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Autore: mrs konstantyn    09/09/2017    0 recensioni
"Sfruttare la forza di cui il tedesco era indubbiamente dotato rappresentava un colpo basso, che però non si era mai fatto scrupoli ad attuare. Erano entrambi ben consapevoli di come l'albino fosse in grado di sottometterlo fisicamente senza troppi sforzi; stargli vicino così a lungo avrebbe potuto portare ad una piega decisamente spiacevole, almeno per Roderich.
«Da quando sono un ragazzino? Da quando non servo più a farti divertire?» Calcò l'ultima parola con una combinazione di astio e scherno, ottenendo, come conseguenza, l'evidente indignazione dell'altro.
Deglutendo a vuoto per riprendere un contegno, il castano trovò il coraggio di controbattere.
«Lo sei sempre stato.- Sibilò a denti stretti. -E adesso lasciami.»"
[Modern!Human!AU incentrata sulla PruAus.]
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'albino sedeva rigido di fronte alla costosa scrivania di mogano, con la schiena dritta e i muscoli apparentemente congelati, i pugni stretti sulle ginocchia e il capo chino, posizione che aveva assunto sia per la profonda stanchezza, che per una malcelata vergogna nei confronti di colui che aveva davanti.
Quella stanza finemente arredata, da due ore a quella parte aveva assunto il ruolo di una prigione, dalla quale sentiva il bisogno fisico di allontanarsi prima di impazzire definitivamente. Sentiva che se si fosse messo ancora a osservare il mobilio che lo circondava pur di non alzare lo sguardo sull'austriaco, gli sarebbe venuto il voltastomaco. Eppure, la sensazione che lo teneva in pugno non era certo più piacevole della nausea: a ogni singolo respiro, la stessa aria gli graffiava la gola, apparendo pesante come mai avrebbe pensato che potesse essere; avrebbe tanto voluto incolpare quel malessere fisico del gelo che gli attanagliava lo stomaco, ma avrebbe soltanto mentito a se stesso.
Non si sentiva diverso da come sarebbe stato se lo stesso Roderich avesse le mani strette attorno al suo collo con l'intento di strangolarlo, cosa che l'altro, a dispetto della rabbia che provava nei suoi confronti, non sarebbe stato fisicamente in grado di fare. Il suo aspetto portò Gilbert a convincersi che, se egli avesse compiuto un movimento troppo rapido, si sarebbe spezzato come un ramoscello secco. La carnagione naturalmente pallida dell'uomo si era colorata di una tonalità spenta e malata, tendente al grigio, le sue guance erano spaventosamente incavate, scarne, e quegli occhi scuri e profondi, una volta simili a due ametiste, ora opachi e vuoti, privi della vita che una volta si specchiava in essi; il castano a stento sembrava in grado di reggere il suo stesso corpo sulla sedia. La consapevolezza di essere stato lui soltanto ad averlo ridotto in quello stato costituiva una straziante tortura psicologica che, ne era certo, non avrebbe mai smesso di perseguitarlo.

Una mano si abbatté senza preavviso sulla scrivania, facendo saltare Gilbert sulla sedia, dato il fragore che produsse. Il tedesco alzò finalmente il capo in un riflesso automatico, e si ritrovò costretto a posare lo sguardo su Roderich, che sedeva composto e inflessibile di fronte a lui, gli avambracci adagiati sui braccioli della sedia, la testa tenuta alta dal suo immortale orgoglio. Lo osservava immobile e impassibile, celando la sua ostilità dietro a quella stoica freddezza. Al suo fianco stava un uomo biondo, con i capelli a caschetto, gli occhi verdi, di media statura e vestito piuttosto elegantemente; avrebbe potuto avere all'incirca la loro età. Era piegato verso di lui, i denti digrignati in un'espressione furiosa, la mano ancora aperta e appoggiata sul tavolo, mentre l'altra stringeva priva di delicatezza una decina di fogli stropicciati -causa, la sua palese pazienza-. «Mi sta ascoltando, signor Beilshmidt?» Domandò retoricamente, visto che entrambi i presenti avevano notato la disattenzione dell'albino, con il suo tedesco preciso eppure non totalmente pulito, quasi come se si sforzasse a parlarlo.
"Svizzero." Pensò il giovane appena quello aprì bocca la prima volta. 

 Annuì stancamente, pronunciando un "sì" flebile e poco convincente. Quella breve replica fece andare il biondo su tutte le furie.
«Può almeno fingere di avere rispetto per il signor Edelstein, visto che è stato lei a ridurlo in questo modo? O si sta divertendo a vederlo così?- A ogni parola, la sua collera sembrava crescere, alimentata dalla stessa vista del ragazzo davanti a lui. Se fossero stati soli, convenne Gilbert, con tutta probabilità gli avrebbe messo le mani addosso.- Si sente fiero di se stesso, non è vero?» Essere accusato di provare piacere, nell'essere costretto a guardare Roderich in quello stato, faceva tremendamente male. Come se i sensi di colpa che lo tormentavano incessantemente, ogni volta che chiudesse gli occhi, sin dal giorno dell'incidente non fossero abbastanza. Avrebbe voluto dire tutto questo per far tacere l'uomo, ma le parole gli morirono in gola.

«Vash, adesso smettila.- Gli intimò l'austriaco, calmo ma ugualmente intransigente, precedendo quelle con un gesto secco della mano. -Basta così.» Seppure la sua voce fosse poco più di un sussurro esausto, lo svizzero smise immediatamente di inveire contro il tedesco. Quasi imbarazzato dall'aver perso le staffe, strinse i pugni e tornò a sedersi, riprendendo la discussione principale, dopo aver compiuto un paio di respiri profondi per tornare in sé, da dove l'aveva interrotta.
 «Lei è consapevole di aver causato un danno permanente al mio cliente?- Gilbert disse di sì, senza alcun tipo di emozione, come aveva fatto le altre tre volte in cui l'avvocato gli aveva posto quella domanda. - Niente potrà ripagare ciò che lei ha portato via al signor Edelstein, ma le abbiamo proposto ugualmente una cifra simbolica come risarcimento. E sa bene che non siamo disposti a negoziare.»
Prossimo a raggiungere il limite della sopportazione, il tedesco tentò con tutte le sue forze di mantenere un contegno diplomatico, sospirando rassegnato alla sua condizione. «Vi ho già detto che non posso pagarla.» Gilbert aveva un'assicurazione sugli infortuni, che però non sarebbe mai stata in grado di rendergli l'intera cifra richiesta dal legale di Roderich. Avrebbe potuto ritirare ogni suo risparmio custodito in banca, vendere la sua macchina o farsi pignorare fino all'ultimo degli oggetti che possedeva e non sarebbe comunque riuscito a pagare il risarcimento.  Per un ragazzo che lavorava in una caffetteria, semplicemente possedere una simile somma rappresentava un'autentica utopia. 
Vash assunse un'aria noncurante, che lo rese, agli occhi del tedesco, quasi più detestabile di quando gli stava sbraitando contro. «Non ci interessa. È ciò che il giudice ha stabilito, quindi non può fare altro che rispettarlo. Faccia un'ipoteca sulla casa, se attualmente non possiede l'intera cifra.»
Fu a quel punto che l'albino si rifiutò di fingersi pacato per l'ennesima volta, e perse definitivamente la calma. La scarsa considerazione con cui lo svizzero aveva appena trattato i suoi problemi di soldi, lo offese a tal punto da soffocare la sua vergogna. Così, il suo atteggiamento accondiscendente cessò di manifestarsi, cedendo il testimone alla collera più pura. 

«Volete mandarmi sul lastrico per dei soldi che non vi servono? Pur di avere una somma che di certo non vi cambierà la vita, volete distruggere la mia?» Esclamò ad alta voce, stanco di mormorare e tenere la testa bassa. 
In quel momento, l'austriaco smise di mantenere quel contegno forzato e di semplice apparenza, gridandogli contro con tutta l'ira che si era tenuto dentro tanto a lungo. «Proprio tu parli di rovinare la vita agli altri? Tu che mi hai fatto questo?»
L'albino dimenticò tutto a un tratto ciò che avrebbe voluto dire, bloccato da quella risposta carica di  esasperazione.
Si alzò in piedi con uno scatto, spingendo indietro la sedia senza un minimo di grazia. Non disse neanche una parola, né degnò Roderich e l'avvocato di un ultimo sguardo prima di lasciare lo studio dell'abitazione del castano, nella quale aveva promesso a se stesso di non rimettere mai più piede, parecchio tempo prima di allora.

«Voglio interrompere questa relazione.- Le parole dell'austriaco spezzarono il silenzio vuoto creatosi tra le quattro mura della camera da letto. Produssero un suono simile a quello di un un proiettile che sferza l'aria: furono decise, inflessibili; non echeggiarono con prepotenza, ma sostarono abbastanza per essere udite e comprese.

Il diretto interessato, ancora adagiato sul proprio letto, coperto dai soli jeans ed una canottiera, fu evidentemente colto in un momento nel quale era assorto: sussultò ed alzò il proprio capo, aprendo la bocca per lo sconcerto, impietrito da quella dichiarazione inaspettata e dolorosamente solenne. -Ormai è evidente che nessuno di noi è più sufficientemente appagato dall'altro.»   Gilbert si affrettò a spostare la sua attenzione sull'improbabile partner, che aveva pronunciato quelle parole rivolgendogli le spalle, dinnanzi alla finestra posta di fronte alla porta. Quella sera, non uno spiraglio di luce filtrata da essa.

Era intento ad abbottonarsi la camicia, con gesti svelti delle dita esili, la cui fretta era dettata dall'idea che prima si sarebbe vestito, prima quel capitolo si sarebbe concluso.
Teneva un contegno imperturbabile, degno di una statua di marmo. Non si piegò, tanto meno tremò. L'unica componente di lui che si permise di indugiare, fu il suo sguardo: percorse il perimetro che si mostrava davanti ai suoi occhi, descrivendo con delicatezza ogni dettaglio ed imprimendolo nella sua memoria, come per dare un estremo saluto a quella stanza che aveva funto da sipario per mesi, celando lo spettacolo che era il loro peccato.
Le molle del letto cigolarono sotto la pressione e la conseguente mancanza del peso del tedesco, che si levò per avvicinarsi all'uomo. «Stai scherzando?- Quando si trovò dietro di lui, appoggiò la mano destra sulla sua spalla, e lo costrinse a voltarsi per fronteggiarlo. Le iridi scure e fiammeggianti di Gilbert scannerizzarono l'intera figura dell'austriaco, sostando sul suo viso  abbastanza per suscitare in lui un certo timore. Strinse la presa delle dita, artigliando con forza la scapola, sottolineando la rabbia crescente. -Lo fai per dettare altre condizioni, non è così?»
Digrignò i denti furente, sottolineando la sua intenzione di non assecondare quell'ennesimo capriccio. Non era certo la prima volta che l'uomo si prendeva la libertà di imporre delle regole in quel rapporto, per proteggere la sua dignità e fingere di possedere ancora un minimo di pudore.
Scrollando le spalle con vigore, l'austriaco costrinse il tedesco a liberarlo dalla sua stretta così aggressiva. «Pensi che tutto giri attorno a te, non è così?» Sputò acidamente, il disprezzo nella sua voce inequivocabile.
Superò l'albino con passo lesto, fermandosi per raccogliere dal pavimento il cappotto viola che vi aveva abbandonato poche ore prima, sperando di essersi espresso a sufficienza, e avergli fatto comprendere che sarebbe rimasto irremovibile sulla sua decisione.
Purtroppo per lui, non aveva fatto i conti con la tenacia di Gilbert. Il moro emise un verso acuto e contrariato quando si sentì afferrare nuovamente il braccio sinistro, venendo poi costretto a voltarsi verso l'altro. Sfruttare la forza di cui il tedesco era indubbiamente dotato rappresentava un colpo basso, che però non si era mai fatto scrupoli ad attuare. Erano entrambi ben consapevoli di come l'albino fosse in grado di sottometterlo fisicamente senza troppi sforzi; stargli vicino così a lungo avrebbe potuto portare ad una piega decisamente spiacevole, almeno per Roderich.
«Da quando sono un ragazzino?- Lo incalzò furente, avvicinando il volto contratto dalla rabbia al suo, ora timoroso, nonostante cercasse di non darlo a vedere. -Da quando non servo più a farti divertire?» Calcò l'ultima parola con una combinazione di astio e scherno, ottenendo, come conseguenza l'evidente indignazione dell'altro.
Deglutendo a vuoto per riprendere un contegno, il castano trovò il coraggio di controbattere.
«Lo sei sempre stato.- Sibilò a denti stretti. -E adesso lasciami.» Si liberò dalla presa del ragazzo con un violento strattone, ed indietreggiò rapidamente fino alla porta.
Le mani di Gilbert tentarono vanamente e molteplici volte di trattenere Roderich ulteriormente, ma quello scatto di risolutezza fu tale da spingerlo fino al capolinea.
Egli non ascoltò i richiami carichi di furia del tedesco, e lo abbandonò di fronte alla porta, sancendo, con il boato provocato dal chiudersi di essa, la fine della loro ultima conversazione.

 

Mentre Vash imprecò ripetutamente contro Gilbert, urlandogli di tornare indietro e maledicendolo decine e decine di volte, Roderich non tentò neanche di trattenere il tedesco quando lo vide andarsene. Anche se avesse voluto corrergli dietro, non avrebbe potuto farlo.
Non'appena quest'ultimo se ne andò, egli si lasciò andare contro lo schienale, rassegnato e semplicemente stanco, troppo persino per chiedere allo svizzero di calmarsi. Portò una mano al viso, massaggiandosi le tempie con il pollice da un lato e il medio dall'altro, chiudendo lentamente gli occhi, serrando le palpebre pesanti, per trovare un po' di temporaneo sollievo.
Rimase fermo in quella posizione, immobile, sfinito ed esasperato, con il petto che si alzava e abbassava flemmatico, il corpo schiacciato sotto la sua stessa debolezza e le gambe paralizzate legate al sostegno della sedia a rotelle.

   
 
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