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Autore: Lilithan    09/09/2017    1 recensioni
Non sono mai stata una scrittrice, ma essendo una lettrice accanita ho sempre desiderato poter dar vita ad una storia tutta mia. Proverò a mettere su 'carta' le mie idee contorte. Spero sia leggibile. Io vi ho avvisati.
Lilian non vive una vita facile. Come nessuno, del resto. Oppressa dal padre ma sostenuta dalla madre, della cugina e da pochi amici, va avanti con la vita, frequenta il liceo scientifico della sua città e passa il tempo libero a leggere e disegnare, oltre che a correre. Ma un giorno qualcosa cambia la sua vita radicalmente. Tutto ciò che ha di più caro le viene strappato via senza che lei possa fare niente per impedirlo. E quando una setta irrompe nella sua scuola durante l'assemblea di fine anno, minacciando sua cugina e i suoi amici, la vera natura di Lilian viene fuori. Ma questa trasformazione che stavolgerà ciò che rimane della sua vita, sarà un bene per lei e per il mondo? Lo scoprirà solo strada facendo.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
Capitoli:
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Il giorno dopo il funerale pioveva.
Deprimente, per essere il 16 maggio.
Non per Lilian.
Aveva sistemato il letto proprio sotto la finestra, ammirava i lampi e ascoltava i tuoni, come in trance. Ne era sempre stata incantata. Energia pura, che si ricongiungeva alla terra. Amava l’odore della pioggia, della terra umida. Ricordava di una volta, in cui suo fratello dovette prenderla di forza per portarla dentro casa durante un temporale. Era, infatti, rimasta sotto la pioggia, senza impermeabile, a guardare il cielo plumbeo quasi senza sentire la pioggia scorrerle addosso. Aveva appena 5 anni. Era un ricordo prezioso per Lily, come se fosse il primo ricordo del cielo.
Lilian distolse lo sguardo dalla finestra e lo posò sui suoi libri, ammucchiati sulla vecchia scrivania di Alice. I suoi zii le avevano sistemato la mansarda come stanza temporanea. Le avevano portato una cassettiera per gli abiti, la scrivania, il letto e un piccolo comodino. Dalla visita nella sua vecchia casa, ormai svuotata e messa in vendita, la ragazza aveva portato con sé il suo vecchio pc, i suoi libri, i suoi vestiti e gli album di famiglia. Aveva poi preso e nascosto il profumo preferito di sua madre. Riempiva sempre la casa. Lilian aveva sempre amato l’odore della vaniglia, ma sua madre preferiva la lavanda. Ogni volta che si abbracciavano, i loro profumi si mischiavano. 
Per Lily, l’affetto aveva il profumo di vaniglia e lavanda.
 
Quel pomeriggio, vennero a trovarla Edvige e Lorenzo. Alice li accompagnò in mansarda, ma non rimase con loro. La ragazza sembrava non riuscire a sopportare di stare nella stessa stanza della cugina per più di un’ora. Dopo il suo arrivo dall’ospedale, il letto di Lilian era stato sistemato in camera con Alice, ma le pochi notti in cui Lily riusciva a prendere sonno, si svegliava urlando, spaventandola a morte.
I due zii allora sistemarono la ragazza in mansarda, con il sollievo di entrambe le ragazze. Alice non sapeva come comportarsi, si sentiva intimorita perché vedeva sua cugina assente, fuori di sé. A volte, prima che dimettessero Lily dall’ospedale, Alice si domandava come potesse sentirsi sua cugina, cosa si potesse provare in una situazione simile. Con stizza, a volte pensava che avrebbe reagito diversamente, che avrebbe cercato di andare avanti con la sua vita. Altre volte, quando vedeva gli occhi vuoti della cugina, si sentiva una stupida per quei pensieri. Anche se continuava a farli.
Dal canto suo, Lilian non dava tanto peso a quello che gli altri facevano o davano l’impressione di pensare. La notte fissava il cielo cercando di non addormentarsi e passava le giornate a guardare i suoi parenti vivere.
Si sentiva come se non avesse più un legame col proprio corpo, come se avesse un vetro davanti a sè e potesse solo stare a guardare. Aveva già provato questo tipo di sensazione, soprattutto a scuola perché veniva spesso ignorata, ma in quei momenti avvertiva l’ampliarsi della parete di vetro.
Quando Edvige e Lorenzo entrarono in mansarda, trovarono la loro amica supina, con lo sguardo rivolto alla finestra che si trovava sul tetto. Alice li lasciò e chiuse la porta. Lilian girò la testa. Sperava in una visita, dopotutto. Eddy le si buttò addosso, non riuscendo a trattenersi, stringendola forte. Sulle prime, Lily la guardò solamente, come se non sapesse che fare. Erano rare questo tipo di manifestazioni d’affetto da parte di Eddy. Di solito era lei ad abbracciarla.
Riuscì ad alzare le braccia e a ricambiare l’abbraccio. Guardò poi il suo amico, come bloccato davanti alla porta, con gli occhi lucidi e l’espressione confusa.
‘Beh, che aspetti?’ disse Lily in tono rude ma con una sfumatura di scherno.
Mentre Enzo si univa all’abbraccio, la ragazza pensò che fosse normale per gli esseri umani condividere il dolore con gesti del genere. Un tratto caratteristico della nostra specie, l’empatia.
Dopo cinque minuti buoni Lily sentì di averne abbastanza e, con tutta la gentilezza di cui era capace in quel momento, allontanò la sua amica mettendola seduta sul letto. Vi si sedette anche Enzo, subito dietro a Eddy. 
‘Ci sei mancata, Lily’ esordì il ragazzo ‘non puoi immaginare quanto. Tutto quello che è successo è terribile, assolutamente terribile.’
‘Lo so’ rispose la ragazza ‘e… mi dispiace di avervi mandati via in ospedale. So che siete venuti svariate volte.’
‘Immaginavo che non volessi vedere nessuno’ intervenne Eddy ‘credevo che ci avresti ricevuti quando saresti stata pronta. Non immagini la paura che ho provato quando ho saputo…’ Le si spezzò la voce e distolse lo sguardo.
Qualcosa in fondo a Lilian diede segni di vita. Quella parte di lei che amava profondamente i suoi due amici era ancora viva e cercava di risollevarsi dalle ceneri che restavano del suo cuore. Ma non aveva niente da biasimarsi. D'altronde, metà di lei era stata seppellita appena il giorno prima.
‘Mi dispiace, ma io non…’
‘Tranquilla’
‘Pensavi che non avremmo capito?’ esclamò Eddy ‘Non potremo mai capire fino in fondo, ma sappiamo come sei e abbiamo immaginato la tua reazione. Ma mi.. cioè ci sei mancata moltissimo.’
La ragazza, non sapendo che dire, sopraffatta da diverse emozioni che credeva di non poter più provare, buttò fuori la prima domanda che le venne in mente.
‘Come vanno le cose a scuola?’
Rispose Lorenzo: ‘Sono rimasti tutti scossi. Hanno iniziato a bombardarci di domande, anche i professori, perché nessuno era riuscito a rintracciarti. E da molto che non apri Facebook, vero?’
‘Veramente no, non ci ho proprio pensato.’
‘Come darti torto, ma hai almeno aperto uno dei tuoi libri?’ chiese la sua amica, guardandola con gli occhi verdi e grandi. Sapeva che per Lilian leggere era come respirare.
‘Non ne ho avuto il coraggio, Eddy. Forse è lo stesso motivo per cui ho rifiutato di vedervi o di aprire internet.’
‘Allora’ ricominciò Enzo ‘ visto che siamo qui, che ne dici di aprire la tua pagina? Ci siamo noi con te.’
Non molto convita, Lily ci pensò un po’ ma alla fine si alzandò per prendere il pc. Tornata al letto, si fece spazio tra i suoi due amici e, insieme, aprirono Google Crome.
Lilian si ritrovò Facebook ostruito da notifiche e messaggi. I messaggi provenivano dai suoi compagni di classe e di scuola, da alcuni amici di suo fratello e sua madre che conosceva anche lei e da diversi suoi concittadini. I contenuti erano gli stessi dei post, tra condoglianze, pezzi di poesie, incoraggiamenti a non mollare ecc. Idem nei post sul profilo.
Guardare quelle parole, tutte uguali nella loro diversa formulazione, così superficiali e senza sentimenti, divenne insopportabile per Lilian che chiuse il pc, lo poggiò sulla scrivania e iniziò a camminare per la stanza, avanti e indietro. Era insolitamente inquieta. Sentiva le mani e i piedi formicolare, i muscoli bruciare di aspettativa. Avvertì come una specie di claustrofobia. Doveva uscire da lì, il prima possibile. O sarebbe scoppiata. Ne aveva abbastanza della pietà di chiunque.
Si girò a guardare i suoi migliori amici, la sua seconda famiglia, mormorando delle scuse, per poi fiondarsi giù per le scale, fuori dalla porta, abbracciata dalla pioggia e dal vento.
 
Iniziò a correre. Era vagamente consapevole del fatto che fosse a piedi nudi, ma non le importava più di tanto. Sentire i piedi  liberi sull’asfalto e sulla terra nuda, per quanto doloroso potesse essere, le fece accelerare il passo. Senza rendersene conto, si ritrovò davanti a casa sua. Si fermò a guardarla, a guardare il tetto spiovente, le finestre della sua camera e di quella di Mark, il cartello della vendita. Sentiva gli occhi bruciare, ma venne distratta da un suono insolito. Una specie di lamento, come di un bambino che piange, quasi completamente coperto dal suono della pioggia. Cacciò indietro le lacrime che minacciavano di uscire e si avvicinò alla fonte del rumore. A qualche passo da lei, stava un piccolo gattino nero. Non poteva avere più di tre mesi. Era fradicio, tutto tremiti e miagolii.
Appena consapevole dei suoi movimenti, la ragazza di avvicinò al gattino e fece per allungare una mano. Il gattino non si mosse e si fece accarezzare la testa continuando a tremare. Era davvero piccolino. Alzò gli occhi verso Lily. Erano di un blu intenso tipico del mare in tempesta, quasi violacei, proprio strani per un gatto.
‘Ehi, piccolino, ti va di essere solo insieme a me?’ disse la ragazza, prendendo l’animale tra le mani. Questo, si accoccolò tra le braccia di Lily, senza smettere di miagolare. Questa, riprese a correre, ma più lentamente. Arrivò sulla collinetta e si gettò ai piedi del salice. La pioggia divenne più leggera e, riparata dal suo albero preferito, tirò fuori il gattino dalla felpa. Aveva smesso di miagolare e la osservava curioso. Lilian pensò che aveva uno sguardo quasi troppo intenso per essere un gatto. Vide le sue pupille dilatarsi. Poi questo spiccò un balzo diretto verso il petto di Lily. Usò le unghie per arrampicarsi sulla sua maglietta, mentre la ragazza allungava le mani per prenderlo, sorpresa più che spaventata, ma quando lo ebbe tra le mani, questo le mise le zampe sulle guance, continuando a fissarla, miagolando ogni tanto. Lilian non capiva cosa cavolo gli fosse preso. Forse aveva scambiato il suo naso per un pesce. Aveva il naso che somigliava a un pesce? Non ci aveva mai pensato.
Ma che stava pensando? Non credeva possibile di potersi abbandonare ancora a pensieri stupidi e strani. I pensieri che facevano sempre ridere sua madre.
 Il micio mosse le orecchie, sfuggì alla presa di Lily per nascondersi dentro il cappuccio della sua felpa. La ragazza non ebbe nemmeno il tempo di formulare un pensiero di senso compiuto, perché qualcuno stava scostando i rami del salice per avvicinarsi al tronco.
‘Lilian.’
‘…Andrea.’
‘Cosa ci fai qui?’ dissero all’unisono. Il gattino miagolò, spuntando dal cappuccio e appoggiandosi alla spalla di Lilian.
‘Quello è un gatto?’
‘Già’
‘E’ tuo?’
‘Credo di sì’ disse la ragazza, sfiorando il muso del piccolo essere ‘Come mai sei fuori, con questo tempo?’
‘Potrei farti la stessa domanda.’
‘Io… avevo bisogno di aria.’
‘Ma stava diluviando fino a pochi minuti fa’
‘Quindi?’
Il ragazzo fece spallucce, ignorando la domanda, per poi appoggiarsi al tronco dell’albero senza però sedersi.
‘Sapevo che saresti venuta, prima o poi. O almeno, ci speravo.’
‘Perché?’
‘Ero preoccupato. Per te.’
‘Non avevi motivo di esserlo. Ci conosciamo a malapena.’
 ‘E invece lo ero. Dopotutto, ci conosciamo da diversi anni’
‘Poco. Ci conosciamo poco da pochi anni’
‘Niente a cui non si possa rimediare’ rispose sedendosi accanto a lei.
‘So cosa provi.’
Stranamente, quelle parole sembrarono rimbombare nella testa di Lilian.
‘Non puoi.’
‘Posso. Anch’io ho perso i miei genitori.’
‘Cosa?’
‘Mia madre… contrasse un brutta malattia durante uno dei suoi viaggi di lavoro.’ Iniziò a raccontare il ragazzo, con lo sguardo perso. ‘Mio padre sperava potesse guarire, in qualche modo. Partirono, alla ricerca di una cura. Non tornarono. L’aereo precipitò al loro ritorno. Avevo 9 anni. Mia sorella si prese cura di me. Si era sposata da poco, andai a vivere con lei e mio cognato.’
‘Non ne sapevo niente, mi dispiace.’ Rispose la ragazza, in parte scioccata dalla rivelazione in parte come rinfrancata. Non era l’unica a sentirsi persa, a quanto pare.
‘Non dispiacerti, non è colpa di nessuno. Forse questa è la cosa peggiore. Non poter dare la colpa a nessuno.’
‘Sei riuscito a riprenderti?’
Andrea la guardò. ‘No, non è possibile riprendersi. Mi dispiace dirtelo.’
‘L’avevo immaginato. Sapevo che non avrei mai più potuto guardare le cose come una volta.’
Per quanto si sforzasse, però non riuscì ad aprirsi più di così al ragazzo.  Per lei era già un gran passo avanti riuscire a parlare senza piangere.
‘Posso dirti che ci si abitua. Al dolore. Inizierai a non farci più tanto caso, ma a volte ti colpirà alle spalle, quando meno te lo aspetti. E non potrai farci niente. L’importante è avere accanto le persone giuste.’
‘Non credo di volere gente intorno.’
‘Lo dici adesso, ma capirai che ti sbagli. Sono sicuro che lo farai in fretta. Sei una persona incredibilmente forte.’
‘Grazie’ rispose la ragazza, distogliendo lo sguardo.
Era imbarazzo quello che sentiva?
Il ragazzo allora prese tra le dita una ciocca di capelli di Lilian. Erano fradici e odoravano di pioggia. Iniziò a girarseli tra le dita.
Calò il silenzio. Ma era un silenzio particolare, di chi non aveva bisogno di parlare per esprimersi perché l’uno conosceva i pensieri dell’altra. Non che Lilian fosse sicura di quello che pensava Andrea. Al momento riusciva solo a sentire il calore che emanava, quasi fosse febbricitante. Era anche troppo consapevole della sua presenza accanto a lei. Tutto quello che i due ragazzi sentivano era l’odore della pioggia misto a vaniglia e a muschio.
I loro sguardi si scontrarono e si legarono. Andrea sembrava leggerle dentro e Lilian non aveva mai pensato di poter vedere uno sguardo simile, pieno quasi fino a scoppiare. Le borse violacee facevano risaltare il colore ambrato degli occhi di lui, reso particolarmente scuro dal tempo.
Nessuno dei due seppe quanto tempo fosse passato, forse un secondo, forse un’ora.
Andrea venne distratto dal suo cellulare, che prese a vibrare furiosamente. Quando il ragazzo vide il nome guardò la ragazza accanto a lui e rispose. ‘Pronto, Edvige?’
Lilian trasalì. Aveva lasciato i suoi amici, senza un motivo apparente, a casa dei suoi zii. Eddy l’avrebbe uccisa.
‘E’ qui con me, tranquilla. Te la passo’
Non proprio sicura, Lily prese il cellulare e lo portò all’orecchio. Silenzio.
‘Eddy…’
‘Tu! Brutta perfida lurida schifosa scarafaggi.. scarafaggia!’ fu la strillante risposta dell’amica, che non solo citò Harry Potter e il prigioniero di Azkaban quasi alla perfezione, lo fece pure con la giusta intonazione, così alta da costringere Lilian ad allontanare il cellulare dall’orecchio.
‘Mi dispiace Eddy, non so cosa mi sia preso.’
‘Non è per quello, scema! Non puoi scappare così e poi farti trovare con lui. Non posso più essere arrabbiata con te! Menomale che sono riuscita ad inventare una scusa decente per i tuoi zii. Gli ho detto che sentivi il bisogno di andare a correre, dopo tanto tempo. Se la sono bevuta. Io e Lory ce ne siamo andati.’
Il ragazzo in questione disse in sottofondo ‘Sappi che non te la caverai così facilmente, donna.’
‘Esatto’ continuò Eddy. ‘Ho un’altra notizia. Ti ho preso il cambio e lo spazzolino, stasera dormi da me.’
Sorpresa, sulle prime Lilian protestò, dicendole che non doveva disturbarsi tanto.
‘Sciocchezze. Me lo devi proprio. Quindi quando hai finito di fare la piccioncina, vieni direttamente a casa mia. A dopo.’
Riattaccò senza aspettare una risposta. Lilian allora alzò gli occhi su Andrea e lo vide trattenere le risate.
‘Scusa’ disse ‘ma hai cambiato colore così tante volte mentre eri al telefono che non sono riuscito a trattenermi, ahahahah.’
Mentre la sua pelle provava una nuova tonalità di bordeaux, con tono saccente la ragazza ribatté.
‘Fidati, avresti fatto di peggio, se fossi stato al mio posto. Eddy sa essere davvero terribile.’
‘L’ho notato anche a scuola.’
‘Già.’
Tornò il silenzio.
La ragazza allora fece per alzarsi, ma il suo compagno la trattenne.
‘Devi proprio andare?’
‘Non voglio far aspettare troppo Eddy.’
‘Oh, allora, in questo caso, ti andrebbe se... si, insomma, se ti accompagnassi?’
Era la prima volta che Lily lo vedeva in difficoltà, come se fosse in imbarazzo. Possibile?
Distrattamente e con aria non curante, la ragazza acconsentì e insieme si incamminarono giù per la collina.
‘Ma sei senza scarpe, Lilian?’
‘Mm si, non si vede?
‘Sai che la strada è piena di cocci di vetro?’
‘Ci starò attenta, che vuoi che faccia.’
Il ragazzo rise. ‘ Che ne dici, vorresti un passaggio sulle mie spalle?’
‘Cosa? Tu sei matto.’
‘Tutti i migliori lo sono. Avanti, o pensi di non avere il coraggio?’ chiese il ragazzo, con un ghigno stampato in viso e con lo sguardo di sfida.
Lilian rispose allo sguardo che altrettanta foga. ‘Se proprio ci tieni. Solo, non metterti a correre, non vorrei che il gattino cadesse.’
‘Ah si, giusto. Non preoccuparti. Ti fidi di me?’
‘Sono ancora in dubbio, non hai esattamente l’aria affidabile.’ Riuscì a scherzare. Il ragazzo rise per poi abbassarsi un poco, dando così a Lilian la possibilità di saltare e aggrapparsi al corpo di lui. La ragazza allacciò gambe e braccia rispettivamente alla vita e al collo di lui. Aveva la pelle bollente. Ma forse era colpa della pioggia. Andrea allora, cogliendo di sorpresa la ragazza, con un sorriso divertito e impertinente, partì spedito giù dalla collinetta, facendo sobbalzare Lily e il povero gattino appisolato che artigliò il cappuccio della ragazza iniziando a miagolare. Dal canto suo, anche Lilian si strinse più forte ad Andrea, e per un secondo dimenticò tutto. Esistevano solo loro due, in corsa, stretti in quella specie di abbraccio.
Entrambi i ragazzi sentirono di poter respirare.
 
Non ci misero molto ad arrivare a casa di Eddy. O meglio alla villa. La casa di Edvige era due volte la sua, anche se ci abitavano solo la sua amica e i suoi genitori. Questi  lavoravano molto, quindi difficilmente erano a casa. In quel momento sembrava deserta. Il sole stava calando. Fu la prima volta, dopo settimane, in cui Lily si sentì felice. Aveva deciso di accantonare il dolore, per un po’. Sembrò funzionare. Sembrava tutto possibile, con Andrea vicino. Lui rideva come un bambino, tendendola dalle gambe e girandosi a guardarla ogni tanto per assicurarsi che stesse bene.
Quasi controvoglia Andrea le lasciò andare le gambe e la ragazza scese dalla sua schiena. Questa stava per allontanarsi, così da ringraziarlo, ma non ne ebbe il tempo. Andrea infatti l’aveva afferrata per la vita sottile, spingendosela contro con forza, lasciandola senza fiato. La ragazza rispose all’abbraccio senza rendersene conto, tanto si sentiva confusa. Non respirava altro che lui.
Sentiva che il ragazzo aveva il fiatone, sentiva il suo cuore battere a mille. Batteva così solo per la corsa? Lilian non ne era proprio sicura. Il suo cuore d’altronde sembrava a un passo dallo scoppiare.
‘Mi dispiace’ sussurrò il ragazzo.
‘Per cosa?’
‘Non sono venuto a trovarti, mai. Non mi sono nemmeno avvicinato al funerale. Avrei dovuto farlo. Sarei dovuto venire da te anche prima, quando eri sola a scuola. Avrei potuto...’
‘Non ha senso pensarci adesso.’ Rispose la ragazza, guardandolo negli occhi. ‘Adesso sei qui, giusto?’
Andrea la guardò intensamente, diverse emozioni passarono attraverso i suoi occhi, troppo velocemente perché Lily potesse capirci qualcosa.
Non si rese conto quasi della mano che lui aveva alzato sul suo viso, per accarezzarle la guancia.
Non si accorse che la distanza tra i loro visi andava diminuendo.
Lo capì soltanto quando chiuse gli occhi.
Entrambi avevano già baciato altre persone, ma questo bacio non aveva niente a che fare con i precedenti. Andrea sembrava esitare, pensava di essere respinto, ma Lilian, ebbra di quella sensazione sconosciuta, rispose al bacio con forza, infilandogli una mano nei capelli mente con l’altra gli accarezzava il collo. Improvvisamente sembrarono prendere fuoco. Il bacio da delicato divenne quasi disperato, affamato, si respirarono a vicenda. Per un momento, mentre intrecciava la lingua a quella di lui, Lilian sentì i loro cuori, mai stati più vicini, battere all’unisono. Si sentiva viva per la prima volta dopo la morte della sua famiglia.
Andrea le passò una mano tra i capelli, mordendole contemporaneamente il labbro inferiore ma qualcosa morse lui. Il ragazzo allora si staccò di colpo, interrompendo il contatto e, sorpreso e dolorante, guardò il piccolo gatto penzolare dalla sua mano tramite i denti aguzzi. Il piccoletto non accennava a staccarsi. Lilian, dopo essersi ripresa dal bacio bruscamente interrotto, guardò il felino dondolare dalla mano del ragazzo, che guardava l’animale con una smorfia talmente buffa che la ragazza non riuscì più a trattenersi.
 
Finalmente, dopo settimane, rise. 

Nota: Scusate il ritardo, ma la ritrovata libertà mi ha tenuto molto lontana dal pc. Probabilmente d'ora in poi ci metterò più tempo a postare i capitoli, ci sto ancora lavorando. Buona lettura e buona notte :)
   
 
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