Sotto
il caldo, la monotonia della vita inglese e un giardino pieno di foglie
secche
da togliere può capitare di avere una svista o un
allucinazione. Questo era
quello che si diceva il ragazzino, mentre scorgeva un ombra tra i
cespugli
vagamente familiare.
Quello
stesso ragazzino ora correva verso l’orfanotrofio per piccoli
geni, la Wammy’s
House, e urlava a squarciagola qualcosa attraverso
l’architettura vagamente
gotica.
-Eeeeeeehi!
È tornato! È tornato!-
Le
voci arrivarono fino a Roger, che accorse per accertarsene.
Maglietta
nera, jeans neri, capelli biondi a caschetto, anche se disordinati,
andatura
stanca e un sorriso sghembo. Quel ragazzo lo salutò con una
mano e disse -Ciao,
Roger, sono tornato!-
Forse
Mello si aspettava un’altra cosa, fatto stava che invece del
consueto
“Bentornato” si ritrovò un pugno
violento in testa.
-Ahiaaaa!-
-Dove
ti eri cacciato?! Si dà il caso che mentre tu te ne stavi a
spassartela in giro
per l’Europa noi ci stavamo dannando a cercarti!-
-Noi
chi?- chiese Mello tenendosi la testa
-Guarda
che anche se non sembra erano tutti preoccupati per te! Persino Matt,
anche se
non ha voluto dirmi dov’eri!-
Mello
rimase un po’ incredulo –Ah, sì?-
-E
anche Near-
No!
Near non era proprio possibile! Si sopportavano appena, figurarsi se
sentiva la
sua mancanza!
-E
anche Watari è tornato di corsa qua per capire che avevi
combinato…-
-Ah,
okay- sembrava totalmente indifferente –Comunque, per tua
informazione, non me
la sono spassata-
-E
che facevi?- chiese Roger con tono furente
-Non
sono affari tuoi- non lo degnò di uno sguardo nel dare la
risposta e si diresse
verso il portone dell’orfanotrofio, alla ricerca di Watari.
Si
guardava intorno, come se fosse mancato secoli da lì, eppure
nulla era
cambiato: le solite vetrate, il solito pulito, il solito odore. I
bambini erano
sempre gli stessi e l’atmosfera non era mutata. Anche le
scale erano rimaste le
stesse, e notò una presenza familiare sbucare da
lì e scendere di corsa.
-Ma
allora… Allora sei tornato davvero!-
-Matt,
non sei cambiato di una virgola…-
Matt
si fermò davanti a lui, mani sulle spalle, sorridente.
Felice.
-Per
un attimo ho pensato che fossi morto!-
-Ma
non dire scemenze…- Scrollò le spalle, dandogli
un pugnetto sul petto –Anche a
me fa piacere rivederti-
Matt
si rilassò, rimanendo sorridente –Immagino che tu
non voglia raccontarmi
cos’hai fatto, ma io ho da dirti una news assurda: Near mi ha
aiutato a
coprirti. Ridi pure, sfottimi, ma ti assicuro che è la
verità-
Ma
Mello non sembrava sorpreso nemmeno di quello, sorridendo amaramente
–Immaginavo che avrebbe agito così-
sospirò –Ricevuto il messaggio…-
-Uhm?-
chiese dubbioso Matt
Mello
sorrise ancora –No, è che… Il suo
coprirmi mi sembra quasi un “Vedi di non
farti ammazzare prima che L scelga”-
-Ma
di che stai parlando?-
-Watari
non te l’ha detto? Bè, posso anche
capirlo… A proposito, dov’è?-
-E’…
In una stanza al piano di sopra, quella più in
fondo… Credevo fosse uno
sgabuzzino e invece sembra che fosse stata la stanza di qualcuno venuto
prima
di noi-
Mello,
con calma e tranquillità, salì le scale, e
camminò guardando il panorama
attraverso la finestra. Sì, un po’ gli era mancato
quel verde, quella
tranquillità, persino i mocciosi pestiferi. Si sentiva
finalmente a casa,
nessun muro a dividere niente, niente razze, niente di tutto
ciò.
Arrivò
davanti alla porta, bussando tre volte e aprendo senza sentire
“Avanti”. Vide
un’altra presenza, oltre watari, un ragazzo dalla maglietta
bianca che guardava
alla finestra, mentre watari aveva un piattino di torta appena
consumato ed era
accanto a un computer.
-Mello…
Allora sei davvero tornato- disse Watari sorridente. Il ragazzo dalla
maglietta
bianca si girò di scatto a guardare la persona che
rispondeva al nome di Mello.
Mello, nel guardare quel ragazzo, cercò di trattenersi da
ridere. Sembrava
appena uscito da un frullatore.
-Avevi
bisogno di qualcosa in particolare?-
-Uhm…
No, volevo solo farti vedere che sono tornato…-
cercò di distogliere
l’attenzione dal quel ragazzo strambo e trasandato, che
stavolta si era messo
un dito in bocca, manco fosse un moccioso dell’asilo
–E dirti di non fare
domande su dove sono stato e perché…-
-Capisco…-
Watari aveva il pregio di essere discreto e comprensivo
-Watari-
Mello non si aspettava che quel ragazzo sapesse anche parlare , eppure
aveva
appena chiamato l’anziano proprietario
dell’orfanotrofio –Lasciaci soli per un
momento, per favore-
Watari
fece un cenno con la testa in segno d’assenso, prese il
piattino e uscì,
salutando Mello e chiudendo la porta alle sue spalle.
E
quello ora che voleva da lui?
Per
un bel po’ quel ragazzo se restò zitto a versarsi
del caffè, delle zollette di
zucchero, quasi a volerci giocare, e soffiava piano piano per non
scottarsi.
Ma
lo prendeva in giro o cosa?
-Ehm,
ehm…- tossicchiò rumorosamente Mello
–Scusa tanto se non c’è anche Tiffany*-
-Oh,
ma che fai lì in piedi?- disse quel ragazzo con voce
svogliata e quasi
rassegnata, strusciando un po’ i piedi per terra
–Accomodati-
Mello
prese una sedia e si accomodò davanti a quel ragazzo, che si
sedeva in una posa
stranissima. Mai visto un ragazzo di quasi vent’anni o
giù di lì sedersi come
un poppante. Ma da dove saltava fuori questo?
-Ehm…-
Mello decise di rompere il silenzio –Tu vivi qui da molto?
Perché sei orfano?-
Il
ragazzo lo guardò per un momento, tazza vicina alle labbra
–Ho vissuto qui fino
alla tua età, più o meno-
-Ti
hanno adottato?-
-No-
sorseggiò del caffè –Non ce
l’ho una famiglia. Anche se possiamo quasi dire che
mi abbia adottato Watari. È al mio fianco da sempre-
-Ah,
bello- disse Mello piatto –E perché sei qui?-
-Lavoro-
-Con
i computer?-
-Lì
ci sono tutte le informazioni di cui ho bisogno- disse lui guardando lo
schermo
-E
che lavoro è?-
Lo
sguardo di quel ragazzo, vuoto, svampito, ornato dalle occhiaie
profonde, era
indefinibile per Mello. Aveva forse fatto una domanda troppo invadente?
-Mihael
Keehl- disse invece lui alla fine.
Mello
ci restò di sasso. Non era possibile! Watari aveva detto che
avrebbe fatto in
modo che nessuno sapesse del nome!
-Io
sono L-
Lui…
Lui era L?
-E
non rivelerò a nessuno il tuo vero nome, nemmeno quello di
Nate River-
-Nate
River…?-
-Tu
lo conosci come… Near-
Forse
aveva capito perché.
Quel
ragazzo, L, proprio il più grande detective del mondo, aveva
appena terminato
il caffè e posò la tazza sul tavolo. Prese il
computer portatile e cliccò su
un’immagine.
-Sai
niente di questo?- gli mostrò l’immagine di un
hotel, ormai familiare, semi
distrutto, con diversi cadaveri, tra cui poteva riconoscere quello
della madre.
-No-
rispose Mello sicuro
-Sai
perché mi considerano il più grande detective del
mondo?- cliccò su un altra
icona e apparve la faccia di Mello, con vero nome e data di nascita.
Mello
deglutì.
-Non
tutte le tue tracce erano state cancellate accuratamente. Avresti
dovuto
sbarazzarti anche degli ingredienti e delle attrezzature che hai usato
per la
cioccolata, invece di occuparti solo delle armi. Le impronte rimangono-
Mello
sbuffò –Bene, ora posso andarmene dopo aver
sentito la tua ennesima perla di
saggezza?-
-Come
immaginavo- L fece un sorriso sghembo –Nonostante ti abbia
osservato solo
tramite una telecamera per 5 minuti ho capito subito che eri un tipo
dall’alto
tasso di impulsività. Tu sei uno di quelli che rischia
sempre di schiattare, al
contrario di Near che se ne sta sempre buono e calmo-
Mello
si innervosì –Mi stai forse dicendo che hai scelto
il tuo successore e che non
sono io?-
Ebbene,
qui è necessaria una spiegazione: Mello e Near erano stati
scelti da L, tramite
Watari, come possibili successori. L avrebbe poi deciso in seguito che
dei due
avrebbe effettivamente ricoperto quel ruolo ereditando il suo nome e il
suo
ruolo.
-Non
ho detto niente del genere- L cliccò qualcos’altro
sul computer, e apparve il
volto di Milhel, con una scheda dettagliatissima –Era un tuo
parente, vero?-
-Mio
fratello maggiore-
-Stavo
indagando su questo caso e tu mi hai combinato tutto questo. Mi
dispiace per
tuo fratello, ma devo ammettere che grazie a te si è potuta
porre fine a una
banda mafiosa-
-Mi
stai ringraziando?-
-Diciamo
di sì… Inoltre, le tua capacità
deduttive che hai dimostrato per arrivare a
questo punto e l’ingegno che hai usato per tornare qui mi
hanno permesso di
rivalutarti. Credo che mi soffermerò più a lungo
sulla mia scelta-
Quella
chiacchierata, nonostante l’astio iniziale, si era
trasformata in una conversazione
niente male, e Mello godeva del fatto di avere avuto il privilegio lui,
e
soltanto lui, di parlare faccia a faccia con L.
Man
mano che la chiacchierata proseguiva Mello capiva perché L
fosse così famoso e
capiva perché rappresentava un asso nella manica di molti
corpi di polizia.
Quella
fu l’unica occasione che ebbe di parlare con L, e lo fu per
diversi motivi.
Il
tempo passava inesorabile e Mello era impegnato a rifarsi una vita
all’orfanotrofio ingozzandosi di cioccolata, cercando sempre
di battere a tutti
i costi il suo rivale, Near. Inoltre L non tornò
più all’orfanotrofio e tenne
sì e no due o tre discorsi con gli altri bambini tramite
computer.
Ma
c’era la cosa più importante.
L
era morto nel tentativo di risolvere il famoso caso Kira.
L,
dopo aver giurato di mandare Kira sulla forca, era stato ucciso.
Per
Mello fu come il crollo di un castello. Avevano ucciso
l’unica persona che
meritasse davvero la sua stima. Un obiettivo, una persona da seguire
come
modello.
E
L non era riuscito a dire chi avesse scelto tra lui e Near.
Impossibile
accettare un’alleanza con lui. Ne andava del suo orgoglio.
Il
suo carattere col tempo era mutato. Quando L morì lui aveva
quasi quindici anni
e tutte le esperienze passate gli hanno dato un carattere testardo,
volenteroso,
indomabile.
Vendicativo.
Aveva
ucciso sua madre per vendicare suo fratello, suo padre, e sua sorella.
Avrebbe
ucciso Kira per vendicare L e dimostrare quanto valeva al confronto con
L.
Una
cosa che sviluppò fino ai suoi vent’anni,
alleandosi con la mafia, con gente
collega della madre, gente che disprezzava dal profondo, eppure
necessario se
voleva trovare un fottutissimo modo per uccidere quel dannato Kira.
Riuscì
a manipolare un organizzazione come la mafia, la polizia, Kira stesso.
Eppure,
dovette accettare di andarsene in silenzio, senza dire nulla a nessuno,
coinvolgendo anche Matt. Il caso Kira lo portò alla morte,
così come tutti i
mafiosi coi quali si era alleato.
Mello
cominciava a pensare che attirasse la morte, forse per il suo vestire
sempre
nero, non ne era sicuro.
Ma
volle lo stesso morire, facendosi uccidere da una seguace e complice di
Kira,
fornendo però a Near un aiuto straordinario.
Mello,
anche se era andato via dalle scene in modo così poco
eclatante, aveva impresso
il suo nome in codice in Near, in L, in Matt, persino in Roger.
Mello
dimostrò quanto valeva morendo.
E mentre
andava incontro alla morte, si disse che non era una sconfitta.
Nonostante
i meriti sarebbero andati a Near, nonostante il mondo non avrebbe mai
saputo
della sua esistenza.
Sapeva
di aver comunque vinto.
Ora
capiva i discorsi di suo padre.
E sulla
sua lapide, a Berlino, vi era scritta una frase che meglio di tutti lo
rappresentava.
Mai
rinnegare sé stessi.
E
accanto a quella lapide vi erano dei fiori con una dedica.
Grazie.
Firmato: Nate River.