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Autore: _Falsa Pista_    16/09/2017    5 recensioni
Merlin è un giovane ragazzo che gira il mondo in autostop, con un enorme zaino rosso, una tenda azzurra e la testa piena di sogni e avventure.
Cosa succede se, un giorno, mentre si apposta sul ciglio della strada col pollice alzato, passa una grande e nuovissima macchina bianca guidata da un giovane, biondo e ricco Arthur Pendragon?
Si fermerà o passerà oltre?
Una scelta semplice, ma con un sacco di conseguenze.
Storia già completata, pubblicazione (si spera) regolare.
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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.Capitolo 1.

Merlin era in piedi, sul ciglio della strada, presso un piccolo slargo erboso.
Dietro di lui, stramazzato per terra come un immenso scarafaggio ribaltato, c’era uno zaino di dimensioni spropositate, al quale erano aggrappate ulteriori numerose protuberanze. Tra le altre si poteva distinguere una tenda azzurra, un sacco a pelo, delle scarpe, un materassino, più alcuni manici di pentole varie che sbucavano da punti impensati della stoffa rossa dello zaino.
Merlino era in piedi da almeno due ore, col pollice alzato rivolto alle macchine che sfrecciavano verso di lui lungo la strada provinciale.
Sfrecciavano.
E non si fermavano.
Il sole, da tiepido che era nelle prime ore della mattina, stava cominciando a scaldarsi velocemente e Merlin lo sentiva bruciare sulla testa, mentre imperterrito continuava ad alzare il dito verso le macchine che passavano per la strada.
Sapeva bene che fare l’autostop ormai era assolutamente fuori moda, nessuno più c’era abituato, la gente era sempre spaventata, aveva paura di caricare un pazzo, un ladro, un maniaco, un delinquente.
Così Merlin aspettava, e ormai le gambe gli facevano male e sentiva le ginocchia indolenzite. Si sedette, continuando però ad alzare il pollice ad ogni macchina che passava.
Infine, che ormai era già primo pomeriggio, un’auto bianca che stava passando frenò di colpo e si fermò proprio sullo spiazzo d’erba vicino a lui. Ne scese un ragazzo alto, biondo, con l’aria estremamente curata. Anche la macchina sembrava perfettamente pulita e lucidata.
Merlin si alzò in piedi, ma il ragazzo lo anticipò prima ancora che potesse aprire bocca.
“Scusa, mi spiace proprio viandante, ma non ho proprio il tempo di caricarti, sono assolutamente carico di lavoro” disse il biondo, e Merlin sospettò che l’idea di caricare un vagabondo come lui sulla sua linda macchina potente lo inorridisse parecchio.
Allora perché si era fermato?
“Mi sono fermato solo perché ho un impellente bisogno fisiologico e in queste splendide montagne sembra che i bagni pubblici non siano contemplati”
Detto questo si appartò dietro un cespuglio, da dove uscì poco dopo.
“Arrivederci allora,” salutò Merlin “buona giornata e buon lavoro”.
“Grazie”
Merlin sorrise gentilmente, il ragazzo sbuffò, salì sulla sua auto lucida e ripartì.
Merlin si risedette, gli occhi blu fissi verso le macchine che arrivavano, il pollice alzato e ormai anchilosato, il pomeriggio che scemava nella sera.
 
 *** 

Arthur lavorava nella Camelot Corporation, l’azienda di suo padre, che consisteva nell’unione di diverse imprese, sparse su tutto il territorio nazionale e, in alcuni casi, anche internazionale.
La Camelot Corporation, sotto il ferreo controllo di Uther Pendragon, andava a gonfie vele, e ciò significava continuo lavoro per Arthur e gli altri impiegati, che correvano senza sosta dietro a conti, contratti, prestiti, banche e incassi.
Alcuni mesi prima Uther Pendragon, ossia il suo capo, nonché suo padre, aveva deciso che la caotica ed enorme città dove aveva sede la Camelot Corporation stava minando la sua salute, aggiungendo gas di scarico, inquinamento e traffico agli stress lavorativi quotidiani. Così, ignorando le proteste del figlio, aveva fatto trasferire tutta la sede in quell’ameno, oltre che decisamente sperduto luogo di montagna. Lois.
Non che ad Arthur non piacessero le montagne, almeno, non gli dispiacevano in cartolina, dove c’era sempre il sole e l’aroma di letame era decisamente assente. Nella realtà, però, per i primi tempi Arthur aveva creduto di impazzire, lasciando la sua amata, enorme città piena di servizi, comodità e divertimenti per questo luogo che mai aveva sentito nominare e dove la gente, nel tempo libero, si divertiva a fare cose come tagliare la legna o passeggiare.
Il suoi colleghi sembravano non comprendere appieno la situazione, gli continuavano a ripetere di smettere di esagerare, di non essere così tragico, ché si trovavano solo a 900 metri sul livello del mare e quindi, decisamente, non erano in alta montagna. Inoltre la città più vicina, Dobiacek, era solo a mezz’ora di macchina, e Arthur davvero non capiva come potessero mettere la parola “solo” davanti a “mezz’ora di macchina”.
Inoltre, dal suo arrivo nella natura selvaggia Arthur aveva dovuto fare i conti anche con numerosi altri problemi, situazioni che fino ad allora aveva decisamente avuto la fortuna di non conoscere.
Tra queste c’erano le mosche, infiniti, inesauribili stormi di mosche che volavano ovunque, addirittura dentro casa sua o nella sua amata e preziosissima macchina. Questo aveva avuto la conseguenza assolutamente spiacevole di dover vivere con il costante odore dell’insetticida più potente che era riuscito a scovare. In quel ridicolo e minuscolo negozietto del paese.
Per non parlare poi della pioggia, che cadeva decisamente troppo spesso, richiamando dai loro anfratti decine di orribili lumache con o prive di guscio. Le ultime, pensava Arthur, raggiungevano i vertici della sua personale classifica delle cose che il Padreterno avrebbe fatto meglio a non inventare.
In tutto questo c’erano solo due cose positive: Uther sembrava aver ritrovato la salute e, conseguentemente, la ragione e, ultimo ma decisamente importante, Arthur era riuscito ad ottenere una moderna, efficace e sempre attiva connessione internet, che lo faceva sentire decisamente meno selvaggio, in mezzo a tutti quei boschi, prati pieni di fiorellini e ruminanti placidi e puzzolenti.
Quella mattina Arthur aveva importanti faccende da sbrigare, faccende che necessitavano la presenza di una banca, che, ovviamente, si trovava alla suddetta mezz’ora di macchina.
Vestito di tutto punto Arthur si diresse verso la propria auto, specchiandosi nel finestrino per un ultimo controllo prima di salire e partire.
Quando ormai era arrivato vicino a Dobiacek vide qualcuno seduto sul ciglio della strada, dalla parte opposta rispetto a quella in cui stava andando lui.
Era il ragazzo moro del giorno precedente, che ancora alzava il pollice a ogni macchina che passava.
Sicuramente, decretò Arthur, quello non era affatto un tipo a posto.
Proseguì verso Dobiacek, il suo ponte verso la civiltà e, dopo poche curve si dimenticò completamente del ragazzo al ciglio della strada.
Fu quando, ormai pomeriggio, decise di ritornare a Lois che gli tornò in mente quel ragazzo. Chissà se era ancora lì ad aspettare..
Dopo un paio di curve trovò risposta alla sua domanda: il ragazzo era ancora seduto sul ciglio della strada. Appena vide la sua macchina arrivare alzò speranzoso il dito e si voltò nella sua direzione.
Non sapendo bene il perché Arthur mise la freccia ed accostò, fermandosi vicino al ragazzo. Quest’ultimo si alzò in piedi e fu quando Arthur vide che portava ai piedi dei sandali marroni che capì che non era stata per niente una buona idea.
Ma Arthur Pendragon non era un codardo e non poteva tirarsi indietro per nessuna ragione. Nemmeno per dei sandali infangati che potevano avere almeno cinquant’anni.
Arthur fece abbassare il finestrino dal lato del passeggero e il ragazzo moro si avvicinò.
“Ciao” disse sorridendo.
“Ciao, ti serve un passaggio, no?” forse Arthur poteva trovare una domanda più originale.
“Sarebbe bello, si”
“Per dove?”
“Mi piacerebbe andare a Lois” rispose cortese l’altro e Arthur ebbe la conferma che quel tipo non era per niente a posto: a nessuno sano di mente sarebbe piaciuto andare a Lois.
“E da quanto tempo stai aspettando un passaggio?”
“Da ieri mattina, ma non mi pesa aspettare” sorrise Merlin, come per rassicurare Arthur di non essersela presa per il fatto che il giorno prima lo aveva lasciato a terra.
“Bene, vorrà dire che aspetterai un altro po’” disse Arthur sogghignando, prima di chiudere il finestrino sull’espressione allibita di Merlin e allontanarsi con la macchina.
Merlin lo seguì con lo sguardo, sul viso un’espressione imbambolata.
Dopo pochi metri Arthur si fermò e, in preda alle risate, scese dall’auto.
“Ehi!” chiamò sghignazzando dell’espressione confusa di Merlin “ Stavo scherzando, te lo do il passaggio..”
Merlin parve riscuotersi: “Davvero?” chiese speranzoso. Arthur annuì.
“Che bello!” e corse a raccogliere lo zaino spiaggiato poco distante.
Quando lo tirò su Arthur si chiese come potesse un ragazzo così gracile sollevare una cosa dalle dimensioni così abnormi.
“Di’ un po’, è la tua casa quella?” scherzò.
“Esatto, è tutto ciò che ho” confermò Merlin candidamente, e Arthur rimase a bocca aperta, scrutò il ragazzo, ma non sembrava stesse scherzando.
Forse avrebbe fatto meglio a non fermarsi, decisamente quello era molto poco normale.
“Ehm, metti quella roba, cioè..., quella casa dietro” disse Arthur, poi vide l’aria consunta di tutta quella catasta di cose e pensò ai sedili nuovi, puliti e perfetti della sua auto e represse un brivido.
“Ecco, no, forse è meglio che lo metti in baule”
“Certo, come vuoi”
Infine Merlin prese posto nel sedile del passeggero e ripartirono.
“Ma se hai detto che eri lì da due giorni non facevi prima ad andare a piedi?” chiese Arthur incuriosito.
“In realtà sarei andato a piedi, ma ho rotto gli scarponi e anche questi sandali sono piuttosto malconci...Tanto, come ti ho detto, non avevo fretta”
“E dove hai dormito?”
“ Lì dove mi hai visto, ho la tenda con me” rispose candidamente Merlin.
Arthur era sempre più convinto di aver caricato un pazzo.
“Sai, sono abituato ad aspettare un passaggio per ore, anche per giorni a volte...” disse Merlin, non sembrando però dispiaciuto della cosa “E’ che la gente è sempre così timorosa, spaventata, ha paura che io voglia derubarli, picchiarli o rapinarli. Credono che io sia un pazzo”
Arthur tossicchiò per impedirsi di replicare.
“Stai scappando di casa?” domandò infine Arthur, dicendo a voce alta quella che riteneva fosse l’unica spiegazione plausibile per il comportamento del ragazzo.
Merlin rise e scosse la testa.
“Ma no, assolutamente no! Io sto viaggiando, io vivo così e sì, se me lo stai per chiedere è tutto frutto di una mia scelta e no, non ho perso una scommessa.
“E dove dormi?”
“Ho la tenda”
“Dove ti lavi?” chiese Arthur, che aveva scoperto lietamente che, a dispetto dell’aria selvatica, il ragazzo che aveva caricato non emanava alcun cattivo odore.
“Dipende, vado in bagni pubblici, o in casa di amici, o anche nel fiume, se è pulito...”
“Nel fiume?” Arthur si voltò verso di lui.
“Ehi!”
Arthur sterzò il volante appena in tempo per evitare la macchina che arrivava nel senso di marcia opposto. Senso di marcia che aveva inavvertitamente invaso perché troppo concentrato a pensare a quale fosse l’ospedale psichiatrico più vicino dove portare quel pazzo.
“Capisco che possa sembrare strano, ma ti assicuro che è solo questione di abitudine” rise Merlin cristallino.
“Un ultima domanda e poi ti scarico definitivamente alla clinica più vicina...”
Merlin lo guardò sorridendo: “Si?”
“Cosa mangi?”
“Oh, be’, dipende...”
“Già cominci male”
“A volte compro qualcosa, quando ho dei soldi, altre volte mi faccio regalare qualcosa dalle persone che incontro. Ma spesso mangio anche quello che trovo in giro, tipo frutti, bacche, o radici..”
Sulla parola radici Arthur non seppe proprio trattenersi.
“Tu sei completamente, assolutamente suonato, pazzo, folle e...” non trovò nemmeno altre parole per descriverlo, probabilmente non era mai stato tanto incredulo in vita sua. “Millenni di evoluzione dell’umanità, selezione di prodotti agricoli, cibi e ricette di tutti i tipi e tu mangi le radici, come gli ominidi?”
Merlin non rispose, ma sorrise divertito.
“Ecco perché sei così magro, mangi radici...” disse Arthur con finto disprezzo.
“Ma mica sempre...”
“Ma guardati, sembra che il primo soffio di vento ti possa portare via...”
“Tu invece mi sembri in ottima forma” rispose Merlin gentilmente.
“Forse il fatto che nella mia dieta non siano contemplate le radici contribuisce alla questione...”
“Probabilmente” convenne Merlin e di nuovo sorrise.
Lo aveva incontrato solo pochi minuti prima ma già era convinto di non aver mai visto una persona sorridere così spesso.
“Hai detto che ti piacerebbe andare a Lois. Tralasciando il fatto che a nessuno sano di mente piacerebbe andare a Lois di sua spontanea volontà, ma tu non mi sembri per niente a posto, cosa esattamente vuoi fare una volta arrivato?”
“Fingerò di non aver capito che tu mi abbia dato del pazzo, comunque intendo fermarmi un po’ in paese, me ne hanno parlato particolarmente bene...”
“Avrai sicuramente avuto dei cattivi informatori, ti assicuro che non esiste posto al mondo con meno cose divertenti da fare di Lois”
“Credo che io e te consideriamo divertenti cose molto diverse...” sorrise Merlin.
“In effetti ti chiedo scusa, hai ragione tu: a uno che mangia radici Lois deve apparire come l’avanguardia della civiltà” lo prese in giro Arthur.
“Prendi in giro tutti quelli a cui dai un passaggio o l’onore è riservato solo a me?”si interessò Merlin.
“Solo a te, perché non esistono altri folli che nel XXI secolo viaggiano facendo l’autostop”
Merlin alzò gli occhi al cielo.
“E mangiano radici”
Merlin accompagnò gli occhi con un sonoro sbuffo di protesta, ma in fondo non poteva dire che non si stesse divertendo.
Infine arrivarono a Lois, Merlin ringraziò di cuore, scese, recuperò lo zaino-casa e si allontanò.
Arthur rimase a guardarlo mentre si allontanava, l’enorme zaino in spalla, le scarpe appese dietro, la tenda e il sacco a pelo legati sopra.
Decisamente uno poco normale.
Che mangiava radici.
Per non parlare dei sandali.
 
 ***

Mentre Arthur tonava al lavoro Merlin si dedicò all’esplorazione della zona.
Studiando la mappa che aveva preso in prestito da un amico aveva selezionato un posticino ottimo dove avrebbe potuto sistemarsi anche per un tempo relativamente lungo. Ormai aveva  terminato i soldi che aveva messo da parte e aveva bisogno di lavorare per qualche tempo prima di poter ripartire alla volta della prossima avventura.
Infine trovò il luogo giusto: in mezzo al bosco, abbastanza fitto per godere di una certa riservatezza ma comunque curato, con un sottobosco rado e un morbido tappeto di foglie e aghi di pino per terra. Poco distante scorreva un corso d’acqua limpida, che gli sarebbe servita per lavarsi e lavare stoviglie e indumenti. Il centro di Lois, invece, distava appena pochi minuti di cammino a piedi lungo un sentierino leggermente pendente. Il paese era piccolo, ma comunque vitale, con casette ben curate, fontane con acqua potabile. Inoltre c’era una piccola biblioteca e un centro sportivo con tanto di campi all’aperto. Per il cibo avrebbe potuto comprarlo al discount del paese, mentre per il lavoro avrebbe cominciato a chiedere dal giorno successivo.
Merlin cominciò quindi ad allestire la sua sosta: montò la tenda azzurra con precisione e affetto, predispose una sorta di veranda e coprì il tutto con una grande cerata, per evitare che la pioggia potesse bagnare ogni sua cosa.
Infine , grazie a parecchi viaggi avanti e indietro dal fiume, predispose un cerchio di pietre dove avrebbe acceso il fuoco.
La sera la dedicò a raccogliere legna secca in grande quantità.
Il bosco si stava animando di versi e richiami, di fruscii e frulli d’ali e Merlin, mentre si affaccendava dietro le sue cose, si sentì in armonia con ognuno di essi.
 
 ***
 

Nonostante l’incontro con il ragazzo autostoppista fosse qualcosa davvero insolito, la vita di Arthur proseguì normalmente nei giorni seguenti, tanto che quasi accantonò l’incontro tra gli incontri strani della vita.
Così riprese la sua routine, fatta di lavoro, banche, interessi e pratiche, il tutto svolto sempre al meglio delle sue capacità, come gli era stato insegnato fin da bambino.
Arthur non poteva definire la propria vita noiosa, ma certamente nemmeno troppo emozionante. L’unica attività che gli metteva addosso la giusta carica e adrenalina era il calcio, sport che praticava fin da bambino e che continuava a praticare anche nella sperduta Lois. Anzi, a dirla tutta quella era stata una condizione insindacabile che aveva imposto a Uther prima di acconsentire al trasloco: in qualsiasi sperdutissimo villaggio fossero andati, doveva esserci una squadra di calcio. L’importanza della cosa superava anche quella della connessione internet, e questo era tutto dire...
Arthur si allenava due volte alla settimana, precisamente il martedì e il giovedì sera, mentre i weekend si svolgevano le partite, non sempre, perché in quello sperdutissimo posto sembrava non ci fossero abbastanza squadre per riempire tutti i fine settimana di una stagione sportiva.
Arthur spense la sua adorata auto bianca davanti al campo sportivo e, col borsone in spalla, entrò negli spogliatoi.
Gli altri giocatori erano già presenti e stavano vociando tra le panche.
“Ehi, ma cosa è successo qui?” chiese perplesso Arthur guardandosi intorno.
“Credo che abbiano assunto un nuovo custode delle strutture.
“Già, ho sentito dire che si chiama Merlin, ti dice niente?”
“No, mai sentito” scosse la testa Arthur “Però sembra che almeno faccia il lavoro per cui viene pagato, non ho mai visto questo pavimento così pulito, e” si spostò alle docce “davvero credevo che il pavimento qui fosse grigio.
“Pensate a quanto sporco c’era sopra fino all’altro giorno, e io che ho sempre fatto la doccia a piedi nudi!” si disperò Gwaine.
“Quante volte ti ho detto di mettere le ciabatte?” rise Arthur.
“Ma scivolo...”
“Comunque le sorprese non sono finite,” interruppe Lance “guarda!”
Appoggiate sulla panca, perfettamente lavate e, cosa ancora più rara, piegate, c’erano tutte le magliette della squadra, addirittura ordinate numericamente.
“Sembra quasi una magia..”
“Già, incredibile!”





.Angolo dell’autrice.
Salve!
Sono ormai anni che non pubblico nulla su Efp, però, in fondo, qualcosa ho continuato sempre a scriverlo.
Questa è una storia molto semplice, leggera, ma alla quale, comunque, tengo molto.
Sarei molto contenta di leggere un vostro parere a proposito, grazie a chi è arrivato fin qui, al prossimo capitolo,
_Falsa Pista_
  
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