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Autore: Bellamy    14/09/2017    1 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
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Le labbra di Bella tremarono, impaurite da dover pronunciare determinate parole.
“E’ inutile per te?”, domandò a Edward. La voce, triste e abbattuta, ritornò.
Volevo spostare Bella e mettermi tra di lei e suo marito. Avevo bisogno di picchiarlo ma non riuscivo a muovere un solo muscolo. Era come in un sogno: si assisteva ma non si poteva fare nulla.
Non sopportavo vederla in quel modo. Edward era fonte di sofferenza per Bella, una sofferenza causatole volontariamente.
Edward non sembrava minimamente scosso dal cambio di registro di voce di Bella e dalla sua espressione toccata, ferita.
Edward era una persona cattiva, incurante, egoista. Avevo appena avuto la conferma.
“Si.”
Bella si voltò verso di me, gli occhi socchiusi, le labbra contrite in una smorfia.
Voltandosi di nuovo verso Edward disse laconica: “Non era inutile decenni fa.”
Quella frase sembrò colpire Edward. Un fulmine colpì i suoi occhi, risvegliandolo, ma il suo passaggio fu istantaneo come la conseguente reazione.
 “Bella. Edward. Renesmee è con me.”
Andrew apparve dal fondo del lungo corridoio per raggiungerci in un secondo preciso. Lo cercai con gli occhi ma lui mi lanciò solamente una fugace occhiata, disinteressato. Nel suo volto non c’era nessuna traccia del ghiaccio che si era formato nei suo tratti quando avevo pronunciato quella sarcastica domanda.
“Scordatelo.”, sbottò Bella, spingendomi dentro l’ascensore. Gli occhi di Bella lanciavano fulmini al vampiro appena arrivato.
Andrew non azzardò a fare neanche un movimento. “Me l’ha affidata Aro, quando tu non c’eri.”
“Ora ci sono.”
Bella entrò nell’abitacolo dell’ascensore e chiuse l’ascensore con furia, premendo il tasto che non segnava né la salita né la discesa.
Io ed Andrew ci scambiammo un altro sguardo prima che le porte si chiudessero. Erano di fuoco.
“Perché stiamo prendendo l’ascensore?”, domandai, quando eravamo da sole. Le parole mi uscirono di bocca da sole.
“Stai male Renesmee.”, mi disse, gli occhi preoccupati, accarezzandomi una guancia con le mani di seta. Non era una domanda, ma una affermazione.
Male? Io mi sentivo normale. Oltre il dolore alla cicatrice, la fame e una grossa perdita di sangue, stavo benissimo.
“Neanche tu stai molto bene.”, le feci notare, guardandola negli occhi attraverso lo specchio dell’ascensore.
Lei aveva ancora l’aspetto di un vampiro sano ma nei tratti e nei suoi movimenti si potevano ben notare il nervosismo effervescente  che si scaricava in tutto il suo corpo.
Non rispose e mi trascinò fuori dall’ascensore. Percorremmo altri due brevi corridoi e ci trovammo davanti alla sua mega suite. No, non volevo entrare.
Quando Bella aprì la porta, intuì che ero restia.
“Renesmee, per favore, fallo per me. Entra.”, fece esasperata.
“Perché fai questo?”, le domandai, tenendo i piedi ben piantati a terra.
Sembrava sconvolta da quella domanda, non se l’aspettava e non sapeva come rispondere.
“Lo sai: perché tengo a te.”
Eravamo e meno di un metro di distanza, una di fronte all’altra e fissarci negli occhi.
“Per favore, entra.”
Sospirai e mi arresi a non sapevo nemmeno io cosa. Bella si chiuse la porta dietro di noi e mi fece sedere in una comoda poltrona in un piccolo salotto. Un orologio con una cornice d’oro indicava la sette e mezzo del mattino.
Bella sparì per poi riapparire pochi minuti dopo con in mano una grande scatola scura (l’avevo già vista una simile) e una coperta nera nella piega del braccio.
Appoggiò la scatola in un tavolino in legno di fronte alla mia poltrona e l’aprì: dieci lunghe bottiglie in acciaio. Sangue.
“Bevile tutte.”, disse mentre mi avvolgeva la coperta intorno alle spalle. “Non hai forze. Sembri un fantasma.”
Nei suoi gesti c’era nonna Esme. Al solo pensarla sentii i miei occhi inumidirsi.
Non riuscivo a vedermi nella sua descrizione. Io continuavo a immaginarmi con le guance in fiamme. Non avevo il coraggio di guardarmi allo specchio se la mia immaginazione non corrispondeva alla realtà.
Non me lo feci dire due volte e in meno di cinque minuti avevo già finito tre contenitori. Bella, nel frattempo, trafficava con degli oggetti in una vetrina estraendo poi della carta, che ricordavano delle pergamene, e un accendino dall’aria antica.
Si avvicinò ad un camino, di cui non mi ero accorta prima di quel momento, bruciò la carta con l’accendino e buttò il pezzo in fiamme nel camino.
Infine si sedette accanto a me e mi guardò in silenzio mangiare. Nella stessa poltrona. Era grande anche per due persone.
“Ne vuoi?”, le domandai. Io ero già alla settima bottiglia.
Mi sorrise, “No, grazie.”
“Ma non ti tenta?”
“Per adesso ho molti pensieri importanti in testa per essere tentata dal sangue.”, disse cupa, “Se ne vuoi altro, basta chiedere. Ho tutto il sangue che desideri. Cercherò di portarti anche qualcosa di umano se vuoi.”
Scossi la testa, “Va bene il sangue.”
“Come vuoi.”
“Grazie.”
“Non ringraziarmi Renesmee. Lo faccio con piacere.”
“Penso che tutto questo non ti giova.”,ammisi.
“Cosa?”, il tono della sua voce aumentò di almeno tre toni.
Presi la nona bottiglia, svitai il largo tappo e presi un sorso. “Il resto della guardia non si cura di me. Sono totalmente indifferente per loro. Neanche Aro e i suoi fratelli lo fanno. Forse neanche spunto nella loro visuale. Non capisco perché ti ostini a comportarti diversamente.”
Bella mi fissò per una dozzina piena di secondi, cercando di trattenere la bocca dallo spalancarsi. Eravamo strette nella poltrona e avvertii che si era irrigidita. L’avevo colta di sorpresa.
“Ti ho spiegato il motivo.”, sussurrò.
Perché le ricordavo sua sorella. Le ricordavo Vanessa, ma io non ero lei.
 “Lo so e ne sono molto lusingata. Forse neanche merito questo trattamento, molto grande, da parte tua.”, dissi senza allontanare il collo della bottiglia dalle mie labbra, “Ma non posso non pensare a te, Bella. Non voglio che, a causa mia, tu abbia dei problemi.”
Gli occhi di Bella ardevano, “Se pensi ad Edward non…”
“Anche! Lui si comporta come gli altri.” Lui, in più, mi odia.  “E ho capito che tra di voi le cose non stanno bene. E la colpa è mia.”
Svuotai la nona bottiglia, la posai nel tavolino e continuai: “Ma non parlo solo di… tuo marito. Parlo in generale. Non voglio che ti succeda qualcosa, che ti metta nei pasticci a causa mia.”
Senza che glielo chiedessi, Bella prese la decima bottiglia e me la porse, “Perché pensi che mi stia mettendo nei guai?” domandò, la sua voce era sfumata dalla curiosità e dall’ansia.
La guardai negli occhi, occhi rosso scuro, profondi, “Non lo so ma sento che è così.”
 Iniziò ad accarezzarmi leggermente i capelli, la sua mano era una piuma. “Non mi sto mettendo nei guai e anche se fosse così, non m’importerebbe. L’importante è che tu sia al sicuro. Te l’ho detto. L’ho promesso. Mandarti via da qui è la mia missione. Tutto ciò che importa veramente.”
Delle lacrime ribelli sgorgarono dai miei occhi. Feci finta di stropicciarmi gli occhi pur di nascondere a Bella che stavo piangendo ma ero sicuro che il dettaglio non le era sfuggito.
“Bella”, iniziai, le labbra mi tremavano, “il punto sta proprio qui. Io mi sono arresa. Rimarrò qui fino a quando Aro vorrà. Per questo voglio parlare con lui.”
La mano di Bella rimase sospesa sopra la mia testa. “No!” esclamò. Mi guardava come se fossi impazzita.
Mi girai completamente verso di lei e le ricambiai lo stesso sguardo. Perché? Perché era tanto ostinata?
“Bella, ieri la mia famiglia era a Volterra! Sono venuti qui! Tutti! Io li ho cacciati! Ho detto loro di andarsene! Non torneranno mai più!”, i miei occhi lampeggiavano come fari ad intermittenza. Dovevo sembrare una matta vista da fuori.
Bella era paralizzata. Mi fissava con occhi vitrei. Poi sembrò svegliarsi e mi abbracciò stretta. Il suo odore, sembrava cioccolato, mi travolgeva. Era familiare ed io mi avvolsi in quell’aroma.
“Oh, Renesmee.”, fece appoggiando una guancia sulla mia testa, cullandomi, “Mi dispiace tanto.”
“Tu non c’eri.”, continuai, il tono era accusatorio ma involontario. “Dopo che ho detto loro di andare via, come potrei ritornare?”
“E’ stato Andrew.”, la voce profonda di Bella rimbombava nei miei timpani. Potevo avvertire l’odio nella sua voce e questo mi causò un certo fastidio. “Aro gli ha ordinato di farti mentire. Non avresti mai detto una cosa del genere di tua spontanea volontà.”
Ovvio, pensai. Rimasi zitta, fissavo il camino dove ormai il fuoco aveva cominciato ad ardere vivace.
Sentii Bella alzarsi in un soffio per poi ritornare in un millesimo di secondo seduta accanto a me. Nel tavolino apparve un’altra scatola. Altro sangue. Non mi ero accorta che avevo una bottiglia in mano ancora.
“Bevi.” Mi ordinò ma il suo impegno per imporsi non ebbe buon esito a causa del dolce tono di voce.
Ma l’ascoltai lo stesso. Ero affamata e stavo riacquistando forze. Rimanemmo zitte. Interessata, mi guardava mangiare, l’espressione triste.
“Di che cosa vuoi parlare con Aro?”, domandò quando posai una bottiglia vuota nel tavolo.
Mi raggomitolai nella poltrona e appoggiai la testa nella spalla di Bella, lei mi strinse le spalle.
“Voglio chiedergli che intenzioni ha con me.”, risposi. Oltre a farmi azzuffare con i vampiri, non avevo capito molto del motivo per cui ero a Volterra.
Per conoscermi meglio. Si, certo.
“Aro non è a Volterra.” Ah. Aveva ragione Andrew, allora. L’indice della mia vergogna aumentava.
“E dov’è? Non vive qui”?
“No.”, rispose come se fosse ovvio, “Lui e i suoi fratelli, insieme alle mogli, vivono in un altro palazzo, molto simile a questo. Vi si può arrivare solo da qui, attraverso i sotterranei, ed è molto più protetto.”
“E allora perché avete questo palazzo?”
“Questo edificio viene utilizzato solamente per le udienze, gli incontri, e per adescare turisti.”, la sua voce si riempì di imbarazzo e vergogna a termine della frase.
“E tutta la Guardia, poi, si trasferisce lì?”
Bella si strinse nelle spalle. “Non tutta.”
“Tu?”
“Sì, ma la situazione rimane la stessa:  tu andrai via. E’ una promessa.”,  Bella era risoluta, guardava il fuoco davanti a sé come un soldato guardava il suo generale.
Non le dissi nulla. Non le volevo dire che non ponevo molta fiducia nella sua promessa. Ferirla era l’ultima cosa che volevo fare. Così cambiai discorso.
“Posso domandarti una cosa?”
“Certo, chiedi pure.”, sorrise.
“Cosa intendeva tuo marito con incontro clandestino?”
Bella sbuffò e iniziò tormentarsi delle ciocche di capelli, “Avevo solo incontrato dei vampiri di passaggio. Vecchi amici.”
Okay, okay ma non era questa la domanda che mi premeva di più.
“Perché Edward ti ha detto che io non sono più affare tuo?”
Bella diede tregua per un attimo ai suoi capelli. Si morse il labbro inferiore e cercava di scappare dal mio sguardo inquisitorio.
Allora? Mi doveva rispondere. Lei e il suo maritino avevano parlato di me come se fossi un oggetto, un oggetto troppo piccolo per essere notato al momento.
“Bella?”,  la chiamai.
Si voltò verso di me, scontrosa, e si alzò dalla poltrona. “Lascia perdere ciò che dice Edward. E’ molto cambiato negli ultimi tempi.”
Le mandai un’occhiataccia. Mi sentivo strana, quasi tradita da quel suo comportamento. 
  
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