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Autore: FatSalad    12/09/2017    5 recensioni
Spartaco è giovane, bello, spiritoso, laureato, con un contratto a tempo indeterminato e con un “superpotere”: quello di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna senza fare assolutamente niente.
Il rovescio della medaglia di una capacità del genere, però, è che Spartaco è incapace di costruire rapporti di amicizia con le ragazze e, soprattutto, quando si scoprirà completamente e perdutamente innamorato si renderà conto di una cosa: non ha assolutamente idea di come si conquista una donna.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'altra parte dello schermo'
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«Possiamo pranzare insieme, oggi?»
Forse i cervi avevano cominciato a pascolare in cielo e il mondo a girare al contrario, perché non era possibile che nel giro di pochi minuti Irene avesse cominciato a sorridergli e lo avesse invitato a pranzare con lei. Spartaco provò una sensazione come di soffocamento, palesata all'esterno solo dai suoi occhi che presero a vagare per qualche secondo in cerca di una via di fuga.
«Certo!» rispose infine.
Nessun'altra alternativa gli era magicamente saltata in mente.
Lavorò con quel pensiero fisso in testa, continuava a immaginarsi possibili scenari e conversazioni, preparava risposte ad effetto a domande come “Stiamo insieme, adesso, vero?” o simili, cercando di rimanere affabile e simpatico anche nel rifiuto. Perché l'espressione che le aveva visto sul volto quella mattina somigliava spaventosamente agli sguardi adoranti che gli avevano lanciato le ragazzine quella volta che si era vestito da Leonida solo per poter urlare “Questa è Sparta!” e mostrare gli addominali scolpiti. Eh, quanto era vanesio a quel tempo... ma non doveva perdere la concentrazione in quel momento!
Era stato un cretino a baciarla, ma non voleva diventare anche uno stronzo. Le avrebbe parlato e avrebbe chiarito la situazione tra loro, ovvero che non ci sarebbe stata nessun'altra “situazione”. Intervallava ogni “Andrà tutto bene” di conforto ad altrettanti “Sono un cretino!” di abbattimento. Sapeva per esperienza, infatti, che molte ragazze si innamoravano per un bacio e Irene, con quel suo sorriso a sorpresa, poteva anche rivelarsi una romantica di prima categoria.
Infine giunse l'ora della pausa pranzo. Spartaco, sudando freddo, si alzò dalla sedia e si avviò verso l'ascensore come un condannato incontro al patibolo e, ugualmente disperato, valutò in fretta le possibilità di scampare il prefissato incontro.
Rifugiarsi in bagno, gettarsi contro qualcosa di duro sperando di procurarsi ferite gravi, mentire. Scartò ognuna delle ipotesi con la stessa velocità con cui gli erano sovvenute: inconcludente, doloroso, inutile.
Niente da fare, rimaneva solo da affrontare la situazione da bravo adulto serio e responsabile. Si passò una mano tra i riccioli neri per darsi coraggio e si avviò verso l'uscita. Si sentì di nuovo mancare quando vide Irene ad aspettarlo fuori dalla grande porta di vetro del palazzo. Ancora di più quando la vide girarsi verso di lui e sorridergli lievemente, di nuovo.
«Vieni, ti porto nella mia pizzeria preferita!» lo informò allegra, senza chiedere la sua opinione.


«Sembra che domani il tuo ufficio al sesto piano tornerà agibile. Onestamente non mi fidavo troppo, ma sembra che i muratori rispetteranno la scadenza.»
Spartaco si limitò ad annuire con un verso gutturale.
Erano seduti da cinque minuti ed era ancora decisamente troppo teso per i propri standard. Irene stava provando a far conversazione da sola e aveva già detto più frasi in quei minuti di tutte le altre volte che l'aveva incontrata messe insieme. Il modo in cui si sforzava non faceva che avvalorare la sua ipotesi: Irene credeva di essere diventata una persona speciale per lui, dopo quello stupido bacio. E se gli avesse chiesto un bis? Che poteva fare?
Il pensiero lo fece strozzare con la propria saliva e tossicchiò.
«Tutto bene?» chiese Irene, le sopracciglia tese a creare una rughetta sulla fronte.
«Sì, è... l'aria condizionata.» mentì Spartaco, con un borbottio colpevole.
Un cameriere con la polo verde mela e il passo svelto li raggiunse e lasciò davanti a loro due pizze fumanti. Avevano un odore squisito, ma a Spartaco fecero venire la nausea.
«Dunque» riprese Irene, mentre tagliava la propria pizza, con tono meno leggero di prima.
Spartaco si preoccupò e si sistemò meglio sulla sedia, chi mai cominciava i discorsi con “dunque” se non voleva dire qualcosa di serio o di minaccioso?
«Ti sarai accorto che non sono molto sveglia, cioè, nel mio lavoro lo sono a sufficienza, ma per tutto il resto sono sempre un po'... diciamo addormentata.»
“Sì, me ne sono accorto...” pensò Spartaco, ben attento a non esprimerlo ad alta voce.
Non era esattamente ciò che si era aspettato e non capiva dove la ragazza volesse andare a parare con quella premessa. Non avere la situazione sotto controllo lo mandava in crisi: non sapeva che difesa o contrattaco preparare.
«La verità è che ho dei tempi un po' lunghi, soprattutto quando si tratta delle persone. Avvicinarmi a qualcuno, entrare in confidenza sono cose che per me richiedono molto tempo e puoi anche credere che io sia un'asociale o che abbia problemi relazionali, fai pure. - Spartaco deglutì, si accorse che Irene usava le mani per gesticolare freneticamente, per sciogliere la tensione o solo per spiegarsi meglio, perché ciò che stava dicendo la rendeva evidentemente nervosa - Insomma, questo discorso ingarbugliato era per dirti che, anche se ci ho messo un po' di tempo, sono contenta di essermi fidata di te, l'altro giorno. Cioè... io mi fido di te. Quindi, ecco, volevo ringraziarti e parlare di venerdì...»
Ok, il discorso stava diventando pericoloso e i suoi occhi troppo languidi. Spartaco la interruppe prima che potesse confidarsi in modo più aperto e in senso più romantico. Non voleva un'altra Camilla, meglio mettere subito in chiaro le cose e togliere il cerotto con uno strappo netto, soprattutto adesso che voleva provare a far funzionare le cose con Lilla.
Posò forchetta e coltello per sottolineare la solennità delle parole che stava per pronunciare e si decise ad affrontare la questione di petto.
«Senti, Irene, non voglio prenderti in giro, ma, onestamente, quel bacio per me non aveva alcun valore, mi sono solo lasciato trasportare dal momento, dalla situazione, tutto qua. Anzi, ti chiedo scusa, non so cosa mi è preso e ti giuro che io non sono... così. Diciamo che ci siamo dati un bacetto e amici come prima, d'accordo?»
Irene lo guardò con occhi sbarrati per tutta la durata del discorso, per poi abbassare lo sguardo non appena il ragazzo ebbe finito. Sembrava in imbarazzo. Spartaco se l'era immaginato, ovviamente, sperava solo che le passasse in fretta, non si immaginava però di vedere a poco a poco la vergogna lasciare il suo volto, sostituita dall'indignazione.
«In verità quello l'avevo già dimenticato e anzi non pensavo che ci fosse ragione di tornarci sopra, per me era chiaro che fosse stato un incidente di poco conto. Quello che volevo dirti è che mi sono fidata di te prima. Anche se non ti avevo incontrato come Kilowatt perché non potevo credere che Corto fossi proprio tu, alla fine ho deciso di dirti la verità pur non sapendo come avresti reagito e anche se era il momento peggiore. Sinceramente mi aspettavo che anche tu fossi contento ora di poter parlare con me al di fuori della chat, da “amici come prima”!» concluse stizzita, alzandosi dal posto e voltandogli le spalle.
Oh, dunque lei parlava forse dell'abbraccio, del modo in cui l'aveva “salvata” dallo sgradito adulatore e di come quel gesto l'avesse convinta a rivelargli che era lei a celarsi dietro il nickname Kilowatt.
«Ehi, dove vai?» le urlò dietro il ragazzo, interdetto da quella sua reazione.
«In bagno, posso?» rispose Irene ancor più infastidita.
Spartacò la sentì sussurrare un “Narcisista!” a denti stretti, o forse era solo la sua immaginazione.
Che caratterino impossibile! Una “con problemi relazionali”, oh, sì, poteva scommetterci che se non l'avesse già fatto prima adesso l'avrebbe pensato di sicuro. Prendersela tanto solo perché lui voleva mettere le cose in chiaro! Dio, com'era suscettibile quella ragazza! E poi come poteva definire “incidente di poco conto” ciò che era successo in quello stanzino puzzolente di fogli vecchi?
“Sbaglio o ti sei lasciata baciare?” discuteva tra sé e sé. “E per qualche minuto buono! Hai risposto pure al bacio...” pensò il ragazzo, ritornando con il pensiero a quel pomeriggio di pochi giorni prima, ripensando al modo irruento con cui aveva spinto le labbra su quelle di Irene, a come lei aveva trasalito, sorpresa, a come si era sciolta tra le sue braccia e sotto le sue labbra.
Si era lasciata schiudere le labbra, aveva permesso che le loro lingue si incontrassero e che una mano le si posasse sul fianco per avvicinare maggiormente i loro corpi. Spartaco avrebbe giurato che un brivido le avesse percorso la schiena, quando era avvenuto quel contatto.
Si stava preparando un bel discorsino da farle non appena la collega fosse uscita dalla toilette, mentra tagliava con foga la pizza, ma fu costretto a ingoiare ogni singola parola insieme alla saliva, quando la vide tornare calma e rilassata.
«Scusami - gli disse prima ancora che lui avesse avuto il tempo di registrare la sua mutata espressione. - Facciamo pace col mignolino e non se ne parla più?» propose con dolcezza mista a furbizia in quegli occhioni da bambina, guardandolo da sopra gli occhiali.
Spartaco annuì senza riuscire ancora a spiccicare parola, dandone la colpa ad un pezzo di pizza che gli si era incastrato in gola. Allungò il dito mignolo verso quello teso della ragazza che a quel punto distese il volto in un sorriso più ampio, più innocente e Spartaco sbuffò divertito dall'assurdità di quella situazione, ma allo stesso tempo capì.
Capì di essere un emerito cretino, di aver sbagliato tutto e di adorare quel sorriso.


Nonostante non fosse iniziato nel migliore dei modi, quel pranzo si rivelò piacevole. Entrambi erano più distesi dopo aver, in successione, alzato la voce, raggiunto un chiarimento e fatto pace e Spartaco era tornato quello di sempre, amichelvole e alla mano.
«Ehi, secondo te com'è possibile che io e te, senza conoscerci, ci siamo incontrati tramite un gioco online e siamo finiti a lavorare nella stessa compagnia?» chiese il ragazzo ad un certo punto.
«Coincidenze?» fece Irene alzando le spalle.
«Non esistono coincidenze quando si parla di Internet.» affermò Spartaco come se si trattasse di una massima.
Entrambi però sapevano che era vero, sapevano come funzionavano i cookies e gli algoritmi dei motori di ricerca e si misero a pensare ad interessi comuni e ricerche simili che avrebbero potuto svolgere sul web.
«Sei per caso andato a scula al liceo Fermi?»
Spartaco scosse il capo e Irene guardò il soffitto e arricciò il naso, cercando altre possibilità, ma si arrese in fretta.
«Allora, così su due piedi, non so, a meno che tu non abbia ordinato tre set di padelle antiaderenti dallo stesso sito negli ultimi tre anni non ne ho idea. Dubito che tu fossi iscritto alla newsletter di “Lana e Cucito”.»
Spartaco sgranò gli occhi e scoppiò a ridere. La prese in giro qualche minuto per il suo hobby così “classico”, ma a lei sembravano non dare fastidio le sue battute, per fortuna.
«Magari qualche amicizia in comune?» propose il ragazzo quando ebbe finito di ridacchiare.
Nella sua testa aveva già escluso l'idea che fossero entrambi appassionati di calcio, scuba diving o windsurf, anche se non lo disse ad alta voce per paura che la ragazza potesse in qualche modo offendersi.
«Può essere.» concordò Irene dopo aver scrollato le spalle.
Spartaco controllò l'orario e annunciò che era tempo per loro di tornare a lavorare. Si attardò solo un attimo per inviare un messaggio a Lilla: se voleva fare le cose per bene doveva farle sapere che pensava a lei.
Raggiunse poi Irene alla cassa e notò che la collega stava pagando per entrambi.
«Ehi, che stai facendo?» chiese lui, cercando di impedirglielo.
«Troppo tardi: ho già pagato.»
Irene gli rivolse una specie di sorriso senza mostrare i denti e si avviò verso l'uscita. Spartaco provò a rendergli il buono pasto che non gli aveva fatto spendere, ma lei si rifiutò categoricamente di accettarlo. Allora Spartaco si bloccò e smise di protestare.
«Aspetta, per caso... per caso mi hai offerto il pranzo per fare ammenda? Per farti perdonare quel pomeriggio in cui Kilowatt non si è fatta viva?» chiese, intuendo le sue intenzioni.
«Certo che era per farmi perdonare!» rispose Irene voltandosi verso di lui e continuando a camminare all'indietro.
«Mezz'ora di una pausa pranzo contro le due ore che mi hai fatto aspettare quel sabato non mi sembrano una proporzione equa...»
«Beh, potevi andartene prima di due ore! - disse la ragazza sbuffando – E va bene, allora per farmi perdonare ti dedicherò le due ore che ti devo questa domenica, ok?»
«Domenica ho il pranzo dai miei e una partitella. Che ne dici di sabato sera?»


Appena una settimana prima Spartaco non avrebbe mai creduto di poterlo pensare, ma non vedeva l'ora di vedere Irene.
Per tutta la settimana Lilla non si era fatta sentire, esclusi un paio di messaggi assai brevi e laconici, e se era una specie di test di resistenza che la ragazza aveva ideato per lui aveva tutta l'intenzione di superarlo. Ciò non toglieva che fosse un tantino infastidito da quel comportamento.
A lavoro invece erano tornati i “tempi di fuoco”, non solo perché aveva tanto da fare ora che qualche collega andava in ferie, ma anche perché, come previsto, era tornato nel vecchio ufficio al sesto piano, con il suo “fedele” ventilatorino, le ascelle costantemente pezzate e un Sergio soddisfatto e puzzolente a pochi metri di distanza.
Il trasferimento dal terzo piano significava anche che non vedeva più tanto spesso Irene, ironia della sorte, prorpio quando i due si erano riscoperti amici. In quell'ambiente noioso doveva ammettere che un'alleato non gli sarebbe dispiaciuto, ma purtoppo aveva poche occasioni di vedere la novellina. Almeno avevano ripreso a chattare come sempre, anzi, molto più disinvolti e sereni del solito, consapevoli che il loro rispettivo amico non era più solo un automa senza volto che rispondeva ai messaggi, ma una persona conosciuta in carne ed ossa.
“Allora ha la patente” pensò non appena la vide arrivare al pub alla guida di una vecchia twingo blu.
Era talmente caldo che il locale pullulava di persone fuori, sui marciapiedi, mentre all'interno era semideserto. Quello era il vantaggio di costruire un pub in una zona così fuori mano e poco trafficata: che la gente poteva riversarsi direttamente sulla strada senza rischiare di lasciarci le penne ad ogni respiro.
D'istinto Spartaco alzò un angolo della bocca e aspettò Irene mentre scendeva dall'auto. Fece un passo verso di lei, distaccandosi dal gruppetto di amici e la salutò.
«Niente vestitino, oggi?» chiese retorico prima di lasciarle due bacetti sulle guance.
«I vestiti sono scomodi, li indosso solo in occasioni particolari.» si giustificò lei inclinando la testa senza restituire i baci.
«E incontrare me non era abbastanza?»
Irene lo squadrò da capo a piedi, soffermandosi sulle sue sopracciglia contratte in un'espressione sorniona, fingendo di pensarci su.
«No.» rispose alla fine con un'espressione enigmatica che lo fece ridere.
«Vieni, ti presento ai miei amici.» le disse poi, facendole strada verso il gruppetto di ragazzi fuori dal pub.
Non si accorse che a quelle parole Irene si era irrigidita, o forse preferì non notarlo.
«Sono bravi ragazzi, stai attenta solo a Michele...» continuò Spartaco, con un sorriso malizioso.




Lunedì sera, ore 21:27
- SpartaCorto, sai cosa ho pensato? Che bastava scorrere le vecchie conversazioni per trovare i nostri interessi comuni! Ho fatto una piccola prova e ne ho tratto le seguenti informazioni:
negli ultimi tre anni abbiamo visto 7 film uguali al cinema,
abbiamo letto 2 stessi libri,
ci siamo scambiati 26 link di video vari su youtube,
abbiamo parlato di un sacco di videogiochi e di consolle.
Direi che come “interessi comuni” sono abbastanza da permettere ad un pc di proporci lo stesso gioco di ruolo online, che dici?
- Dico che se mi chiami un'altra volta SpartaCorto trovo il modo di farti pentire e dico che ti sei scordata una cosa.
- Cosa?
- Tieniti forte, perché ti stupirò... Siamo entrambi ingegneri.
- …
- Irene? Non pensavo di stupirti a tal punto...
- Oddio, l'università! Non sei un cretino come pensavo, dopo tutto...
- Anche io ti apprezzavo di più quando eri solo Kilowatt, Irenuzza.
- Era un complimento! Linguaccia!
- Specchio!
- Ecco, se non ti conoscessi adesso sarebbe uno di quei momenti in cui mi chiedo se sei ancora minorenne
- Ehi, hai iniziato tu con le linguacce!
- Lamentarsi e dare la colpa all'avversario: molto maturo.
- Uff... e va bene, avete vinto la contesa, o amabile e matura signoria vostra!
- Kilowatt: 1 – SpartaCorto: 0
- Ingrata!



Il mio angolino:
Qualche problema col pc ha rallentato l'aggiornamento, ma niente panico, ci sono!
Alla prossima,
FatSalad
   
 
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