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Autore: _Magica_    14/09/2017    1 recensioni
''Magari ne aveva l’aspetto, ma Clarke non era più la bambina dalle trecce bionde che lo sfidava a correre a piedi nudi nei giardini di casa, la ragazza che gli sorrideva alla prima festa della scuola, la donna elegante che gli veniva in contro in un incantevole abito rosso.
Che ne è stato della ragazza che conoscevo?
Sei stato tu a renderla ciò che è.
L’hai costretta a cambiare.
Di certo non dopo che lei mi ha costretto a cambiare me stesso …''
***
Oppure:Clarke e Bellamy si rivedono dopo sei anni per il matrimonio di Octavia. Entrambi in quegli anni hanno cercato di dimenticare l'esistenza dell'altro. Eppure ci sono parole, immagini, storie, che restano con te ovunque vada, che rimangono scolpite eternamente nel tuo cuore. Quelle non puoi mandarle mai via.
***
Oppure: Bellamy viene sconvolto dall'apparizione del fantasma di suo zio Marcus morto quattro anni prima, che lo costringerà a rivivere il suo passato, il suo presente, ed il suo futuro, attraverso la propria stessa storia.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza si sfilò la maglietta da sopra la testa. Era bella, molto bella.

I capelli corvini le scendevano a onde sulle spalle mentre lo baciava con foga sopra uno dei divani dell’Augustus Photography’’.

Bellamy cercò di ricordare come si chiamasse. Sady? Sandy? Sicuramente qualcosa del genere, ma in quel momento non gli importò granché.

Di quelle ragazze non gli importava mai.

Arrivavano così, una dopo l’altra, giornata dopo giornata, proprio come suo zio gli aveva predetto.

Se chiudeva gli occhi poteva ancora ricordare il suo avvertimento.

‘’Se proverai mai qualcosa, se ti sveglierai nel bel mezzo della notte, con il cuore colmo di gioia, mentre stringi amorevolmente una donna tra le tue braccia, scappa e non tornare mai più ’’

Scappa e non tornare mai più.

Bellamy ripensò per un secondo agli ultimi anni, e sorrise compiaciuto sulle labbra della ragazza.

Sicuramente non c’era stato mai nessun problema di sentimenti.

<< Signor Blake che cosa ci fa ancora qui?! Per arrivare in tempo alle prove del matrimonio di sua sorella sarebbe dovuto partire mezz’ora fa! >>

Maya, la sua segretaria lo fissò infuriata mentre chiudeva le tapparelle della saletta ricevimenti.

Bellamy scattò in piedi, improvvisamente dimentico della ragazza mora con cui aveva trascorso gli ultimi dieci minuti.

<< Le prove sono OGGI!? >>

Maya annuì con il solito sguardo spazientito.

<< Le ho già fatto preparare la macchina, si dia una mossa! Sua sorella era stata molto chiara sull’argomento, non accetta assolutamente ritardi! >>

<< Maya, luce dei miei occhi, meravigliosa donna, fantastica assistente, cosa farei mai senza di te? >>

Bellamy la prese in giro mentre si precipitava giù dalle scale in tutta fretta.

Quando l’uomo sparì in fondo alla scalinata Sady (o Sandy) guardò sconsolata Maya.

<< Ora io che faccio? >>

Maya sorrise triste << Vuole un caffè? >>

 

***

 

Bellamy Blake arrivò con mezz’ora di ritardo alla casa in campagna in cui sua sorella Octavia aveva deciso di organizzare il proprio matrimonio. Non era una casa normale, ma un’enorme villa. Era stata la tenuta invernale di suo zio Marcus in cui le famiglie Blake e Griffin avevano trascorso per anni le vacanze.

 La neve cadeva quando Bellamy entrò nel vialetto e cercò parcheggio davanti casa.

Parcheggiate c’erano una ventina di macchine coperte di neve, gli amici intimi, gli altri sarebbero arrivati il giorno seguente.

Era tutto esattamente come ricordava: i ghiaccioli che pendevano dai cornicioni dell’imponente villa, le fontane classicheggianti. Tutto lo fece sorridere al ricordo del tempo trascorso lì con sua sorella.

Quando volse lo sguardo verso il parco, un’altalena completamente coperta di neve, sola, sperduta tra la neve candida catturò il suo sguardo.

Il sorriso scemò improvvisamente dalle sua labbra e qualcosa lo piccò all’altezza del petto.

Perché dopo tutto quel tempo quell’altalena gli faceva ancora lo stesso dannato effetto?

***

Bussò con fermezza alla porta della sua infanzia.

Ripensò a sua madre sdraiata all’ombra del portico, allo zio, gli occhiali da sole calati sul viso mentre lucidava quella cavolo di  Chevy Camaro dorata 1967 a cui teneva quasi più della sua stessa vita.

L’odore del passato lo raggiunse, e con quello qualcos’altro.

Magari anche lei ci sarà?

Ovvio, ovvio che ci sarà.

In quel momento chiuse gli occhi e ripeté la litania che ormai aveva imparato a memoria.

Sono Bellamy Blake, un famoso fotografo di riviste internazionali, con centinaia di donne a mia disposizione  e nessun bisogno di una storia seria.

(Non più, almeno ).

Dei piccoli strilli oltre il portone lo riscossero dai suoi pensieri.

La porta si aprì di scatto.

Sua sorella, il viso truccato, i capelli raccolti, l’espressione infuriata lo fissò dallo stipite.

<< Sei in ritardo >> Faceva finta di essere arrabbiata.

<< Però ci sono >> Bellamy sorrise.

Octavia abbandonò l’espressione insoddisfatta e schiuse le labbra in un magnifico sorriso. In meno di un secondo fu tra le sue braccia.

<< Grazie per essere venuto, sapevo lo avresti fatto >>

Bellamy chiuse gli occhi mentre inalava il suo profumo, così familiare.

Octavia sapeva di lavanda.  Da fiore campestre, erba selvatica,  guerriera ribelle, cintura nera di Judo che era.

In quel momento un altro profumo lo investì. Era diverso, più delicato, ma altrettanto familiare.

Gelsomino.

Per un momento sgranò gli occhi, l’altalena di nuovo in mente.

Poi tornò a posto.

L’attimo di insicurezza scemò e fu pronto.

<< Octavia Blake non osare rovinare la mia opera d’arte >> Disse la fonte del profumo inebriante.

Bellamy mise su un sorriso strafottente.

<< Che mi prenda un colpo, Clarke Griffin! >>

Ella rispose con un sorriso tirato.

<< Bellamy Blake >>

Poi rivolgendosi ad O: << Non lasciare Lincoln in mano a quelle squilibrate delle nostre amiche >>

Octavia sorrise e si diresse verso il salotto dal suo futuro marito.

Bellamy fece per seguirla.

Clarke lo bloccò. Per un secondo il cuore di Bellamy fece un capogiro.

Durò un secondo solo.

<< Cosa c’è Griffin? >>

Clarke sembrò delusa, o magari era solo la una sua impressione. C’era qualcosa in quel viso, che dopo tutti quegli anni lo metteva ancora a disagio. Notò che fosse cambiata, più adulta, più sicura di sé. Ma era sempre lei: i capelli che a onde dorate le scendevano sulle spalle, gli stessi occhi specchi di cielo estivo, giusto un poco più cupi. Le stesse forme invitanti, sotto il vestito aderente, che gli erano troppo, troppo familiari.

 E quel profumo, che lo faceva impazzire, e lei lo sapeva.

<< Sai, anche se qui sappiamo tutti come sei, >> E a quel punto si fermò per sorridere acida << Per il bene di Octavia vorrei che tu fossi un poco, un poco più… mhm normale >> Fece risaltare l’ultima parola

Bellamy annuì strafottente.

<< Allora non mi sono spiegata. D’accordo lo tradurrò in deficentese: fai qualcosa di stupido, o sbagliato, e giuro che ti uccido. >>

Bellamy sorrise leggermente, ancora inevitabilmente incantato dal suo fascino ed al contempo triste e consapevole che niente sarebbe mai potuto tornare come era prima.

(Purtroppo) Per fortuna aveva rovinato tutto.

Ma come suo zio gli aveva insegnato, mai, mai affezionarsi troppo ad una donna. E lui, da bravo allievo, aveva cercato in tutti i modi possibili di non farlo.

<< E’ un piacere vederti di nuovo >>

Clarke Griffin ci tenne a puntualizzare.

<< Per me no >>

Già, lo immaginavo.

***

 

Fu strano tornare in quella casa.

Quella casa era stata testimone del suo cambiamento.

Che aveva coccolato il ragazzino spaurito che aveva appena perso sua madre, consolato l’adolescente smarrito che aveva visto la ragazza che amava baciare un altro, e stava all’ora ammirando l’uomo indipendente che era diventato.

Lei in qualche modo, invece, era quella di sempre.

Aveva ancora sopra i mobili antichi le foto di suo zio, Marcus, che purtroppo mancava ormai da un 4 anni.

Che uomo!

Bellamy mentalmente ringraziò ancora suo zio per averlo aiutato, per avergli svelato il trucco che gli aveva permesso di non soffrire più.

A quest’ora chissà altrimenti dove sarei?!

Un vago odore, dolce e aromatico gli giunse alle narici. Una parte di sé, remota,  immaginava ancora una risposta illusoria che però, per quanto ci avesse provato, non aveva mai abbandonato.

Era stato debole. Per una sola volta, una soltanto, aveva permesso al suo cuore di amare. Suo zio neanche una.

 Lui si che ce l’aveva fatta.

‘’Chi ami ha il potere di distruggerti. Se non amerai mai, arriverai alla fine dei tuoi giorni morendo una volta sola. Chi ama muore ogni giorno.

***

<< Signor Blake, immagino sarà lei a scattare le foto del matrimonio >>

A chiederlo era stata la madre di uno degli invitati.

Bellamy sorrise per cortesia. La sua fama di fotografo lo raggiungeva ovunque andasse.

<< Non sono il mio genere >>

La verità è che i matrimoni non gli piacevano. Erano una perdita di tempo, un modo ridicolo di illudere le persone che tutto potesse andare bene per sempre, e che esistesse un sentimento abbastanza forte da permettergli di superare qualunque cosa.

La verità è che non esisteva. C’erano solo illusioni e verità,e la maggior parte della gente era troppo debole per accettarlo. E allora si illudeva, e si illudeva di nuovo, e si illudeva ancora finché di loro non rimaneva altro che un pallido spettro, tante erano le volte in cui si erano distrutti.

<< La verità è che non riesce a scattare delle belle foto a meno che i soggetti fotografati non siano nudi >>

Bellamy Blake accusò il colpo della Griffin con un sorriso sulle labbra. Ma per formalità tentò di difendersi.

<< Non è una cosa che mi riesce bene fare >>

La vecchia sembrò insistere.

<< Ma per sua sorella, potrebbe provare >>

No, non avrebbe provato. Scosse la testa e sorrise cortesemente.

In quel momento la sua attenzione venne calamitata dalle damigelle della sposa che confabulavano sottovoce. A quanto pareva non abbastanza sottovoce.

Octavia aveva scelto come damigelle quasi tutte sue amiche di infanzia. C’erano Harper, Raven, Clarke, ed una ragazza che non conosceva.

Doveva chiamarsi Echo.

E, guardandola bene, Bellamy non capiva come avesse fatto a sfuggirgli. Era molto, molto bella.

Era stata proprio Echo a parlare.

<< Quindi tutte voi, tranne me, siete state a letto con Blake? >>

Harper, a cui era stata fatta la sconveniente domanda, sembrava a disagio mentre pregava la compagna di parlare a bassa voce. Raven alzò gli occhi al cielo e girandosi verso Clarke mimò con le labbra qualcosa che stava tra il ‘’perché cavolo non si sta zitta’’ e il ‘’chi l’ha invitata questa?’’

La bionda fece un faccia sconsolata e sospirò in risposta.

<< E come è stato? >>

Clarke sgranò gli occhi e si voltò verso Echo sconvolta che avesse fatto un domanda del genere in un luogo dove altre persone potessero sentirla.

Stava per zittirla, quando si accorse che Bellamy aveva ascoltato tutto ed aveva un sorriso compiaciuto sulle labbra.

Ci pensò lui stesso a rispondere.

<< Stupendo >>

Raven a quel punto scosse la testa.

<< Devo dissentire, non è stato così bello >>
Bellamy Blake fece il finto offeso.

<< Reyes, così mi ferisci! >>

La ragazza continuò a scuotere la testa e alzò la mano per elencare le cose che non erano andate.

<< Non mi sto lamentando di te in generale, però ci sono stati dei frangenti che mi hanno fatto storcere il naso. >>

Raven alzò le dita della mano per elencare le mancanze.

<< Prima cosa, anche se te lo avevo chiesto io … >>

Clarke sgranò gli occhi: << Glielo avevi chiesto TU? >>

La mora continuò imperterrita: << E’ stato tutto troppo veloce, si vedeva che non ti andava granché. Secondo punto: avevi bevuto e puzzavi di alcool. E terzo punto, cosa abbastanza prevedibile ma sempre urtante: verso la fine mi hai chiamata Cl … >>

<< Non serve che continui, me lo ricordo >> All’improvviso, man mano che i ricordi riaffiorarono, a Bellamy era passata tutta la voglia di ridere.

Clarke, dopo essere arrossita fino alla punta delle orecchie , guardò in cagnesco sia Bellamy, sia le proprie amiche.

Poi disse sottovoce: << Vi sembra il luogo per fare un conversazione simile? Mia madre è due tavoli più in là. >>

<< Sono stato a letto anche con lei >> Disse Bellamy strafottente.

<< CHE COSA?! >> Tutta la tavolata si girò a guardare la ragazza bionda che aveva gridato.

<< Calmati, sto scherzando. Sto scherzando … >> Rispose Bellamy sottovoce << Ti scaldi troppo facilmente Griffin … >>

<< Tu, Bellamy Blake, devi piantarla, perché non sono assolutamente in vena di scherzare. E tu Echo, se proprio hai intenzione di andarci a letto, vedi di fare veloce. Almeno, questo idiota, completa il suo giglio magico e la prossima volta si siede ad un altro tavolo! >>

Bellamy la guardò colpito, ferito quasi, completamente preso alla sprovvista da quello scatto nervoso.

Durò un attimo soltanto.

 Magari ne aveva l’aspetto, ma Clarke non era più la bambina dalle trecce bionde che lo sfidava a correre a piedi nudi nei giardini di casa, la ragazza che gli sorrideva alla prima festa della scuola, la donna elegante che gli veniva in contro in un incantevole abito rosso.

 Che ne è stato della ragazza che conoscevo?

Sei stato tu a renderla ciò che è. L’hai costretta a cambiare.

Di certo non dopo che lei  mi ha costretto a cambiare me stesso …

Fortunatamente, prima che le cose degenerassero, furono interrotti da Octavia. La ragazza si diresse immediatamente verso il fratello e lo costrinse ad alzarsi. Egli doveva, a suo dire, assolutamente seguirla.

O lo prese per mano e sorridendo lo condusse alle grandi vetrate che davano sul giardino. Per un momento gli tornò in mente la medesima scena, con lui e sua sorella  vent’anni più giovani. La bambina di quattro anni che teneva la mano al fratello maggiore di nove, mentre lo trascinava a vedere l’ennesimo disegno che aveva realizzato.

L’immagine durò un istante appena, e Bellamy tornò alla realtà appena vide Licnoln, il fidanzato di Octavia, aspettarlo davanti ad una delle finestre.

Lincoln non era una persona cattiva, e sembrava tenere veramente ad O. L’unica cosa che rendeva Bellamy triste era il pensiero che entrambi si stringessero l’uno all’altro felici in quella misera illusione che era l’amore, e che prima o poi ne sarebbero stati scottati.

Ma se sua sorella voleva cosi, ormai lui non poteva più impedirglielo.

Certo che, tra il considerare Lincoln una persona quasi accettabile, ed il parlare amichevolmente davanti alle finestre, c’era in mezzo il mare.

<< Vi lascio a chiacchierare >> Disse Octavia facendogli l’occhiolino. Poi se ne andò.

Davanti ai finestroni rimasero due uomini che non avevano nulla da dirsi. Bellamy non poteva dire che fosse felice del loro matrimonio, o che non desiderasse nient’altro per sua sorella, perché non era vero.

Lincoln ne era consapevole, ed infatti non disse nulla.

Quando Bellamy infine parlò, lo fece seriamente, perché sentiva di dovere qualcosa a sua sorella.

<< Promettimi che te ne prenderai cura >>

Nessuno dei due si guardava negli occhi, scrutavano entrambi il panorama innevato.

<< Prometto che la amerò >>

Qualcosa nel suo petto tremò.

Un ricordo lontano, perso nei meandri degli anni trascorsi.

’Prometti che mi amerai per sempre’’

<< Non ti sto chiedendo di amarla, ti chiedo di prendertene cura >>

Nell’affetto di credeva, l’amore assolutamente no.

Lincoln sembrò capirlo, ed annuì.

<< Lo prometto >>

Nella sua mente echeggiò qualcosa di doloroso, una risposta che lui stesso aveva dato tempo prima.

‘’Lo prometto’’

***

Qualche minuto dopo Bellamy si ritrovò nel bagno degli uomini a guardarsi allo specchio.

Tutto questo sarà più difficile del previsto.

Alzò gli occhi al cielo e respirò profondamente.

Fu in quel momento che lo sentì.

Era quel suono inconfondibile, inimitabile, con cui suo zio Marcus annunciava la propria presenza prima di entrare in una stanza.

Pensò di essere assolutamente fuori di testa, suo zio era morto da quattro anni.

E poi di nuovo. Quella tosse, palesemente finta che era solita contraddistinguerlo.

Bellamy si mise a ridere mentre si girava e finiva in un sorso il proprio drink, pronto a fare i suoi complimenti all’impeccabile imitatore.

Quando vide suo zio Marcus, nel completo elegante e gli occhiali da sole calati sul viso, per poco non si strozzò. Sputò la bevanda sul pavimento e guardò lo zio con gli occhi spalancati.

Ma che cazz

Quella era assolutamente la cosa più assurda che gli fosse capitata negli ultimi 6 anni

Questo si, che era un sintomo da stress post traumatico.

Si mise una mano sul viso e chiuse gli occhi, sicuro che appena li avesse aperti tutto sarebbe tornato alla normalità.

Aperti gli occhi trovò solo suo zio uguale, solamente più arrabbiato, con la solita espressione indecifrabile e le mani posate sui fianchi con impazienza.

<< Nipote, non ho mica tutto il giorno. Ed ho un bel discorsetto da farti … >>

Bellamy aveva ancora la bocca aperta e gli occhi fuori dalle orbite. Assolutamente sicuro di star sognando ad occhi aperti mise una mano sul petto dello zio. Come in qualsiasi film sui fantasmi la mano attraverso il corpo di Marcus come se non esistesse.

Merda, sto veramente, VERAMENTE, male.

Il maggiore dei Blake prese la via della porta mentre cercava di metabolizzare il fatto di avere le allucinazioni.

Clarke Griffin mi fa assolutamente un cattivo effetto.

Ma mentre stava per raggiungerla il fantasma dello zio gli si parò davanti. Appariva molto scocciato, come quando era bambino e non si sbrigava a salire in macchina.

<< Augustus siediti su quella sedia –disse indicando l’unica seggiola nell’angolo- e non farmi perdere tempo. Non c’è assolutamente neanche un secondo da gettare al vento, stanotte >>

Bellamy si sedette mentre il suo incubo ad occhi aperti continuava.

<< Augustus, te lo dirò chiaro: tu stai diventando come me. E questo non va affatto bene. >>

Se proprio stava avendo un’allucinazione, allora voleva andarci fino in fondo.

<< Stai scherzando? Zio Marcus, tu eri un mito. I soldi, le feste … le donne- disse dopo un sogghigno- tutto questo ti ha reso un idolo. Non sei mai stato debole, non hai mai vacillato, non ti sei mai fatto distruggere. Tu in questa vita hai vinto. Sei morto una volta soltanto >>

Il nipote aveva veramente una profonda e grande ammirazione per lui. Quello era l’uomo che lo aveva aiutato, che gli aveva mostrato la via, che lo aveva salvato da tutto il dolore che l’amore gli avrebbe portato.

Che lei gli avrebbe portato.

<< Bell … >>

Bellamy rabbrividì, suo zio non lo aveva mai chiamato così. Il numero delle persone che lo avevano mai chiamato così potevano contarsi sulle dita di una mano. Sua madre, Octavia, Clarke Griffin … fine. Marcus Blake, il fratello di sua madre, lo aveva sempre e solo chiamato con il suo nome intero ‘’Bellamy Augustus Blake’’; o solamente Augustus, il suo secondo nome, che nessuno utilizzava mai, perché amava darsi un tono e mostrarsi diverso dagli altri.

Se era suo zio, suo zio morto, a chiamarlo Bell, c’era qualcosa di veramente importante in ballo.

<< Tu hai solo visto quello che io ti ho lasciato vedere, mentre io mi crogiolavo nel piacere di spacciarmi per un qualche eroe che non ero. Augustus, io … ho sofferto è più chiunque altro, sono stato distrutto per anni, ed è stato questo a rendermi l’uomo privo di sentimenti che hai conosciuto e venerato tu. – sembrava davvero a pezzi-

La mia colpa è stata il non aver osservato attentamente. Sono arrivato di punto in bianco, ho visto quello che credevo di star vedendo, ed ho giudicato! E’ stato questo il mio errore! Mi sono presentato nella tua vita senza conoscerla ed ho finto di poterti insegnare a vivere, quando neanche io credevo a ciò che ti stavo dicendo >>

Bellamy guardò il fantasma di colui che aveva considerato quasi una divinità nella propria adolescenza, mentre si inginocchiava davanti a lui con gli occhi lucidi e la voce tremante.

Suo zio, il suo mito, il fenomenale Marcus Blake che in inginocchiava ai suoi piedi piangendo come un qualsiasi uomo stremato, spezzato, distrutto.

Come un uomo che era morto ogni giorno per tutta la sua vita.

Suo zio distrutto. Non lo credeva possibile.

<< Potrai mai perdonarmi? >>

Le lacrime gli caddero sulle guance eteree e tra la barba brizzolata. Lacrime inconsistenti, surreali, che non avrebbero mai bagnato il pavimento, eppure sembrarono a Bellamy reali come poche cose in vita sua.

<< Bellamy Augustus Blake, è ora che io ti mostri come sono andate davvero le cose >>

Prima che Bellamy potesse scansarla, suo zio gli afferrò la mano fermamente.

All’improvviso non vide più niente, aveva solo la consapevolezza che quella mano terribilmente fredda continuava a stringere la sua.

  
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