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Autore: Bluemoon Desire    13/09/2017    5 recensioni
[L\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\'Allieva ]
Nel tentativo di proporre una continuazione ideale delle avventure dei protagonisti de "L'Allieva", questa storia riparte lì dove il finale della prima serie si è interrotto, con la nostra simpatica Alice divisa tra gli amori della sua vita, Claudio ed Arthur.
Forse nel suo cuore la decisione è già presa, ma riuscirà a perseguirla senza più paure ed incertezze? [ ATTENZIONE: La storyline e la caratterizzazione dei personaggi prendono spunto sia dalla fiction Rai che dai romanzi di Alessia Gazzola]
Genere: Commedia, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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                                                        CAPITOLO 8 - NELLA TANA DEL LUPO 
 
 
“Darkness there, and nothing more.”
 
— Edgar Allan Poe
 
 
« Te lo ripeto, Roberto: Alice non sparirebbe mai in questo modo, nel bel mezzo della notte, senza avvisare nessuno... »
 
« Ne sei assolutamente sicuro, Conforti? Sappiamo com'è la nostra piccola Alice...buona e cara, niente da ridire, ma pur sempre con la testolina persa tra le nuvole! »
 
« Tanto da dimenticarsi di chiudere la porta di casa? »
 
« Come sarebbe a dire? »
 
« Dovevamo incontrarci circa due ore fa sotto casa sua e quando l'ho chiamata più volte al cellulare e non mi ha risposto, mi sono un po' preoccupato. Così, quando una sua vicina di casa è entrata nel portone, ne ho approfittato per salire a dare un'occhiata. Roberto, la porta del suo appartamento era completamente spalancata, come se qualcuno l'avesse— » 
 
E mentre uno spiacevole senso di panico iniziava a farsi strada dentro di lui, si sforzò di non cedere alla tensione, aggrappandosi con forza e determinazione alla sua ferma razionalità. D'altronde, se voleva ritrovarla, doveva mantenere i nervi ben saldi e la mente lucida e reattiva. 
 
« ...ho paura che possa esserle successo qualcosa » si ritrovò a confessare a Calligaris in un inaspettato impulso di intima confidenza, lo sguardo più che mai sfuggente che saettava da un angolo all'altro della stanza, eludendo volutamente quello interlocutorio del vicequestore. 
 
Per quanto cercasse di nasconderlo, di fronte a quella dichiarazione, perfino Calligaris sembrò accusare un vago sentore di allarme, tanto da decidere di contattare immediatamente l'agente Visone, e un paio di altri colleghi impegnati in un pattugliamento notturno di routine, per spedirli ad ispezionare l'appartamento di Alice e i suoi dintorni. 
 
« Sarebbe proprio il caso che informassi al più presto la sua famiglia, Conforti » comunicò con solennità a Claudio, massaggiandosi distrattamente il lobo dell'orecchio destro come faceva sempre quando era la sua operosa mente si ritrovava impegnata a rielaborare scenari criminali. Chiaramente era entrato in piena "modalità detective" « Se il tuo presentimento dovesse rivelarsi fondato, e spero che non sia così, avremo bisogno di tutte le informazioni possibili per riuscire a rintracciarla »
 
Claudio si limitò ad annuire con un breve cenno del capo.
Detestava visceralmente il solo pensiero di dover affrontare una conversazione simile con i genitori di Alice, ma allo stesso modo comprendeva - e condivideva - la solerzia di Calligaris. Nei casi di accertata scomparsa di una persona, le prime 72 ore di ricerche erano sempre le più critiche. 
 
 
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Seduta nella cupa penombra di quel freddo antro sotterraneo, Alice rimase a lungo in silenzio, ad ascoltare il suo respiro lento e regolare che andava a mescolarsi stancamente all'odore di umido di quelle vecchie mura ammuffite e all'aria fredda e un po' stantia che sembrava provenire da quell'unica, minuscola fessura scavata nella parete. 
Quel posto le ricordava terribilmente una di quelle agghiaccianti prigioni medioevali degli orrori nascoste nelle viscere di antichi castelli, e quasi totalmente impenetrabili alla luce del sole. Un luogo terrificante e angusto che non sarebbe sembrato affatto fuori contesto in un episodio di "Game of Thrones". 
Ora che il panico paralizzante aveva lasciato spazio ad una lucida consapevolezza, sentiva di non poter fare altro che pazientare e prendersi tutto il tempo necessario per studiare la situazione e magari, con un po' di fortuna, sarebbe anche riuscita a scovare una via di fuga accessibile.  
 
Non aveva la benché minima idea di quanto tempo fosse realmente trascorso da quando quel folle l'aveva prelevata a forza dal suo appartamento. Una manciata di ore, forse? 
Magari perfino un'intera giornata.
Difficile stabilirlo. 
Lì dentro il tempo sembrava quasi non scorrere affatto.
Di tanto in tanto, al di là di quel massiccio portone blindato che sbarrava l'accesso verso l'esterno, le sembrava di udire un leggero scalpitìo di passi in avvicinamento, eppure il suo "carceriere" non si era ancora degnato di farle visita. S'impegnava a tenerla d'occhio con una certa costanza, ma non sembrava per niente interessato a renderla partecipe dei suoi folli piani.
Era tutto così assurdo. 
Non aveva la minima idea del perché l'avesse rapita e rinchiusa in quel sotterraneo e, cosa ancor più snervante, non riusciva a capire perché avesse scelto proprio LEI. 
Tra tutte le persone che stavano lavorando attivamente al caso Sperduti, perché diavolo avrebbe dovuto attaccare proprio lei?
 
« E' QUESTO IL TUO GENIALE PIANO?! » si ritrovò ad urlare ad un passo dal portone blindato d'ingresso, la testa che le pulsava ancora dolorosamente a causa degli effetti stordenti del cloroformio e la gola in fiamme per lo sforzo di trattenere le lacrime « VUOI LASCIARMI A MARCIRE QUI DENTRO FINO ALLA FINE DEI MIEI GIORNI? » 
 
Seguì un altro cupo e prolungato silenzio, durante il quale Alice si ritrovò a pregare che qualcuno dei suoi amici venisse a liberarla immediatamente da quell'assurdo incubo ad occhi aperti, prima che anche quella poca lucidità rimastale in corpo le scivolasse via di dosso, lasciandola in balìa della disperazione.  
Fu allora che, accompagnato dall'agghiacciante cigolìo prodotto dai vecchi e anchilosati cardini arrugginiti, il portone blindato iniziò a spalancarsi lentamente davanti ai suoi occhi, rivelandole - alla fioca luce delle lampade a gas del corridoio - la familiare sagoma del suo aguzzino.
Le sembrava perfino più magro ed emaciato dell'ultima volta che si erano incontrati. 
 
« Non era mia intenzione farti del male » mormorò Marchesi, con una voce che sembrava quasi provenire direttamente dall'oltretomba.
 
« E quali sarebbero le tue intenzioni, allora? » lo sfidò Alice, incrociando con fierezza il suo sguardo « Perché mi hai rapita? Che cosa vuoi da me? »
 
« NIENTE, NON VOGLIO NIENTE! » sbottò lui, furente, il tono disperato e rassegnato di chi ormai si è reso conto di non avere più nulla da perdere « Volevo solo che qualcuno di voi...capisse. »
 
Sforzandosi di reprimere fino in fondo tutte le pessime sensazioni che la presenza di quell'uomo le stava suscitando, Alice cercò di mostrarsi il più possibile collaborativa. Considerata la forte instabilità emotiva ostentata da quel tizio, tanto valeva non rischiare di peggiorare le cose più di quanto già non fossero.
Avrebbe finto di stare al suo gioco, almeno per un po', e magari intanto ne avrebbe approfittato a modo suo per scoprire qualcosa di più sull'omicidio di quel povero ragazzo. 
 
« Cosa dovremmo capire, Alessandro? » gli domandò pacatamente, osservandolo di sottecchi con misurata curiosità.
 
« Ogni cosa » mormorò lui con la voce spezzata dal pianto.
 
Arretrando di qualche passo verso la parete, si passò il dorso della mano sulla fronte per asciugare il sudore, dopodiché estrasse la pistola dalla cintura dei pantaloni e la appoggiò su una sedia vuota sistemata proprio lì accanto. 
 
« ...i-io non intendevo ucciderlo » riprese a raccontare, cercando di tenere a freno le emozioni che lo stavano voracemente divorando dall'interno « E' stato un incidente. Un maledetto incidente! Deve credermi. Io amavo Riccardo, dottoressa, è stato l'unico e solo amore della mia vita e non gli avrei mai fatto del male! »
 
« Se si è trattato solo di un banale incidente, allora perché hai mentito alla polizia per depistare le indagini? Perché puntare il dito contro Scapece? » insistette Alice, più che mai determinata a tirargli fuori tutta la verità di bocca « Avresti potuto raccontare—»
 
« HO AVUTO PAURA, D'ACCORDO? » ruggì Marchesi, del tutto fuori controllo, scaraventando violentemente sul pavimento una delle sedie con un calcio ben assestato « Temevo di poter perdere...ogni cosa. E invece, senza neanche rendermene conto, avevo già perso tutto. Riccardo era più coraggioso di me, lo è sempre stato. Io lo amavo, ma...non riuscivo a vivere serenamente la nostra storia come faceva lui. Lui faceva sembrare tutto così...naturale. Ma la verità è che NIENTE di tutto quello che provavamo sarebbe mai sembrato naturale agli occhi del mondo. »
 
« Di che cosa avevi paura? »
 
« Della vita, dottoressa. Le sembra così strano? »
 
« Vorresti farmi credere che tu, grande e grosso, temevi il giudizio dei suoi genitori e delle altre persone che—»
 
Di fronte a quel polemico tentativo di provocazione di Alice, lo sguardo di Marchesi s'incendiò di un nuovo inquietante furore e, prima ancora che Alice potesse terminare la frase, si scagliò contro di lei, colpendola così violentemente al volto da spaccarle un sopracciglio. 
 
« Non prenderti gioco di me, ragazzina! » le sibilò all'orecchio con fare minaccioso, serrandole la mascella tra le dita della mano destra, in una stretta dura e spietata che quasi le mozzò il respiro « Ti ho portata qui perché voglio che tu conosca la verità sulla morte di Riccardo, non perché tu possa sputare sentenze a vanvera! »
 
Alice avrebbe voluto ribellarsi, gridare e dare libero sfogo alla sua disperazione, invece tutto ciò che riuscì a fare fu affondare ulteriormente in quell'insopportabile silenzio colmo di lacrime, frustrazione ed impotenza. 
Quanto ancora avrebbe potuto resistere? 
 
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La rapida improvvisata a casa Allevi si rivelò, fin dalle sue prime battute, di gran lunga peggiore di qualsiasi altro eventuale scenario prodotto dalla mente di Claudio. Perfino il più fantasioso e audace.
La notizia del rapimento di Alice li fece piombare tutti in un tale stato febbrile d'agitazione che, in men che non si dica, si ritrovò a dover far fronte a ben due svenimenti a catena: prima quello di sua nonna e poi quello di sua madre!
Il padre di Alice, al contrario, dopo aver appreso della scomparsa della figlia, si chiuse in un totale mutismo, eclissandosi nel suo studio.
L'unico membro della famiglia che si mostrò vagamente collaborativo, fu il fratello minore di Alice, Marco, appena rientrato a casa dopo un breve viaggio in compagnia della sua fidanzata, Yukino, la coinquilina giapponese di Alice.   
 
« Ieri mattina, verso le nove, Alice aveva chiamato Yukino al cellulare, dicendole che in serata sarebbe uscita a cena e che quindi avremmo dovuto utilizzare le nostre chiavi per rientrare a casa » raccontò Marco a Claudio, impegnandosi a racimolare mentalmente il maggior numero di dettagli che riguardassero quell'ultima conversazione telefonica avuta con sua sorella « Prima di chiudere la conversazione, ho chiesto a Yukino di passarmela un momento perché dovevo chiederle una cosa importante che riguardava il suo- »
 
A quel punto, Marco s'interruppe e lo guardò.
 
« Cosa? » lo pungolò Claudio con impazienza.
 
Marco esitò, chiaramente combattuto tra la consapevolezza di poter mettere nei guai sua sorella con quella rivelazione e la necessità di comunicare alla polizia ogni singolo dettaglio potenzialmente importante per il suo ritrovamento. 
 
« Arthur » mormorò infine, abbassando lo sguardo quasi con aria colpevole 
« Era una cosa personale che riguardava Arthur Malcomess, il suo ex fidanzato »
 
La linea della mascella di Claudio s'indurì percettibilmente al solo sentir nominare il figlio del Supremo, mentre qualcosa prese ad agitarsi nelle profondità delle sue iridi blu. 
Vecchie ruggini del cuore mai del tutto sopite. 
 
« Sai se Alice ha contattato Malcomess dopo la vostra telefonata? » si sforzò di domandare, schiarendosi rumorosamente la voce « Sono semplici domande di routine, se te lo stessi domandando. Dobbiamo cercare di ricostruire ogni più piccolo dettaglio delle sue ultime ore in quell'appartamento, se vogliamo restringere in modo utile il nostro campo di ricerca... »
 
Marco scosse piano il testone riccioluto, lo sguardo vacuo fisso su un punto imprecisato della parete e la mano destra che gli scompigliava nervosamente i capelli in un movimento meccanico e distratto. 
Sembrava che con il pensiero fosse distante mille miglia da lì.
 
« Non so se lo abbia richiamato, dico davvero » rispose poi, recuperando di colpo un briciolo di lucidità « Potrei chiedere notizie a Silvia, la sua migliore amica, ma credo che neanche lei sappia qualcosa a riguardo. In effetti, mi è sembrato che Alice non fosse così contenta all'idea di parlare di Arthur... » 
 
« Non si erano lasciati in buoni rapporti? » domandò Claudio di getto, contribuendo ad accentuare ancora di più quel cipiglio di perplessità spuntato sul volto del giovane Allevi. 
 
« Per quanto possibile, sì. O almeno credo. » replicò Marco con un'alzata di spalle « Alice non ama raccontarmi certi dettagli della sua vita privata e francamente ne sono contento. Questa storia con Arthur è sempre stata più incasinata della trama di una soap opera brasiliana! E giusto perché tu lo sappia, Conforti...io so che sei /TU/ il misterioso tizio con cui mia sorella ha tradito Arthur. »
 
Entrambe le sopracciglia di Claudio schizzarono letteralmente verso l'alto, tanto che Marco si pentì all'istante di aver pronunciato quelle parole e provò goffamente a rimediare. 
 
« Ma ovviamente questi non sono affari miei. Comunque sia, volevo solo dire che...insomma...non credo affatto che lui c'entri qualcosa con la scomparsa di Alice! Nonostante abbia sofferto per la loro rottura, so per certo che Arthur tiene ancora moltissimo a mia sorella e non le farebbe mai del male. Ma se volete togliervi ogni dubbio circa il suo coinvolgimento, posso sempre darvi il suo numero di telefono. Credo che sia ancora qui in città, o almeno così mi aveva detto al telefono »
 
Claudio scrollò la testa con decisione.
 
« Figuriamoci se qualcuno sospetta di Malcomess Jr! » sentenziò con tangibile impazienza, indietreggiando sulla sedia fino a sfiorare con le spalle lo schienale posteriore « Nessuno di noi lo ritiene un possibile imputato. Un bacchettone, forse, ma non un imputato. La verità è che tua sorella è sparita ormai da ore e nessuno di noi ha la minima idea di dove sia finita o con chi diavolo sia...e questa cosa mi fa incazzare in un modo che-- »
 
Ma prima che potesse anche solo terminare la frase, una ravvicinata scarica di colpi si abbattè energicamente contro la porta d'ingresso della villa, attirando sia la sua attenzione che quella del giovane Allevi che, all'istante, scattò in piedi per affrettarsi verso l'uscio, forse nell'ingenua speranza di un felice ricongiungimento con la sua sventurata sorella. 
Purtroppo quella sua rosea ed ottimistica illusione si spezzò bruscamente quando, aprendo la porta, si ritrovò di fronte il giovane primogenito del Supremo...Arthur Malcomess. 
 
« Arthur...? Che cosa ci fai qui? » esordì Marco, spostandosi da un lato dell'uscio per lasciarlo entrare in casa. 
 
Al solo sentirlo nominare, Claudio s'irrigidì sulla sedia. 
Ecco fatto, pensò amareggiato, ora sì che quella maledetta giornata poteva definirsi ufficialmente un incubo ad occhi aperti!
 
« Sono venuto appena ho saputo » spiegò brevemente Arthur a Marco, soprassedendo con elegante nonchalance sulla presenza di Conforti nella casa, senza riuscire però esimersi dal lanciargli un'occhiataccia in tralice.  
 
« Yukino? » 
 
« Sì, mi ha telefonato circa mezz'ora fa. Era molto scossa e non riusciva a smettere di piangere. Ho capito subito che doveva essere successo qualcosa di grave ad Alice...allora? Ci sono novità? »
 
Lo sguardo confuso di Marco virò rapido in direzione di Claudio, come a volerlo esortare in silenzio ad intervenire nella conversazione. 
Dopotutto era lui il loro unico contatto diretto con la polizia, dunque, la parola gli spettava quasi per diritto professionale. 
 
« Gli uomini di Calligaris stanno revisionando i filmati delle telecamere a circuito chiuso dell'androne della palazzina, sperando di ricavarne qualcosa di buono » riepilogò freddamente Claudio, evitando con cura qualsiasi genere di contatto diretto con il giovane Malcomess, impegnato a sua volta a mostrarsi altrettanto distaccato al suo cospetto « Il nucleo informatico della polizia, invece, sta lavorando sulla geolocalizzazione del cellulare di Alice mediante il tracciamento del GPS, nella speranza che il suo rapitore possa aver agito in modo frettoloso, dimenticandosi di disfarsene... »
 
« E' quello che ci auguriamo tutti » convenne Arthur, sforzandosi di tendere le labbra in un tiepido sorriso di circostanza che, suo malgrado, Claudio si guardò bene dal ricambiare. 
 
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« Sei ancora lì fuori? »
 
La voce acuta di Alice, indebolita dal dolore e dalla paura, riecheggiò flebilmente tra le pareti di quella vuota prigione di cemento sotterranea, riuscendo a malapena a raggiungere il diretto interessato al di là della porta. Deglutendo un po' a fatica a causa della gola secca, avvertì l'acre e dolciastro sapore ramato di sangue in bocca, talmente nauseabondo da provocarle quasi un conato di vomito. 
 
« Ti prego, Alessandro, voglio solo parlare un po' con te... »
 
Non un solo fiato raggiunse le sue orecchie.
Silenzio assoluto. 
Possibile che se ne fosse andato, lasciandola lì sotto a morire?
Se c'era una cosa che detestava più del silenzio, era il buio. 
E purtroppo per lei, quel maledetto seminterrato sembrava inglobare entrambi i suoi punti deboli nel peggior modo possibile. Non aveva mai desiderato così tanto poter sentire il rumore di un clacson o il fischio acuto di un treno. 
D'un tratto, il dolore alla testa si fece così lancinante e fastidioso che ebbe perfino la sensazione che la vista le si fosse annebbiata. 
Socchiudendo gli occhi per qualche istante, nella speranza di attenuare un po' quel terribile mal di testa che le stava martellando le cervella da ore, cercò di pensare a qualcosa che potesse aiutarla a recuperare speranza e lucidità mentale. 
Calligaris avrebbe capito, ne era certa. 
Era solo questione di tempo. 
Inoltre, se era vero ciò che Marchesi le aveva raccontato sulla morte di Riccardo Sperduti, se si era trattato realmente di uno sfortunato incidente e nulla di più crudele, allora non avrebbe dovuto temere che potesse farle del male. Eppure c'era qualcosa nello sguardo di quel ragazzo che le suscitava timore ed inquietudine, una pessima sensazione che l'aveva accompagnata fin dal loro primissimo incontro.
Non riusciva davvero a spiegarselo. 
Si trattava, forse, di quel famoso "sesto senso femminile" di cui tanto aveva sentito parlare da nonna Amalia, o semplicemente, era la sua innata mentalità investigativa che raddrizzava le antennine per metterla in guardia? 
 
« Ti ho portato da bere. »
 
La voce sepolcrale del suo aguzzino la riportò di colpo alla realtà, regalandole un risveglio così tumultuoso da farle schizzare il cuore in gola. 
Era accovacciato sulle ginocchia, a pochi passi da lei, e le stava porgendo una bottiglietta d'acqua colma fin quasi all'orlo. 
 
« G-grazie » gracchiò Alice con una voce talmente roca da risultare quasi irriconoscibile, strappandogli la bottiglia dalle mani con una tale urgenza da farne scivolare un po' del contenuto sul pavimento.
Quel liquido piacevolmente fresco e gorgogliante sortì un miracoloso effetto lenitivo a contatto con la mucosa asciutta e secca della sua gola, donandole un po' di sano sollievo. 
 
Marchesi se ne restò nascosto nella penombra, ad osservarla in silenzio. 
Riusciva a percepire distintamente il suo sguardo fisso su di lei. 
Chiusa in quella specie di gabbia di cemento, scrutata ed osservata spudoratamente come i visitatori di uno zoo osservano una bestia esotica, esposta all'attenzione pubblica. 
Mai come in quel momento si era sentita così...vulnerabile. 
 
« Perché non mi racconti cos'è successo quel giorno con Riccardo? » lo apostrofò d'un tratto, esortandolo a portare a termine ciò per cui si era dannato così tanto l'anima « Hai detto che mi hai portata qui perché volevi che qualcuno di noi comprendesse tutta la verità sull'accaduto...bene. 
Ora sono qui. Ti ascolto. »
 
« Non capiresti. Nessuno potrebbe. » replicò prontamente il giovane, con un tono profondamente rassegnato. 
 
« Tu provaci » insistette dolcemente Alice.
 
La sola idea di ciò che Marchesi avrebbe potuto farle se solo si fosse reso conto di non aver più bisogno di lei, la atterriva a tal punto che preferiva non pensarci affatto. Ma se solo fosse riuscita a convincerlo a confidarsi con lei, forse avrebbe potuto guadagnare un altro po' di tempo a favore dei suoi amici e colleghi e dar loro la possibilità di raggiungerla in quel luogo sperduto e isolato dal resto della civiltà. 
 
« E' accaduto tutto in un attimo... »
 
La voce di Marchesi le giunse quasi come un flebile sussurro alle orecchie, un sibilo appena percepibile che però le fece spuntare un leggero sorriso sulle labbra.
Se non altro, era riuscita a sbloccare un po' la situazione. 
 
« ...Scapece aveva ricattato Riccardo, dicendogli che se non gli avesse consegnato in tempo tutto il denaro richiesto, avrebbe spifferato ai quattro venti la verità sulla nostra relazione...e sulla sua omosessualità. 
A cominciare proprio dalla sua famiglia. Io l'ho pregato in ogni modo di dare ascolto a quel bastardo, di consegnargli quei maledetti soldi e lasciarci tutto alle spalle, ma purtroppo non c'è stato nulla da fare. Riccardo era irremovibile. Si era impuntato orgogliosamente sulla sua posizione e non aveva alcuna intenzione di piegare la testa di fronte a quell'infamia. Neppure per amor mio. 
Il suo problema era che non riusciva a scorgere il quadro d'insieme. Al contrario di me. Io ho lottato da solo con le unghie e con i denti per arrivare fin dove sono arrivato, dottoressa, senza mai chiedere niente a nessuno e senza mai fare affidamento sul denaro di famiglia. Riccardo era un bravo ragazzo, mi creda, ma non riusciva proprio a capire quanto potesse essere difficile la vita lì fuori per una persona del popolo come me. Insomma...per lui si trattava semplicemente di una questione d'orgoglio, per me invece era questione di "sopravvivenza"! »
 
A quel punto, Marchesi s'interruppe, incapace di continuare il racconto.
Malgrado le controverse circostanze che li avevano spinti fin laggiù insieme, Alice non riuscì ad evitare di provare un sincero moto di compassione nei suoi riguardi. Sembrava davvero distrutto. 
 
« Hai mai pensato che Riccardo potesse avere ragione sul conto dei suoi genitori? Che magari avrebbe potuto comprendere la situazione, senza scatenare drammatiche conseguenze? » provò a domandargli, con leggera esitazione. 
 
Marchesi rise. 
Una risata amara, quasi agghiacciante. 
 
« Dio solo sa che cos'altro avrei dovuto sopportare se la verità sul conto mio e di Riccardo avesse raggiunto le orecchie del signor Sperduti! Lo conosco molto bene, e so esattamente come la pensa su certi argomenti. Non avrebbe esitato un momento a cancellarmi per sempre dalla sua vita e da quella di suo figlio, e così io avrei perso in un sol colpo sia il mio lavoro che la persona che amavo. 
Mi avrebbe fatto terra bruciata attorno, mi creda. Glielo avevo già visto fare ad altri ex dipendenti che avevano avuto la sfortuna di schierarsi contro di lui e...sentivo che stavolta sarebbe toccata a me. Riccardo diceva che esageravo e che i suoi genitori alla fine avrebbero capito, ma io non sopportavo l'idea di dover ricominciare tutto daccapo, sperimentando di nuovo tutte le atroci umiliazioni e i sacrifici che--no, non potevo permettere a Riccardo di trascinarmi ancora in quel baratro! Ero fuori di me dalla disperazione, non riuscivo neanche più a connettere lucidamente. Così quando mi ha voltato le spalle per nascondere nel suo armadio i nastri delle telecamere esterne alla villa che ci ritraevano insieme, ho avvertito come un improvviso impulso di follia...non ero più io. Ho afferrato la prima cosa che mi è capitata sotto mano e l'ho colpito con forza inaudita alla testa... »
 
Alice trattenne il fiato, mentre il cuore le scalpitava selvaggio nel petto, spinto da una nuova dirompente emozione. Un orribile scenario cominciò a materializzarsi nella sua mente, sempre più vivido, sempre più agghiacciante. Doveva andare avanti...doveva SAPERE.
 
« ...non è stata la ferita alla testa ad uccidere Riccardo, lo abbiamo accertato in fase autoptica » gli fece presente, scandendo lentamente ogni parola per risultare il più chiara possibile « Che cos'è successo...dopo? »
 
I singhiozzi del giovane si fecero ancor più marcati e Alice percepì distintamente dei passi nell'oscurità.
Come se stesse marciando nervosamente avanti e indietro per la stanza. 
Poi d'un tratto, parlò di nuovo.
 
« Ci ho provato » mormorò a mezza voce, emergendo dall'oscurità per avvicinarsi a lei quel tanto che le permettesse di guardarlo meglio in faccia. 
Era a dir poco stravolto. 
Un morto ambulante. 
 
« Hai provato a fare che cosa, Alessandro? » lo spronò Alice con dolcezza, anche se era più che certa di conoscere già la risposta. 
 
« Ho provato a salvarlo » disse il giovane, passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore per asciugarla « Il colpo alla testa era stato più violento del previsto e lui era crollato sul pavimento. Era immobile e c'era sangue dappertutto. Io non sapevo che cosa fare. Ho provato a sentirgli il polso, ma niente. Non sembrava esserci più battito. Ero disperato, capisce? Pensavo di averlo ucciso! Così ho fatto l'unica cosa che mi è venuta in mente... »
 
« La rianimazione cardio-circolatoria » completò Alice in un sussurro.
 
« Ho posizionato le mani sullo sterno così come avevo visto fare durante una delle nostre esercitazioni aziendali di Pronto Soccorso, e ho iniziato a premere con forza sul torace, proseguendo con il massaggio cardiaco per qualche minuto...speravo di poterlo riportare indietro. E all'improvviso, come per miracolo, ha aperto gli occhi e mi ha guardato. Gli ho sorriso, pensando che il peggio fosse passato, ma quando ho cercato di aiutarlo a rimettersi in piedi, lui ha cominciato a--non riusciva più a respirare. »
 
Trattenendo a stento le lacrime al pensiero degli ultimi terribili istanti vissuti da quel povero ragazzo, Alice lottò contro se stessa per non lasciarsi sopraffarre dalle emozioni. Non poteva permettersi di perdere in quel modo il controllo, non in quel frangente. Così, cercando d'immaginare la possibile reazione nevrotica di Claudio di fronte a quel suo ennesimo coinvolgimento empatico con la vittima di un omicidio, si aggrappò con tutta se stessa a quel pensiero a lei familiare - e quasi rassicurante - e si sforzò di mantenere i nervi ben saldi ancora per un po'. 
 
« Le costole » affermò in un sussurro, alzando lo sguardo verso Marchesi appena in tempo per vederlo annuire.
 
« E' buffa la vita, vero? » incalzò a quel punto il giovane, scagliandole addosso un'occhiata così lucidamente folle da metterle quasi i brividi « Ho fatto di tutto per riuscire a salvargli la vita, e invece alla fine è stato proprio quel che ho fatto ad ucciderlo... »
 
« Non è stata colpa tua » cercò di consolarlo Alice, allungando una mano per sfiorargli il braccio « Può capitare anche a chi è del mestiere, sai? Ma tu hai cercato di salvarlo, Alessandro, ed è questo quello che conta di più...almeno per la polizia. Io ti credo. »
 
Marchesi sollevò su di lei i suoi occhi rossi e gonfi di lacrime, fissandola con espressione quasi sconcertata. 
 
« Perché? »
 
« ...cosa? »
 
« Perché mi credi? Come fai a sapere che non ho inventato tutte queste stronzate di sana pianta, solo per spingerti a credermi e ad appoggiarmi in tribunale? »
 
« Le tue lacrime. »
 
« Io n-non capisco... »
 
« Ero convinta fin dall'inizio che la persona che aveva ucciso Riccardo lo amasse profondamente, e infatti avevo ragione. Durante i rilevamenti forensi, abbiamo rinvenuto parecchie sostanze sugli abiti di Riccardo e tra queste c'erano anche delle tracce organiche di tipo biologico...lacrime, per la precisione. Le TUE lacrime, dico bene? Ma c'era anche un'altra evidenza a supporto della mia teoria: la cura con cui il suo corpo era stato adagiato in mezzo a quel campo e, soprattutto, la sua posizione. »
 
A quel punto, Marchesi crollò. 
Con la testa stretta quasi convulsamente tra le mani, prese ad ondeggiare su e giù sulla sedia con la schiena, in preda all'ennesima crisi di pianto. 
 
« Io lo amavo... » singhiozzò, trasudando disperazione « Riccardo era tutto ciò che avevo. E i suoi occhi...tu...tu non capisci. Io non li dimenticherò mai finché vivrò. I suoi occhi terrorizzati e fissi su di me quando si è reso conto di stare per morire. Non potevo più sopportare che mi guardassero in quel modo, non ci riuscivo. Io non sono un mostro, non lo sono. »
 
« Io non credo affatto che tu sia un mostro, credo solo che tu abbia commesso un terribile errore. » rispose prontamente Alice « Un errore che ti tormenterà fino a distruggerti, se non farai la cosa giusta... »   
 
Marchesi sogghignò, facendo riemergere di nuovo quella strana aura inquietante che sembrava avvolgerlo. 
 
« Dovrei costituirmi? E' questo che vuoi che faccia? »
 
« E' l'unico modo che hai per dimostrare davanti alla legge di non aver agito per malvagità ma per un incidente non voluto... »
 
« Ma certo...in fondo ho solo ucciso "per sbaglio" il mio amante segreto e ho rapito un medico legale tenendolo prigioniero per giorni in un sotterraneo. Ma sono un gran bravo ragazzo! Non lo capisce che non funzionerà mai? Se esco da qui e mi presento alla polizia, mi sbatteranno in galera a vita! Non posso...non resisterei... »
 
« E cosa vorresti fare, allora? Scappare per il resto della tua vita? Tenermi qui dentro a marcire fino a quando non morirò di stenti? »
 
Alzandosi di scatto, scagliò con inaudita violenza la sedia contro l'ampia parete che si trovava alle spalle di Alice, riuscendo per miracolo a non prenderla in pieno. 
 
« Basta, BASTA! SMETTILA DI PARLARE! » le ruggì contro, spingendola ad indietreggiare bruscamente per non rischiare di finire di nuovo preda della sua rabbia. 
 
Un rapido rimestio di passi in allontanamento, il cigolio e il successivo tonfo sordo di una porta che si richiudeva...e il seminterrato venne inghiottito di nuovo dal silenzio. 
Alice urlò. E urlò ancora. E ancora. 
Il fiato ristagnante dentro i suoi polmoni fu spremuto fuori tutto insieme, disperatamente, fino a che non sentì la gola andarle in fiamme.  
Ma non c'era nessuno lì fuori pronto a raccogliere il suo dolore, e forse nessuno sarebbe venuto a salvarla. 
 
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« Commissario, stavolta ci siamo! »
 
Il faccione accigliato e pensieroso di Calligaris quasi s'illuminò d'immenso quando il volto sorridente di Visone fece rapidamente capolino dalla porta del suo ufficio, annunciandogli la grande notizia dell'ultimo minuto. Era la prima traccia promettente su cui erano riusciti a mettere le mani dopo ore ed ore di inutili buchi nell'acqua, e sperava con tutto il cuore che riuscisse a condurli al nascondiglio di Marchesi. 
Le immagini riprese dalle telecamere a circuito chiuso della palazzina dell'Allevi lo inchiodavano in modo incontrovertibile sul luogo del rapimento e ormai non v'erano più dubbi circa le sue responsabilità in quella storia. Sperava solo di poter intervenire il più in fretta possibile.
Lo doveva ad Alice, e lo doveva anche a se stesso.
Non si sarebbe mai perdonato se le fosse accaduto qualcosa. 




ANGOLO DELL'AUTORE: Yuuuuuuuh, ci siete? Siete connessi? Ok, ok...vi ho fatti aspettare un po' per il nuovo capitolo, ma purtroppo le vacanze si sono intrufolate a tradimento rubandomi un bel po' di tempo...ma ora siamo di nuovo qui e ci stiamo avvicinando alla fine della nostra storia! Che ne pensate di questo faccia a faccia risolutivo? Fatemi sapere le vostre impressioni, mi raccomando! 
E come sempre, un grande abbraccione a tutti quelli che stanno seguendo e commentando la mia fanfiction. VI ADORO <3
 
   
 
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