Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Amantea    11/09/2017    3 recensioni
"Ci hanno cresciute così.
Ci hanno insegnato così.
Da tempi immemori si rifrange l’immagine che avete avuto di noi.
E io non so nulla dell’amore, se non quello che ho imparato mio malgrado da te."
Il racconto è arrivato terzo classificato al III concorso letterario nazionale "Amore in poesia" bandito dall'Associazione Olympia de Gouges di Grosseto.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
la stanza sul porto
LA STANZA SUL PORTO



Ti osservo tra gli spicchi di luce che filtrano la penombra della stanza, raggi malriposti di pulviscolo opalescente. Uno scintillìo rutilante ti accarezza, sfiora la linea tesa del ventre, si fa diamante sul tuo torace un poco sudato, fin sulla vetta aguzza del collo, e il profilo tutto.
Sento ancora il tuo calore.
Mi muovo lenta, quasi temessi di svegliarti. Trattengo il respiro mentre raccogli un mio bacio nell’incavo del palmo.
Ho ancora sulle labbra il sapore di parole forti e necessarie come mani urgenti, quasi che l’amore, se non lasciasse impresso il suo fuoco sulla pelle, non fosse vero abbastanza.
- Dove vai? -, mi fermi, la voce un poco bassa.
- Ho sete -.
Ti immagino dischiudere gli occhi per guardarmi frugare nella borsa e portare qualcosa alla bocca, un chiaroscuro di donna su cui la luce si posa senza pudore. Seguire il capo che si reclina, mentre i capelli si riversano sulle spalle, una massa scura scompigliata dalla risacca del tuo abbraccio tra le lenzuola, solo qualche istante prima.
- Sei bella -.
Non è per questo che mi vuoi, in fondo?
- Vieni -.
- Vieni qui -, mi richiami a te, di nuovo, quasi potessi svaporare al pari di un sogno sognato all’alba. O temi che io non voglia ubbidirti? Questo pensiero mi fa sorridere.
Quanta fragilità sospesa in questa stanza! Siamo corpi nudi d’amanti impressi su tela da pittori di talento, eppure non saremo nulla tra qualche ora. Lo sai bene.
Abbasso gli occhi, torno a sdraiarmi sul letto, la guancia poggiata nell’incavo del tuo braccio.
E tu mi sfiori il viso con le dita: due volti a specchio, riflessi in un incastro antico.
I tuoi occhi scrutano in profondità il mio sguardo, affisso su di te. Una volta mi hai detto che ci hai visto dentro il colore del mare alla sera.
- Dimmi cos’hai -.
Respiri la mia pelle, sa di acqua e sale e del tuo odore, confuso al mio.
Cosa vedi nei miei occhi… cosa ci vedi, adesso?
Lo senti questo infinito che ci avvolge? Ci ho creduto così tanto. O forse è solo il mio cuore che sente e tu sei il riflesso della mia infinita capacità di fidarmi dei sogni, fattasi carne, esplosa fuori, come un fiore che d’improvviso sboccia, inonda il mondo dei suoi colori, fino a non ricordare più il piccolo seme nero da cui proviene.

Ci hanno cresciute così.
Ci hanno insegnato così.
Da tempi immemori si rifrange l’immagine che avete avuto di noi.
E io non so nulla dell’amore, se non quello che ho imparato mio malgrado da te.
Non c’è amore se ci sono catene.
Non c’è amore se non c’è scelta.

- Non è niente -, ribatto, infine. Non credo tu voglia sapere veramente tutto questo.
Ne abbiamo parlato a volte, non è cambiato molto, e allora, sai, la malinconia è un attimo, permea tutto come brina sottile, illanguidisce lo sguardo, rallenta i sensi. Vuoi davvero che cali fra di noi, adesso?
- Niente? -.
- Sto bene -.
-… ma? -, mi incalzi.
- Vorrei una vita per noi… sì, vorrei una vita per noi -, mormoro infine, in un soffio.
Le mie parole sono un sussurro che resta impigliato alle trine di un letto sfatto prima di perdersi velocemente nel tempo senza tempo di un tardo pomeriggio qualunque, tra il vocìo testardo dei gabbiani e le sirene cupe delle navi in partenza.
- Sai che non posso -.
E’ lo stesso copione che si ripete, ogni volta più sommesso, quasi arreso. Come raccontarsi cose a cui non si crede più, ma a cui si resta avvinti, credo per abitudine, o per la sottile consapevolezza che le parole creano realtà solo se pronunciate da qualcuno.
Ed è strano come il cuore erompa e non si spezzi, ma inciampi a malapena in un battito, e porti un che di amaro alla gola, una nota stonata alla testa, e il quadro si discolori in fretta, come un acquerello troppo diluito.
Ti giri su di me, a farmi lusinga di un bacio ruvido e intenso, che scacci ogni parola molesta dalla mia bocca e riaccenda l’unica follia che ci tiene avvinti in questa camera, la nostra, non lontano dal porto e dal mare vasto che si intravvede da quassù.
Ogni volta temendo che sia l’ultima, e noi irriducibili, a imprimerci promesse improbabili in cuori assetati come campi riarsi, finché torna a soffiare forte l’ostro, e le siepi rifioriscono, e la calura afosa sfianca i corpi nell’ultimo abbraccio, e poi di nuovo esplode la tavolozza impazzita dei viali d’autunno, e il mare sbatte furioso contro i muraglioni della darsena, e noi ancora fusi qui, nel pozzo senza luna degli amanti.

Ti lascio fare.
Lascio che mi ami come solo tu sai fare.
Ha un che di dolce, in fondo, un addio. Di sacro, stavolta.
E così sia.

Ci siamo rivestiti quasi senza guardarci, come d’abitudine.
Troppo doloroso incontrare gli occhi dell’altro, accorgerci dello squallore delle pareti che d’un tratto appaiono troppo sciupate dal salmastro, e delle pietre fredde del pavimento, che gelano la pelle, fin sulle braccia.
Socchiudo la finestra, respiro l’aria del mare che arriva sin qui. Ascolto il grido dei gabbiani che solcano le onde, sfidando i pescherecci, squarci di bianco sulla distesa azzurra delle onde.
C’è un’ultima cosa che vorrei dirti.
Ma forse lo capirai da te.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Amantea