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Autore: Atheleia    12/09/2017    1 recensioni
Un gruppo di persone viene rapito e trasportato in una struttura sconosciuta, diventando quindi cavie di un progetto di cui, attualmente, non si hanno informazioni: l'AGame.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ancora una volta, dopo l'ennesima promessa di dormire per un tempo adatto a sopravvivere alla giornata, finisco per essere la compagna preferita di quel mostro che è diventato la mia insonnia, complici le auricolari. Mi sotterro sotto il piumone, usandolo come scudo contro la realtà, illudendomi che la musica possa dilatare il tempo, che mi lasci prendere fiato e staccare la spina davvero. Un tempo avevo il sonno, un coma di circa 6 ore che mi permettevano di non impazzire; ma il tempo passa, l'ansia si accumula e il mio cervello continua a elaborare decine di incubi a notte.

Il mio momento è questo: un tempo incalcolato tra la veglia e la lenta scivolata verso il sonno, quando anche il mio fisico si arrende ai comuni bisogni di ogni uomo. Il momento in cui tutti i pensieri sono liberi di viaggiare per la mia mente senza logorarmi. Il momento in cui abbandono la mia solita freddezza, e i miei sentimenti, favoriti dal buio, mi sorprendono, raggiungono il mio petto e il mio stomaco, facendomi sentire umana e viva, anche se per poco, anche se non è felicità. Ripudiare ogni tipo di reazione irrazionale ti divora dentro, ti invecchia, ti toglie ciò che sei e ti rende una macchina, perciò anche cinque minuti durante i quali le lacrime riscaldano le mie guance sono una benedizione rara.

Le mie dita cercano la compagnia del lenzuolo, nel posto che vorrei fosse occupato da qualcuno. Nessuno in particolare comunque: il mio modo di vivere, come è possibile immaginare, non mi porta a instaurare dei buoni legami.
Probabilmente ho solo conoscenti. Non ho un amico di infanzia, o un punto di riferimento, o qualunque altro legame che vada oltre il "ciao, come va?", e soprattutto la risposta che tutti diamo quando siamo troppo stanchi per spiegare cosa succede nella nostra vita: "bene, e tu?".

Lascio che le mie palpebre si chiudano e che permettano alla mia mente di creare i soliti incubi nei quali vengo inseguita, cacciata e uccisa nei modi piú disparati. Sprofondo in uno stato di sonno, rimanendo vagamente cosciente per un po’ di tempo, finchè il vento freddo della notte non raggiunge i miei piedi - fin troppi sensibili - e mi costringe ancora una volta a nasconderli sotto le coperte. Apro gli occhi inutilmente; la mia vista è annebbiata dalla stanchezza, perció inizio a tastare accanto al mio corpo, percependo solo la superficie liscia e fresca del metallo.
Cerco piú volte, finchè il mio cervello non è in grado di realizzare che il mio letto ha un materasso e di certo non ferroso.

Mi metto a sedere infastidita mentre i miei pensieri, interrotti dagli sbadigli, cercano di incastrarsi e realizzare uno scenario plausibile.
Stropiccio gli occhi per pulirli dalla patina acquosa creata dalle lacrime - stavolta causate dalla stanchezza - e mi guardo intorno.
Mi trovo in una stanza completamente metallica, con l’unica compagnia di una porta e di un tavolino, tutti dello stesso materiale e colore. È completamente sterile, non ci sono decorazioni o forme particolari che la rendano riconoscibile. È tutto perfettamente normale, e non nascondo che un posto tanto anonimo quanto generico mi metta addosso una certa ansia; per fortuna, appena sveglia sono insensibile alla vita perchè troppo occupata a rimanere in piedi, quindi è un pensiero che svanisce in fretta.

Sorpresa e confusa, ma impassibile, mi alzo e mi accorgo di essere ancora in pigiama. E non con un pigiama, ma IL pigiama, quello imbarazzante che ognuno di noi si porta dietro da anni. Effettivamente devo essere stata rapita in queste condizioni, non so se sentirmi imbarazzata o divertita, non conoscendo la gravità della situazione.
Non avendo nulla da fare oltre che immaginare un rapitore con in braccio una ragazza vestita di maialini sul tessuto rosa confetto, cammino verso il tavolino e, sorpresa, ci trovo un camice giallo col taglio di un cappotto: bottoni laterali, tessuto pesante, spacco a v non troppo profondo sul petto. Mi scappa un accenno di risata. Potrebbe essere un modo carino di dirmi che dovrei cambiare vestiario? Intanto mi spoglio e lo indosso sopra l’intimo, essendo abbastanza caldo e guardabile da rendermi decente anche in questo stato. Sono anche scalza, ma inizio a pensare che il come appaia non sia una priorità al momento.

Mi guardo ancora intorno, non c’è davvero nulla oltre la porta, quindi l’unica alternativa intelligente mi sembra avvicinarmici. Cammino in fretta ma ho il passo leggero, quindi la stanza è completamente silenziosa, il che rende in grado di sentire il tessuto del cappotto strofinare contro quello della manica.
Mi avvicino e tasto la porta, cercando una maniglia nascosta, non avendone una. Noto che è completamente sigillata con dei ganci, probabilmente automatici e comandati a distanza poichè non ci sono modi di ordinarne l’apertura e la chiusura dall’interno.
Non mi dispero comunque: non ci sono pericoli e potrei tranquillamente tornare a dormire per terra per quanto mi riguarda.

Passeggio per la stanza per aiutarmi ad ordinare i pensieri, ma ho troppe poche informazioni quanto ció che sta accadendo. Non mi sembra di aver mai visto qualcosa del genere. Mi ricorda vagamente un laboratorio medico per l’essenzialità e la pulizia, ma non ci sono strumenti che possano confermare la mia tesi. Potrebbe essere un luogo ad alta sicurezza, simile alle celle dei manicomi, ma anche questa è una supposizione come un’altra.

Un tonfo proveniente dalla parete a destra della porta interrompe i miei pensieri. Dopo qualche secondo si susseguono una serie di tonfi irregolari. Mi avvicino quindi, curiosa di quel che stia avvenendo; normalmente sarei spaventata probabilmente, stranamente mi sento tranquilla e distaccata da ció che avviene attorno a me, dovuto al fatto che sono ancora vagamente assonnata e quindi non troppo attiva.
Avvicino l’orecchio alla parete per cercare di capire cosa stia succedendo, ma il suo spessore mi permette di distinguere soltanto dei mugugni incomprensibili; per lo meno c’è un’ottima probabilità che sia una persona, il che, non nascondo, mi rassicura un poco. Probabilmente qualcuno è in preda al panico e ha perso il controllo della situazione e sta prendendo a pugni la parete.

Una sirena si sovrappone ai rumori, i quali cessano dopo qualche secondo. Proteggo i miei timpani con le mani. Continua per molto finchè, dopo 10 secondi circa, inizia a risuonare piú velocemente, fino ad essere insopportabile. Fisso la porta d’istinto. Non c’è altro che possa avvisare la sirena oltre che la sua apertura. Entro in uno stato confusionario, non sapendo quanto stia accadendo; ma soprattutto ció che è il centro delle mie preoccupazioni in questo istante è chi o cosa possa esserci all’esterno.

Cala di nuovo il silenzio. Porto le mani lungo i fianchi.
Aspetto.
Un unico ma fastidioso rumore secco e metallico rimbomba nella stanza. I ganci che prima tenevano la porta si aprono tutti contemporaneamente, al che questa viene aperta automaticamente - probabilmente controllata in remoto.

Rimango immobile, aspettando che qualcosa accada, sbirciando l’oscurità che si intravede dall’apertura. Il battito cardiaco aumenta abbastanza da farmi capire che l’angoscia ha iniziato ad impossessarsi del mio corpo.
Aspetto ancora. Probabilmente è piú sicuro rimanere esattamente dove sono. Chiudo gli occhi, sperando di svegliarmi nel mio letto.

Una voce robotica mi costringe a riaprire le palpebre di colpo.


«Gli AG gates sono: aperti. Tempo rimanente fino alla chiusura: 50 secondi. I partecipanti che non raggiungeranno il gate entro il tempo prestabilito verranno penalizzati.»


Silenzio.


«Timer: attivo.»


Si sentono altri tonfi regolari che pian piano si allontanano, stavolta alla mia sinistra, mentre a destra è cessato tutto. Se prima ero convinta di poterci ragionare su, ora nella mia mente c’è posto per la confusione e nient’altro. Mi guardo intorno in preda alla tachicardia, che aumenta di secondo in secondo. La sonnolenza mi aveva aiutato a gestire l’ansia, ma ora ormai è andata.


«30 secondi.»


Non accade nulla. Ripeto a mente di stare calma, come un mantra, e che non c’è nulla di potenzialmente pericoloso - fino ad ora almeno. Deglutisco e muovo qualche passo verso la porta.


«20 secondi


Accelero il passo e raggiungo l’esterno della stanza, superando la porta, che si chiude alle mie spalle; come per l’apertura, i ganci si richiudono contemporaneamente e la sigillano.
Davanti a me vedo solo un lunghissimo corridoio metallico, completamente vuoto, meno che per due pannelli ai miei fianchi.


«10 secondi.»


Corro dritto davanti a me: ho la netta sensazione stare ferma ormai non mi porterà piú nulla di positivo. I pannelli laterali si illuminano man mano che procedo, creando una scia luminosa.


«5 secondi


Intravedo un altro tipo di porta, il quale perimetro è segnato dallo stesso tipo di materiale dei pannelli, che si illuminano non appena mi ci trovo di fronte. Un rumore di sblocco, simile a quello dell’apertura di un lucchetto di grandi dimensioni, precede l’apertura della stanza successiva, completamente buia.


«3 secondi.»
«2 secondi.»
«1 secondo.»


La porta si sigilla alle mie spalle non appena termina il conto alla rovescia.


«AG gate chiusi. Inizio registrazione dei partecipanti.»


Alla mia sinistra, nel nero più totale, uno schermo si illumina: su di esso vi sono le istruzioni da seguire per registrare le proprie impronte digitali. Faccio ciò che viene richiesto e poggio una mano, che viene scansionata. I miei dati vengono rivelati confermando così la mia identità.


Dati anagrafici:
Allison Marshall
19 anni (giovane adulta)
Inghilterra, Staithes


Note di salute:
Tachicardia (120bpm, sotto sforzo)


Poco sopra lo schermo si apre una finestra, dandomi la possibilità di osservare un ragazzo nella stanza accanto alla mia. Ci fissiamo straniti, per un lasso di secondi fin troppo prolungato. Entrambi stiamo riprendendo fiato.

Lo schermo cambia.


Dati anagrafici:
Sigma Isakov
19 anni (giovane adulto)
Russia, Rostov sul Don


Note di salute:
Tachicardia (90bpm, in recupero)


«Primo stage dell’Apocalypse Game:inizio

   
 
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