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Autore: heliodor    13/09/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Lezioni

Oren si svegliò di pessimo umore. La sera prima non aveva toccato la cena e il letto non gli era mai parso così duro e scomodo, nonostante fosse il migliore in cui avesse dormito.
Per qualche motivo aveva deluso la principessa Joyce e questo lo faceva star male. Eppure era sempre stato onesto e leale con lei, come lo zio Mythey gli aveva insegnato, anche quando faceva i capricci o dava in escandescenza per una sciocchezza.
Aveva persino iniziato a leggere i libri che le aveva suggerito pur di non contrariarla. Il fatto che si fosse appassionato a quelle letture era del tutto casuale.
"La principessa è cresciuta sola e isolata dal mondo" gli aveva spiegato Mythey una volta. "Non deve sorprenderti se a volte si comporta in modo strano. Il tuo unico compito è impedire che le venga fatto del male."
E aveva fatto del suo meglio, anche se spesso era stato aiutato.
Da Sibyl.
Se lasciava Valonde l'avrebbe mai rivista?
Era stato tentato di restare solo per lei, ma sapeva che era una cosa sbagliata. Lei era una strega, impegnata in chissà quale missione segreta per il suo circolo. Non aveva tempo da perdere con uno come lui.
Eppure tutte le volte che ne aveva avuto bisogno era stata al suo fianco. Persino nelle fogne sotto Valonde era riuscita a trovarlo, per poi sparire subito dopo.
Non poteva essere una coincidenza.
Sperava che ce l'avesse fatta come al solito.
Quando il re lo aveva convocato era stato sul punto di rivelagli tutto riguardo la strega. Forse si sarebbe arrabbiato con lui per non averlo fatto prima, ma sentiva il bisogno di condividere quel segreto con qualcuno.
Peccato che a Valonde non avesse amici con cui confidarsi.
Qualcuno bussò alla porta. Possibile che fosse di nuovo la principessa che veniva a fargli il resto della ramanzina?
Andò ad aprire con timore.
Sulla soglia c'era una ragazza dai capelli scuri e il corpo dalle forme abbondanti. La riconobbe subito: era Deliza.
"Vostra grazia" disse dopo essersi ripreso dalla sorpresa.
"Grazia? No, non ne ho molta a dire la verità" disse la strega. "E tu ne hai?"
Oren si strinse nelle spalle.
Deliza ridacchiò. "Posso entrare o sei in compagnia di una ragazza?"
Lui arrossì e si fece da parte.
Deliza non se lo fece ripetere due volte. "Che bel posto, dice così tante cose di te, come quel... quel..." indicò il vaso da notte.
Oren, imbarazzato, usò il piede per infilarlo sotto il letto. "Posso esservi utile?"
"Oren, avevamo iniziato così bene. Mi davi del tu la prima volta che ci siamo incontrati."
"Non sapevo che eravate una strega del circolo."
"Allora fai finta di non saperlo."
"Cosa?"
"Diamoci del tu, Oren."
"Come volete... vuoi, Deliza."
Lei sorrise. "Così è meglio. Hai da fare? Vai da qualche parte?"
"Stavo andando al porto."
"Ottimo" disse lei. "Ti accompagno. Sai, ho bisogno di conoscere a fondo questa città per fare la guardia del corpo della principessa. Metti che voglia andare a teatro. Io nemmeno so dov'è."
"Ce ne sono quattro in città" disse Oren.
"Vedi che ho ragione io? Non so nemmeno quanti ce ne sono" disse Deliza disperata. "Dimmi che mi aiuterai."
Oren annuì. "Ti aiuterò."
"Vestiti."
Lui la guardò per qualche istante.
"Che cosa aspetti? Oh, già, certo. Vado fuori."
"Grazie" disse Oren.
Deliza aprì la porta e fece per uscire, poi si fermò e gli gettò un'occhiata. "Lo sai che sei proprio carino? Immagino che te lo diranno in molte."
"Devo vestirmi" disse lui impaziente.
"Scusa" fece Deliza chiudendosi la porta alle spalle.
 
"Allora, hai trovato quello che cercavi?" chiese Deliza.
Stava attendendo Oren sul molo. Il ragazzo era ridisceso da una passerella collegata a un veliero con l'espressione accigliata. "La prima nave utile parte tra un mese. Forse."
"Quindi sei bloccato qui?"
Oren si strinse nelle spalle. "Così pare."
"Ma è meraviglioso" disse Deliza. "Avrò più tempo per imparare tutto."
"Cosa vuoi che ti insegni?" chiese Oren perplesso. Era sicuro di non avere niente da insegnare a una strega, ma l'esperienza accumulata in quelle ultime settimane lo aveva preparato a ogni genere di sorpresa.
"Io non ho idea di come si faccia la guardia del corpo" ammise Deliza con aria triste.
"Ma tu sei una strega."
"Te ne sei accorto. Che carino."
"Quello che voglio dire è che siete persone preparate a tutto. E avete i poteri."
"Io non ho idea di come si faccia a difendere un'altra persona."
"Non capisco."
"È come chiedere a un pescatore di fare il lavoro di un panettiere."
Oren la guardò perplessa.
"Si occupano entrambi di sfamare le persone, ma è tutto qui. Non hanno niente in comune."
Oren iniziava a capire. "Posso insegnarti quello che zio Mythey ha insegnato a me."
"Sarebbe perfetto" disse lei entusiasta.
Presero a passeggiare sul molo. "Per prima cosa, non devi mai fissare la principessa."
"Mai fissarla" ripeté Deliza.
"E mai, dico mai, perderla di vista."
"Ma come... hai appena detto che..." iniziò a dire lei perplessa.
"Fidati, col tempo imparerai a farlo."
 
"... e poi mi sono buttato in acqua" stava dicendo Oren mentre mimava l'atto di nuotare con ampie bracciate.
Deliza lo ascoltava a bocca aperta senza perdersi una sola parola.
"Ho nuotato più forte che potevo" continuò Oren. "L'ho afferrata e l'ho riportata su."
"E poi l'hai baciata."
"No" esclamò Oren indignato. "Certo che no."
"Nei romanzi l'eroe bacia sempre la principessa dopo averla salvata."
"Ma che c'entra? No, era mio dovere."
"Sei stato molto coraggioso" disse Deliza.
Oren arrossì. "Grazie."
Stavano passeggiando lungo una strada panoramica che si arrampicava sul fianco di una collina. Da lì potevano dominare il porto e diversi quartieri della città.
"E sei stato anche molto gentile" aggiunse Deliza. "Soprattutto perché hai perso il tuo lavoro per colpa mia."
"In verità non mi sono mai sentito adatto a fare la guardia del corpo" disse Oren.
"Cosa facevi prima?"
"Aiutavo mio zio a mandare avanti la sua attività. È il fabbro del paese."
"Tornerai a fare il fabbro dopo che sarai tornato a casa?"
Oren scosse le spalle. "Qualcosa mi inventerò."
Deliza guardò il sole che stava scomparendo dietro la collina. "Uh, com'è tardi. Che ne dici di rientrare?"
"Sì, sarà meglio."
Lei mise la sua mano sotto il suo braccio. "Sono stata molto bene oggi. Dobbiamo rifarlo."
"Davvero?"
Lei annuì.
Oren riuscì persino a sorriderle.
"Raccontai un'altra delle tue avventure."
Oren ci pensò su. "Ti ho detto di quando un troll ha cercato di mangiarmi?"
"No" fece lei stupita.
Oren annuì. "Era notte e la carovana stava viaggiando verso Valonde, quando sentimmo uno schianto e..."
 
***
 
"Oggi voglio passare la giornata al tempio del circolo" annunciò Joyce a colazione.
Bryce, che aveva passato la notte al palazzo, la guardò stupita. "Davvero? Pensavo che quel posto ti annoiasse a morte."
"Invece ora mi interessa." Al tempio poteva provare a raccogliere informazioni su Malinor da Bardhian. E poteva passare più tempo assieme a Vyncent. Aveva ancora in mente le parole dette da Elvana.
Tu non sai niente di Vyncent. Non hai niente in comune con lui.
Ora ne avrebbe saputo di più.
"Bene" disse Bryce. "Preparati allora."
Fece chiamare Deliza, ma la strega era già uscita. Anche Oren era sparito. Quell'uscita stava diventando complicata.
"Ti scorto io" si offrì Bryce.
"Lo faresti davvero?" chiese Joyce.
"Dovevo comunque tornare al tempio in giornata. Anticiperò il mio rientro."
Fecero sellare due cavalli dagli stallieri e al piccolo trotto si diressero in città.
Joyce notò che la vita stava tornando quella di prima. I mercanti avevano ripreso a rifornire la città e i mercati erano pieni. C'erano navi attraccate al molo, non quante ce n'erano prima della guerra, ma stavano tornando anche quelle. La gente aveva ripreso a uscire per strada e i negozi una volta chiusi avevano riaperto. C'erano bambini che giocavano per strada e si godevano l'insolita giornata di caldo e tempo sereno. Il vento freddo che spirava dalle montagne annunciava pioggia nei giorni seguenti, ma per il momento il sole splendeva alto nel cielo.
Fu piacevole muoversi tra la folla che conosceva, dopo tanti giorni passati tra visi ostili e stranieri. Joyce si godette il tragitto fino a che non arrivarono a una piazza triangolare.
Al centro vi era la statua di un antico sovrano di Valonde di cui ignorava il nome. La targa in ottone che ne descriveva le gesta era così vecchia e malmessa che a malapena riusciva a scorgere qualche lettera.
Ma non era quel particolare che aveva attratto la sua attenzione, ma l'uomo che alla sua base stava arringando la folla.
L'uomo vestiva un saio grigio e logoro chiuso in vita da una cintura nera. Calzava dei sandali aperti ed era del tutto calvo, anche se si intravedeva il segno lasciato dai capelli rasati sulla testa che luccicava di sudore sotto il sole.
Parlava a una piccola folla di uomini e donne, non più di una dozzina in tutto, ma altri si stavano avvicinando incuriositi.
Passandovi accanto al piccolo trotto Joyce lo udì dire: "Il tempo della stregoneria sta per finire. Verrà il giorno in cui i circoli spariranno uno a uno e un nuovo ordine sorgerà dalle ceneri di quello vecchio. Un mondo senza oppressori, senza ingiustizie e senza stregoni."
Joyce si irrigidì e vide Bryce, fino a quel momento serena, cambiare espressione e accigliarsi. Dopo essersi guardata attorno diede un colpo di redini deciso e puntò verso l'uomo.
Joyce la seguì dopo un istante di esitazione.
L'uomo calvo proseguì nel suo discorso. "Tremila anni fa, gli stregoni presero il potere dopo essere insorti contro i maghi supremi" disse con accento straniero. "Non erano i liberatori che tutti speravano, ma solo i nuovi oppressori. Uccisero tutti quelli che si opponevano al loro potere, diedero la caccia a chiunque avesse il potere della guarigione e della divinazione, affinché solo loro fosse il diritto di decidere il futuro di tutti gli abitanti dei tre continenti. Infine crearono Krikor, un luogo infernale dove esiliarono tutti quelli che non poterono eliminare."
"Ed è il posto in cui finirai tu se non la smetti subito" disse Bryce con tono che non ammetteva repliche.
Poche volte Joyce l'aveva vista così fiera e determinata.
L'uomo allora sollevò la testa e per la prima volta vide i suoi occhi dalle iridi bianche come il latte. Era cieco e nonostante questo il suo sguardo sembrò trapassarla da parte a parte.
Sul suo volto apparve un leggero sorriso. "La strega dorata, quale onore. Anche tu hai deciso di abbracciare il sentiero della verità?"
"Sono solo venuta a ricordarti che a Valonde esistono leggi che puniscono chi incita alla rivolta."
L'uomo allargò le braccia. "Sto solo raccontando a queste persone come sono andate veramente le cose."
"Chi sei?"
"Sono solo un umile servitore dell'Unico" rispose l'uomo chinando la testa.
"E hai anche un nome?"
"Sanzir è il nome che i miei confratelli alla cittadella mi hanno dato, dopo che sono rinato."
"Allora tornatene da dove sei venuto, Sanzir" disse Bryce. "Io ti bandisco da questa città e da tutto il regno di Valonde."
"Tu non puoi farlo" disse Sanzir levando il braccio al cielo. "Io ho il diritto di predicare il mio credo per le stesse leggi cui tu ti sei appellata. Tuo padre il re mi garantisce questa libertà."
Joyce vide Bryce storcere la bocca in una smorfia. "Forse non ti è chiara una cosa. Se non sparisci farò in modo di imbarcarti sulla prima nave diretta a Krikor. Ce n'è una che parte proprio domani all'alba."
Sanzir si limitò a sorridere. "Sono solo un povero pellegrino, potente strega. Cosa ho fatto di così orribile da meritare un simile destino?"
"Quando sarai in viaggio per il continente minore, troverai la risposta alla tua domanda." Bryce fece un rapido cenno a due guardie che oziavano all'angolo di una delle strade.
I due uomini in arme si avvicinarono.
"Prendete il prete e mettetelo sulla prossima nave per Krikor" disse Bryce.
Le due guardie si fecero largo tra la folla e presero Sanzir, che non si oppose mentre lo trascinavano via.
Joyce lo vide allontanarsi scortato dai due soldati.
Bryce diede un colpo deciso alle redini e si rimise in marcia. "Dannati predicatori di sventure" disse tra i denti.
Joyce l'affiancò. "Quell'uomo verrà portato a Krikor?"
"È quello che si merita" disse Bryce senza rivolgerle lo sguardo.
"Ma stava solo parlando. Non faceva niente di male."
"Le parole possono essere un'arma molto potente" disse Bryce. "Quando eravamo a Quan, un uomo venne a predicare nel villaggio dove avevamo messo il nostro accampamento. Sembrava una persona pacifica e non alzava mai la voce per farsi udire. In due giorni convinse quindici stregoni e una quarantina di soldati a disertare. Prima di riuscire a catturarlo fece perdere le sue tracce, ma ormai il guaio era fatto."
"E i disertori? Che fine fecero?"
Bryce non rispose.
Joyce decise di lasciar perdere l'argomento e si concentrò sulla sua visita. Nel giro di qualche minuto aveva messo da parte quello spiacevole incontro.
Il tempio era come al solito sorvegliato da numerosi stregoni e guardie armate. Nessuno osò fermarle e poterono proseguire fino all'ingresso, dove affidarono le loro cavalcature alla cura dei valletti.
Uno stregone si offrì di scortarle all'interno, ma Bryce rifiutò con cortesia l'offerta. "Conosciamo la strada."
Joyce la seguì all'interno.
Conosceva bene il primo livello della grande struttura e aveva avuto un assaggio di quelli inferiori quando vi era stata incarcerata. Quelli che non aveva mai visto erano i livelli superiori.
Nei suoi cinquanta metri d'altezza il tempio aveva tre piani. Il primo era dedicato alle aule dove gli stregoni studiavano e si allenavano. Il secondo agli alloggi dove potevano riposare quando si trovavano al tempio. Il terzo gli alloggi e gli uffici degli stregoni di alto rango. Tutta la struttura si sviluppava come un gigantesco anello che circondava la sala delle consacrazioni, un ambiente simile a una enorme arena.
Bryce attraversò con passo sicuro le sale e i corridoio della struttura, fino alle scale che portavano al livello superiore. Joyce la seguì in silenzio.
In quella lunga camminata incontrarono solo tre persone, due stregoni e una strega molto giovane che rivolsero un inchino reverente e Bryce prima di proseguire per la sua strada.
Prima di arrivare a destinazione incrociarono Elvana. La strega sembrava andare piuttosto di fretta. "Meno male che sei arrivata."
"Che succede?"
"Bardhian ha sfidato di nuovo Vyncent."
"Ancora? Quel tizio non sa quando smettere" disse Bryce, più divertita che preoccupata.
Joyce invece ebbe un tuffo al cuore quando sentì la parola sfidare. "È una cosa pericolosa?" domandò mentre camminavano.
Elvana scrollò le spalle. "C'è sempre una certa dose di pericolo nella magia."
Era la risposta che non voleva sentire.
Bryce lo notò e si affrettò a dire: "Lo hanno già fatto altre volte. Qui tutti abbiamo affrontato decine di sfide."
A questo punto Joyce era ansiosa di vedere in cosa consisteva quella sfida.
Raggiunsero un'ampia sala circolare. C'erano almeno un centinaio di streghe e di stregoni accalcati lungo le pareti a formare una specie di cerchio umano.
Bryce ed Elvana si fecero strada tra la folla, guadagnandosi un buon punto di vista su quello che stava succedendo al centro della sala.
Vyncent e Bardhian erano in piedi l'uno di fronte all'altro, separati da una ventina di passi.
Un terzo stregone era posizionato tra i due. In mano aveva degli oggetti rotondi simili a piatti, ma più piccoli.
Li mostrò al pubblico con un gesto plateale. "Al meglio di cinque" disse a voce alta.
Ci fu un applauso da parte dei presenti. Qualcuno fischiò e qualcun altro gridò.
Da un gruppetto si alzò un coro che diceva "Vyncent, Vyncent, Vyncent."
"Quello è il giudice di gara" disse Bryce. "Il suo compito è decidere a chi assegnare il punto, quando viene segnato."
"Segna un punto a suo favore lo stregone che colpisce per primo il piattello" disse Elvana.
"Se il piattello tocca terra e nessuno dei due lo colpisce, nessun punto viene assegnato."
Erano regole semplici, ma Joyce non capiva tutta quella eccitazione.
"Tieni sempre d'occhio il piattello" suggerì Elvana.
Il giudice di gara fece una decina di passi indietro, quindi prese il primo piattello e lo sollevò. "Siete pronti?"
Vyncent alzò il braccio. "Quando vuoi, Frinan."
Bardhian si limitò ad annuire.
Frinan lanciò il piattello in aria. Joyce lo seguì con lo sguardo nella sua veloce parabola mentre saliva e saliva e poi iniziava a scendere.
Il piattello esplose all'improvviso, seminando minuscole schegge in ogni direzione.
Dai presenti si levarono grida di ammirazione e un leggero applauso.
"Punto a Vyncent" disse Frinan.
Era stato così veloce che non si era accorta che in quel breve lasso di tempo Vyncent e Bardhian avevano evocato un dardo magico l'avevano lanciato contro il piattello.
Il colpo di Vyncent era andato a segno per primo.
Joyce lanciò un'occhiataccia a Elvana, che se la rideva.
Era stata lei a dirle di non perdere d'occhio il piattello, mentre invece doveva prestare attenzione ai due stregoni.
Frinan lanciò il secondo piattello.
Stavolta Joyce non tolse gli occhi di dosso a Vyncent. Lo vide sollevare gli occhi, puntare il braccio verso l'alto e... il piattello esplose tra grida e applausi.
"Punto a Bardhian" annunciò Frinan.
Elvana e Bryce sembravano divertirsi molto ma lei ancora non riusciva a capire quel gioco. Accadeva tutto troppo in fretta. Non riusciva a seguire i movimenti dei due stregoni e del piattello insieme.
Lo disse a Bryce. "Ci vuole tempo per imparare" spiegò sua sorella. "Devi tenere un occhio sul piattello e uno sullo stregone."
Joyce si provò, ma ogni volta si concentrava sul piattello o su uno degli stregoni.
Sul quattro a uno per Vyncent rinunciò.
Dal pubblico si levò un lungo grido quando questi centrò il quinto piattello.
"Il vincitore" disse Frinan indicandolo al pubblico.
Vyncent strinse la mano di Bardhian.
"E con questa fanno sette a zero per lui" disse Elvana.
Bryce fece spallucce. "Io persi dodici gare di fila contro Erix prima di vincerne una."
Vyncent venne verso di loro. "E tu che cosa ci fai qui?"
Joyce sorrise imbarazzata. "È una settimana che sei tornato e ti avrò visto sì e no due volte."
"È vero" disse lui con tono di scusa. "Ma ho avuto da fare qui al tempio. Visto che sei qui ti farò vedere il posto."
"Allora la affido a te" disse Bryce. "Devo occuparmi di Djana."
"E io del mio cucciolo" disse Elvana. "Volevo dire, Bato" si corresse strizzando un occhio.
Rimase sola con Vyncent e Bardhian.
"Vieni, ti faccio vedere le palestre" disse Vyncent. "Qui è dove ci alleniamo."
"Vi allenate?" chiese Joyce.
La palestra era una sala quadrata. Lungo le pareti erano allineate delle panche di legno sopra le quali streghe e stregoni sollevavano pesi con le braccia o le gambe. Alcuni usavano dei bilancieri con pesi di metallo che facevano andare sue giù.
"Io credevo che gli stregoni praticassero solo la magia" disse Joyce perplessa.
"Per la maggior parte del tempo è così, ma dobbiamo tenere in forma anche il corpo. Bardhian, spiega tu a Joyce perché è necessario allenarsi."
Il ragazzo sembrava seccato. "Ogni volta che lanciamo un incantesimo consumiamo una parte della nostra energia vitale. È solo una frazione, ma a lungo andare ci stanca. Per aumentare l'energia dobbiamo allenarci."
Quindi anche lei doveva allenarsi per aumentare la sua energia vitale? Joyce non aveva mai fatto della vera attività fisica, a parte camminare nei giardini o andare a cavallo.
"Quando ci ammaliamo o siamo feriti le nostre forze diminuiscono e ci stanchiamo più in fretta, ecco perché rafforziamo il corpo in modo da avere delle riserve in più" aggiunse Vyncent.
La sala successiva era di forma ottagonale. Alle pareti erano appese armi di ogni genere, tra le quali spade, archi, mazze e altre che non conosceva. C'erano anche scudi e pezzi d'armatura sparsi in giro.
Due stregoni si allenavano menando fendenti con la spada.
"Questa è la sala d'arme" spiegò Vyncent. "Qui impariamo a maneggiare ogni tipo di arma. Uno stregone è abile anche nel combattimento corpo a corpo."
"Nel caso non abbia più incantesimi da lanciare?" suggerì Joyce.
Vyncent sorrise. "Hai già capito tutto. A volte si può vincere anche senza usare la stregoneria."
Bardhian sbuffò. "Niente può resistere a uno stregone bene allenato."
"Un guerriero preparato può tenere testa a più di uno stregone" disse Vyncent. Richiamò l'attenzione di un valletto. "Preparate un manichino, per favore."
I valletti posizionarono un manichino di legno al centro della sala, quindi lo vestirono con un'armatura completa. Elmo, pettorali, gambali, compreso uno scudo rotondo che posizionarono sul braccio sinistro.
Vyncent attese che si facessero da parte, poi chiamò Bardhian. "Abbattilo" disse al giovane stregone.
Bardhian schioccò le dita. "È un bersaglio troppo facile."
Vyncent incrociò le braccia sul petto e attese.
Anche Joyce era ansiosa di vedere Bardhian all'opera.
Lo stregone evocò un dardo magico e lo lanciò verso il manichino, colpendolo al petto. Il dardo si dissolse producendo un rumore sordo. Nel punto che aveva colpito c'era una macchia scura, ma il metallo era intatto.
Bardhian lanciò altri due dardi, colpendo il manichino alla gamba destra e allo scudo. Poi una serie di cinque dardi al petto, allo scudo e all'elmo.
Nessuno di essi produsse danni seri all'armatura.
Vyncent lo fermò prima che evocasse qualcosa di più grosso. "Basta così. A quest'ora saresti già morto."
"Se avessi una palla di fuoco..." suggerì il giovane stregone.
"Potresti fermarne due o tre, se sei fortunato. Ma supponi che ti attacchino in cinque?"
Bardhian lo fissò con aria di sfida. "Tu come faresti a uscirne vivo, eroe di guerra?"
Vyncent si posizionò a una ventina di passi dal manichino. Evocò un dardo e lo lanciò, colpendo il bersaglio nell'attaccatura tra il braccio e il tronco. Il bracciò volò via. "La forza da sola non basta." Lanciò altri due dardi, staccando di netto l'altro braccio e la gamba destra. "Devi imparare quali sono i punti deboli dell'avversario." Con un ultimo dardo staccò la testa del manichino che rotolò via. "È chiaro?"
Joyce notò che Bardhian aveva cambiato espressione. E anche lei era impressionata da quella dimostrazione di forza e abilità.
Si chiese se avrebbe mai imparato a usare i poteri in quel modo. Se quella possibilità esisteva, se c'era una strada che l'avrebbe condotta a quei livelli, era determinata a percorrerla fino in fondo.
"E ora andiamo a mangiare" disse Vyncent sorridente.
Lei e Bardhian lo seguirono.

Nota: nel prossimo capitolo, per festeggiare il traguardo dei sessanta capitoli, ci sarà un POV nuovo e particolare che svelerà alcuni retroscena, quindi la storia tornerà a concentrarsi su Joyce e gli altri personaggi.

Prossimo Capitolo Venerdì 15 Settembre
  
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