uomo. Aveva capelli chiarissimi e la sua pelle diafana mostrava i segni della sua età, i suoi occhi erano chiusi. Era suo padre.
“No…” si avvicinò incredulo a ciò che rimaneva del padre. Ora che lo vedeva meglio, se non per il pallore della pelle, sembrava fosse solo addormentato. Era vestito di tutto punto come se fosse pronto per una grande occasione.
“Padre” sfiorò la mano del re con la sua. Era fredda come il ghiaccio, non stava dormendo. Era tutto vero.
Arretrò di colpo, scuotendo la testa. No, non poteva accettarlo, non doveva succedere, non potevano portarglielo via in quel modo. Era un uomo troppo buono per morire così, non era giusto. Voleva solo creare un mondo in cui regnasse la pace.
Corse di scatto verso le porte e le spalancò con forza.
“Lucien!” cercò di fermarlo sua madre, ma fu tutto inutile perché lui stava già correndo verso l’unica persona rimastagli che lo avesse mai compreso. Aveva bisogno di lei.
La strada fino alla sua stanza gli parve infinita, come se i corridoi del castello fossero diventati improvvisamente quelli di un labirinto, ma finalmente raggiunse la porta che cercava.
Cominciò a bussare ma dopo non aver ricevuto alcuna risposta lo fece con più insistenza, disperato.
“Ilia, ti prego apri. Ho bisogno di parlarti…ho bisogno di te”, ancora nessuna risposta “ti prego”, la sua voce ora un sussurro carico di disperazione. Ma nonostante lui la pregasse, lei non dava segno di volerlo far entrare. Distrutto, poggiò la testa sul legno della porta, ormai prossimo alle lacrime, trattenute fino a quel momento, quando per poco non cadde in avanti. La porta era aperta, lo era stata per tutto il tempo, o meglio era stata chiusa malamente.
All’interno lei non c’era, solo dei libri e i mobili a ricordare la sua presenza.
“Ilia?”
Strano, a quell’ora era quasi sempre nella sua stanza. Stava per andarsene quando un luccichio attirò la sua attenzione.
Sulla scrivania si trovava un oggetto a lui familiare, visto che era stato lui a regalarglielo.
Si avvicinò e notò che la forcina era appoggiata sopra un foglietto di carta.
Scattò in avanti e lo afferrò con mani tremanti spostando di lato l’ornamento che lo teneva fermo.
Sul foglio c’erano poche parole ma lo ferirono più di una lama in pieno petto.
Mi dispiace. Addio, Iliana
Il foglio gli scivolò via dalle mani e lui cadde sulle ginocchia ma non provò alcun dolore fisico, quello del suo cuore andato in mille pezzi era stato fin troppo.
Era finita, l’aveva persa, li aveva persi entrambi.
Un grido a metà tra la rabbia e la disperazione uscì dalle sue labbra. Si alzò e, in preda alla frustrazione, gettò a terra i libri che si trovavano sulla scrivania. I suoi occhi ricaddero sulla forcina, il suo regalo che lei aveva abbandonato, così come aveva fatto con lui.
La raccolse e stava per lanciarla con forza contro il muro quando si fermò. Non ci riusciva, non poteva distruggere quell’oggetto. Era l’unica cosa che gli era rimasta che li unisse. Abbassò lentamente il braccio, il pugno ancora stretto sulle forcina.
“Lucien, ecco dov’eri finito” era la voce di sua madre.
Si sforzò di guardarla; non sembrava una donna in lutto, non sembrava provare niente.
“Se stai cercando quella donna sappi che non è più qui. Quando mi è giunta la notizia della morte di tuo padre l’ho sollevata dall’incarico. I suoi servigi non sono più richiesti. Mi sono liberata di lei finalmente”
Le parole della madre furono come sale sulle ferite del suo animo. Sapeva che la donna non aveva mai visto di buon occhio la sua tutrice, ma adesso aveva esagerato.
La regina Isadora si avvicinò al figlio e gli poggiò le mani sulle spalle, guardandolo con rimprovero “Adesso ricomponiti. Sei un re ora e devi comportarti come tale”
La donna poi lasciò la stanza senza chiudere la porta.
Lucien si voltò verso la scrivania, la schiena rivolta all’ingresso. Sul muro, più in alto rispetto ad essa, c’era un’ampia finestra da cui poteva ammirare la luna piena alta nel cielo.
Si chinò a terra e raccolse il foglio con la mano libera per poi stringerla a pugno, accartocciandolo.
Ilia se ne era andata e non sarebbe tornata, ne era certo. Non aveva più nessuno a sostenerlo veramente.
La rabbia di poco prima improvvisamente si tramutò in un sentimento nuovo a cui non riusciva a dare un nome, ma sapeva quello che doveva fare.
Sulla soglia si fece avanti la sagoma di un uomo incappucciato dalle vesti nere, la bocca incrinata in un ghigno compiaciuto.
 
Erano passati giorni ormai dalla morte del re di Anthemis. La notizia della sua morte aveva rattristato tutti gli abitanti del regno, era stato un sovrano molto amato. Il giorno del funerale l’intero regno era in lutto. Il racconto da parte dei sopravvissuti di ciò che era successo durante quello che doveva essere un incontro tra lui ed i sovrani di Rafflesia non stupì Lucien.
I cavalieri gli avevano raccontato di come inizialmente tutto fosse sembrato tranquillo, che fosse possibile negoziare, per la gioia di suo padre. Ma poi le cose erano cambiate e le vere intenzioni di Rafflesia erano venute a galla. Avevano soltanto illuso suo padre, quando in realtà stavano preparando un attacco alle sue spalle. Quello che i cavalieri di scorta ancora in vita non si sarebbero mai perdonati era il fatto di non essersi accorti di niente, se non quando era stato ormai troppo tardi. Erano uomini addestrati a tutto, Lucien lo sapeva, quindi Rafflesia doveva avere dalla sua un alleato potente, qualcuno in grado di creare anche sostanze in grado di mettere fuori gioco un’eroina leggendaria.
Dal giorno del funerale del padre, Lucien, appena incoronato, si era comportato come un re modello, proprio come sua madre voleva. Era compiaciuta per il suo operato, stava facendo esattamente tutto quello che lei desiderava da lui, ma la minaccia di Rafflesia era sempre più incombente e sua madre sempre più irrequieta.
Quella sera Lucien aveva chiesto alla madre di cenare assieme, come una famiglia, e lei aveva accettato. Per lei un ulteriore occasione di convincerlo una volta per tutte allo scontro vero e proprio.
Il novello re aveva fatto allestire una cena sontuosa solo per loro due. Aveva scelto i migliori ornamenti per la tavola, i fiori adorati da sua madre come centro tavola, la tovaglia del colore che lei preferiva e perfino le portate e le bevande che aveva richiesto erano ciò che più apprezzava.
“Ammetto che non mi aspettavo tutto questo” esordì la madre dopo diversi minuti di silenzio in cui i soli rumori erano stati quelli delle posate sui piatti.
“Volevo passare del tempo con voi madre, siamo rimasti soli e non voglio che tra noi ci siano inutili incomprensioni”
“Sono contenta di sentirtelo dire. Ti sei comportato bene finora” il sorriso compiaciuto sulle labbra della regina si trasformò in qualcosa di simile a velato disgusto “non come tuo padre. Lo sai, quando mi sono sposata non pensavo sarebbe finita così. Ero giovane e trovavo tuo padre una persona interessante ma credevo avrebbe abbandonato i suoi ideali irrealizzabili” il suo sguardo si fece triste “Se solo fossi riuscita a convincerlo…ormai è inutile piangere sul latte versato, non credi?”
La malinconia nel volto di sua madre lo stupì. Anche lei aveva un cuore, per quanto lo nascondesse.
“Propongo un brindisi” disse il giovane re “A noi e ad un nuovo inizio”
“Ad un nuovo inizio” fece eco la madre e seguì il tintinnio dei loro bicchieri.
Ciò su cui si concentrò poi la donna fu la necessità di contrastare il loro nemico con la forza e Lucien la ascoltò, non interruppe le sue parole. Si vedeva quanto ciò le facesse piacere, le sue parole interrotte solo da occasionali colpi di tosse.
“Vi sentite bene, madre?” chiese Lucien quando la tosse si fece più insistente.
“Forse tutte le emozioni degli ultimi giorni mi hanno fatto male. Dovrei riposare” il suo colorito era più pallido del solito.
“Ma certo, madre” Lucien si alzò e sua madre fece altrettanto ma non mosse più di qualche passo prima che le sue gambe cedettero. Suo figlio era lì, pronto per sorreggerla. La donna portò il suo fazzoletto alla bocca in preda alla tosse e quando l’attacco si affievolì e guardò il fazzoletto i suoi occhi si fecero glaciali. Il bianco immacolato era ora macchiato di rosso scarlatto.
“Dovevo aspettarmelo” si sforzò di dire lei, la fatica evidente.
“Sapete madre, avevate ragione su una cosa. Non c’è altra via se non la guerra” la guardò serio negli occhi “Ma non posso accettare il modo in cui avete trattato Ilia”
La regina rise, seppure con molta difficoltà, la rabbia a stento trattenuta “Non volevo che lo venissi a sapere, volevo proteggerti dal dolore di sapere” la tosse fermò le sue parole “…ti ho detto di averla allontanata ma in realtà è stata lei a decidere di andarsene. Quando sono andata a parlare con lei aveva già preso la sua decisione. È stata una delle poche volte in cui siamo state d’accordo su qualcosa” rise sprezzante “È stata lei ad andarsene!”
La donna non disse altro, non poteva. Il suo stesso sangue la stava soffocando, i suoi occhi sempre più vacui. Si stava spegnendo tra le braccia del figlio, lentamente. Ormai prossima al suo ultimo respiro, Lucien decise di rivolgerle la parola un’ultima volta anche se non era certo che l’avrebbe sentito.
“Lo so, madre. Addio” gli occhi della regina si sgranarono per l’ultima volta prima che la vita la abbandonasse.
Solo allora Lucien la lasciò cadere a terra, insensibile.
Sì, lo sapeva che la sua tutrice se ne era andata di sua iniziativa perché era stata colpa sua e delle sue parole se lei aveva preso quella decisione, solo sua. L’aveva persa.
Per anni aveva tenuto nascosto ciò che provava nel suo cuore. Se era cambiato lo aveva fatto per lei, per proteggerla, ma quello che le aveva tenuto nascosto l’aveva disgustata ed era scappata prima di potergli dare la possibilità di spiegarsi. Il loro ultimo incontro aveva solo peggiorato le cose.
“Vedo che la cena è finita”
Lucien si voltò in direzione della voce, dove era comparso un uomo incappucciato “Il veleno che vi ho dato ha agito velocemente”
“Darcel” il re si fece strada verso l’uomo e, gettando una breve occhiata al corpo senza vita della madre, disse “non eravate amici? Non provi alcun rimorso?”
“Voi eravate suo figlio” Lucien non disse nulla “e poi non mi era più di alcun utilità. Come da accordi, ora sono ai vostri ordini, sire” Darcel si inchinò lentamente al cospetto del sovrano.
“Tornando al discorso di qualche giorno fa” disse il re avvicinando il volto a quello dell’uomo, nessun sentimento a trasparire sul suo volto “Lo so che l’alleato di Rafflesia sei sempre stato tu”
Darcel sorrise “Non mi aspettavo niente di meno da voi, mio signore. Lo ammetto, ho lavorato per quel regno per anni. Ma come vi ho già detto, i miei alleati si sono rivelati degli inetti, capaci di andare avanti solo grazie a me ed i miei uomini. Quello di cui ho bisogno è un alleato forte e capace. Qualcuno come voi”
Darcel era un approfittatore. Poco male, era quello che voleva fare anche lui. Usare il mago ed i suoi uomini a suo favore.
“Per prima cosa distruggeremo i tuoi vecchi alleati. Prepara i tuoi uomini, io penserò al resto”
“Come desiderate, mio signore” Darcel uscì dalla stanza.
Lucien realizzò che il corpo della regina era ancora a terra. Avrebbe dovuto provare qualcosa: rimorso, tristezza, qualsiasi tipo di emozione. Ma non riusciva a sentire più niente, non da quando Ilia se ne era andata. Il suo cuore era ridotto ad una landa desolata.
Quel giorno in cui lei lo aveva lasciato, un piano aveva preso forma nella sua testa. Avrebbe ottenuto tutto ciò che voleva, a qualunque costo, e soprattutto si sarebbe ripreso Iliana.
 
 
 

Salve a tutti, qui lost in books.
Per prima cosa mi scuso per averci messo più tempo del solito. Dalla prossima settimana dovrei avere più tempo libero.
Credo che questo sia il capitolo più lungo finora ed anche complicato da scrivere.
Nel capitolo successivo si torna al presente ed alla battaglia incombente.
Alla prossima!
 
 
   
 
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