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Autore: Kim WinterNight    14/09/2017    5 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

I just want to feel good!

[Shavo]




«Sapete cosa ho voglia di fare?» domandò dopo cena Bryah, palesemente brilla.

Lanciai un'occhiata a John, il quale intanto la osservava leggermente preoccupato.

«Sentiamo!» la incoraggiò Leah, posandole una mano sulla spalla.

«Quel cretino di Ben non mi ha chiamato e io...» biascicò la giornalista. «Vorrei venire allo Skye Sun con voi» proferì infine, scolandosi il contenuto rimanente del suo bicchiere di vino.

«Bryah» la chiamò John. «Tu non eri... astemia?»

«Ah, già.» La giornalista ridacchiò. «Lo ero.»

«C'è sempre una prima volta» commentò Daron, il quale giocherellava con gli avanzi del cibo presenti sul suo piatto.

«Daron, piantala!» esclamai esasperato, mollandogli un calcio sotto il tavolo.

Il chitarrista si irrigidì e imprecò rumorosamente, spingendo il piatto al centro del tavolo. «Sei un bastardo, Odadjian.»

«Grazie tesoro» lo canzonai.

«Ragazzi, chiamo un taxi e ci facciamo accompagnare in hotel» affermò John con fare pratico. «Shavo, andiamo un attimo fuori?» mi propose poi.

Mi alzai e, dopo aver passato le dita tra i capelli di Leah, seguii il mio amico all'esterno del chiosco. Ci trovammo con i piedi affondati sulla sabbia e io, mentre il batterista telefonava, mi preparai con calma una sigaretta a base di erba.

«Il taxi sarà qui a momenti» mi informò John mentre riponeva il cellulare in tasca.

«Okay. John, ho parlato con Leah» raccontai leggermente imbarazzato.

«Lei che ne pensa?»

Scrollai le spalle. «Dice che non dovremmo pensare al dopo, ma goderci questi giorni insieme e basta.»

«Possiamo cercare un volo che parta dopo che lei se ne sarà andata. Non mi sembra il caso di rovinarci troppo la vacanza, non ho voglia di tornare a Los Angeles prima del tempo solo per colpa di una... non so neanche come definirla.»

«Certo, hai ragione» concordai, aspirando una boccata di fumo con fare assorto.

«Ti mancherà, eh, bassista?» fece John.

Allungai la canna verso di lui e lui la afferrò, esaminandola per un attimo. Mi guardò pensieroso. «Se Bryah non è più astemia, io posso concedermi un tiro di questa roba. In fondo sono in Giamaica anch'io» rifletté, portandosi infine l'oggetto alle labbra. Aspirò brevemente, poi me lo restituì tossicchiando appena.

«Sei un rammollito» lo presi in giro.

«Pensa per te» replicò fintamente irritato. «Dai, sbrigati a fumare.»

Annuii. «John, ascolta... dovresti prenderti cura della giornalista stasera. La vedo messa male» gli consigliai apprensivo.

«Meno male che viene in hotel con noi. In quelle condizioni non sarebbe in grado di fare due passi da sola» convenne il batterista con un sospiro.

«Poveretta però...»

John accennò un sorriso. «Sai che Leah mi ha consigliato di provarci con lei, ora che ha litigato con il suo compagno?»

«La devo sgridare! Che razza di consigli sono?»

«Eh, non...»

John non fece in tempo a concludere la frase, poiché fummo interrotti dalle grida chiassose dei nostri amici che uscivano dal locale; Bryah camminava strascicando i piedi a terra, mentre Leah e Daron la sostenevano, posizionati ai due lati della giornalista.

«Hai pagato anche a pranzo, Daron!» strillò Leah.

«E a te che importa? Tu mi hai offerto il gelato millegusti!» ribatté il chitarrista senza scomporsi.

«La mia testa... non gridate, oh...» bofonchiò Bryah, portandosi maldestramente una mano sulla fronte. Così facendo rischiò seriamente di cadere, ma fortunatamente John accorse in suo soccorso e la strappò dalle grinfie dei due litiganti.

«Non c'entra niente, la cosa non è paragonabile!» rincarò Leah, piazzandosi di fronte al chitarrista con le mani sui fianchi.

«Oh, che rottura. Quand'è che ti spegni?»

«Senti chi parla!»

«Ragazzi, chiudete la bocca o vi butto in mare!» sbottai, mettendomi tra i due e fulminandoli entrambi con lo sguardo.

Poco dopo il nostro taxi arrivò. John aiutò Bryah a sistemarsi sull'ultimo sedile dell'auto a sette posti che ci aveva raggiunto, poi si accomodò accanto a lei e prese a parlarle per evitare che pensasse troppo a un probabile attacco di nausea.

Daron si sistemò accanto all'autista, mentre io e Leah ci accomodammo sui posti rimanenti.

Durante il viaggio Bryah rimase abbastanza tranquilla, ma il suo stato d'animo non era per niente felice; a un certo punto prese a lamentarsi per ciò che il suo compagno le aveva combinato, per la sua infelicità, per la sua insoddisfazione e per un sacco di altre cose.

Quando arrivammo in albergo, ci riunimmo tutti in camera mia e di John. Il batterista fece stendere la giornalista sul suo letto e si appollaiò sul bordo del materasso.

«Direi che possiamo ospitarla qui» dissi. «Io posso dormire sulla poltrona.»

Leah trotterellò accanto a me e mi abbracciò da dietro. «Tu dormi con me» sussurrò, in modo che soltanto io potessi udirla.

Daron intanto armeggiava con una buona dose di erba, preparandosi una bomba degna di questo nome. Fece scattare l'accendino e se la accese, poi si accostò alla finestra e la aprì.

«Grazie, Malakian» borbottò John, sistemando una coperta sul corpo tremante di Bryah.

Lei sbadigliò appena e socchiuse gli occhi. «Ehi ragazzi, scusatemi tanto...» bisbigliò.

John si chinò su di lei e scosse il capo. «Siamo tuoi amici, non ti avremmo mai abbandonato al tuo destino» la rassicurò, sistemandole meglio il cuscino sotto la testa.

«John...» La giornalista si accoccolò su se stessa e immerse quasi la faccia nel guanciale. «Qui è pieno del tuo odore.»

Spalancai la bocca e notai che il mio amico arrossiva appena, portandosi una mano dietro l'orecchio con imbarazzo. «Uhm, sì?»

«Già» confermò lei in tono sommesso.

Leah cercò il mio sguardo. «Che ti avevo detto? Sono troppo carini insieme!» sibilò con entusiasmo.

«Ehi, Leah, Shavo!» strillò all'improvviso Daron.

«Che c'è?» domandai.

«Avete voglia di fare un giro? Sono solo le undici e mezza, magari in terrazza c'è qualcosa, un po' di musica...»

Proprio in quel momento udimmo un vociare in corridoio, così il chitarrista si affacciò a controllare cosa stesse succedendo, seguito poi da me e Leah.

Trovammo Alwan, Lakyta e Dayanara che si dirigevano verso la nostra stanza, parlando tra loro.

Rimasi piuttosto sorpreso di vedere quei tre insieme, per giunta non impegnati nel loro lavoro.

«E voi che ci fate qui?» esordì Leah, raggiungendoli in fretta.

«Vi stavamo cercando!» spiegò Alwan. «Venite in terrazza?»

«Ci stavamo giusto pensando» borbottò Daron in tono annoiato, senza smettere di fumare.

Lakyta gli lanciò un'occhiataccia e si strinse al braccio di Alwan, ignorandolo deliberatamente.

«Non avete da lavorare?» mi informai perplesso.

«Giù alla reception c'è lo stagista che fa il turno di notte. Alwan e Lakyta hanno la serata libera. Una volta a settimana sta Cornia al bar in terrazza» ci informò Dayanara con un sorriso luminoso.

«Allora veniamo volentieri! Chi è Cornia?» chiese Leah curiosa, prendendo la mia mano.

«Un ragazzino che lavora qui per tappare i buchi, sai com'è» ammiccò Alwan, senza lasciarsi sfuggire il gesto della ragazza nei miei confronti.

«Aspettate qui, chiedo a John e Bryah se vogliono venire, anche se...» li interruppi, per poi rientrare in camera mia.

«Chi ci cerca?» si informò subito John.

«Ci sono Alwan, Lakyta e Dayanara che hanno chiesto se ci va di andare con loro in terrazza. Voi venite?»

Bryah si mise faticosamente a sedere e si appoggiò con la schiena alla spalliera del letto. «Oddio, gira tutto...»

«Perché non sei rimasta distesa?» si preoccupò subito il batterista. «Mi sa che noi rimaniamo qui, Shavo» aggiunse poi.

«Forse è il caso. Ehi Bryah, non farlo dannare e stai a letto. Hai proprio una brutta cera, bella mia» commentai, esaminando il viso stravolto della giornalista.

«Cavoli, mi dispiace. John, ti sto dando noia, non è vero? Se vuoi andare in terrazza...»

John scosse il capo con decisione. «Non se ne parla. Rimango qui con te.»

«Okay, ragazzi, allora ci vediamo più tardi» conclusi, per poi uscire dalla stanza e richiudermi la porta alle spalle.

Dopodiché mi diressi insieme agli altri verso l'ascensore.


«Piacere, io sono Cornia! Ah... cazzo, ma tu sei Daron Malakian dei System Of A Down?!» esordì il giovane cameriere che si era appena avvicinato al nostro tavolo per prendere le ordinazioni.

«Oh, merda! Ecco, ora ho capito chi siete!» saltò su Alwan, battendo una mano sulla spalla di Daron.

Io e il chitarrista ci scambiammo un'occhiata perplessa, mentre Leah scoppiava a ridere fragorosamente.

«Beccati» sghignazzò Dayanara in tono malizioso.

Alwan si mise in piedi e cominciò a gironzolare intorno al tavolo, prendendosi la testa tra le mani. «Cazzo, come ho fatto a non capirlo prima? Oddio...»

«Al, riprenditi!» lo interruppe Leah, afferrandolo per un gomito e obbligandolo ad arrestarsi.

«Già, amico. Grazie a lui hai risolto il mistero» commentai, accennando al giovane cameriere che intanto si era piantato di fianco a Daron e parlava in maniera concitata; era elettrizzato e incredulo, sembrava che stesse avendo a che fare con una divinità scesa in Terra.

«Merda...» bofonchiò ancora Alwan, scrutandomi con attenzione.

«Dai, sono solo una persona» gli dissi, sentendomi leggermente in imbarazzo.

«Ma io... io... suono il basso in maniera schifosa, e mi sono pure esibito di fronte a te... che figura del cazzo, ora andrò a buttarmi dal parapetto!» blaterò il ragazzo, divincolandosi dalla presa di Leah.

«Amore, cosa stai facendo? Io non ho capito niente...» intervenne a sproposito Lakyta, prendendogli la mano e attirandolo accanto a sé.

«Amore?!» sbottò Leah divertita. «Ehi, Laky, da quando è che state insieme?»

«Non stiamo insieme» chiarì immediatamente Alwan. Poi sorrise brevemente alla ragazza e le spiegò: «Ho solo scoperto che ho avuto a che fare con uno dei miei bassisti preferiti senza rendermene conto. Tutto qui».

Lakyta rimase sorpresa. «Quindi questi qui sono musicisti famosi?» chiese confusa.

«Eh già» dissi io.

«Ehi, amico, hai visto che c'è anche Shavo? Non dirmi che non l'hai riconosciuto» sentii dire a Daron in tono esasperato.

«Ah, wow! Ehi, piacere, io sono Cornia! Ma come cazzo è possibile che voi due siete finiti in questo postaccio?» mi apostrofò il cameriere, raggiungendomi in fretta per poi stringermi la mano.

«E ti dirò di più: anche John, il batterista, è qui con noi.»

Cornia strabuzzò gli occhi. «Dove? Dove? Se lo sa mio fratello, mi spacca il culo! Glielo devo dire assolutamente, vorrà un autografo di Dolmayan!»

«Vedi di non spargere troppo la voce, okay?» lo ammonii.

«Certo, certo!» Il cameriere si voltò verso Lakyta e le lanciò un'occhiata di fuoco. «Dolcezza, come stai? Cosa posso portarti?» le domandò, chinandosi per posarle un leggero bacio sulla fronte.

«Ti ho già detto che non sei il mio tipo, Cornia! Lasciami in pace!» strillò lei contrariata.

«Oh, avanti, non fare la difficile» tagliò corto lui con un sorriso furbo sulle labbra sottili.

Era carino, socievole e intraprendente quel ragazzo, sicuramente avrebbe potuto conquistare facilmente un'infinità di fanciulle, eppure sembrava interessato alla più riprovevole di tutte.

«Stammi alla larga» grugnì Lakyta, ignorandolo, mentre concentrava il suo sguardo sulle proprie unghie laccate di verde.

Cornia si chinò a sussurrarle qualcosa all'orecchio, poi sghignazzò tra sé, mentre lei borbottava qualcosa che non riuscii a comprendere.

Infine prese le ordinazioni e si avviò allegramente verso il bancone.

«Però, ragazzi, ci sono un sacco di musicisti tra noi e ancora non abbiamo suonato tutti insieme!» si lamentò Alwan, lasciandosi cadere accanto a Daron.

«Già, te l'avevo promesso, è vero!» esclamò il chitarrista, giocherellando con l'accendino.

«Ma ora John non c'è» sottolineai.

«Però un'occasione come questa potrebbe non ripresentarsi più. Noi abbiamo sempre da lavorare, che palle!»

«Qui ci sfruttano» commentò Dayanara, facendo l'occhiolino a Leah.

«Vero! Io organizzerei una protesta!» esclamò la ragazza accanto a me.

«Ma tu non sai mai stare zitta?» la rimbeccò Lakyta, improvvisamente interessata alla conversazione.

«Laky, sta' calma. Che ti ho fatto di male?» ghignò l'altra con pungente ironia.

«Esisti e vieni qui a distruggere la mia vita ogni tanto, ecco cosa hai fatto!» rispose la cameriera, scattando in avanti.

«Andiamo, tesoro, chiudi quella tua bella boccuccia. Non è il momento di litigare, non trovi? Siamo tra amici.» Leah si sporse verso di lei e abbassò la voce. «C'è anche il tuo adorato Alwan, non vorrai fare una brutta figura con lui, vero?»

«Tu sei veramente...»

«E pensa un po'» proseguì Leah, battendo una mano sul mio ginocchio. «Lui, Daron e John vengono da un posto che a te piace tanto, indovina?»

«Cosa stai dicendo?»

«Già, arrivano proprio da Los Angeles, dove c'è la tua amata Hollywood» sganciò la bomba Leah, poi tornò ad appoggiarsi con la schiena alla sedia e si godette la faccia stralunata e profondamente incredula della sua interlocutrice.

Notai Lakyta fissarmi interdetta, per poi voltare il capo in direzione di Daron e fissare intensamente anche lui, mentre con una mano si tastava il petto all'altezza del cuore, neanche temesse di star per avere un infarto.

Mollai una leggera gomitata a Leah. «Sei incredibile» le dissi.

«Sì, lo so» ridacchiò.

«Dai! Suoniamo o no?» strepitò ancora Alwan, per poi rimettersi in piedi. «Corro a prendere il basso, poi c'è lo djambé là dietro, e... Daron, hai la chitarra, la vai a prendere?»

«Sicuro! Corro, capo!» scattò subito il mio amico, dirigendosi di fretta verso l'ascensore.

Dal canto mio, mi ritrovai con il tamburo tra le mani senza sapere neanche perché.

«Shavo, tanto lo sai suonare!» mi incoraggiò Alwan.

«Insomma...»

«Non ci credo, tu sai suonare qualunque cosa!»

Fissai lo djambé con aria perplessa. Volevano davvero farmi fare una figura di merda? Non ero affatto bravo con gli strumenti a percussione, anche se qualcuno mi aveva fatto notare che spesso tendevo a battere sulle corde del mio basso come se tra le mani stringessi un qualche tamburo.

«Dai, fregatene, andrà tutto bene. Pensa a divertirti» mi incoraggiò Leah, facendomi l'occhiolino e preparandosi a filmare tutto con il suo cellulare.

Noi musicisti ci sistemammo vicino al chiosco in legno, per somma gioia di Cornia e, dopo aver posizionato delle sedie, Alwan e Daron mi lanciarono un'occhiata.

«Non ditemi che devo iniziare io! Non sono mica John...» mi lamentai.

«Avanti, amico, non rompere i coglioni e dacci un ritmo» gridò Daron, mentre l'altro ragazzo annuiva.

Sospirai e presi a battere sulla pelle chiara dello strumento; inizialmente mi parve di star facendo qualcosa di molto sconclusionato, ma poco dopo mi accorsi che Daron e Alwan si accodarono a me, così compresi di essere almeno in grado di fare da metronomo per quella bizzarra esibizione.

Alla fine, non so come né perché, Daron prese a cantare a squarciagola una vecchia canzone degli AC/DC e io scoppiai a ridere per il modo orribile in cui stava eseguendo il brano; rischiai più volte di perdere il tempo, ma alla fine venne fuori qualcosa di decente.

Mi accorsi che Alwan era abbastanza emozionato, ma infine riuscì a lasciarsi andare e a un certo punto prese a passeggiare di fronte a noi con il basso a tracolla, lanciando sorrisi a tutti i presenti e muovendosi appena a un ritmo che solo lui riusciva a percepire all'interno del suo corpo.

«Bravi!» strillò Leah, appoggiando il cellulare sul tavolino per poter applaudire. Anche Lakyta e Cornia si unirono a lei, strillando come pazzi e incitandoci a continuare.

Mi dispiacque che John non fosse con noi, sicuramente si sarebbe divertito e avrebbe preso la palla al balzo per suonare. In cuor mio, tuttavia, sperai che si stesse intrattenendo piacevolmente con Bryah, chissà che quel momento da soli non portasse a una svolta nel loro rapporto.

Proseguimmo a suonare e cantare per un sacco di tempo, poi rimanemmo ancora un po' appoggiati al bancone a chiacchierare animatamente. Cornia continuava a provarci spudoratamente con Lakyta, così io e Leah cominciammo a pensare che non avrebbe impiegato molto a conquistarla, nonostante lei si mostrasse sempre molto interessata ad Alwan e cercasse in tutti i modi di ignorarlo.

Verso l'una e mezza cominciammo a risentire della stanchezza, così Leah mi propose di scendere in camera. Salutammo tutti con calore e ci avviammo all'ascensore, lasciando Daron a fare casino con Alwan e Dayanara.

«Bella serata, non me lo sarei mai aspettato» commentai, mentre l'ascensore si muoveva verso il terzo piano della palazzina dipinta in bordeaux.

«Sì, sul serio. Sei stato bravo con quello djambé» si complimentò Leah compiaciuta, abbracciandomi.

«Ho fatto schifo, però non importa. Tutti si sono divertiti.»

Leah si staccò da me e mi guardò con rimprovero. «Ho fatto il video. Domani lo mostrerò a John e sarà lui a dire se hai fatto schifo oppure no, visto che io non me ne intendo» decise.

Le doppie porte del box si spalancarono e noi trotterellammo nel corridoio, continuando a battibeccare a bassa voce, finché non raggiungemmo la stanza della ragazza.

Una volta all'interno, Leah sbadigliò e si lasciò cadere sul letto. «Non ho voglia di cambiarmi» biascicò.

«Cambiarti? E che bisogno c'è?» le chiesi divertito, raggiungendola. Mi sedetti sul bordo del letto e presi a slacciare la cinghia dei sandali che indossava, per poi sfilarglieli e farli ricadere ai piedi del letto. «Così può andare» commentai.

Mi sentii abbracciare da dietro e il calore del corpo di Leah fece aumentare immediatamente i miei battiti cardiaci.

«Sei pronto?» bisbigliò, per poi posare le labbra dietro il mio orecchio.

Rabbrividii e non mi mossi. «Per cosa?»

«Per dormire con me» rispose con voce roca.

«Dormire?»

Leah ridacchiò e il suo respirò mi carezzo la nuca. «Se hai qualche altro programma, possiamo parlarne.»

Mi voltai di scatto verso di lei e la spinsi sul materasso. La sovrastai e mi chinai a baciarla. «Oppure potremmo soltanto stare zitti» proposi in tono ammiccante.

Leah soffocò una risata e mi attirò a sé, permettendomi di avere tutto il suo corpo premuto contro il mio.

Restammo a baciarci e accarezzarci per un po', ma poi ci rendemmo conto di essere troppo stanchi per pensare, per muoverci e per fare qualunque altra cosa avessimo intenzione di fare.

Con dolcezza avevamo finito per sfilarci i vestiti a vicenda, e ora giacevamo abbracciati tra le lenzuola senza compiere nessun gesto equivoco.

Leah mi carezzava piano la schiena e io rabbrividivo appena, mentre io tenevo il suo corpo magro contro il mio e lasciavo che il profumo della sua pelle mi inebriasse.

Ci addormentammo senza neanche rendercene conto, intrecciati l'uno all'altra.

  
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