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Autore: BrokenSmileSmoke    13/09/2017    0 recensioni
Un dubbio ti assale da giorni, ed è arrivato il momento di scoprire la verità.
Avete solo 19 anni, e forse è una cosa troppo grande da gestire, ma non dipende da voi.
L'amore non può risolvere sempre tutto, ma ciò che viene fatto con esso non è mai un errore.
In alcune situazioni l'unica via d'uscita è un miracolo che vi possa salvare e cambiare la vita.
L'alternativa è un rimpianto a vita, un qualcosa che ti mancherà sempre e che non avrai mai più indietro.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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«No.. non ci voglio credere.» gli dissi passandogli quel piccolo oggetto che mi aveva dato conferma che la mia vita stava avendo una svolta.
Ero ancora seduta sul gabinetto, e ridevo nervosamente con le lacrime agli occhi.
Lui lì, davanti a me, con il test in mano.
Mi alzai ed andai a sedermi sul divano, con le lacrime che mi scendevano copiosamente e fissando il vuoto.
Ma cosa avevamo combinato?
Cosa avremmo potuto fare adesso?
Rimasi lì, seduta, fredda, impassibile.
Senza resistere mi accesi una sigaretta e andai a sedermi sul bancone della cucina, fissando fuori dalla finestra.
Erano quasi le otto del mattino di inizio ottobre, non si vedevano ancora macchine che passavano.. ma questo forse perché eravamo andati a vivere in un luogo abbastanza tranquillo.
Lui era rimasto nel bagno, con il test poggiato sul ripiano della finestra.
Qualche secondo dopo venne verso di me, sorridendo e dicendomi «Ora che dovrei fare? Pubblicarlo su Facebook?»
Io sorrisi tenendo lo sguardo basso.
Poi mi sentì privata della mia sigaretta.
«Ora tu smetti di fumare, di sederti in modi che ti stringano la pancia e di indossare i jeans stretti»
Gli feci di sì con la testa.
Nonostante la situazione lui era riuscito a rendermi felice.
Non mi aveva detto di risolvere da sola la faccenda, ne aveva dato cenno di andarsene.
Era lì davanti a me, a rimproverarmi per la sigaretta.
Lo abbracciai, scoppiando a piangere, mentre lui mi accarezzava i capelli.
Ero felice, triste, non lo sapevo nemmeno io.
L'idea di aspettare un bambino mi aveva reso la persona più felice al mondo.
Il non sapere cosa avremmo fatto.. Mi buttava a terra.
Ma comunque tu eri lì accanto a me, non mi avevi lasciata sola.

Qualche minuto dopo sentì suonare il cellulare di lui, istintivamente mi ero già fatta prendere un attacco di gelosia e di fastidio, chi diavolo era a quell'ora? Come si era permesso di irrompere in un momento come quello?
Poi aspettai un po', non chiesi nulla, rimasi per la mia mettendomi sul divano, con la testa del mio cane poggiata sulle gambe, a sentire la conversazione.
Ero nervosa e, di nuovo, non seppi resistere.
Mi accesi un'altra sigaretta.
Lo giuro, avrei smesso.
Lo avrei fatto per quelle doppie linee.
Lui passeggiava avanti e indietro nel salotto, parlando al telefono.
Era mio suocero, lui gli aveva già raccontato tutto.
Mi passai una mano sul basso ventre, lo facevo anche da un paio di giorni, ma questa volta era diverso.
Prima immaginavo solamente, ora ne avevo la certezza.
Non mi servivano visite per confermare l'esito del test, mi bastavo io.
Fino alla sera precedente ero un po' titubante.
Il ciclo aveva ritardato di 4 giorni, ma non avevo avuto nemmeno le nausee. Io mi sentivo normale, ma era stato il mio ragazzo a rendersi conto che c'era qualcosa di diverso.
Certo, forse mi faceva male il seno, forse mangiavo un po' di più, forse un po' di meno, forse avevo anche notevoli sbalzi d'umore.
Ma potevano anche essere sintomi del ciclo.
Poi vabbè, tuo suocero chiama due sere prima chiedendo al tuo ragazzo se il bambino si muove. Giusto una battutina per far ridere.
E dalla battutina ti vengono i dubbi.
Aspetti ancora un giorno.
Poi compri il test.
Il giorno dopo ancora lo fai.
E ti appaiono due linee.

«Gli ho detto di non dirlo a nessuno visto che non sappiamo ancora cosa fare» mi disse poggiando il telefono sul tavolino.
Io continuavo a guardare il vuoto, la sigaretta era finita da tempo ed il mio cane era andato a dormire sul letto.
«Io non so cosa fare» dissi con le lacrime agli occhi.
«Lui ha detto che forse riesce a trovarmi un lavoro, mi richiamerà in giornata»
«Come l'ha presa?»
«Gli dispiaceva per la situazione.. ma comunque ha detto che vedrà cosa di può fare, altrimenti l'alternativa è..»
Lo interruppi.
«Non lo dire.»
Si sedette sul divano vicino a me, ma nessuno dei due parlò. Cosa dovevamo dirci in fin dei conti?

Tempo due giorni e venne a farci visita mia suocera, a quanto pare il "non dirlo a nessuno" non era stato capito a pieno.
In quei due giorni eravamo rimasti chiusi in casa a cercare qualcosa.
Chiamate varie per sapere se qualcuno offriva lavoro, ricerche per sapere se lo Stato italiano poteva darci delle agevolazioni in qualche modo, ma nulla.
L'unica cosa che ci potevano dare era l'asilo nido gratuito. Si beh, era una buona cosa.
Se il nostro problema fosse solo quello di non poter pagare l'asilo.
In quei due giorni avevamo anche scoperto dei possibili problemi dati dalla gravidanza.
Io ero anemica.
Avrei dovuto iniziare una cura ancor prima di rimanere incinta.
Beh, se la gravidanza era pianificata l'avrei iniziata sicuramente mesi prima.
E avrei dovuto smettere di fumare, insieme a vari integratori che avrei dovuto prendere.
Altrimenti, c'era il rischio che al termine io sarei rimasta senza un bambino, o che il mio ragazzo sarebbe rimasto con il bambino ma senza di me. O magari senza entrambi.
Era una cosa da non sottovalutare, da non prendere alla leggera. In fin dei conti era già successo a un conoscente o a due.

Mia suocera si presentò nel nostro appartamento con l'intenzione, io la vedo così, di rompere le palle.
Non c'era soluzione.
Dovevo abortire.
Perché sennò avrei rovinato la vita al suo amato figlio, o magari era tutto per farmi capire che non dovevo portarglielo via.
Quindi beh, poco importava se trovavamo lavoro o meno.
Avevamo 19 anni, quindi dovevo abortire a prescindere.
Magari mi farà la stessa proposta quando sarò incinta fra qualche anno, perché probabilmente il problema è che lei non vuole che suo figlio si allontani da lei più di quanto abbia già fatto.
In quel caso vi farò sapere.

Passammo tutta la notte (letteralmente) a conversare.
Ovvero, lui le chiedeva se poteva aiutarlo a trovare lavoro, lei continuava a controbattere che doveva farmi abortire, ed io stavo lì ad ascoltarli fissando il vuoto.
Dopo quel momento non ne parlammo più con lei, e non voglio nemmeno sapere cosa pensasse veramente sotto tutti quei "falla abortire"
Era senza dubbio la cosa più brutta che mi sarebbe successa nella vita.
Voler infinitamente qualcosa, ma non poterci fare nulla. Volerla con tutta l'anima, ma con la consapevolezza che non dipendeva da me.

   
 
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