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Autore: Red_Coat    16/09/2017    2 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Il treno smise la sua corsa proprio a poche ore di cammino da Junon, oltre la catena montuosa delle vecchie miniere di Mithril.
Stavolta, senza correre nessun pericolo e in molto meno di una giornata, Victor Osaka giunse alla prima tappa del suo viaggio sano e salvo proprio come aveva promesso.
Ma restava l'ostacolo più grande da superare: l'Oceano, che in pieno inverno era ancora più pericoloso che nella stagione estiva e primaverile, il tempo in cui lo aveva affrontato la prima volta e aveva rischiato la morte per un soffio assieme a chi lo accompagnava.
"Sephiroth. Troverò un modo.
Sarò di ritorno al più presto, vivo."


\\\

« Victor!? »

Il vecchio oste, sorpreso, avanzò verso di lui per poterlo guardare meglio e sincerarsi di non star sognando.
Nella penombra delle prime luci del mattino, un sorriso s'intravide sulle labbra pallide e sottili dell'altro.

-Da quanto tempo, Erick.- si sforzò di scherzare il SOLDIER, anche se dentro di sé stava soltanto pregando fervidamente di partire al più presto, sperando di non dover parlare con Shin di Nigel.
Era una grossa ferita ancora aperta, non gli andava proprio di rigirarci il coltello.

« Che ci fai qui? » chiese invece l'uomo, aggiungendo poi preoccupato « Sei solo? E Hikari e Keiichi? »

Come non detto.
Beh, almeno per questo aveva una risposta positiva.
Sorrise di nuovo.

« Loro stanno bene, non preoccuparti. »  lo tranquillizzò « Sono venuto da solo, per ... una questione personale importante. »

Si, diciamo così.

« Devo chiederti un altro favore però, Erick. » esordì a quel punto con aria rammaricata, andando al punto « Devo raggiungere nuovamente il continente ovest. Mi serve la tua barca. »

"Stavolta andrò da solo, non voglio che rischi ancora."

L'oste si rabbuiò, preoccupato.
Lo squadrò interamente con attenzione, poi sospirò.

« Capisco. » disse semplicemente « Purtroppo però per il momento è inutilizzabile, c'è stata una mareggiata tre giorni fa e ha subito danni allo scafo, devo prima farla riparare e ci vorrà tempo. » spiegò intristendosi e scuotendo il capo.

"Lo sapevo."
Ti pareva che il pianeta o chi per lui non si fosse inventato un altro modo per ostacolarlo.
Ma a quanto pare non aveva imparato nulla dalla prima lezione: Victor Osaka non si ferma davanti a nulla, tantomeno se c'è di mezzo Sephiroth.

« Ho capito. » tornò a ribattere, annuendo determinato « Troverò un altro modo, non preoccuparti. Grazie comunque. » sorrise.

Ma proprio nel momento in cui fece per girare i tacchi e andarsene, il vecchio lo richiamò per nome, come se si fosse ricordato all'ultimo minuto di una cosa.

« Forse ... ho un altro modo per aiutarti. »  gli disse « Aspetta un secondo. » gli chiese poi, prima di dirigersi verso il suo ufficio al piano di sopra e ritornare da lui con un piccolo porta documenti grigio scuro in mano.

Sopra vi era il marchio della Shinra. Sempre lei.

« Ecco, questo è un permesso speciale riservato agli addetti ai lavori per imbarcarsi sul cargo. Partirà tra poche ore.
Di solito lo uso per raggiungere i fornitori a Costa del Sol o mandare qualche dipendente al posto mio. » spiegò consegnandoglielo « Dentro c'è un permesso di autorizzazione del sottoscritto, con questo potrai viaggiare senza che nessuno ti dica nulla. » infine sorrise « Tienilo pure se vuoi, è una fotocopia, potrebbe sempre servirti in futuro. »

Quasi istantaneamente, Victor Osaka si rilassò sollevato.
Se non era una risposta alle sue preghiere quella, allora cosa poteva essere?
Fortuna forse. Finalmente.
O una trappola.
Lo avrebbe scoperto soltanto continuando a camminare.
Sorrise, appoggiò una mano sulla spalla dell'oste.

« Grazie Erick. » replicò profondamente colpito « Grazie davvero. »

L'uomo scosse il capo con un sorriso.

« Non ringraziarmi. » poi si fece serio e lo guardò paterno negli occhi « Pensa solo a tornare sano e salvo, okkey? »

Osaka annuì, abbassando il volto e continuando a sorridere.
Lo abbracciò, e questi ricambiò stringendolo forte.

« Arrivederci. » disse infine, portandosi l'indice e il medio uniti alla fronte nel tipico saluto militaresco.

Erick sorrise, annuì sventolando in aria una mano.
Infine, quando era già con un piede fuori dalla porta lo richiamò e sospirando, gli occhi umidi e il volto triste, concluse, comprensivo.

« Shin ci ha detto di Nigel ieri sera ... Mi spiace molto. Era un bravo ragazzo. »

Eccola la pugnalata che sperava di non ricevere. Il suo sorriso si affievolì appena, faticò a tener dentro le lacrime mentre un nodo gli si legava nelle viscere e alla bocca dello stomaco.
Per un istante abbassò la testa.
Era stato lui stesso a chiamarlo, la sera precedente, e a dargli la cattiva notizia.
Mentre lo sentiva singhiozzare, con la rabbia che gli appesantiva la voce gli aveva promesso che, così come era accaduto per suo fratello Jiro, anche il responsabile della morte di Nigel avrebbe pagato.

« Abbi fede, Shin. » gli aveva detto torvo « Quel bastardo morirà per questo. Con oggi ... ha definitivamente firmato la sua condanna a morte. »

Chiedendosi subito dopo dentro di sé quanto tempo avrebbe potuto resistere al veleno senza curarsi, visto che tutti i suoi soldi e le sue pozioni curative erano andate a finire per merito suo nelle mani della povera Eris, che almeno le avrebbe usate per la propria salute e quella di suo figlio.
"Un piccolo anticipo sul risarcimento che Strife vi deve." le aveva detto, dopo averle spiegato con calma ciò che era successo.
Lei lo aveva abbracciato in lacrime e stretto forte, mormorando un grazie dopo l'altro senza riuscire a smettere di piangere.
E lo stesso aveva fatto Shin.
"Grazie per tutto quello che ha fatto per noi, Capitano." gli aveva detto "Nigel ... Takeshi ... Adam e mio fratello ... loro ... sono sicuro che loro le sarebbero molto grati, Capitano. Davvero tanto ... e lo sono anche io di poterglielo ancora dire."
Per questo adesso ... sperava davvero che Strife fosse morto, perché se così non fosse stato allora avrebbe preparato le cose ad arte in modo tale da spingerlo a pregare perché succedesse. Lo avrebbe ucciso prima o poi, e anche atrocemente. Riducendolo ad agonizzare per terra e spegnersi con lentezza e dolore.
O magari avrebbe anche potuto lasciarlo vivere, ma peggiorare di gran lunga la sua situazione fino a fargli credere che l'incendio della sua casa natale e la morte di tutti coloro a cui in qualche modo era legato non fosse nulla, solo una stupida banalità anteprima del vero dolore.
Ad ogni modo, anche se doveva decidere come, Strife era morto ormai. Già morto, pure se sarebbe sopravvissuto al veleno.
La sua ascesa al lifestream era solo rimandata, sempre ammesso che non fosse già avvenuta.
Per questo ritrovando un sorriso alzò di nuovo gli occhi verso quelli del suo interlocutore e sicuro rispose, alzando altero il mento.

« Grazie, Eric. Mph ... lo so. » per poi concludere, riacquistando anche l'ultimo briciolo di buon umore « Restagli accanto per me, per favore. Tornerò a trovarlo durante il viaggio di ritorno. »

L'oste sorrise, annuì e imitò il suo saluto di poco fa, regalandogli un pò di buon umore.

« D'accordo, » replicò « Sarà fatto, a presto. »

Lasciandolo infine libero di tornare per la sua strada.
"Forse tu puoi dimenticare, ma io no.
Io non dimenticherò mai tutte le lacrime che la tua esistenza scellerata sta provocando, mai.
E alla fine salderai il conto, Cloud Strife. Tutti dobbiamo farlo, prima o poi."

 
***
 
ELABORAZIONE DATI IN CORSO ...
CONNESSIONE ...
 
«Yoshi! Yoshi, svegliati. Sveglia! »

Un sussurro nella notte. La voce della sua giovane moglie lo riscosse e lui si riebbe, spaventato, guardandola.

« Eh? C-cosa? Che succede? » balbettò assonnato.

Erriet gli rivolse un sorriso nervoso.

« L'ho sentito, stavolta sono sicura.- ripeté -Ti prego, chiama il dottore.-

L'uomo assunse subito un'espressione cupa e rammaricata.
"Ancora ...?" pensò, senza esporsi.
Oramai questa cosa di avere un figlio era diventata un incubo per lui e una malattia per lei, che soffriva sempre ogni volta più della prima ad ogni aborto.
Era già il sesto, nel giro di tre anni e mezzo.

« Erriet … » provò a ribattere, ma la donna lo zittì.
« Va'! » disse « Ti prego, va'! Sbrigati! » aggrappandosi eccitata ad un suo braccio « Sono sicura stavolta, andrà bene. »

E lui,  guardando quel sorriso speranzoso, non se la senti di ribattere e obbedì, anche se dentro di sé avrebbe solo voluto piangere e urlare per la disperazione.

\\\

In piedi al centro del piccolo studiolo, Yoshi Osaka non faceva che percorrere nervosamente il tragitto dalla porta alla finestra,  avanti e indietro senza fermarsi mentre Mikio Inuoe, seduto alla scrivania, lo osservava assorto e preoccupato.
Erano le tre del mattino, e da circa venti minuti il medico era entrato con la sua assistente nella stanza.
I minuti sembravano secoli e l'attesa infinita.
E poi perché lui non poteva assistere? Come se non sapesse come avvenivano queste cose.
Del resto ... era stato lui, no?
Era suo marito ...
Per questo non riusciva a non sentirsi in colpa, responsabile di quel dolore.
"Forse c'è qualcosa che non va in me ..."
"Dovrei ... smettere di amarla. Non ci troveremmo più in situazioni simili."
"Non lo reggo un altro aborto ... non riesco a vederla soffrire di nuovo."
La porta della camera da letto finalmente si aprì, Yoshi si mise sull'attenti e anche Mikio si alzò, preparandosi per l'arrivo del medico.
Quando questi apparve sulla soglia, bastò uno sguardo e Osaka già si sentì morire dentro.

« Allora? » chiese ansioso, ignorando il presentimento.

Il dottore assunse un'aria affranta, abbassò lo sguardo e scosse il capo.

« Non lo è? » ribadì speranzoso Yoshi « Non è incinta, vero? Non di nuovo. »

Il medico gli rivolse un profondo sguardo di comprensione,  poi annuì grave.

« Purtroppo ... mi duole dovervi comunicare che lo è invece. Penso sia quasi al secondo mese. » rispose, a voce bassa quasi questo potesse aiutare ad addolcire la pillola.

Non aiutò invece.
Per niente.
Perché da subito Yoshi immerse disperato le mani nei capelli brizzolati, corti a sfiorare le spalle, e raggiunse la finestra sull'orlo delle lacrime.

« No ... » mormorò strozzato.

"Non è possibile."
E neanche udì la voce di suo suocero che ringraziava ugualmente il medico e lo accompagnava fuori raccogliendo le ormai solite raccomandazioni.
Rimase lì a piangere in silenzio, fino a che una mano di Mikio non gli si posò sulla spalla, riscuotendo e infondendogli coraggio.
Scosse il capo.

« Basta, Mikio ... » mormorò affranto « Io non voglio che soffra ancora. » decise, voltandosi a guardarlo.

Il vecchio SOLDIER annuì serio.

« Capisco, Yoshi. » esordì « Ma non è detto che anche stavolta vada male. »
« E cosa te lo garantisce? » sbottò lui, liberandosi dal suo braccio e portandosi al centro della stanza « Cos'è che mi assicura che prima del quinto non succeda di nuovo? Sono tre anni ormai che sento questa frase, papà! Tre anni! Erriet ... » s'interruppe, sospirò chiudendo addolorato gli occhi « Lei impazzirà davvero stavolta, e non è giusto.
Non è ... per niente giusto. »

Quindi abbassò il volto, senza riuscire più a trattenere le lacrime.
E per la prima volta in vita sua pianse, stretto nel forte e comprensivo abbraccio di Mikio Inuoe.

« Lo so ... » tentò di confortarlo il vecchio generale, col cuore in pezzi quanto il suo.

Anche a lui faceva male vedere sua figlia e suo genero lottare così tanto per ottenere un qualcosa che in fin dei conti avrebbe dovuto essere normale, per un uomo e una donna che si amano e vogliono crescere insieme, costruire insieme un qualcosa d'importante.
Un dono, che a loro invece era stato negato. 
Certo che non era giusto.
Loro ancora non lo sapevano, ma questa volta sarebbe stato davvero diverso.
Questa sarebbe stata quella buona, perché era il tempo, e i miracoli prima o poi accadono. Basta non farsi troppe domande.

 
... INTERRUZIONE DATI ...
 
Primo pomeriggio. Erriet era insieme ad Hikari a casa di quest'ultima, stava aiutandola a sistemare la camera da letto di Keiichi mentre il bambino faceva i compiti in soggiorno, quando il telefono cellulare che aveva appoggiato sul comodino al posto di Victor squillò.
Si fermarono a guardarlo entrambi, sorrisero.
Poi lei si apprestò a rispondere.

« Pronto? »

Un sorriso appena accennato.

« Ciao Mami. »

La voce di suo figlio le giunse calma e appena un pò vacillante dall'altro capo del telefono.
Il sorriso si allargò sul suo volto, guardò Hikari e annuì, contenta.
Gli occhi della giovane donna si riempirono di emozioni.

« Ciao tesoro. » disse dolcemente « Come stai? »

Quello sospirò.

« Bene. » rispose semplicemente, poco convinto per poi aggiungere serio « Sto partendo adesso da Junon, vi chiamerò di nuovo appena arriverò a Costa del Sol. »

Erriet annuì.

« Va bene. Riposa, ti raccomando. D'accordo? »

Lui parve sorridere.

« Mh. » mormorò.

Ci fu un altro breve istante di silenzio allora, in cui lui non osò parlare anche se sapeva bene cosa chiedere ed Erriet e sua nuora attesero pazienti che avesse il coraggio di farlo.
Poi, finalmente, lo trovò.
Anche se stavolta la voce tradiva di molto l'emozione.

« E ... » esordì, tirando un sospiro e schierandosi la voce « Hikari? » chiese alfine.

La giovane ebbe un tremito nel sentirsi nominare. 
Si portò una mano al cuore e sorrise, ricacciando in dentro le lacrime e sorridendo alla suocera, che le rivolse un occhiolino complice.

« Sta bene. » rispose « È qui vicino a me, stavamo riordinando un po’. Stamane siamo state da Eris, le abbiamo fatto un pò di compagnia prima di andare in bottega. » gli spiegò, aggiungendo poi allegra « Keiichi invece sta studiando, in soggiorno. Ha quasi finito i compiti e dopo gli abbiamo promesso che avrebbe potuto aiutarci a preparare la cena. Stasera verranno anche Eris e il piccolo. »

Victor sorrise di nuovo.

« Bene ... » mormorò « Bene ... » ripeté con un sospiro sollevato.
« Vuoi ... » provò a proporgli Erriet, esitante « Vuoi parlargli? »

Il giovane uomo esitò un attimo pensandoci, poi però sospirò di nuovo, più teso.

« No. » disse « Lo richiamerò io, quando sarò arrivato di nuovo a terra. Ora devo andare, ci sentiamo presto. » concluse sbrigativo e teso.

Erriet sorrise e annuì. Lo stesso fece Hikari, gli occhi sempre più lucidi.

« Te lo saluterò io, allora. » replicò.
« Mh. » mugugnò Victor in risposta.
« Fai buon viaggio tesoro. »
« ... grazie ... ti voglio bene. »
« Anche io. »

Poi, la chiamata si chiuse, e le due donne tornarono a guardarsi, quasi incredule, prima che la più grande corresse a confortare la giovane in un caldo e intenso abbraccio.

 
***
 
Victor chiuse la chiamata e sospirò, fissando il telefono che stringeva nella mano destra.
Il cielo era limpido, il vento quasi del tutto assente e il mare era tranquillo, anche se il lento sciabordio delle sue onde era sovrastato dal frenetico vociare dell'equipaggio della nave cargo di proprietà della Shinra che si preparava a partire.
Si trattenne qualche altro minuto in silenzio, ad osservare l'orizzonte placido.

« Ti prego ... » mormorò dopo un breve sospiro « Ti prego, vecchio mio, non mi deludere stavolta, okkey? » sorrise « Fa' il bravo. È importante. »

Quindi fattosi coraggio raddrizzò la schiena e il viso, e si avviò verso la meta.

\\\

« Fermo li! »

Un soldato in divisa da fante gli si piazzò davanti con aria truce, fissandolo dritto negli occhi e puntandogli contro il suo fucile.
Victor si arrestò all'istante, ma non poté fare a meno di alterarsi, trattenendosi a stento stringendo i pugni e rivolgendogli uno sguardo torvo, passando gli occhi dall'arma a lui e viceversa.

« L'accesso è consentito solo al personale autorizzato. » aggiunse fiscale il fante.

Victor Osaka ghignò, mostrandogli il documento fornitogli da Erick.

« Ah, intendi così? » lo schernì.

Il ragazzo lo guardò con circospezione, poi abbassò l'arma e lo prese tra le mani dandogli una svista veloce.

« Lei è Victor Osaka? » chiese ancora, diffidente.

Un'altra smorfia comparve sulle sue labbra sottili.

« Mph, serve un altro documento? » ribatté sarcastico, estraendo dalla tasca la sua carta d'identità.

Il soldato la prese tra le mani, diede un'occhiata anche a quella e poi, dopo averlo fissato intensamente negli occhi (probabilmente, pensò Osaka, riconoscendo la luce del Mako) lo lasciò andare facendosi di malavoglia da parte.

« Partiamo tra poco, può usare la cabina 346 al piano di sotto come alloggio. » disse.
« Ti ringrazio. » gli rispose Osaka tornando a ridersela e superandolo altero « E buon viaggio. »
« Grazie. Anche a lei, Signore. » concluse quello, mettendosi sull'attenti.

Dalla morte di Zack, odiava profondamente i fanti, solo quelli stupidi come quelli che lo avevano ucciso però.
Ma quello adesso non era il momento giusto per pensarci.

 
***
 
Alle 16.30 il campanello di casa Osaka trillò, e quando Keiichi corse ad aprire gli apparve sulla soglia la figura alta, robusta e gentile di nonno Yukio.

« Nonnino!! » lo salutò con entusiasmo, abbracciandolo forte.

L'uomo si aprì in un sorriso e si abbassò in ginocchio a ricambiare l'abbraccio.

« Hey, campione! » esclamò divertito, scompigliandogli i capelli.

Erriet e Hikari apparvero sulla soglia della cucina ad osservarli, notò da subito lo sguardo quasi sollevato dell'anziana donna e quello impercettibile triste di sua nipote.

« Benvenuto Yukio. » lo salutò la signora Inuoe.

Lui annuì pensieroso e preoccupato.

« Va tutto bene? » chiese guardando Hikari.

Lei fece finta di nulla, abbassò il capo e annuì velocemente senza incrociare il suo sguardo, poi si rivolse a Keiichi facendogli segno di raggiungerla.
"Andiamo a finire i compiti per domani?"
Il bambino sorrise e le corse in braccio, stringendola forte in un abbraccio che quasi la fece scoppiare in lacrime e in cui si accoccolò, appoggiando la testa su quella riccioluta e scura.
Yukio li osservò avviarsi insieme in silenzio verso la camera da letto del bambino, in fondo al corridoio, poi lanciò uno sguardo preoccupato a Erriet.
La donna sorrise, battendo con i palmi delle mani sulla stoffa del bianco grembiule che le ricopriva la gonna..

«Faccio un caffè. Vuoi un pò di torta di mele? L'ha fatta Hikari con le banora white che abbiamo preso l'altro ieri al mercato. » chiese.

Il medico sospirò profondamente, annuì tornando a sorridere.

« Allora non posso rifiutarla. Grazie. » rispose accomodandosi.

Qualche minuto dopo, l'aroma del caffè riempiva la stanza, e mentre Yukio consumava la sua fetta di dolce e sorseggiava il suo caffè Erriet gli spiegava attentamente la situazione.
Non ci mise molto in realtà.
Giusto il tempo di finire il piccolo breakfast.
Quando la donna smise di parlare era triste e preoccupata, anche se continuava a sorridere.

« Quindi ... » esordì Yukio, appoggiando la tazzina vuota sul tavolino, sopra il suo piattino « Dov'è adesso? » chiese serio.
« Stamane era a Junon. Ci ha chiamato per dire che stava partendo e che ci avrebbe richiamato una volta arrivato a Costa del Sol. »

Fujita annuì, restando un istante a pensarci.

« Dov'è diretto di preciso? » chiese ancora « Ve lo ha detto? »

La donna scosse il capo.

« Non proprio. Credo ... non lo sappia neanche lui, o forse non vuole farci preoccupare. » replicò, pensandoci su per poi concludere « Keiichi però ha detto che andava sulla neve, quindi credo ... stia tornando all'Icicle Inn, o lì vicino. »

Yukio tornò ad annuire, abbassano il volto sulle sue mani giunte sulle ginocchia.

« E Yoshi? Come l'ha presa? » tornò infine a domandare.

Erriet tornò a sorridere, scuotendo le spalle.

« Come al solito. » rispose « Lui ... » mormorò in aggiunta, gli occhi lucidi « Lui non può capire ... » quasi intenerita.

Yukio la guardò serio, fissandola meglio negli occhi..

« Erriet. » La richiamò, invitandola a fare lo stesso « Victor e Sephiroth ... immagino tu non glielo abbia ancora detto. »

La donna s'irrigidì, quasi terrorizzata.
Scosse il capo con decisione, le mani si strinsero tra loro tremanti.

« Non ancora, Yukio. No ... » mormorò, un nodo in gola. « Io ... » sospirò, come a riprendere fiato « Io lo farò ... quando tornerà. » decise « Glielo dirò, ma ... »
« Devi farlo. Erriet. » La incoraggiò serio e preoccupato Yukio « Yoshi deve sapere, è un suo diritto. »

La donna sembrò quasi sull'orlo di una crisi di pianto. Assunse un'aria disperata e annuì più volte, ma sempre dando l'impressione di volersene convincere lei stessa.

« Lo farò, Yukio. » annaspò « Lo farò, lo giuro. È che ... ho paura. » ammise, lasciando andare il respiro « Yoshi ... lo conosci ormai, lui ... io non ... » le prime lacrime cominciarono a sgorgare sul suo viso, incontrollate e frustrate « Lui non capirà mai, Yukio. E lo sai com'è fatto ... se diventasse cattivo? Non m'importa di me, ma Victor ... e Keiichi e Hikari. »

Si fermò, perché il medico le si era inginocchiato di fronte e le aveva preso le mani tra le sue, stringendole forte.

« È normale Erriet. È normale avere paura e non capire. » le disse, paterno « Chi in questo mondo, in una situazione come la tua non ne avrebbe? Perfino Victor ne ha avuto all'inizio, quando era piccolo. Ma, comunque sia, Yoshi rimane suo padre e tuo marito. Forse sarà sconvolto per i primi tempi, ma non quanto lo sarebbe vedendolo a sapere in modo diverso. La vita ... » si fermò, per darle modo di riflettere e riprendere fiato « La vita è assurda, Erriet. Non sottovalutarla mai. »

Erriet annuì, tornando a sorridere e calmando un pò il respiro.
Yukio sorrise, alzò una mano a sfiorare i suoi capelli in una carezza.

« Devi dirglielo, Erriet. » le consigliò « Fallo prima che torni Victor. Sarà tutto più facile. »

Poi prese un fazzoletto di carta dal pacchetto che teneva in borsa e glielo porse, accogliendo i suoi ringraziamenti.

« Lo farò, Yukio. Va bene ... » ripeté, sempre più convinta « Lo farò. Dammi solo ... dammi solo qualche altro giorno di tempo per ... trovare le parole. »

Yukio sorrise.

« Ti starò vicino, Erriet. » La rassicurò «Tutti noi. E ... anche tuo padre lo farà. »

Attirando su di sé il suo sguardo sorpreso e grato, e sentendo dentro di sé una nodo stringergli forte la bocca dello stomaco.
"Anche io devo dirti una cosa,  piccola mia ... ma lo farò quando ne avrai più bisogno. Non manca molto."

 
\\\

La porta dell'officina si aprì, e i due uomini che vi erano all'interno smisero quasi subito  di parlare per rivolgere lo sguardo al nuovo arrivato.
Yukio Fujita incrociò col suo lo sguardo corrucciato di Yoshi Osaka, che tra le labbra stringeva una sigaretta, aveva le mani impiastricciate di un composto oleoso nero che gli macchiava anche la vecchia camicia a quadri giallina ormai sbiadita, i capelli  scompigliati e la fronte imperlata di sudore.

« Ciao Yoshi. Scusate se vi ho interrotto. » esordì il medico, sfoderando un sorriso e salutando con una mano.
« Ah, ciao Yukio. » fece quello, quasi sbruffando.
« Nessun disturbo, stavo per andare. » rispose invece l'altro con aria accomodante, rispondendo al sorriso e poi stringendo la mano a Yoshi prima di avviarsi all'uscita « Allora torno domani per i soldi. » gli disse « E scusami per averci messo tanto, davvero. Lo sai che non mi piace farmi debiti, soprattutto con te, ma … »
« Non importa, Al. » lo interruppe l'artigiano, annuendo e sventolando in aria una mano con indifferenza « Dormici su, a domani. »

Si salutarono. Infine, rimasti solo lui e Yukio, Yoshi si concesse un lungo sospiro appoggiandosi al bancone di lavoro e traendo poi una lunga boccata dalla sigaretta.
Scosse il capo in silenzio, quasi stesse ragionando tra sé.

« Sono arrivato in un brutto momento? » chiese a quel punto Fujita, tornando a guardarlo preoccupato.

Yoshi si riscosse all'improvviso come se si fosse ricordato solo allora della sua presenza.

« Ah, no no Yukio. » rispose, invitandolo a rilassarsi « Scusa, ma ... » un altro profondo sospiro « Brutto momento, mph. E chi lo sa ...? » si chiese, sarcastico e disperato, tornando poi a informarlo « Un debitore si è deciso a pagarmi, grazie al cielo oserei dire. Almeno una cosa positiva oggi, ah? » mugugnò.

Yukio annuì, avanzò portandosi di fronte a lui e appoggiò la sua borsa di pelle accanto ai piedi del bancone centrale, anche quello stracolmo di ferraglia e oggetti di vario tipo.

« Sono stato a casa vostra. » esordì « Ma non c'era nessuno e così ho pensato di andare a trovare Hikari e Keiichi, e ... »
« Ah, già. » tornò ad osservare Osaka con una smorfia « Quei due poveri disgraziati. Te l'hanno detta la novità? » fece, spegnendo nervoso il mozzicone ormai consumato nel portacenere e accendendosene subito un'altra.

Yukio sorrise, annuì.

« Si. » disse soltanto.
« Quell'idiota rincitrullito di mio figlio li ha lasciati di nuovo ... » riprese l'altro, fissando torvo il vuoto di fronte a sé.

Sibilò, facendo passare l'aria tra i denti e scuotendo il capo.
Quindi si alzò e prese a camminare su e giù per la stanza, lo stomaco che gli si ritorceva dolorosamente dentro.

« È partito, nel cuore della notte, lasciando moglie e figlio da soli per chissà quanto tempo e diretto non si sa dove, per cosa?? » si fermò, rosso in viso trattenendosi a stento dallo scoppiare « Sephiroth!! Sempre e solo Sephiroth!! » sbottò, nervoso « Ci crederesti Yukio?? Che un uomo di quasi trent'anni con una famiglia sulle spalle ha lasciato tutto per inseguire un maledetto fantasma?? »

Si fermò, guardandolo negli occhi per poi tornare a fare avanti e indietro aspirando dalla sigaretta.
Il medico non spense il sorriso.
Lo udì sibilare di nuovo, esausto. Poi spostò la sigaretta dalla destra alla sinistra e passò la mano libera nei capelli, quasi a volerseli strappare dalla testa.

« Sono passati cinque anni, maledizione! Cinque dannatissimi anni! » ripeté furioso.

Poi si spense, e si lasciò andare all'ennesimo sospiro.

« Ma che diamine ... » mormorò, soffocato « Ho mai fatto nella vita? » concluse sospirando profondamente, voltandosi verso il medico « Che ho fatto di così orribile per meritare un figlio così, eh? Me lo spieghi, Yukio? Perché io proprio non ci arrivo.
Ed Erriet? Mh? »

Tornò a respirare, appoggiandosi di nuovo al bancone e tirando un altro pò di fumo dalla sigaretta.

« Quell'idiota... » mormorò, tremante « Lo sai quanto lo abbiamo voluto. Erriet ... lei quasi moriva dalla voglia ... e anche io ... » aggiunse a bassa voce, mesto « E lui ci ripaga così! » scosse di nuovo il capo, lasciando morire il seguito della frase sulle labbra.

Yukio Fujita attese ancora qualche istante, poi quando fu certo che l'altro non avesse più nulla da dire per il momento si avvicinò, e sorridendo gli pose una mano sulla spalla, come a fargli coraggio.
Lo sentì tremare, gli occhi si posarono sorpresi nei suoi.

« Tornerà, Yoshi. » lo rassicurò « Io ho fiducia in lui, farà di tutto per ritornare, ora che ha Hikari e Keiichi ad attenderlo. »
« Ah! » esclamò deciso l'altro, tornando a fissare il nulla di fronte a sé con una smorfia « Torna o non torna non ha importanza! Anzi è meglio per lui se non lo fa, stavolta lo riempirò di sberle fino a gonfiarlo! Gli raddrizzerò il cervello per quante ho intenzione di dargliene! » fece, anche piuttosto animatamente finendo anche la sua seconda sigaretta.

Yukio non smise di sorridere.
Anzi, lo fece ancor più vistosamente che il suo interlocutore fu spinto a scrutarlo corrucciato.

« Che hai da ridere così? » chiese irritato.

Yukio scosse il capo.

« Niente di particolare. » disse « È che ... hai uno strano modo per dire che sei in pensiero per lui. »

All'istante Yoshi Osaka si fece serio e lo fissò sconvolto, quasi scosso dall'esser stato scoperto.

« Preoccupato? »  chiese, sorpreso « Chi? Io? Ah! E perché dovrei esserlo, in fondo è un adulto ormai, no? Ha quasi trent'anni, dovrebbe sapere quello che fa. »
« Mh. Si. » replicò tranquillo, annuendo e sorridendo.

Yoshi fece su e giù un altro paio di volte, poi si fermò di colpo rivolto verso di lui e tornò a sbottare.

« Abbiamo faticato come muli per tirarlo su, anzi peggio, e alla fine questo è il suo ringraziamento. Sephiroth! Ancora Sephiroth! Sempre e solo Sephiroth!
Conta di più lui che noi nella sua vita, ecco cosa mi fa imbestialire! Un tipo che non ci ha pensato due volte prima di lasciarlo solo è più importante di noi che ci siamo sempre stati ... » Si fermò abbassando gli occhi « O almeno ... ci abbiamo provato. » 

A quel punto, la sua voce si fece più fragile. Vacillò.
« In fondo ... avrei dovuto aspettarmelo ... Sephiroth ... lui c'era quando io ho deciso di non esserci. » un'altra pausa, l'uomo strinse i pugni, poi però tornò a sospirare nervoso.

Soffiò un paio di volte dal naso, stufo. Poi concluse frustrato.

« Lascialo andare, vediamo a cosa lo porterà questa ricerca assurda. Voglio proprio vedere se Sephiroth sarà disposto a fare le stesse identiche cose che ho fatto io per ventotto anni! »

Yukio sorrise di nuovo, attirandosi un altro suo sguardo di sbieco.

« Probabilmente no. » suggerì a quel punto, sicuro e calmo « Ed è probabile che neanche Sephiroth riceverà le stesse cose che hai ricevuto tu. »

Yoshi ghignò.

« Ah, certo che no. » fece « Al Generale è riservato un altro tipo di trattamento. Io sono solo l'uomo delle pulizie. »

Yukio scosse il capo, si avvicinò e gli batté una pacca sulla spalla, guardandolo negli occhi.

« Victor è tuo figlio, Yoshi. » disse, ancor più diretto « E tu sei suo padre. Nessuno potrà portarvelo via, questo legame. » poi aggiunse, dopo una breve pausa « Non credi sia ora di finire questa guerra? »

Yoshi sembrò come riscuotersi.
Per qualche istante rimase in silenzio, occhi negli occhi ad osservare quelli del suo interlocutore, sorprendendosi di quanto ancora una volta gli riportassero alla mente quelli del defunto suocero. Poi tossi, imbarazzato, e arrossendo distolse gli occhi abbassando il capo.

« E che dovrei fare? Sventolare bandiera bianca? » brontolò.

Yukio tornò a sorridere. Lo lasciò andare e tornò indietro a riprendere la sua borsa.

« Prova ad abbracciarlo soltanto, ad esempio. » suggerì, prima di andarsene « Rimarreste sorpresi entrambi da quante cose potrebbero venire, dopo averlo fatto. » poi si voltò a guardarlo, e gli scoccò un occhiolino « L'orgoglio a volte costruisce muri che non sono necessari, e demolisce strade e ponti che invece erano indispensabili. »

 
***
 
La nave procedeva spedita sulle acque limpide, solcandole silenziosamente sotto lo sguardo silente e birichino delle stelle.
Victor Osaka se ne stava sul ponte, a poppa, seduto su un paio di casse con la faccia rivolta verso l'alto ad osservare l'orizzonte calmo e la luna piena in cielo, che lo accarezzava con la sua luce.
Era in viaggio da due giorni sull'oceano ormai, e a quanto diceva il capitano non sarebbero arrivati a Junon prima di altri otto.
Essere circondato di nuovo da SOLDIER e fanti lo faceva sentire più a disagio di quanto avrebbe potuto immaginare, ma a quanto pare non aveva scelta.
Avrebbe dovuto sopportare qualche altro giorno, continuando a sperare che notti come quelle si ripetessero fino all'arrivo.
Si era comportato bene il suo amico blu, stavolta, ma si era abituato a non cantare vittoria.
Il problema restava la solitudine, a cui non era più abituato dopo due anni passati insieme alla sua nuova famiglia. E l'ansia di nuovi imprevisti sempre dietro l'angolo.
Era tornata l'insonnia, anche se non ancora accompagnata da incubi, e con essa il nodo alla gola dovuto all'ansia.
Inoltre, era quasi del tutto scontato che le divise indossate dalle guardie gli ricordassero eventi poco fortunati ancora vividi nella sua memoria, come ad esempio la morte di Zack, o peggio ancora quella di Nigel, un dolore ancora molto acuto che lo aveva spinto a forti reazioni, e a profondi pensieri che non avrebbe mai avuto il coraggio di confessare.
Capiva Sephiroth, adesso.
Quanto si era preoccupato per lui, dopo lo scontro contro Genesis Rhapsodos, che gli aveva portato via la mano.
Sephiroth ... per un istante, si chiese se fosse stata la prospettiva della sua morte imminente o scampata a spingerlo a certi gesti così inusuali per lui, abituato a nascondere le sue emozioni.
A questo pensava anche adesso, mentre scrutava assorto il cielo.
Anche la luna sembra algida e bella, disinteressata dell'incanto che prova ... ma a volte può essere capace di riscaldare e confortare anche più del sole.
Basta saperla comprendere.

« Chiedo scusa? »

Una voce lo distrasse, richiamandolo.
Abbassò il volto e vide un giovane uomo di media statura, goffo e grassottello con un'ampia calvizie in mezzo ai capelli neri.
Indossava una divisa blu di quelle in dotazione all'equipaggio, e sul naso aveva un paio di spesse lenti rotonde dalla montatura nera.
Non appena i loro sguardi s'incontrarono, quello sembrò quasi colto da una strana paralisi che lo indusse a sgranare gli occhi e spalancare la bocca, balbettando emozionato.

« Oh mio ... santo ... oh santo cielo! Non ci posso credere, è lei? È proprio lei! Victor Osaka! Oh mio dio, questo è il giorno più bello della mia vita! »

Victor assottigliò le palpebre e si fece serio, squadrandolo attentamente.

« Ci conosciamo? » chiese.

Non gli pareva di averlo già visto da qualche parte, eppure lui sembrava conoscerlo molto bene.

« Oh! » fece quello, arrossendo vistosamente « Oh mi scusi, mi scusi tanto! » ripeté balbettante, poi si spiegò meglio, porgendogli tremante la mano « Sono Akihiko Tanaka, uno dei fondatori del suo fan club, signore. E ... » rise, nervoso ma anche un pò orgoglioso « Non per vantarmi, ma la seguo veramente da prima che si arruolasse, sa? Andavamo nella stessa scuola alle superiori. Io facevo la seconda quando lei fini il periodo di frequenza obbligatoria e decise di arruolarsi. » 

 
Un tuffo al cuore.
 
« Ah. » fece sorpreso Osaka, squadrandolo mascherando bene il disagio.
 
Ma tu pensa quante belle sorprese!
Così adesso scopriva di essere stato anche la star dei nerd della scuola oltre che dei Midgariani, come d’altronde avrebbe dovuto immaginare.
 
« Non ti ho mai visto. » fece, tornando a guardarlo e sforzandosi di non apparire troppo serio.
 
Quello arrossì nuovamente.
 
« Oh, bhe. » rise nervoso, poi tossì riavendosi « Io … non ero molto … come dire? Estroverso. Comunque ho sempre pensato che sarebbe stato un perfetto SOLDIER, e l’ho rivista in tv ho immediatamente pensato che sarebbe stato figo aprire un suo fan club. Con una petizione è stato facile, poi il resto è venuto da sé. » ridacchiò ancora, schermendosi « I miei racconti di lei al liceo vanno molto forte tra noi, sa? Eheh. Soprattutto nei primi tempi. »
 
Un sorriso imbarazzato apparve sul viso dell’ex first, o forse era una smorfia, più o meno come quella di quando un rumore stridulo raschia le orecchie.
Tipo quello fastidioso di un gesso sulla lavagna.
 
« Ehm … si. » disse «Ne hai avuto tempo per osservarmi, allora? » scherzò, tentando di riprendersi.
 
Quello sembrò quasi paralizzarsi, come se si sentisse scoperto con le mani nel sacco.
 
« Oh, no! Ehm, cioè … » balbettò imbarazzo « Io la vedevo sempre con i suoi amici … eravamo praticamente di fronte come classe, e … »
« Quanto tempo è stato aperto il mio fan club? »
 
La domanda giunse con voce calma ma quasi come un lampo, a fermare il fiume incontrollato di parole che altrimenti avrebbero finito per diventare ancora più imbarazzanti.
 
« Oh, lo è ancora, Sir! » fu la risposta, anche un poco orgogliosa « Certo, da quando la Shinra ci ha tagliato i fondi abbiamo dovuto arrangiarci, ma eravamo preparati. Dal momento in cui hanno annunciato che Sephiroth … » si fermò, tornando a balbettare senza sapere come continuare la frase « Bhe, da quando lui … si, insomma … quando ci hanno detto che … alcuni di noi speravano che lei avrebbe deciso di cercarlo, altri avevano paura … » si riprese, decidendo di escludere del tutto quel concetto dal discorso « Però nessuno di noi voleva abbandonarla, così abbiamo deciso di rimanere aperti con le nostre finanze. Siamo diventati un piccolo gruppo, ma molto uniti. » poi si eccitò di nuovo « Ah, se gli altri sapessero che le sto parlando! »
« E tu che ci fai qui, allora? » domandò a qual punto Victor, sogghignando appena.
« Oh, io ci lavoro. » rispose fiero l’altro « Sono il secondo pilota, o meglio uno dei due secondi. »
 
“Questo è interessante …”
 
« Ma davvero? »
« Si, Sir! » replicò fiero il giovane, raddrizzando la schiena come un soldato, anche se non lo era « E … sempre se posso chiedere … lei? E’ qui per …? » si azzardò a chiedere.
 
Victor gli rivolse uno sguardo di sbieco.
 
« Questioni personali. » replicò secco.
« Ehm. Si, certo. » fece il suo interlocutore, esibendosi in un'altra risatina.
 
Ci fu un istante di silenzio, imbarazzato per il giovane pilota e teso per Victor. Poi, tutto si sciolse quando il giovane gli si rivolse di nuovo, pieno di ammirazione.
 
« Ad ogni modo … i-io … volevo dire … Sephiroth … i-io … »
 
Victor tornò a guardarlo, corrucciandosi.
 
« Io credo … credo che lei gli somigli molto … adesso … è un’emozione immensa per me, vederla. » sospirò, come se si fosse tolto un peso dal cuore, e concluse, scuotendo triste la testa « Ci manca molto. Davvero … »
 
L’ex first class rimase per un istante interdetto a fissarlo, poi si sciolse in un sorriso, malinconico e fiero.
 
« Si … grazie. »
 
“Manca anche a me.”
 
« Ora devo rientrare, Capitano. Faccia buon viaggio. » concluse a quel punto il giovane, riprendendosi e accennando ripetutamente ad un inchino mentre si voltava per andarsene.
 
Ma ad un tratto si fermò, quasi avesse dimenticato una cosa importantissima.
 
« Ah, ecco. » esclamò, tirando fuori dal taschino della giubba da marinaio un piccolo bigliettino verdino plastificato « Questo è il mio numero, per qualsiasi cosa non esiti a contattarmi. »
 
Victor lo prese tra le mani e gli diede una scorsa veloce.
La prima cosa che attirò la sua attenzione fu l’intestazione.
 
« Sei un informatico? »
 
Quello sghignazzò imbarazzato, grattandosi la nuca e annuendo.
 
« Bhe, si. Me la cavo. » replicò modesto « Diciamo pure che metto la mia nerdosità al servizio altrui. »
 
Una smorfia soddisfatta apparve sul viso di Osaka.
“Sempre più interessante …”
 
« Buono a sapersi. » osservò « Lo terrò a mente, grazie per esserti offerto. »
 
Quello tornò ad inchinarsi più volte, indietreggiando.
 
« E’ un onore, Sir. Davvero, un grande onore. »
 
Lasciandolo quindi da solo ad ammirare di nuovo le stelle.
In silenzio, mentre il buio della notte avanzava verso il mattino e la meta si faceva sempre più vicina.


 
   
 
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