«È tutto per colpa tua, Crona. Meriti una bella punizione.»
  Era folle, maniacale, si divertiva a farmi del male, a vedere il mio sangue uscire fuori dal mio naso.
  Mi strappava i capelli, mi leccava le guance a volte, la sua lingua era rugosa, come quella delle giraffe, una volta mamma me ne fece smembrare una, piccola piccola.
 
  «Oh, Ragnarock ti prego, non farmi male anche oggi, ho ancora un sacco di lividi addosso!»
  Ero solo un infante la prima volta che mi toccò… Proprio lì in mezzo.
  Le sue mani erano aggressive, per niente delicate.
  La sensazione dei guanti plastificati che indossava e che creavano attrito contro la mia pelle fin troppo sensibile, non facilitavano quella lunga tortura.
  Quelle sensazioni non mi piacevano, mi sentivo violato, toccato da dita indesiderate,
  mal conciato, tutto mi procurava dei brividi di terrore,
  tutto stava accadendo in maniera troppo prematura.
  Mi dimenai, irrigidii tutti i muscoli, ma lui continuava, continuava a farmi del male, a giocherellare col mio esile ed infantile corpicino.
 
  «Crona, perché vuoi cacciarmi? Non capisci che io ti amo?»
  Nessuno aveva mai detto di amarmi, neanche la mamma mi amava, neanch’io mi amavo. Da quel giorno, l’unico lato che nessuno mai avrebbe potuto spiare o sfiorare di me,
  fu la mia mente, che lasciai lentamente squagliare e maciullare dalla follia col passare degli anni.
  Non potevo farci niente, non sapevo come comportarmi con chi strappava via la mia purezza senza che io lo volessi e diceva poi di amarmi, ne avevo paura.
 
  «Sopporterò ogni tua carezza, perdonami Ragnarock.»