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Autore: Louilalla    11/09/2017    1 recensioni
Il punto era che alla fine di tutto quel casino - la guerra, le lotte, i sacrifici, il sangue - il mondo era l'unica casa che avevano. E sconfitti o vincitori (in questo caso sconfitti) avrebbero dovuto continuare a viverci, nonostante le perdite e le ferite, nonostante niente fosse cambiato dall'inizio. Eppure qualcosa si era modificato nei loro cuori aridi, come se un nuovo vento avesse iniziato a smuovere la sabbia che albergava in quegli organi atrofizzati; come se qualcosa effettivamente fosse cambiato, dentro e fuori di loro. Saryuu lo capì, cosa era cambiato - la loro testa: erano maturati, nella guerra, avevano sofferto e sacrificato, vinto e perso. Ma l'avevano fatto insieme, piangendo e ridendo, gioendo e odiando. Insieme. Come una famiglia. E si bastavano, così, loro da soli insieme.
In particolare, Saryuu aveva trovato una nuova fonte dalla quale attingere tutto l'affetto mancato e l'amore agognato - Fei.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Fey Rune, Saryuu Evan - Saru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Resilienza

 

Agli occhi di molti Saryuu Evan era un mostro. Un ragazzo spietato e cinico, con l'egoistico obiettivo di sabotare i piani dell'El Dorado per conquistare la vetta del potere. Un ragazzo attraente quanto crudele, un Ultra Evoluto, speciale, superiore. 

Chissà perché la gente credeva a tutte le stronzate rifilategli dalla El Dorado.

Diciamocelo, davvero Saryuu Evan, con quelle enigmatiche iridi ametista e la fobia per le spazzole, sarebbe stato in grado di adempiere ad un compito così importante come conquistare la Terra? A malapena aveva quindici anni. Si trascinava appresso il fardello delle responsabilità che si era preso tempo prima - li avrebbe salvati. Per anni, quelli come lui erano stati allontanati per paura che potessero fare del male, additati e etichettati come pericolosi e trattati come se ospitassero la lebbra. Rifiutati dagli stessi genitori e maltrattati persino dalle leggi poi divenute ufficialmente razziali, per così dire. Non era forse giustificato l'odio verso il potere centrale che aveva permesso che tutto ciò accadesse senza muovere un dito? Forse non del tutto corretto, ma almeno compreso. E se c'era una cosa che Saryuu Evan detestava, dopo il genere umano, era proprio la comprensione - quella di chi ti capisce e non ti aiuta; annuisce alle tue parole e rimane in silenzio, complice con la compassione o la pena. Lui odia la compassione, odia la bontà solo perché nessuno l'ha mai avuta nei suoi confronti quando, a soli cinque anni, si è ritrovato col sedere per strada e una porta chiusa in faccia. Nulla è poi più contato, se non il vuoto che nessuno ha mai saputo colmargli - l'infanzia, i giocattoli, l'amore familiare, gli amici. A cosa ti servono gli amici, se ciò che fanno è distruggerti e umiliarti? Ha passato anni nella polvere, anni. Anni a giocare a pallone con chi come lui era stato abbandonato, rifiutato, o chi addirittura era scappato per non essere picchiato o sfruttato per i suoi poteri, chi si era perso e nessuno si era preso il disturbo di cercarlo. Ed è lì che ha realizzato che forse un barlume di speranza per quelli diversi come loro c'era. Il vantaggio era proprio ciò loro emarginati avevano, e che invece il resto del genere umano mancava - dei poteri e tanto, tanto rancore. Un miscuglio potente e cruciale, che era stata la rovina della stupidità umana.

Avevano soggiornato nell'inferno per anni, prima di uscire dalla passività per contrastare la loro misera situazione; insieme, erano la Newgen, la New Generation, il gene vincente anche se recessivo, un dono speciale che non andava affatto recriminato ma utilizzato per creare un mondo migliore - un mondo tutto loro, empio dell'odio e della paura che le persone si ostinavano a mostrare nei loro confronti. Erano stanchi dal principio di appartenere a nomenclature quali "mostro", "assassino", "minaccia". Effettivamente, con il passare del tempo il continuo essere considerati diversi dall'uomo aveva un po' fatto deragliare l'idea di libertà e emancipazione iniziale di Saryuu Evan, l'Ultra Evoluto più giudizioso e astuto fra tutti. Ma non gli importava. Erano anni che andava avanti quella stupida lotta, quanto ancora avrebbero dovuto soffrire l'emarginazione dai propri simili? Non c'era pace senza accordi, e il Governo accordi non ne voleva, ergo niente pace. E così, un ciclo secolare che distruggeva l'economia cittadina e la pazienza degli Ultra Evoluti. Non chiedevano tanto. O forse l'amore e un sorriso erano troppo?

 

Forse non lo meritavano. Forse loro, i diversi, i mostri, non meritavano l'affetto, una casa, il tepore di una famiglia, il sorriso di un amico, non era roba per loro. Perché la gente li temeva per i loro poteri, convinti che avrebbero causato solo del male e che non sarebbero potuti servire per collaborare con il Governo e con il mondo; forse, l'amore non era per loro

E col tempo la loro anima pura era stata corrotta dall'odio, che li aveva plasmati secondo l'ideale di eliminare tutti coloro che non li avessero accettati per quello che erano - umani? Mostri? Non faceva differenza. Ma era tutta roba che la mente acuta di Saryuu aveva previsto, semplicemente non aveva fatto nulla per cambiare le circostanze. Perché era stanco - dannatamente stanco di tutto quell'odio, di quell'incolmabile distanza vuota che si era creata fra loro Ultra Evoluti e il resto delle persone. Un vuoto che sarebbe persistito al tempo e alle lotte, ai sacrifici e alle lacrime, una voragine cicatrizzata perché era così che alla fine doveva finire, per sempre odiati, per sempre diversi, per sempre mostri.

 

Il punto era che alla fine di tutto quel casino - la guerra, le lotte, i sacrifici, il sangue - il mondo era l'unica casa che avevano. E sconfitti o vincitori (in questo caso sconfitti) avrebbero dovuto continuare a viverci, nonostante le perdite e le ferite, nonostante niente fosse cambiato dall'inizio. Eppure qualcosa si era modificato nei loro cuori aridi, come se un nuovo vento avesse iniziato a smuovere la sabbia che albergava in quegli organi atrofizzati; come se qualcosa effettivamente fosse cambiato, dentro e fuori di loro. Saryuu lo capì, cosa era cambiato - la loro testa: erano maturati, nella guerra, avevano sofferto e sacrificato, vinto e perso. Ma l'avevano fatto insieme, piangendo e ridendo, gioendo e odiando. Insieme. Come una famiglia. E si bastavano, così, loro da soli insieme.

In particolare, Saryuu aveva trovato una nuova fonte dalla quale attingere tutto l'affetto mancato e l'amore agognato - Fei. Un ragazzo semplice e costretto a battaglie su più fronti, che anche dopo la guerra aveva conservato un cuore grande e fertile, oltre che una bellezza eterea e estremamente attraente agli occhi di Evan. Ed aveva finito irrimediabilmente per innamorarsi - solo che non lo sapeva; come avrebbe potuto? Non aveva mai avuto il tempo di amare, nella sua vita.

 

Non sapeva come fronteggiare tale sentimento a lui familiare ma al contempo stretto - era una morsa al cuore, non dolorosa, ma calda. Sentiva di averne già assaggiato la consistenza, ed era abbastanza certo di averlo provato nei confronti di qualcuno che aveva tradito la sua fiducia visto che gli era così fastidiosa addosso. Ne aveva forse timore? Bisogno? Non lo capiva; era confuso e ciò lo faceva infuriare con se stesso e quel dannato e forte sentimento, che si accendeva ogniqualvolta Fei incrociasse il suo sguardo, gli sfiorasse anche erroneamente la pelle, gli sorridesse amichevolmente. Il cuore iniziava a scalpitargli nella gabbia toracica, e un incontrollato bisogno di saperlo suo gli apriva un vuoto consistente nel petto; perché nella sua testa Fei non sarebbe mai stato suo, perché non aveva il coraggio di fidarsi, aveva paura di rimanerne così deluso e scottato da rompersi in mille pezzi come un vaso di cristallo - troppo bello e fragile per poterlo anche solo sfiorare.

 

 

Fei, dalla guerra, aveva imparato una cosa a sua detta di essenziale importanza: vivere. Beh, non che prima lui non respirasse, ma adesso ogni boccata di ossigeno gli pareva nuova, fresca, carica. Aveva temuto la morte, l'aveva vista e sfiorata con gli occhi più volte. Più che fisicamente, il danno gli era rimasto nel cuore, ridotto ad un'accozzaglia di pezzi infranti più volte e riattaccati con lo sputo, come si suol dire. Pieno di ferite incerottate e mai disinfettate, cicatrici chiuse ma mai del tutto dimenticate. Era tormentato dalla solitudine, dal senso dell'abbandono, dall'incoerenza fra testa e cuore - perché voleva fidarsi, ma non ne aveva più voglia. Si era rotto troppe volte a causa delle persone, era stato solo per tanto tempo, non aveva bisogno di empatia proprio adesso. Ma ecco, stranamente, dopo la guerra, ne aveva sentito l'improvvisa mancanza - degli amici. Di qualcuno che lo ascoltasse, che lo aiutasse a medicargli le ferite interne, che si spartisse il carico di paturnie mentali insieme a lui o che semplicemente lo guardasse e lo capisse, come se con gli occhi gli stesse tendendo una mano per riemergere dalla densa insofferenza. E, ancor più stranamente, quegli occhi possedevano le iridi più belle e particolari nelle quali avesse mai avuto modo di affogare - iridi ametista, viola oscuro e opalescente in continua metamorfosi, specchi dello stato d'animo del proprietario - Saryuu Evan.

 

Sono passati ormai mesi dalla fine della guerra, da quando gli Ultra Evoluti hanno sciolto la Newgen per ricominciare e per lasciarsi alle spalle quel passato buio, a detta del Governo. Sono passati mesi, da quando hanno scelto di non separarsi, di restare uniti anche adesso che non ce n'è più lo stretto bisogno. Hanno deciso di rimanere insieme, semplicemente premendo il pulsante "restart" e non "reset". Non avrebbero dimenticato, anzi. Il loro passato sarebbe stato maestro di vita, li avrebbe resi più maturi e responsabili di quanto potessero anche solo immaginare. Erano tutti un po' cambiati, non solo fisicamente - erano più grandi dentro, un grande cuore e un forte spirito era dalla loro parte. Erano grandi, un tempo sconfitti. E come le fenici, che dopo la morte risorgono dalle loro ceneri, gli Ultra Evoluti hanno rinunciato alla loro guerra per l'amore per cercare conforto in loro stessi, esseri affini e consci del malessere del prossimo - perché era anche il loro stesso male. E non importava più cosa la gente pensasse di loro, battuti sì sul campo di battaglia, ma vincitori sul fronte dell'amore - lo sentivano, dentro, se lo scambiavano, lo condividevano come fratelli. Non importava se la loro nuova figura era sfruttata per dubitare ancora della loro innocuità, se agli occhi delle persone erano ancora mostri. Avevano passato una vita a combattere. Ora di godevano la vita dei guerrieri sconfitti ma rinati. E andava bene così.

 

Anche per Saryuu era stata un'opportunità di rimuovere un po' della sporcizia che inquinava il suo cuore, per depurarsi e riordinare la testa partendo proprio dai suoi neonati sentimenti. E sapete a quale conclusione era giunto? Che amava Fei. Sbagliato?, immorale?, normale?, non gli importava. La verità era quella, inutile mascherarla con giustificazioni futili. Amava Fei, con ogni fibra del suo essere irrimediabilmente macchiato di nero - perché potrebbe passarci anni a smacchiarsi l'anima, ma quella radice di male non se ne andrebbe mai via completamente, sbiadirebbe e basta. E il suo odio era sbiadito, ora si sentiva umano - vulnerabile, ma di nuovo umano. Ed era una sensazione fantastica. Non aveva rinunciato ad essere ciò che era sempre stato, un ragazzo adolescente dagli occhi profondi e il fascino misterioso del cattivo ragazzo, con le labbra sempre piegate in un sorriso sbieco, quello con i capelli disordinati come la testa, quello che portava sempre addosso band diverse e il sarcasmo sulla punta della lingua. Ma ora era buono. A differenza di prima, ora nessun odio serpeggiava nel sangue, non c'era doppio fine nei suoi legami; ora vestiva di nero perché gli piaceva, non per la sua immagine. 

E a Fei tutto questo faceva impazzire.

Non avrebbe cambiato nulla del suo passato, affatto. Era contento di ciò che era diventato grazie a lui. Qualche volta la malinconia dei giorni perduti lo stringeva in una morsa stretta e dolorosa, ma bastavano quella candide e fredde labbra anche per un solo attimo premute sulle sue per calmare il mostro ammansito in lui - perché non l'aveva mai abbattuto del tutto, aveva solo imparato a domarlo.

 

 

A Fei bastavano le iridi di Saryuu per stare bene. Anche lui aveva imparato con tempo e tanto lavoro su se stesso ad accettarsi e farsi scivolare addosso il parere della gente, facendo del suo mostro una compagnia alternativa nella solitudine - una compagnia non tanto scomoda, quanto rievocativa. E a differenza di Saryuu lui era cambiato, mentre si metteva sotto con l'autocontrollo e l'accettazione: era dimagrito ancor di più, mantenendo però intatta la tonicità caratteristica del suo fisico; non era cresciuto poi così tanto, ma almeno eguagliava in altezza Saryuu, arrivando a sfiorargli comodamente il naso col suo. I capelli erano rimasti pressappoco invariati nel tempo, mentre le iridi avevano preso una sfumatura più decisa di zaffiro, rendendogli lo sguardo più magnetico di prima - o beh, almeno questo per le iridi ametista di Saryuu. E a Fei questo importava eccome, visto che era attratto in maniera smisurata dal corpo tonico e dal carattere intenso dell'altro ragazzo. In un modo che non sapeva gestire, e forse nemmeno voleva, perché era da tempo che un'emozione così forte non lo rendeva vivo - finalmente vivo.

 

Alle volte si chiede se mai Saryuu provi le sue stesse intense sensazioni quando le loro iridi si incrociano, se dentro anche a lui scoppietta un falò ardente di emozioni travolgenti. Ha una voglia matta di sentire che sapore ha, avercelo sulle labbra, sentirselo addosso, dentro, ovunque. E non c'è davvero un motivo se adesso che le mani olivastre di Saryuu gli sfiorano la pelle delle braccia scoperte dalla maglietta gli vien la pelle d'oca e freme di voglia, di bisogno - o forse sì, lo ama e non se n'è accorto fino ad ora. Solo, si chiede se una volta che avranno liberato i loro demoni dalle catene che li tengono a bada saranno in grado di fermarsi, o se resteranno per sempre schiavi dei loro mostri come prima.

 

 

La punta del freddo naso di Fei (chissà perché la sua pelle è costantemente gelida) sfiora il collo caffellatte di Saryuu, il quale stringe fra i denti il labbro inferiore e sospira piano. Sente il cuore battergli forte nel petto, e la sua mente viaggia distratta in pensieri sconnessi e parole sovrapposte, si chiede è solo desiderio? Mi batte davvero l'emozione dentro? O è solo artificiale vuoto? 

Non ha molto senso ciò che pensa, sente che però questi interrogativi senza risposta lo tormenteranno finché non troverà giustificazioni plausibili a quell'improvvisa fame. Per ora non vuole pensarci. Mosso dalla voglia di spegnere il cervello, Saryuu pizzica i cerulei fianchi di Fei con le mani calde, sentendolo sospirare contro le labbra. Gli sfila piano la maglietta, soffermandosi a studiare l'accenno di addominali, i pettorali, e poi di nuovo le sue labbra arrossate così vicine che beh, non resiste, e riprende a baciarlo. 

Forse questo piccolo seme che stiamo piantando sarà il promemoria delle promesse mai dette - prendersi cura l'uno dell'altro, sorridere, rispettarsi, amarsi.

 

Non è una lotta per la supremazia, è una battaglia pacifica per cercarsi dentro l'altro, ritrovarsi e finalmente completarsi dopo tutto il tempo che avevano ospitato  quel buco nero dentro di loro. E forse quell'insaziabile fame di affetto sarebbe cresciuta - più ci si affeziona alle emozioni e più si teme di gelarne senza, ma loro non avevano questo timore, no, perché erano entrambi fonti inesauribili di amore represso. O forse sarebbero rimasti sempre incompleti, l'oscurità che tenevano dentro sarebbe aumentata e basta, sarebbero rimasti mostri, per sempre - ma ora basta con i forse. Loro volevano certezze. E se ciò che pensavano era dubbio, al momento diventava irrilevante.

 

Sospira, Saryuu, inebriato dal gelo che Fei sta portando nella sua mente. Sente che si sta spegnendo, che quelle dita fredde gli stanno aprendo la porta di un oblio luminoso. Sente la luce avvolgere le tenebre del suo cuore, sente che andrà tutto bene, sente che irrimediabilmente parte di sé è saldamente ancorata a Fei e alle sue iridi acquamarina, ai suoi capelli verdi, al suo profilo così perfetto, alla sua anima così pura. O forse è così che vuole apparire?, perché nella sua testa Fei è un angelo dalle labbra candide. Si chiede se è l'irrequieto mostro che abita dentro loro che detta il ritmo disordinato e bisognoso dei loro gesti, se sia lui a mischiare i pensieri come carte in un mazzo, se sia lui a tirare i fili dei loro corpi complementari per farli collidere. 

Spera solo di non rompersi in mille pezzi sotto quelle mani così abili e delicate... Sente che non sarebbe più lo stesso di prima, neanche riattaccando ogni singola scheggia al suo posto. 

Perché adesso si sta inevitabilmente aprendo al suo compagno, gli sta dando modo di leggergli dentro la sua storia, le sue paure, i suoi pensieri, le sue emozioni - gli sta aprendo la porta della stanza in cui tiene incamerato il suo mostro, stranamente quieto e silenzioso. Avrà paura, Fei? Non può fare a meno di essere trascinato e sballottato dai flutti della tempesta di dubbi, ma al contempo sente che quelle mani delicate lo maneggiano come se fosse la cosa più preziosa e fragile del mondo.

 

Fei sente le mani calde di Saryuu ovunque, il calore si riverbera in ogni fibra sotto pelle, annienta ogni ostacolo che trova - dubbi, incertezze; tutto viene spazzato via con la forza di una tormenta, sradicati ancor prima di spuntare in superficie. Sente anche la confusione dentro la testa di Saryuu, vorrebbe fargli capire che va tutto bene adesso, che hanno tempo di riordinare, che lo faranno insieme, che ogni cosa troverà il suo posto e si incastrerà perfettamente con la realtà come in puzzle. Andrà tutto bene, ora che sono da soli insieme.

Ma nessuna parola gli esce dalle labbra, così impegnate nel duro compito di riempire la distanza che li ha sempre separati - e non solo distanza fisica, ma anche quella invisibile che separa due cuori, una barriera che stanno abbattendo, liberando i mostri dalle loro gabbie. E Fei sente che andrà tutto bene, finché c'è Saryuu lì che sospira sui suoi capelli quando soffia sul suo quadro astratto disegnato direttamente sulla pelle olivastra dell'altro - marchiato di un rosso tendente al viola, bordeaux quasi, e sorride compiaciuto.

E Saryuu lo vede, quel sorriso, lo vede e viene invaso nuovamente da un'incontenibile luce, e sorride anche lui contro le labbra dell'altro. Trovando finalmente il tasto "off" del cervello spegne la mente e i pensieri più fastidiosi, spingendo di riflesso le spalle di Fei contro il materasso della sua camera da letto.

«Audace, mh?» ridacchia il verde, steso supino con Saryuu sopra che ghigna inclinando le labbra in quel sorrisetto mozzafiato che tronca il respiro dell'altro per un paio di secondi. 

 

Ed è magari anche un po' vero che sono affamati d'affetto, che bramano la carne dell'altro e che si assaggiano come se non potesse mai più succedere; che tendono le orecchie ai gemiti dell'altro, che sorridono al dolore dei graffi impressi sulla pelle, che ghignano divertiti nello stuzzicarsi a vicenda. Ed è magari anche un po' vero che il presente non è altro il coraggio di fare delle scelte, e che loro ne hanno appena presa una molto importante per entrambi. Perché quella sera d'autunno, in una stanza anonima di un quartiere anonimo in una città anonima, due artisti incompresi completavano la propria opera d'arte sulla pelle dell'altro - era amore, quel quadro, quell'arazzo tessuto sulle ferite disinfettate. Era l'amore, quello che stavano facendo. E l'avrebbero fatto ancora, e ancora, e ancora.

 

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Nda: mesi. E più lo rileggo, più mi viene da piangere - perché chi scrive tende ad affidare alle parole l'importante compito di comunicare e portare un chiaro peso e messaggio al lettore; affida al lettore il compito di custodire quelle parole e curarle come il piccolo principe faceva con la sua rosa. Ed io, che qui dentro ci ho smarrito un frammento di me, spero che il significato di questo scritto vi abbia trasmesso qualcosa, seppur in minuscola parte.

Vi voglio bene, lettori... Una grande famiglia universale :)

Lou :3

   
 
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