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Autore: milly92    11/09/2017    2 recensioni
“Io sono Alice, piacere. La mediatrice culturale”.
“La che?”.
Offesa, feci una smorfia: il mio era un mestiere come tanti, non di certo uno di quelli super fighi con il titolo tradotto in inglese giusto per sembrare ancora più irraggiungibili.
“La me-dia-tri-ce culturale” rispiegai pazientemente.
“Ah, mediatrice! A causa del viaggio sto così fuso che avevo capito meretrice, ecco perché ero confuso” ridacchiò, con un palese accento romano. “Salvatore, comunque. Piacere. Faccio questo mestiere da cinque anni e non ho mai sentito parlare di una mediatrice nel team!”.
“E’ un’eccezione, oltre agli inglesi ci sono gli spagnoli e l’azienda aveva bisogno di una traduttrice. Diciamo che è un esperimento... Scusami comunque, mi sono bloccata nel bel mezzo della strada perché ho appena ricordato di aver dimenticato l’adattore e il mio cellulare è appena morto”.
“Azzò, sei perspicace, Alice la Mediatrice. Spero non dimentichi le traduzioni delle parole così come dimentichi le cose essenziali”.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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6des

Capitolo 6

Day 6: Esprimi un Desiderio!

 

Come ci vedevano i ragazzi?

Questa era la domanda che mi posi il sette luglio, quando mancavano circa quindici ore al mio venticinquesimo compleanno.

Noi passavamo la giornata con loro, li avevamo inquadrati dopo quasi una settimana di conoscenza, sapevamo chi era il più furbo, chi era il più sveglio, chi era il più tranquillo...

Ma loro, cosa sapevano di noi?

Cosa credevano di sapere?

Cosa pensavano di noi?

Iniziai a domandarmelo quando, in attesa per il mio turno a mensa per la colazione, beccai stralci di una conversazione tra due ragazzine di circa sedici anni.

Forse non mi avevano visto a pochi passi da loro, forse non badavano a me o forse non se ne fregavano.

“... Ma se ho capito bene Alice vive proprio in Spagna! Ecco perché fa la traduttrice. Si vedeva che era amica già da prima di Javi, forse si stavano frequentando in Spagna”.

“Sì, ma hai visto ieri? E’ palese, c’è qualcosa tra lei e Luca”.

“Vero. Ieri al laboratorio, stando a ciò che ha detto Ilenia, Paula gli ha toccato il sedere! Ma lui la snobba”.

“Ha ballato con lei però, durante la serata salsa”.

“Vuoi comparare quel ballo a quello di ieri? Dai, quei due nascondono qualcosa”.

Chiusi gli occhi, dicendomi che ero proprio messa male e che per la prima volta nella mia vita ero al centro di qualche gossip.

A scuola e all’università ero sempre anonima, non ero mai al centro dell’attenzione, al massimo facevo scalpore quando non mi presentavo a lezione e tutti si insospettivano perché era inusuale.

Qui, invece, tra colleghi spagnoli e colleghi napoletani sembravo essere l’unica persona che era fonte di gossip.

In cuor mio, stavo ancora cercando di riprendermi dalla sensazione di beatitudine, eccitazione e incredulità che avevo provato tra le braccia di Luca e rimanere concentrata era dura, quindi quelle voci non mi aiutavano per nulla.

Presi un respiro, mi spostai a destra delle ragazze e finalmente mi videro, mutando espressione come se al loro fianco ci fosse un fantasma.

“Ragazze, chiedete e vi sarà detto” sussurrai, falsamente tranquilla. “Ho vissuto in Spagna per sei mesi ma vivo a Roma e sono laureata in Lingue e culture straniere, ecco perché parlo spagnolo. Conosco Javi e Luca da sei giorni come voi e sono single, non ho storie con nessuno. Si può ballare con un collega anche senza averci una storia” spiegai, sforzandomi di sorridere in maniera pacata senza risultare falsa.

Cercavo di scacciare la parte del mio cervello che mi diceva “Però dai, anche solo vedendovi ballare hanno percepito qualcosa, deve esserci un’intesa tra voi” per non assecondarlo, ma una cosa del genere mi rendeva felice perché voleva dire che non ero solo io la pazza che aveva percepito la differenza rispetto a quando avevo ballato la salsa con Javi.

Le due ragazze, imbarazzatissime per la figuraccia, annuirono ripetutamente e mi sorrisero.

“Oh, sì, scusaci! Circolavano queste voci... Ad esempio, è vero che Nadia è una youtuber?”.

“Nel caso di Nadia le voci sono vere. Vedete i suoi video e fate circolare il nome del canale, merita” la sponsorizzai, sincera più che mai, “Ma nel mio caso no. C’è altro che volete sapere?”.

“Sì! I tuoi capelli sono davvero di questo colore?”.

Sforzandomi di non ridere, feci un cenno negativo. “No, ragazze. I miei capelli naturali sono castano cenere, non ramati”.

“Te lo avevo detto, guarda le sopracciglia!”.

Non riuscendo a trattenermi, scoppiai a ridere vigorosamente e loro si accodarono a me, poi le superai per andare a prendere la colazione e loro rimasero al loro posto, evidentemente per far circolare le nuove notizie.

Presi dei toast e un cappuccino e mi avviai al solito tavolo che ormai nessuno occupava più perché era dello staff, aggregandomi a tutto il gruppo già presente, tranne Salvatore e Saverio.

Quando feci rumore come al solito con il vassoio, Luca alzò lo sguardo dalla sua colazione e mi sorrise.

Io ricambiai, prima di portarmi nervosamente una ciocca di capelli dietro le orecchie.

“Delle ragazzine stavano facendo gossip e mi hanno chiesto se è vero che hai un canale su Youtube” dissi a Nadia, che nonostante il giorno libero aveva deciso di venire a fare colazione con noi. “Ho detto di sì e le ho invitate a guardare e condividere il canale”.

Nadia si lasciò sfuggire un “Oh, che carina, grazie!” e si dimostrò interenerita.

“Facevano gossip?” domandò Elena.

“Sì, ad esempio mi hanno chiesto se il mio colore di capelli è naturale. Poi circolano voci secondo cui io vivo in Spagna e conosco Javi da prima di venire qui” esclamai, alzando gli occhi al cielo.

“Si sono fissati, eh”.

“Direi...”.

“Oggi il gossip lo faccio io, in pullman. Prendo il microfono e do la notizia bomba che tutti aspettano!” esclamò Mario, sfregadosi le mani con fare quasi maligno.

“Sarebbe?” chiesi, incuriosita.

“Che io e un membro dello staff ci amiamo e presto usciremo allo scoperto”.

“Vabbé ma questa è facile” osò Clara. “Siete tu e Luca!”.

Scoppiammo a ridere e Luca si alzò di scatto, andò alle spalle di Mario e lo abbracciò. “Amore, finalmente hai fatto coming out, ora potremmo passeggiare liberamente per il campus mano nella mano senza più nasconderci. Mi presenti i tuoi?”.

“Certo amore, tanto avremo lo stesso volo al ritorno, te li presento in aeroporto”.

“Dì a tua mamma di prepararmi una frittatina, ci vuole dopo due settimane fuori”.

“Ma pure due amore. Anzi, frittatina. Da oggi ti chiamerò così!”.

“Quanto vi shippo!” disse Clara, fingendosi commossa e portandosi un tovagliolo vicino agli occhi, con noi che facevamo un applauso di approvazione.

Addirittura Mario provò a dare un falso bacio a Luca che però si scostò dicendo: “Ehi, non ti allargare” tra le risate generali.

Alla nostra destra, un gruppo di ragazzini ci guardava senza capire e io mi dissi che poi non dovevamo lamentarci se davanti a queste sceneggiate loro capivano fischi per fiaschi.

Allo stesso tempo, mentre Nadia si congedava dicendo che tornava in stanza per riposarsi, ricevemmo un messaggio di Saverio che ci avvertiva che per un imprevisto si sarebbe presentato in ufficio alle dieci.

Chiamò Elena e le disse cosa dovevamo fare, così lei si appuntò tutto e ci guardò, pronta a dirigere il tutto per una volta.

 

 

Non so cosa mi aspettassi dopo la serata in cui io e Luca avevamo ballato, ma di certo non mi aspettavo il nulla.

Mi stavo lasciando coinvolgere, la mia mente vagava in confini reconditi in cui passavamo più tempo insieme, però il problema era che, fondamentalmente, di tempo non ne avevamo nemmeno per noi stessi.

Lui correva da un ufficio all’altro perché uno dei suoi ragazzi non si era presentato a lezione, io avevo qualche questione da chiarire con la Rosales, proprio come Salvatore che aveva saltato la colazione perché dei ragazzi del suo gruppo non si erano svegliati in tempo e lui era andato a cercarli, furioso.

A sei giorni dall’inizio del viaggio, i ragazzi si conoscevano abbastanza bene, facevano le ore piccole per incontrarsi clandestinamente e inizavano a essere ingestibili, anche perché non dormendo a sufficienza creavano disagi alla nostra tabella di marcia.

Eravamo nel bel mezzo dell’avventura e si percepiva benissimo: io mi ero beccata una cotta per un collega, figuriamoci cosa erano in grado di fare un gruppo di adolescenti!

Solo Saverio, quella mattina, sembrava di buonumore ed io non ne capivo il perché visto che c’erano almeno tre disastri in corso, senza contare il team spagnolo non aveva ancora inviato il programma per quel pomeriggio.

Chi correva da un lato, chi era in ritardo, chi si sforzava di non dire parolacce e lui se ne stava placido e tranquillo con il cellulare in mano.

“Saverio, scusami, ho parlato con la Rosales...” lo interruppi, concitata.

Gli ci volle qualche istante per ascoltarmi e recepire il messaggio.

“Allora?”.

“Tutto ok, alla fine ha capito che doveva prenotare per tutto lo staff e non solo per cinque di noi”.

“Perfetto, grazie” mi liquidò, senza domande e senza aggiungere altro.

“Ma del programma non c’è ancora l’ombra...”.

“E allora vai a chiederlo, no? Stare qui non lo farà spuntare magicamente”.

“Non sapevo fosse mio compito chiederlo, di solito mi limito a tradurlo”.

“E mandaci Elena”.

Era strano, troppo strano: il capo, di solito super attento e disponibile, sembrava avere altro per la testa.

Non osai dire altro e mi avviai al primo piano, dove Elena stava aiutando Luca con la ricerca dello studente mancante, un certo Giacomo.

“Lo so che hai altro per la testa, Elena, ma dovresti sollecitare la Rosales per il programma di oggi. Me lo ha detto Saverio”.

Elena mi guardò come se fossi impazzita. “Ma Saverio sa che non parlo spagnolo e Laura fa schifo in inglese” precisò.

“Lo so. Oggi sembra... diverso” constatai, scrollando le spalle.

“Comunque appena risolviamo qui vieni con me e traduci per me, ok?” domandò, avviandosi verso il corridoio dove c’erano le aule.

“Ok”.

Il tempo di fare due passi e ci ritrovammo Luca che camminava vicino a Giacomo, un diciassettenne occhialuto e magrissimo. Gli teneva un braccio attorno le spalle e parlava in maniera concitata; quando ci vede fece un segno come a dire “è tutto ok” e proseguì, probabilmente diretto verso l’aula di inglese in cui Giacomo aveva lezione.

Vederlo così serio ma deciso, appassionato, mi fece stringere lo stomaco e battere il cuore più forte che mai.

Non avevo dubbi, tra tutti lui era il group leader che amava davvero ciò che faceva, si vedeva da come rideva con i ragazzi, da come loro riuscivano ad aprirsi con lui, a prenderlo in considerazione e a renderlo partecipe di tutto.

Era una caratteristica frequente nei ragazzi che mi piacevano: il mio ex, Giuseppe, era un ingegnere informatico che amava alla follia ciò che faceva, proprio come Claudio, il ragazzo con cui ero uscita per qualche mese un anno e mezzo prima, che portava avanti l’azienda di famiglia con onore riuscendo a scavalcare i fratelli maggiori.

Tendevo a prendermi sbandate per gli uomini sicuri di sé ma che sapevano lasciarmi i miei spazi, non avrei mai potuto prendere in considerazione un maschilista che tendeva a trattarmi come un giocattolo della sua collezione che doveva stare dove e quando diceva lui.

Tuttavia, che senso aveva fare questi discorsi con Luca?

Non c’era nulla tra noi e tra otto giorni ci saremmo detti addio.

“Allora direi che possiamo andare dalla Rosales”.

La voce squillante di Elena mi riportò alla realtà, sussultai e mi affrettai ad annuire e a seguirla fino al secondo piano, davanti alla porta su cui vigeva la scritta “Dirección”.

 

 

Meno otto ore al mio compleanno e mi ritrovai su un battello sul Tamigi per una minicrociera, con Laura Rosales alla mia destra che si faceva fare un book fotografico dal povero Javi.

Eravamo stati divisi in due gruppi, quaranta ragazzi su un battello con quattro membri dello staff mentre gli altri quaranta erano in giro per un po’ di shopping e nel giro di un’ora ci avrebbero sostituito.

Io ero capitata con Clara, Saverio e Salvatore, mentre Giada, Luca, Mario ed Elena erano in giro per la città.

Durante il cambio, la mia missione era entrare nel primo supermercato che mi capitava a tiro e fare scorta di birra e cibo.

Ripensai ai miei ventiquattro anni: cosa avevo fatto?

Tralasciando un viaggio a Madrid, avevo solo studiato e pensato alla tesi, che miseria!
Dodici mesi di esami, libri impolverati, ricevimenti e speranze.

Dodici mesi in cui avevo chiuso qualche amicizia, iniziato qualche altra e nulla di più.

Dodici mesi conclusi così, sul Tamigi, con la mia cotta del momento che girava la città con una come Paula e Javi che mi sorrideva ogni tanto.

“Javi, scusami ancora per... Tutto. Sono stati dei giorni assurdi, non ho avuto un momento libero” dissi quindi, appena Laura si avvicinò  all’estremità del battello per ulteriori foto.

Non volevo specificare il perché delle scuse e fu una mossa giusta perché lui capì subito.

Abbassò lo sguardo, intimidito, e scosse il capo.

Era davvero bello, pensai, e il fascino non gli mancava.

Perché non mi ero presa una sbandata per lui?

Non volevo peccare di presunzione ma a questo punto ci saremmo già ritrovati a limonare selvaggiamente tra una pausa e l’altra e sarei stata decisamente più tranquilla.

“No, scusami tu. Sono stato insistente e magari ti ho pure messo a disagio con  i colleghi. Laura ha fatto un bel discorsetto a me e Paula sull’essere professionali, davvero”.

“A te e Paula...?”.

“Tutti parlavano  della sua pacca sul... Sedere di Luca”.

“Oh”. Paula era stata rimproverata da Laura... E nella mia mente, ciò si traduceva solo con una cosa: ora che il capo non era lì a sorvegliarla, lei per dispetto si stava dando alla pazzia gioia.

Presi un bel respiro e mi dissi di stare calma. “Tu non sei stato inopportuno o altro, davvero. Sei gentilissimo” lo rassicurai, in un modo comunque educato che speravo gli facesse capire che era tutto ok ma era meglio non provarci ulteriormente.

“Mi fa piacere”.

Ci sorridemmo, lui sembrò voler dire altro, poi si fermò e tornò a guardare verso il Tamigi, Tower Bridge e la Cattedrale di St. Paul.

“Se ho capito bene... Brava”.

Mi voltai e vidi che Saverio se ne stava seduto proprio dietro di noi, compiaciuto.

“Se vuoi l’ultima notte però ti concedo una scappatella col toro” disse, facendo l’occhiolino.

“Se permetti, nessuno mi deve concedere nulla...” ribattei, stando al gioco.

Lui annuì, guardandomi quasi con aria fiera. “Non so quante donne lo avrebbero friendzonato, al posto tuo, Alì”.

Friendzonato... Che parolone. Tu, piuttosto! Che hai oggi? Sei... Diverso” osservai.

Saverio si lasciò scappare una risata e fece spallucce.

“Ho avuto buone notizie, tutto qui. Tu, piuttosto! Tra... Sette ore e quaranta ti fai vecchia, confermati i festeggiamenti?”.

“Confermati, confermati. Dopo devi aiutarmi, ho bisogno del tuo zaino”.

“A disposizione”.

 

 

Scendemmo dal battello e tra quell’orda di quaranta ragazzi riuscii a beccare Paula che se ne stava stretta al braccio di Luca.

Gli stava sussurrando qualcosa, di sicuro nel suo inglese da quattro soldi, e lui ascoltava, interessato.

“Brava Paula, questa sera te lo porti pure in camera” pensai, improvvisamente irata come non mai.

Odiavo sentirmi così, io non tendevo mai a cambiare umore così frequentemente.

Non riuscivo a smettere di guardarli, il loro linguaggio corporeo mi mandò in bestia nel momento in cui Luca rise e lei gli circondò una spalla col braccio con confidenza.

“Idiota, pensa ai tuoi ragazzi, che group leader sei, eh?” pensai.

“Alice, andiamo, tra poco i ragazzi avranno un’ora libera e andiamo al supermercato!” mi ricordò Clara.

Per la seconda volta in quella giornata, qualcuno fu costretto a ridestarmi dai miei pensieri.

Annuii e la seguii di malavoglia, cercando di darmi una calmata perché non era possibile diventare così idiota in una situazione del genere.

Sembravo una delle partecipanti a quei programmi trash in cui la fidanzata di turno vede il suo ragazzo con un’altra.

Non ero una di loro e, soprattutto, io e Luca non eravamo niente, niente di niente.

Presa da questo turbine di pensieri mi ritrovai, non so nemmeno io come, nel supermercato più vicino nel giro di venti minuti, con Clara, Saverio e Salvatore che ancora discutevano sulla questione “No, dividiamo la spesa”.

Li lasciai parlare, pensai solo a riempire il carrello di birre e vino, patatine, muffins e dolcetti vari.

Tremai quando vidi dall’altra parte degli scaffali dei ragazzini del nostro gruppo che evidentemente erano lì per sopperire alla mancanza di cibo spazzatura, ma per fortuna Salvatore, a pochi passi da me, giunse in mio soccorso, si parò davanti il piccolo carrello e pensò a mettere in superfice gli snack in modo da coprire le bibite.

“Anni di pratica” minimizzò, quando lo guardai come a dire: “Mi salvi sempre!”.

Fingendoci interessati a quali patatine scegliere, aspettammo che i ragazzi si allontanassero prima di continuare il nostro giro.

Arrivata alla cassa, scacciai letteralmente tutti e pagai trenta sterline, salvo poi richiamarli e distribuire gli alcolici negli zaini di tutti.

Era fatta, avevo preso tutto, candeline incluse, ma ero ormai nell’atmosfera pre compleanno in cui iniziavo a sentirmi strana, nostalgica, addirittura un po’ ansiosa...

 

 

Paula non si era staccata da Luca fino ad ora di cena, quando lui prese posto con noi.

Io finii rapidamente il mio piatto di riso e mi alzai, visto che Nadia mi aspettava in camera sua per truccarmi.

Avevamo l’appuntamento per le otto, così decisi di andare in camera e farmi prima una doccia e lo shampoo.

La serata sarebbe stata gestita dagli inglesi, quindi salvo eccezioni al momento non avevo nulla da fare dal punto di vista lavorativo.

“Fai con calma Alice, al massimo se è qualcosa ti chiamo” mi disse Saverio.

“Sei gentile perché stasera si beve?” lo presi in giro.

“Ovvio, da domani torno a trattarti male”.

Gli feci una smorfia e mi alzai, sentendo lo sguardo di tutti fisso sulla mia nuca.

Certo, forse mi odiavano perché me la stavo svignando,  però stavo organizzando la serata anche per loro.

Non vedevo l’ora di poter farmi una doccia con calma senza correre e di usare qualche prodotto in più per i capelli visto che per la mancanza di tempo mi ero ridotta a usare solo lo shampoo e ad asciugarli in fretta e furia, a volte lasciandoli un po’ umidi.

Quando entrai nella stanza quasi inciampiai per la presenza di qualcosa per terra, mi abbassai e vidi che era una maschera per il viso.

 

“Le cleaners mi hannno fatto entrare nell’edificio.

Applicala seguendo le istruzioni ;).

Nadia”

“Oh, Nadia!” esclamai, sorpresa.

Beh, forse non avevo una bella cera e a causa dei ritmi frenetici il mio viso non vedeva un po’ di crema da giorni e Nadia non voleva truccare un viso ruvido, oppure semplicemente era un tesoro e io non la meritavo affatto.

Rapidamente, scattai la foto al prodotto e gliela inviai ringraziandola, per poi dedicarmi finalmente a me stessa e a una missione impossibile: rilassarmi e stare tranquilla.

 

Nadia era davvero un tesoro, mi dissi quando mi ritrovai seduta nella sua stanza, nello stesso edificio della sala riunioni.

Avevamo messo le bibite in frigo e poi subito si era precipitata a prepararmi la base trucco con qualche crema.

Il suo modo di truccarmi mi rilassava, aveva dei pennelli morbidissimi che mi regalavano delle carezze magiche e dei prodotti meravigliosi.

Nel giro di quaranta minuti mi guardai allo specchio e spalancai gli occhi, sorpresa.

Ero io quella con i capelli in ordine e con un trucco nude ma d’effetto?

“Nadia ma... Cioè, non ho nemmeno mezza occhiaia, hai prosciugato il correttore?” domandai, avvicinandomi per guardare i dettagli, sempre più incredula.

“Più o meno. Hai bei lineamenti, con poco sforzo potresti davvero essere perfetta tutti i giorni” mi fece notare.

“Ma io di solito mi trucco, è che qui non ho mai tempo... Preferisco dormire fin quando posso” ammisi.

Lei rise e poi mi sistemò i capelli con cura.

Sembrava tranquilla, forse era l’effetto che le faceva truccare qualcuno, come succedeva a me quando traducevo.

“Dai, andiamo a preparare il cibo, per le dieci la serata finirà”.

“Ma faccio io, tu goditi il tuo giorno libero fino all’ultimo!”.

Mi ci volle tutta la forza del mondo per convincerla a starsene in santa pace, alla fine accettò e chiamai Saverio, che mi disse che era tutto ok e potevo evitare di presentarmi alla serata “Maschi contro femmine”.

Ne ero felice, perché per il mio bene dovevo imparare ad allontanarmi da Luca in modo da stare tranquilla e non crearmi false  aspettative.

 

 

Quando lo staff si riunì erano ormai  le undici passate, visto che qualcuno aveva dovuto controllare i ragazzi e altri avevano avuto problemi vari come chiavi che non si trovavano e ragazzi che litigavanotra loro.

Mi sentivo un po’ a disagio visto che io me ne stavo un po’ più tranquilla, vestita e truccata decentemente e loro ovviamente erano palesemente stanchi dopo una giornata piena di problemi e lavoro.

“Dai, sedetevi, ora ci riprendiamo un po’. Iniziamo con le birre?” proposi.

Nadia e Clara fecero per alzarsi ma io le stoppai.

“Faccio io!”.

Distribuii una birra ciascuno con patatine, muffins  e mini sandwich e vederli entusiasti per un piccolo cambiamento rispetto alle solite riunioni mi fece bene al cuore.

In un certo senso, non eravamo lì per me ma per celebrare tutto ciò che avevamo passato in quei sei giorni e che bene o male ci aveva unito in uno spirito di squadra.

Quando venne il momento di prendere la mia birra, un mano mi bloccò il braccio con delicatezza, mi voltai di scatto e vidi che era Luca.

Con la sua solita aria gentile, fece in modo da farmi allontanare dal tavolo, mi spostò la sedia per farmi sedere e iniziò a versare la birra in un bicchiere.

“Festeggiata, ora ci prendiamo noi cura di te” esclamò, porgendomelo.

Presi il bicchiere e mi sforzai di sorridere, quando in realtà avrei solo voluto sapere cosa aveva combinato con la quella spagnola.

“Comunque, prima che Alice diventi vecchia...”.

“Ehi!”.

“...Ci conviene parlare di domani” esclamò Saverio, guardando l’orologio.

Tutti annuirono e iniziammo a prestargli attenzione tra un sorso di birra e l’altro.

“Lezioni come al solito la mattina, pranzo e poi dritti ad Oxford Street, dove i ragazzi potranno fare shopping dove vogliono, visto che continuano a chiederlo. Questo, con il team inglese. Poi, con lo spagnolo, dalle diciassette alle diciotto e trenta, visita al Madame Tussauds. Ceneremo in città e torneremo dopo le ventuno come al solito. Non ci separeremo, saremo tutti insieme, quindi mi raccomando, specialmente al museo delle cere cercate di sorvegliare i ragazzi, non devono fare idiozie... Da oggi è iniziato il declino totale e ve ne siete accorti. Ci sono i gruppetti,  si credono amici da sempre e non esiteranno a fare cazzate per mettersi in mostra. Domande? Bene. Torniamo alla vecchiaia di Alice!” mi prese in giro.

“Io non invecchio, miglioro” mi difesi.

Li guardai uno ad uno e pensai per un istante ai miei genitori, a mia sorella, alle mie migliori amiche, al mio gruppo di amici... Per una volta non avrei spento le candeline con loro, per la prima volta mamma non mi aveva preparato la torta ed io non avevo perso giorni e giorni a cercare l’outfit perfetto per il compleanno.

Eppure il destino mi aveva fatto trovare un gruppo di gente allegra che condivideva la mia passione per i viaggi e con un grande spirito di adattamento e sacrificio.

“Grazie per essere qui, davvero. Ci conosciamo da una settimana ma mi sembra di conoscervi da molto di più” li ringraziai, sincera come non mai.

Quel gruppo di spostati poteva mai avere una reazione normale?

Certo che no.

Mario urlò “Abbraccio sandwich!” e si precipitò addosso a me, seguito dagli altri sette, con il risultato che mi ritrovai compressa tra un mucchio di gente che mi stringeva e dava vita al cosiddetto “Sandwich alle Alici”.

“Alice! Alice! Alice!” esclamarono, quasi come se fossimo allo stadio.

“Mancano pochi minuti, le candeline, su!” esclamò concitata Elena.

Prese la torta preconfezionata che avevo preso al supermercato e le candeline multicolore, ne prese giusto tre e le iniziò a posizionare sul dolce.

Io non sapevo cosa fare, nei minuti pre compleanno ero sempre imbambolata, come persa tra due mondi: il passato e ciò che sarà.

Ripensai alla sera del mio ventiquattresimo compleanno, quando a mezzanotte i miei amici mi avevano fatto trovare un cornetto con una candelina, alla vacanza last minute con la mia famiglia perché non avevo soldi per andare fuori con le ragazze, all’esame di Storia dell’Opinione Pubblica Europea che mi aveva destabilizzato psicologicamente, a quel “Conferisco il titolo di Dottoressa Magistrale...” che tanto avevo agognato...

Ed eccomi lì, con tutti che si davano da fare per me.

“Tre.. Due... Uno... Auguri Alice! Tanti auguri a teee, tanti auguri a te...”.

Saverio mi venne incontro con la torta e le candeline, l’appoggiò sul tavolo e mi disse: “Esprimi un desiderio”.

Avevo tanto da chiedere, ma mi ritrovai solo a pensare: “Per una volta voglio provare qualcosa di unico, non mi importa come e dove, voglio semplicemente sentirmi al settimo cielo e piena di speranza!” prima di spegnere le candeline.

Ci fu il solito applauso di rito, tutti mi abbracciarono e  riempirono dei soliti baci sulle guance a mò di auguri e, forse per suggestione, mi sembrò che l’abbraccio di Luca fosse il più lungo di tutti.

Lo strinsi a mia volta, seguendo il mio istinto, e quando ci separammo mi fece il solito occhiolino che ormai lo contraddistingueva.

“Sarà un grande anno per te, ne sono sicuro”.

“Magari” borbottai, con un’alzata di spalle. “Apriamo il vino, dai!”.

Mi passarono una bottiglia di rosso, la aprii facendo sì che il tappo colpisse accindentalmente Clara e bevemmo con tanto di brindisi.

“Tanti auguri a me... Ma il brindisi va a voi che vi state comportando come una famiglia, grazie di tutto!” esclamai, prima di bere il contenuto in un sorso, facendo ridere Salvatore.

“E come una famiglia ti abbiamo preso un pensierino” esclamò Elena, prendendo un pacchetto da un cassetto.

Era una busta di Forever21 ed io, incredula, mi portai le mani alla bocca.

“Tralasciando che non sei più 21, speriamo ti piaccia” disse Salvatore.

“Ragazzi” esclamai, toccata, tanto da ignorare la battuta, “Siete un tesoro, non dovevate!”.

“Così avrai un nostro ricordo” disse Saverio, gentile come non mai.

“Oh!”.

Mandai un bacio verso tutti e mi precipitai ad aprire il pacchetto, scoprendo che si trattava di un carinissimo mini abito azzurro con delle maniche velate.

“Ma è stupendo!” esclamai, davvero senza parole.

“Provalo, vai in bagno, vediamo come ti sta! Così se non va bene abbiamo sette giorni per cambiarlo”.

“Sì, poi sei anche truccata, sarai una bomba!” esclamò Nadia.

“Ah, ecco perché eri più carina” mi prese in giro Mario.

Ero così presa dall’emozione e da mille sentimenti contrastanti che non badai alle loro solite battutine, andai in bagno e ringraziai il cielo di aver avuto il tempo di passare rapidamente la lametta sulle gambe dopo una settimana.

Stavo iniziando i miei venticinque anni così, in un bagno, mentre mi cambiavo d’abito per provarne uno di Forever21.

Mi spogliai, presi il vestito, pregai in tutte le lingue che conoscevo che mi andasse bene e lo infilai, sentendomi subito fasciata da quel tessuto morbido.

Mi andava bene, era più stretto verso il seno e scendeva morbido sui fianchi.

Ovviamente, le scarpe da ginnastica che avevo non c’entravano nulla, ma me ne fregai e uscii dal bagno super sorridente, sotto lo sguardo felice e soddisfatto di tutti.

“Ma che bella!”.

“Sei stupenda!”.

“Fotooo! Metto l’autoscatto!” esclamò prontamente Mario, che era il più social di tutti.

Mise l’autoscatto mi fece posizionare al centro e tutti si strinsero a me, sorridendo.

“Aspetta, la torta, reggila!” aggiunse Nadia, premurosa, porgendomela, facendo arrabbiare Mario che fu costretto a rimettere il conto alla rovescia.

Dieci secondo dopo, con facce buffe e divertite, eccola lì, la foto che attestava che, davvero, ci stavamo divertendo in modo semplice e genuino.

Finimmo di bere e di mangiare e poco prima dell’una dei rumori insistenti al piano superiore ci fecero capire che dei ragazzi si stavano dando alla pazza gioia.

“Andate pure, pulisco io” dissi quindi, rendendomi conto che domani si lavorava ed era già tardi.

“Vado io” disse Salvatore.

“Ti accompagno” si aggregò Clara.

“Voi altri andate, ragazzi, davvero. Grazie ancora per il regalo, lo adoro!” esclamai.

Elena e Nadia provarono ad aiutarmi ma feci loro segno di andarsene, così seguorno gli altri.

Presi varie lattine vuote, residui di carte e quando mi voltai per andare verso la pattumiera sobbalzai nel vedere che anche Luca era lì, stava raccogliendo i bicchieri.

“Luca, vai con gli altri” dissi.

“No, non è giusto che tu stia da sola. Poi oggi non ci siamo proprio visti... Il vestito l’ho scelto io con Paula, è stata lei a consigliarci Forever21 quando ha saputo del regalo” spiegò, fin troppo rapidamente, quasi saltando qualche sillaba.

“Che gentile” commentai, desiderando solo di muovermi e di uscire da lì.

Un monologo su Paula non me lo meritavo proprio!

Presi i coltelli e le posate di plastica e li gettai nell’apposito contenitore.

“Non ti sta simpatica, eh?” osservò.

“Luca, onestamente... Se vuoi parlare di Paula trova qualcuno a cui interessi, magari uno dei ragazzi” sbottai, prendendo la bottiglia di vino e gettandola con troppa energia nella spazzatura.

“Alice...”.

“Luca, io e te non ci conosciamo” lo bloccai, parandomi le mani davanti per bloccarlo.

Lui mi si avvicinò, fronteggiandomi, incuriosito.

“No?”.

“No! Non so niente di te, così come tu non sai niente di me...”.

“Forse non so cosa hai fatto nella tua vita fino ad ora, ma so che sei nata l’otto luglio del novantadue, che sembri insicura ma hai una decisione e una determinazione di ferro, che non sai startene calma se sai che c’è qualcosa che ti turba, che sei super appassionata di ciò che fai, che sei buffissima in certi momenti ma è ciò che ti rende unica, so anche che mentre lavori sorridi ogni tanto senza motivo e... Ah, che odi i cetriolini degli hamburger. Dimmi, quindi, non so niente di te e...?”.

Abbassai le mani, sorpresa, e mi appoggiai con le mani al tavolo retrostante.

“E... Non mi piacciono le persone incoerenti” sussurrai, sentendo di star dicendo una cazzata colossale.

“Ok, e cosa c’entra con me?”.

“C’entra! Dici che non ti piace Paula e poi sembrate pappa e ciccia” esclamai, a voce più alta del dovuto, tanto che poi mi tappai una mano con la bocca.

“E questo ti infastidisce?” domandò.

“No, no! E’ che...”. Non sapevo cosa dire, sentivo la gola secca, come se avessi ingerito del vetro, probabilmente ero arrossita e sembravo paonazza. “Prima vieni nell’ufficio a dire che lei non ti piace, che non manderesti tutto all’aria per lei, e poi...”.

“Infatti non mi piace, Alice” sussurrò, fin troppo convinto.

“Ma dai! Si vede lontano un miglio! Ridi alle sue battute, oggi te ne stavi incollato a lei...” puntualizzai, infervorata, lasciando ogni parvenza di decenza umana.

Oggi, infatti. L’ho assecondata perché ci ha aiutato con il regalo e più te lo vedo addosso e più mi convinco di aver fatto bene. Ma gli altri giorni, Alice...”.

“Gli altri giorni cosa?” lo sfidai, senza capire.

Luca esitò, si guardò intorno, si inumidì le labbra e poi mi guardò dritto negli occhi.

“Ieri ti ho proposto di dirci chi ci interessava, no?” disse lentamente, abbassando il tono. “E io ora voglio onorare questa proposta”.

“Dicendomi che ti sei sbagliato e che ti piace Paula” finii per lui, alzando gli occhi al cielo.

Mi bloccai così, lo sguardo rivolto verso l’alto, le braccia aperte e immobili.

Senza dire altro, Luca mi aveva preso il volto tra le mani e mi aveva baciato, appoggiando le sua labbra sulle mie con tutto fuorché discrezione e coinvolgendomi in un bacio inizialmente timido.

Dopo non so quanti secondi si separò, appoggiando la sua fronte contro la mia e continuando a guardarmi, questa volta sorridendo con tenerezza.

“Mi piaci tu, Alice. Tu. Forse da quando abbiamo litigato sotto la pioggia, non lo so... So solo che quando devo pensare  a lavorare ti cerco con lo sguardo e oggi la mia priorità era coinvolgere tutti per il regalo” sussurrò, in un modo che però per me risultò come un urlo.

Ero immobile, senza parole.

Possibile?

Uno che mi piace che prova lo stesso e me lo dice quasi subito?

Stavo forse sognando?

“Luca... Ma no, voglio dire, le cose non tornano, tu...”.

“Cosa non torna? Alice tu mi stai distraendo e io odio sentirmi così, mi sembra di non avere il controllo della situazione, del mio lavoro! Ecco perché magari ho fatto l’idiota, pensavo di sbagliarmi ma non è così. Mi stai facendo impazzire, Alice” confessò, riavvicinandosi di nuovo al mio volto e ribaciandomi con slancio.

Decisamente tra le nuvole, con il cuore che mi martellava in petto, gli circondai il collo con le braccia e lo strinsi a me mentre rispondevo al bacio con una passione che non credevo di possedere.

Finii seduta sul tavolo alle mie spalle, con Luca che continuava a non separarsi da me e scendeva a darmi piccoli baci verso il collo.

“Penso sia palese che mi piaci anche tu” sussurrai, con il fiato corto, quando si separò da me.

Il cuore mi si riempì di gioia quando vidi il suo volto mutare, diventare pieno di felicità.

“No, non è palese, fidati, temevo mi rifiutassi” borbottò, facendomi ridere. “Domani pomeriggio saremo tutti liberi mentre i ragazzi fanno shopping, vieni con me a fare un giro?” propose, mentre mi aiutava a scendere dal tavolo.

“Non temi che ci vedano?”.

“Non mi importa di rischiare, poi tanto Oxford Street è immensa. Voglio davvero passare del tempo con te senza nessuno tra le scatole” mi implorò, per poi stringermi a sé.

“Va bene” acconsentii, decisamente frastornata e incredula.

Mi lasciai stringere e appoggiai la testa sulla sua spalla, mentre lui mi posava di nuovo un bacio sulla spalla, questa volta più sicuro di sé, come aveva fatto quando avevamo ballato.

I miei venticinque anni erano iniziati davvero bene.

 

 

*°*°*°°*

Lunedì, nuovo capitolo!

Eh sì, andiamo subito al sodo... Luca ci sta, eccome se ci staaa!

Cosa ne pensate? Io ho fangirlato molto mentre scrivevo, ho cambiato mille volte idea e alla fine ecco qui il capitolo nella sua versione definitiva.

Alice è piena di dubbi, fa la gelosa, poi decide di non farci caso, e poi... Tadà, Luca onora la sua promessa di dirle chi gli piace.

Cosa succederà ora?

Vi dico solo che per vari motivi il settimo capitolo è il mio preferito.

Grazie a chi continua a seguire la storia, non siate timidi e fatemi sapere che ve ne sembra della piega che stanno prendendo le cose, su!

A lunedì,

milly.

  
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