Film > Zootropolis
Segui la storia  |       
Autore: Leonhard    09/09/2017    4 recensioni
Judy si volse verso la sagoma della lontana Zootropolis. Vixen aveva detto che il cavallo era il pezzo più forte della scacchiera, Alopex aveva scelto un cavallo per guidare gli eventi: forse avevano previsto tutto, forse no, ma in fin dei conti era quasi giusto che fosse stato un cavallo a dare scacco matto e vincere la partita.
E la città, sapeva, avrebbe continuato a bruciare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il mastro burattinaio


 
Dall’alto della sua ottusità, Judy Hopps continuò a domandarsi sull’accaduto nel vicolo per buona parte della strada: come si era arrivati al punto che un piccolo branco di torelli aveva cercato di violentarla in un vicolo? Certo, nei mesi passati come poliziotta aveva sentito denunce ed aveva fatto correre la gazzella della polizia per tentati stupri, ma a distanza di un’ora ancora non sentiva nessuna sirena.

A pochi passi da lei, Jack avanzava per la città: controllava accuratamente dietro ogni angolo, tagliava per stradine laterali e più di una volta entrava in edifici per attraversare un isolato.

“La città non è più quella di una volta Hopps” rispondeva ogni volta che gli domandava il perché, come se quella semplice frase fosse la risposta più ovvia e logica. Dopo un po’ la coniglietta smise di fare domande e si concentrò sul percorso che stavano facendo: Tujunga non era lontana, appena un’ora di treno ma Jack aveva rifiutato di prendere mezzi pubblici con un tono inappellabile.

Ma anche così era semplicemente assurdo il fatto che ci volessero tre giorni per arrivarci, anche a piedi. Passarono la giornata a zampettare da un edificio all’altro, saettare attraverso i cortili ed accucciati dietro ogni possibile nascondiglio per vari minuti, infine Jack si fermò davanti ad un albergo di periferia con un sospiro.

“Qui andrà bene” disse entrando nella porta fatiscente e coperta da scritte ingiuriose verso i predatori. “Ci fermeremo qui per la notte”.

“La notte!” commentò Judy sbigottita. “Jack, dobbiamo continuare: non ho tempo da perdere”.

“Lo troverai” ringhiò lui, scoccandole un’occhiata raggelante. “Uscire di notte non va bene”.

“Guarda che non siamo in guerra” osservò.

“Sei sicura?” commentò la lepre. La spinse nella prima camera libera che trovò e chiuse la porta a doppia mandata. Controllò le finestre e tirò le tende, rendendo soffusa quella poca luce che i lampioni emettevano. Judy guardò stupita l’abbandono che regnava in quella stanza: i letti erano scalzati, i comodini rovesciati e schegge di vetro rendevano il pavimento accidentato come un letto di spine.  “Hopps…la città…”.

“…non è più quella di una volta” concluse lei stancamente voltandosi verso di lui. “Si, questo credo di averlo capito”.

“No, non hai capito nulla” sbottò Jack, improvvisamente nervoso. “Credi veramente che un branco di giovani tori che cerca di violentare una coniglietta sia una cosa così assurda?”. Si sedette sull’unica sedia presente nella stanza.

“Quanto è grave la situazione in città?” chiese lei. La lepre scosse la testa.

“Rioni” rispose. “In questo mese in cui Bogo è salito al potere la città è stata divisa in rioni: fin qui nulla di strano, dati gli effetti del vaccino”. Dondolò sulla sedia lentamente. “I predatori che cercavano di comunicare e le prede che cadevano nel panico più cieco alla loro semplice vista e so di cosa sto parlando.

“La situazione è degenerata quando ci siamo resi conto che non potevamo controllare una città divisa in due con le poche forze che avevamo: molti poliziotti erano predatori e sono stati confinati anche loro nell’altro rione. Il che vuol dire che nell’aria di competenza dei predatori c’è una tranquillità dettata dal militarismo e dal coprifuoco ferreo, mentre da questa parte imperversano le teste calde: quei tori sono stati catturati varie volte per rapina, taccheggio, molestie, aggressione e potrei andare avanti”.

“Ma Bogo!” esclamò Judy inorridita. “Bogo…il sindaco!”.

“Tutto quello che ha fatto il sindaco è stato rifare da zero le forze di polizia per poi potenziarle” disse Jack con una smorfia.

“Beh, almeno questo…” commentò lei. “Poteva far finta di nulla, mettersi al sicuro…”.

“Ha licenziato tutti i tuoi vecchi colleghi” la interruppe la lepre. “Ha messo una taglia sulla testa di Nicolas Wilde ed ha formato un comando della polizia composto da soli lupi”.

Il buonismo di Judy non trovò una giustificazione per ammettere che il suo vecchio capo agiva per il bene della comunità, come aveva sempre fatto. La cercò forsennatamente: aveva bisogno di trovarla, di dirla in tutta la sua semplicità. Aveva bisogno di sentirla per crearsi un appiglio. Le venne in mente solo una cosa.

“Howler…” mormorò.

“Howler è un poliziotto che prende il suo dovere molto seriamente” commentò Jack. “Secondo il suo metro, naturalmente”.

“Ma se…”.

“Adesso vorrei farti io una domanda, Hopps”. La voce della lepre le fece morire la frase in gola: poco male, dubitava seriamente che avesse mai avuto un senso. “Cosa speri di trovare a Tujunga?”.

“Qualcosa che mi conduca a Nick” fu la risposta automatica. Jack sospirò e scosse la testa, evidentemente esasperato.

“Quel quartiere è una giungla” commentò. “Vuoi andare a cercare una volpe dentro una giungla? Hai la minima idea di quanti nascondigli può aver trovato?”.

“Lo cercherò” replicò lei decisa.

“Ti servirebbero settimane” fu la  risposta. “Ammesso che rimanga nello stesso posto. E ammesso che ci arriveremo avremo al massimo qualche ora”.

“Ho un posto sicuro da quelle parti” disse Judy. “Una vecchia conoscenza: è un predatore, ma se sono lucidi mi riconoscerà”. Il buon vecchio Manches le aveva fatto finalmente un favore: era riuscito a farle chiudere la bocca di quella lepre. Jack la fissò per qualche secondo prima di chiederle se fosse sicura della sua affidabilità: quella domanda la percepì come retorica e non se la sentì di rispondere.

“Immagino di non avere altra scelta” borbottò infine. “Ma se vuoi che ti ci porti, devi prima vedere una cosa”. La coniglietta aggrottò un sopracciglio.

“Stai cercando di depistarmi?” chiese. “No perché sono allenata a riconoscerli”. La lepre roteò gli occhi.

“Wilde” commentò. “Chiaro…quasi banale”.

“Che vuoi dire?” commentò lei, scattando in piedi. La lepre glissò l’argomento senza farsi impressionare.

“Voglio che tu veda il municipio” disse. “Non è un depistaggio: richiede una deviazione di una ventina di minuti. Portiamo a termine un’operazione e poi ti accompagno anche alla bocca dell’inferno se è quello che vuoi. Ma per questa cosa ho bisogno di assistenza e tu sei l’unica a cui posso chiedere e, se devo essere sincero, l’unica che vorrei come spalla”.

“Che operazione?” chiese lei. Sul muso di Jack per la prima volta comparve un sorriso: gli incisivi brillarono nella penombra della stanza e gli occhi si ridussero a due fessure, piene di lucida e soddisfacente lungimiranza.

“Duplice in realtà” disse. “Una questione personale che sfocerà in un bel colpo di stato”.

“Vuoi scoperchiare Bogo?” esclamò lei scandalizzata. “La città cadrà nella più completa anarchia”. La mente di Judy, davanti a quella frase, replicò la stessa risposta della lepre, solo qualche istante prima.

“Perché questa cos’è?” commentò lui. “Poliziotti che scorrazzano per la città esercitando una giustizia personale, Bogo che maschera i propri interessi personali con opere per la sicurezza di tutti e malavita libera di circolare per le strade senza freni né ostacoli: come la chiami una cosa del genere Hopps?”.

affari, dolcezza

La coniglietta non seppe rispondere: non riuscì a trovare delle argomentazioni che giustificassero quella desolazione o che avessero il potere di far tornare Jack sulle proprie decisioni. Ma più di ogni cosa sentì, da qualche parte dentro di lei, un fremito che lei conosceva bene: l’aveva conosciuto quando si era innamorata della divisa da poliziotto, quando era partita per il campo di addestramento e quando ne era uscita; durante l’inseguimento con Donnolesi, quando le era stato finalmente affidato il primo caso e quando aveva catturato Bellwether. Senza contare tutte le volte che aveva fregato per bene una certa volpe acuta.

Era proprio quel fremito: la consapevolezza di star facendo la cosa giusta, di battersi per rendere il mondo un posto migliore. E comunque peggiore di quella Zootropolis non sarebbe mai potuto diventare.

“Come agiremo?” chiese infine, rassegnandosi all’evidente necessità di quella deviazione.

“Ho preparato l’occorrente in una stanza del palazzo davanti al municipio” rispose Jack. “Arriveremo sul posto ed aspetteremo che Bogo sia a tiro”. Judy si sentì gelare il sangue nelle vene.

“…a tiro?” mormorò. “Aspetta, non vorrai mica…”. La lepre annuì lentamente.

“Voglio eccome” ringhiò gelido. “E ti dirò di più: sono veramente impaziente”.

Per lei il quadro improvvisamente cambiò: in qualche modo aveva sospettato che si trattasse di fare quello ma la sua mente sempliciotta aveva dato per scontato che Jack non avrebbe mai osato chiederle di aiutarlo. Le orecchie si drizzarono di scatto per poi afflosciarsi mentre lei scosse lentamente la testa.

“Non puoi chiedermi di fare questo, Jack” mormorò. “Io non posso”.

“Capisco il tuo nervosismo: non hai mai ucciso nessuno” osservò la lepre. “Ma non voglio che sia tu a farlo: è una questione personale, te l’ho detto”. Sospirò e si agitò sulla sedia prima di continuare. “Tu sai già che il caso Tujunga fu insabbiato: in cambio del nostro silenzio, io ed Alopex fummo promossi ad agente segreto e capo investigatore con tutti gli onori possibili”. Storse la bocca come se quella frase avesse un sapore disgustoso. “Ti assicuro che sia io che Alopex detestammo quei nuovi incarichi dal primo secondo: lei resistette qualche mese, poi rassegnò le dimissioni e divenne un’investigatrice privata”.

“Perché avete accettato allora?” chiese Judy. “Potevate rifiutare! Potevate continuare le indagini!”.

“A che pro?” ribatté lui. “La faccenda era insabbiata, non esisteva più. Le volpi rimaste erano pochissime ed hanno mantenuto un profilo basso per evitare di attirare l’attenzione: il tuo amico Wilde non è un’eccezione”. Judy aggrottò un sopracciglio.

“Nick era…” cominciò, ma Jack la anticipò.

“…un trafficante di ghiaccioli” disse. “Aveva i favori di mr.Big: sarebbe potuto diventare uno dei più grandi criminali della storia e ci sarebbe riuscito con la sua astuzia e con quel toporagno a coprirgli le spalle. Un mammifero con questa possibilità perché dovrebbe scegliere un’attività così anonima? Era studiata così bene da essere praticamente legale: un cervello del genere figurati se non avrebbe potuto diventare un signore della malavita..

“Come ti dicevo, ha adottato un profilo basso. E per tornare al discorso di prima, non avremmo mai potuto disobbedire a quell’ordine anche se avessimo voluto”. Deglutì ancora prima di continuare. “Era un ordine impartito direttamente dal Generale attraverso la Feral Bureau of Investigation e la Central Intelligence Habitat: in poche parole, la madre di tutti gli ordini”.

“Se tutto questo è vero…” mormorò Judy, la voce ridotta ad un filo: per quanto ci provasse, proprio non riusciva ad immaginare Jack e Alopex davanti ai mammiferi più potenti del mondo. “Che cosa c’entra Bogo?”.

“Qualche indagine l’abbiamo fatta io ed Alopex” rispose la lepre. “La sorgente dell’ordine era il defunto Generale Hunk Beest, ma l’idea di insabbiare il caso è venuta da suo figlio: un giovane molto promettente allora laureando all’università di legge”.
“Suo figlio?” commentò Judy. Jack annuì con aria grave.

“Si” disse. “Bogo Beest: è stato lui ad insabbiare il caso. E per quanto riguarda Wilde…”. quest’ultima pausa fu diversa: pregna di rancore, ma unito ad una struggente pietà; lo sguardo della lepre spaziò per qualche secondo nell’aria tra i due.

Judy immaginò che lo potesse ancora vedere, con tutti i particolari che aveva descritto nel suo racconto del caso Tujunga, solo il giorno prima. Per quanto ne aveva capito, il caso era ufficialmente cessato con il ritrovamento del corpo del padre di Nick. Sentì le lacrime salire

voi coniglietti, siete così emotivi…

all’idea di un piccolo Nick Wilde davanti a due ufficiali, in attesa di sentire che il padre non sarebbe più tornato a casa; una torsione dello stomaco le strozzò sul nascere il sospetto che forse era stato più grave, che forse quel piccolo Nick Wilde aveva visto il padre ed aveva capito da solo che non sarebbe più tornato a casa. La voce di Jack, purtroppo o per fortuna, la distolse da quei pensieri.

“Suo padre è stato ucciso perché aveva scoperto qualcosa” continuò. “Ma non è stata una vittima del caso Tujunga: quella morte ha messo la parola fine alle indagini sulla scomparsa delle volpi e poche settimane dopo non ricevemmo più denunce di scomparsa. Il caso Tujunga era cessato da solo”.

“Quindi tu pensi che Bogo…” mormorò Judy, inorridita. “Abbia ucciso il padre di Nick?”. Jack scosse la testa.

“Difficilmente sapremo mai chi è l’assassino” disse. “Ma Bogo è il principale responsabile della scomparsa delle volpi: il caso Tujunga è un caso che ufficialmente non esiste e ritrovare piste, indizi e fonti ormai è impossibile”. La frase sfumò nel silenzio, ma la coniglietta capì dove quella lepre voleva andare a parare: Bogo doveva pagare.

E visto il potere di cui si era investito da solo, l’unico modo era quello.

“Io non lo approvo” sentenziò. “Non approverò mai che una vita venga stroncata: Bogo sarà processato e la giustizia farà il suo dovere”. Jack sospirò esasperato.

“Hopps, è lui la giustizia” replicò compassato. “Bogo in questo momento è giudice, giuria e boia: siamo in due contro le più grandi figure delle forze dell’ordine. Hanno insabbiato la cosa quando gli indizi erano ancora freschi: quanto pensi che ci metteranno a far tacere due conigli? E per come è diventata questa città, non ci sarà nemmeno bisogno che si sporchino le zampe”.

“Ma se…”.

“Rassegnati Hopps”. La voce non era cambiata ma una nota vibrante la zittì sul posto, sbattendole sul muso la consapevolezza che il giorno dopo Bogo sarebbe morto. In un modo o nell’altro, Jack Savage avrebbe fatto quello che voleva fare. “Io ed Alopex abbiamo ricevuto onori umilianti, occupato posti che non meritavamo ed ingoiato complimenti troppo amari per troppo tempo: Bogo è il mastro burattinaio ed io gli taglierò prima le mani e poi i fili”.



 
La gazzella della polizia sfrecciava per le strade ignorando bellamente semafori rossi, incroci e rotonde. Howler ansimava al volante, eccitato, percependo la punta della lingua sforargli ritmicamente il mento: guardava la strada vedendo la scena di qualche minuto prima. Era un loop continuo ed ogni volta che la rivedeva si sentiva esattamente nello stesso modo, percepiva le esatte sensazioni.

Le orecchie vibravano ancora per il tuono, gli occhi continuavano a vedere quel fiore rosso ed il profumo della polvere da sparo nell’abitacolo aveva lo stesso effetto di un afrodisiaco. Aveva una voglia di ululare che soverchiava qualunque altro istinto.

L’aveva fatto, il Grande Lupo gli era testimone.

Forse il giorno dopo, più probabilmente nel giro di qualche ora, ciò che era successo in quel vicolo sarebbe stato di dominio pubblico ed immaginare la reazione di tutte le forze dell’ordine non richiedeva tanto sforzo. Il minimo comune multiplo poi era talmente elementare che lo imbarazzava anche pensare ad una seconda ipotesi.

Ma era proprio quello che gli serviva per calmare il prurito. Lenirlo appena però non era sufficiente: doveva farlo sparire, almeno finché non avesse avuto tra le zampe quella tenera coniglietta a Tana dei Conigli. Quella mattina non era più riuscito ad aspettare, convinto che solo un’altra ora in compagnia di quel prurito l’avrebbe fatto impazzire del tutto.

E allora l’aveva fatto. Ed era stato bello.

Non aveva altri aggettivi per descrivere quella sensazione meglio di quanto non facessero il fiatone eccitato, le pupille dilatate e quel turgore che deformava i pantaloni: con tutta probabilità era andato in calore in quel momento e ciò che lo eccitava di più era che non avrebbe nemmeno avuto il bisogno di giustificare quella pallottola scomparsa dal caricatore della sua pistola. Judy Hopps e Nicolas Wilde erano nella sua lista destinatari ed anche se avrebbe dovuto aspettare un bel po’ prima di poterli spuntare ne sarebbe valsa sicuramente l’attesa. Girò lo specchietto retrovisore e guardò negli occhi il suo riflesso.

“Amico mio…” rantolò. “Perché non hai mai sparato contro un indifeso cucciolo di leone? Sapessi cosa ti sei perso in questi anni…”.

Inspirò profondamente gli ultimi effluvi di pirite esplosa e pestò sull’acceleratore: il motore rombò e la macchina scattò in avanti, ignorando il rosso e lo stridio dei freni dell’utilitaria che passava.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Zootropolis / Vai alla pagina dell'autore: Leonhard