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Autore: Lamy_    17/09/2017    1 recensioni
L’ibrido che possiede il Fuoco Rosso, la stessa che è stata bandita dalla comunità di Nephilim, ridotta ad una emarginata, e che cerca a tutti i costi di condurre una vita normale, è pronta a tornare in azione. Uno spietato assassino sta mietendo vittime, pertanto è necessario un intervento tempestivo per porre fino agli omicidi. Il Console ha bisogno di un team che si muova nell’ombra, che non abbia scrupoli a infrangere le regole, e soprattutto che risolva l’emergenza. Astrea Monteverde è la persona adatta alla missione.
Ma, tra una relazione da portare avanti ed un gruppo di ragazzini a cui badare, deve tenere a mente una cosa: il suo peggior nemico le sta dando la caccia e non ci impiegherà molto a trovarla.
Nuovi incontri, nuovi amori, nuovi tradimenti e incantesimi animano un’avventura tutta da scoprire.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Rafael Lightwood-Bane, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO OTTO: SEGRETI DI FAMIGLIA.
 
I legami interpersonali sono sempre un dilemma, soprattutto quando si tratta della famiglia. Si presuppone che i genitori siano le prime persone di cui ci fidiamo e grazie alle quali ci sentiamo protetti, ma la sera precedente queste premesse erano crollate. Astrea sapeva bene quanto fossero labili le relazioni, lo aveva vissuto sulla propria pelle a causa del tradimento di Thomas, il suo parabatai, quella persona che sarebbe dovuta restare al suo fianco malgrado tutto. Aveva dormito a stento quattro ore perché l’immagine del volto sconcertato di Carter era terrificante. Venire a sapere da uno sconosciuto che la tua vita è una grande bugia è un duro colpo da incassare. Ripensò a quanto Thomas l’avesse ferita, a quanto la sua fiducia negli altri fosse ostacolata dalla paura, ed inevitabilmente spesso si chiedeva se le sue giornate fossero solo frutto dell’immaginazione, se la sua fosse l’ennesima illusione. Si mise a sedere sospirando stancamente. Sorrise nel constatare che Raphael dormiva tranquillo. Gli passò le dita tra i capelli delicatamente per evitare di svegliarlo, poi gli stampò un bacio sulla fronte e si alzò per farsi una doccia. Venti minuti dopo scese in cucina, dove vi trovò Carter che limava le spade angeliche.
“Buongiorno.” Gli disse, anche se non si aspettava un saluto gentile.
“Come abbiamo intenzione di risolvere questa storia?”
Astrea prese un bicchiere e si versò del latte fino ai bordi. Lo bevve distrattamente.
“Carter, non sei lucido adesso. Hai bisogno di sbollire la rabbia. Ne vuoi parlare?”
“Parlare di cosa? Del fatto che i miei genitori non sono i miei genitori? Che i Blackwell mi hanno rigettato? Che in realtà sono solo al mondo? No, preferisco tenermi tutto dentro.”
“Perché avrebbero dovuto mentire? Io credo che ci sia molto di più. La sorella e il cognato del Console sono morti e a loro non possiamo più fare domande, ma l’unica che può aiutarci è tua zia Rita.”
Carter storse le labbra alla parola ‘zia’ perché non avvertiva alcuna parentela con quella donna che aveva visto soltanto alle riunioni ufficiali.
“Perché lo fai? Perché vuoi aiutarmi?”
“Non lo faccio per te. Lo faccio perché Raphael ha rischiato di nuovo la vita per colpa dei segreti del Console. Non posso perderlo. A questo proposito, dobbiamo aiutarci a vicenda: io aiuto te ad indagare sulla tua famiglia e tu aiuti me a scovare il bastardo che voleva far fuori il mio fidanzato.”
Astrea allungò una mano verso Carter e mantenne lo sguardo puntato sul suo.
“Affare fatto.”
Detto ciò, i due si strinsero la mano assicurandosi sostegno reciproco.
 
 
“Ricordami perché stiamo facendo questa cosa.”
“Non ti lamentare sempre, Santiago. Sai meglio di me che questa è l’unica soluzione.”
“Strisciare nelle gallerie sotterranee di Alicante non è una grande idea. Definisci ‘unica soluzione’.”
Astrea sollevò gli occhi al cielo e trattenne un urlo isterico. Avevano deciso che per proseguire con la caccia all’uomo avrebbero dovuto capire i veri motivi che si nascondevano dietro alla missione. Inoltre, Magnus li aveva avvisati che la linea di magia si era spenta a Chicago e si era attivata a New York durante la notte, perciò erano a corto di tempo. Gironzolare nel centro della città per un mondano ed una Nephilim esiliata non era una giusta tattica, così avrebbero dovuto raggiungere l’abitazione del Console attraversando il sottosuolo. Raphael si era proposto per accompagnare Astrea e Carter, anche se in realtà era in costante apprensione per lei e voleva accertarsi che non le capitasse nulla di male, mentre Sally e gli altri avrebbero controllato i registri, i quali erano comparsi per magia grazie a Magnus, che Carlos Monteverde aveva redatto nella sua carriera di archivista riguardo alle famiglie di Shadowhunters.
“Che cosa pensi troveranno i tuoi amici nel lavoro di tuo padre?” domandò Carter, simile ad un corvo nella sua tenuta nera e con il volto cupo.
“Mio padre era l’archivista di Stato, a dirla in breve, e ha stilato un censimento degli ultimi trentacinque anni di tutte le casate Nephilim, ha riportato nomi, date, battaglie, insomma tutti gli episodi salienti. Speriamo di trovare un collegamento tra te e i Blackwell.”
Astrea era fiduciosa che qualcosa di losco sarebbe venuto fuori da quelle carte, soprattutto perché suo padre era un tipo pignolo ed era quasi certo che avesse notato tutte le anomalie.
“Siamo arrivati.” Annunciò Raphael qualche metro davanti a loro, le mani infilate nelle tasche della giacca di pelle, l’atteggiamento guardingo. Una serie di porte costeggiava la lunga galleria, al loro interno una cisterna riforniva le abitazioni di acqua, e su di esse vi era stampato a caratteri cubitali il cognome della famiglia cui era destinato il carico. Astrea disegnò una runa di apertura sulla porta  di Rita Blackwell. I cardini cedettero e in pochi istanti furono dentro.
“Come facciamo adesso? Bussiamo al campanello?” disse sarcastico Carter mentre si appoggiava contro una parete con le  braccia incrociate. Raphael gli lanciò un’occhiata sprezzante.
“Sei stupido? E’ ovvio che sia possibile accedere alla casa da qui. La vedi quella scaletta? Ecco, collega questa stanza alla cucina nel caso in cui la cisterna si rompesse e ci fosse bisogno di manutenzione.”
Frattanto che i due ragazzi battibeccavano, Astrea aveva spalancato la seconda porta e si piegava sulle ginocchia, dato che il passaggio era alto un metro scarso.
“Avete finito di fare i bambini? Chiudete la bocca e salite.”
Carter fece due passi ma Raphael lo precedette e seguì la sua ragazza. La cucina in cui si ritrovarono era enorme, i mobili color bianco latte illuminavano la stanza, molte stoviglie erano ordinate, eppure sembrava tutto così freddo. Il rumore di lama che sfrega contro la pelle acuì l’attenzione di Astrea.
“Carter, per l’Angelo! Metti via quel coltello!” disse a bassa voce notando l’arma che impugnava il Nephilim.
“Non sai contro quali pericoli stiamo andando.”
“Fai sul serio? Già irrompere nella casa del Console è illegale e potremmo essere incarcerati, direi che minacciarla non sia propriamente un’ottima idea.” Intervenne Raphael, allora Carter depose l’arma.
“Credo che la servitù non ci sia. Possiamo muoverci indisturbati. Dobbiamo agire prima che Rita vada via.”
Astrea fece loro segno di dirigersi al piano di sopra, dove era ubicato lo studio, perché molto probabilmente l’avrebbero trovata là. Le cose non andarono nel modo previsto. Una spada angelica sfiorò la gola di Astrea e lei fu costretta ad alzare le mani come atto di resa. Rita Blackwell la guardava con fare altero.
“Astrea Monteverde e Raphael Santiago.”
“Già, sono proprio io. Che coincidenza, non crede?”
Raphael insultò mentalmente Astrea per l’inadeguatezza di quella battuta, poi poggiò l’indice sulla spada e l’abbassò allontanandola dal collo della sua fidanzata.
“Si calmi, Console. Siamo qui soltanto per chiarire un paio di cose. Abbiamo ricorso ad altri metodi perché presentarci alla sua porta con una torta al cioccolato non ci sembrava il caso.”
“Perché siete qui? Vi avevo assegnato un compito.” La voce di Rita adesso era nervosa, quasi impaurita. Astrea, che un po’ voleva vendicarsi per le bugie di quella donna, sorrise maligna.
“Abbiamo un regalo per lei. Carter, fatti avanti.”
Dalla cucina sbucò Carter in tutta la sua sicurezza e la sua megalomania. Con la mano destra sul pomo del coltello che teneva nella cintura, si inchinò dinanzi al Console.
“Ciao, Zia.”
 
 
“Giuro che vi stacco le dita a morsi se non la smettete di parlare!”
Quella minaccia fece tacere i tre Nascosti.
“Sono stanca. Stiamo leggendo queste cartacce senza trovare nulla di utile. Cosa ci importa di quel Cacciatore spocchioso? Andiamocene a New York e diamoci alla bella vita!” esclamò Tanisha sorridente, incrociò le caviglie sul tavolo e osservò le reazioni degli altri. Nikolai e Glenys sembravano spaesati, ma Sally la stava guardando con il sopracciglio sollevato e la faccia di una che aveva appena ascoltato una barzelletta poco divertente.
“Ascoltami, ragazzina, sei stata trasformata da poco e ancora non ti è chiaro come funzionino le cose. Non puoi vivere senza un clan, hai bisogno di appartenere ad un gruppo e a New York non c’è posto più per nessuno. A noi non interessa un bel niente di quella sacca di organi e muscoli di nome Carter, però il mio capo mi ha affidato un ordine che devo portare a termine e devo inseguire la follia della mia migliore amica. Fino alla fine di questo incubo tu la smetterai di fare la bambina e comincerai a pensare anche agli altri. Sei un vampiro, sii superiore a tutti.”
“Tecnicamente avresti dovuto dire ‘non-vivere’ anziché ‘vivere’. Siete non-morti.” Obiettò Nikolai, tranquillo nella sua accurata correzione di termini. I canini di Sally scattarono fuori per la rabbia e fecero sobbalzare il licantropo sulla sedia.
“Anche tu vedi di non fare l’idiota o ti strappo i peli dal corpo. Adesso state buoni. Necessito di sangue.”
“Va’ dietro alla tua ragazza!” Tanisha schernì Glenys, che raccolse la gonna vaporosa dell’abito e andò in soggiorno.
“Ho detto che voglio restare da so… ah, sei tu. Entra pure.” Il cipiglio di Sally si sciolse in un sorriso.
“Credo di aver trovato qualcosa nella cartella dedicata all’anno 1998. Il padre di Astrea era un uomo molto accorto.”
Glenys mostrò una pagina ingiallita alla vampira: era l’elenco dei neonati maschi nati nell’estate del 1998. Scorrendo velocemente i nomi, saltò all’occhio quello di Carter. Sally lesse ad alta voce.
“Carter Whitelaw, 22 giugno 1998, maschio. Madre: Barbara. Padre: Jacob. Altri parenti: nessuno. Beh, non c’è nulla di strano.”
La fata indicò sul foglio un puntino rosso.
“Accanto al nome vi è un asterisco che riporta una notazione in basso a destra. C’è scritto che un anno dopo qualcuno ha richiesto i dati anagrafici del bambino ma per privacy non sono stati divulgati. E’ riportata la firma del richiedente: Adam Miller. La cosa strana è quest’uomo è un mondano.”
“Un mondano va all’Istituto di Lisbona nel 1999 per avere informazioni su Carter. Perché? Che motivo avrebbe un mondano per rivolgersi all’archivista degli Shadowhunters e chiedere notizie su un Cacciatore?”
“Pensavamo che l’assassino fosse un mondando con la Vista e che abbia saputo che Carter non è chi dice di essere.” Disse Nikolai alle loro spalle mentre si avvicinava assieme a Tanisha.
Sally rifletté su quanto Carlos Monteverde avesse annotato e capì che erano ad un passo dalla risoluzione.
“Adam Miller solo grazie alla Vista sapeva dove si trovava l’Istituto. E’ il nostro assassino.
Lo sguardo di Glenys si rabbuiò.
“Allora perché cercava Carter?”
“Nikolai, invia un messaggio a Raphael e aggiornalo. Tanisha e Glenys, cercate notizie su questo Adam Miller. Io contatto Magnus. Mettiamoci a lavoro!”
 
 
 
Ad Astrea venne quasi da ridere per la paura e l’incredulità che adombravano il volto del Console. Sembrava che avesse visto un fantasma. Si sedette allo sgabello posto sotto l’isola della cucina, le tremavano le mani e i suoi occhi erano diventati lucidi. Era ironico che si ritrovasse di nuovo a tendere un’imboscata al Console, proprio come aveva sorpreso Goldstorm con Jace.
“Come avete capito che …”
“Che Carte non è un Whitelaw?” terminò Astrea, e Rita annuì piano. Raphael, la schiena contro il muro, il ginocchio destro piegato, fece un mezzo sorriso.
“Gli ultimi membri della famiglia erano donne, e proprio trenta anni fa la stirpe si è spenta con la morte di Melissa. Facendo due calcoli, è impossibile che Carter sia uno di loro. Mai sottovalutare la memoria di un vampiro di settanta anni.”
Carter, spazientito da quella perdita di tempo, sbatté un pugno sul piano cottura per richiamare l’attenzione. Si voltò verso Rita e il suo sguardo era di ghiaccio.
“Bando alle ciane. Raccontaci la verità. Non tralasciare nulla.”
La Blackwell continuava a guardarlo con commozione, come se si trattasse di una visita di cortesia. Bevve dell’acqua per sciogliere il nodo alla gola e cominciò a parlare.
“Non sono tua zia, Carter. Sono tua madre. Diciannove anni fa, una notte di primavera, io e la mia migliore amica, Abigail Greenheart, eravamo in ronda a New York. Eravamo invisibili ai mondani, ma un ragazzo mi ha versato il suo drink addosso. Aveva la Vista. Si chiamava Lucas. Ci siamo frequentati, vedendoci di nascosto, per un paio di mesi, poi ci siamo messi insieme. Avevamo grandi piani per il nostro futuro. Sono rimasta incinta, eravamo entrambi così felici, trascorrevamo le giornate ad immaginare gli occhi, il naso, le mani del nostro bambino. Quando mio padre scoprì tutto, mi vietò di vedere Lucas e mi chiuse in casa. Lui mi cercava dappertutto. Ha persino cercato di contattarmi tramite Abigail, ma i miei genitori intercettavano tutte le lettere e le bruciavano. Mi permisero di portare avanti la gravidanza e di dare alla luce il bambino, dopodiché lo avrebbero abbandonato in un orfanotrofio mondano. Fui fortunata: mia sorella Barbara e suo marito Jacob erano sposati da cinque anni, avevano scoperto di non poter aver figli, così li pregai perché adottassero loro il mio bambino. Dopo la nascita di un bellissimo maschietto, mio padre ha costretto mia sorella a restare ad Idris mentre io sono stata trasferita presso l’Istituto dei Rosales in Spagna. Non ho più avuto più notizie di Lucas, di mia sorella, di mio figlio. La Guerra Oscura ha ucciso tutta la mia famiglia, così sono tornata ad Alicante dopo otto anni e ho inserito Carter nel programma di protezione perché lo mandassero a Chicago per evitare di incrociarlo per strada.”
Il silenzio che era piombato nella stanza era carico di tensione, di delusione, e i singhiozzi di Rita erano l’unico rumore. Carter era diventato pallido, la sua solita posa fiera aveva lasciato spazio alle spalle ingobbite e alle sopracciglia corrugate.
“Perché ci ha chiesto di trovare l’assassino?” fu la domanda secca di Astrea a rimettere in moto la conversazione.
“Quando sono stata avvertita che erano stati rinvenuti dei cadaveri presso le abitazioni dei ragazzi inseriti nel programma di protezione nello stesso anno di Carter, ho temuto che sarebbero arrivati anche a lui. Non c’è una vittima Shadowhunter, ecco perché il corpo sulle foto è stato censurato, perché in realtà non c’è nessun corpo. Ho inscenato la morte del Nephilim cosicché voi salvaste Carter prima che l’assassino lo raggiungesse. Lo stregone scomparso, Haru, mi ha aiutata  a partorire e non è un caso che lo abbiano rapito.”
“Adam Miller. Le dice qualcosa?”
Raphael passò il cellulare ad Astrea, che lesse un messaggio da parte di Nikolai: ‘Adam Miller ha chiesto al padre di Astrea info su Carter. Chiedi al Console’.
L’espressione sofferente di Rita mutò in una maschera di orrore. Bingo!, pensò Astrea.
“Chi è Adam Miller? Avanti, parla!” gridò Carter facendo sussultare quella che da poco si era rivelata sua madre.
“Adam Miller è il padre di Lucas. E’ tuo nonno, Carter!”
 
 
 
“Rita Blackwell è la madre di Carter?”
Sally tirò un tovagliolo in faccia a Tanisha per farle abbassare la voce. Da quando erano tornati, Carter aveva preteso di essere lasciato da solo. Era l’ora di pranzo, quindi gli alti erano seduti a tavola mentre si scambiavano le novità.
“Adam è il nonno di Carter, non gli sarà andato giù il fatto che suo nipote fosse sparito nel nulla. Noi abbiamo scoperto che Lucas è morto nel 2000, ovvero due anni dopo la nascita di Carter. Sicuramente avrà sofferto molto per la perdita del figlio.” Disse Sally riempiendosi per la terza volta il calice di sangue. Raphael rubò una forchettata di spaghetti dal piatto di Astrea e lei lo colpì giocosamente ad un fianco.
“Adam si sta vendicando. Aveva trovato suo nipote diciotto anni fa, però mio padre non gli ha dato nessuna informazione a riguardo, e questo vuol dire che ha indagato da solo. Ha rapito Haru perché era lo stregone che aveva aiutato Rita a partorire e che aveva poi portato Carter a Chicago. Ha ucciso Grace, Kabir e Alun solo per mettere in guardia Rita e farle capire che lui sta arrivando.”
“Probabilmente il cadavere di Shadowhunter sarebbe stato proprio quello di Rita Blackwell.” Commentò brevemente Glenys per poi tornare a spiluccare la sua insalata. Tanisha, che faceva a gara con Sally per accaparrarsi il sangue, diede la sua opinione:
“Non è solo questo. Ha uno stregone dalla sua parte, tre corpi di esseri magici, e Magnus ha bene ipotizzato che li stia usando per incanalare potere. La linea magica di New York è attiva da ieri sera. Adam si sta preparando a qualcosa.”
“Mors dilecti. La morte di una persona amata.”  La voce di Raphael serpeggiò spaventosa tra il tacito gruppetto quasi fosse una serpe velenosa. Astrea sospirò.
“Perché è a New York? Chi vuole uccidere?”
“Credo di saperlo.”
Tutti guardarono Nikolai mentre smanettava con il cellulare. Sally sotto al tavolo gli diede un calcio al ginocchio perché parlasse.
“Avanti, pelo bagnato, che cosa sai?”
“Sono entrato nel PC del Console. Ha un appuntamento a New York con Abigail Greenheart, pare che voglia festeggiare il compleanno con la sua amica del cuore.”
“Adam sa che Rita si troverà a New York questo fine settimana. La vuole uccidere.” Disse Astrea camminando su e giù. Raphael, quando ebbe esaurito la bottiglietta d’acqua, si alzò per gettarla nel cestino.
“Hai ragione, fuego. E se i nostri calcoli sono giusti, Adam userà la magia affinché la Blackwell abbia una morte spettacolare.”
Uno trillo avvertì Astrea di un messaggio, fece scorrere le dita sullo schermo e lo lesse: All’angolo tra 6th Ave. e 20th St. l’influenza magica ha toccato il picco nell’ultima ora. C’è una chiesa sconsacrata. Sapete cosa fare. Cercate di restare vivi. (Magnus).
“Dobbiamo andare a New York. Immediatamente.”
 
 
 
La frescura di ottobre si fece sentire quella sera. Erano rientrati a New York grazie ad un portale di Magnus, avevano recuperato alcune armi, e si erano diretti verso la linea magica. Mentre Nikolai, Glenys, Tanisha e Carter erano stati bloccati nell’appartamento di Astrea con un incantesimo di confinamento, lei, Raphael e Sally stavano raggiungendo l’area dove si era attivato Adam.
“Questo mi ricorda tanto quando siamo entrati nel regno delle fate e Fion ti ha costretta a fare quel gioco idiota.” Esordì Sally, avvolta in un impermeabile grigio scuro, i capelli biondo platino che rilucevano sotto la luna. Astrea si strinse nella giacca di jeans ed emise una risatina.
“Beh, non è stato poi così brutto quel gioco.”
“A parte il pezzo di legno che ti si è conficcato nella pianta del piede, è stato un gioco talmente divertente!” le parole di Raphael erano farcite di ironia, come del resto lo era la maggior parte delle cose che diceva. Sally attraversò il marciapiede ma Astrea fermò Raphael con una mano sul petto.
“Non essere sempre così negativo, Santiago.”
“Non sono negativo. Mi preoccupo per la mia cacciatrice di guai.” Rispose lui con serietà, poi l’avvicinò per stamparle un bacio sulla fronte.
“Ragazzi, non è il momento per la luna di miele. Sbrigatevi!”
Nel giro di pochi minuti arrivarono davanti alla chiesa dismessa. Doveva trovarsi in quello stato dal almeno dieci anni, e lo testimoniava l’intonaco che si staccava, il portone ridotto ad un paio di assi di legno marcio, le vetrate rotte, eppure la porticina laterale che conduceva in sagrestia sembrava essere stata aggiustata di recente. Sally chiuse gli occhi, si isolò dal resto del mondo, fino a quando il suo udito captò un flebile rumore. Era un battito.
“C’è qualcuno all’interno, sento un cuore battere.”
Astrea armò la balestra e la puntò contro la porta. Per strada si era tracciata la runa del colpo sicuro, dunque non poteva sbagliare mira; ormai era l’unico segno nero che imbrattava la sua pelle.
“Entriamo.”
Sally forzò la maniglia e in pochi istanti furono dentro. Il corridoio stretto e polveroso che stavano percorrendo era lungo circa cinque metri, poi svoltando a destra si ritrovarono in quella che un tempo doveva essere stata la cucina. Raphael sbirciò le carte abbandonate sul tavolo, ma non vi era nulla di utile.
“Sally, riesci a capire se i corpi sono qui?” le chiese Astrea a bassa voce. La vampira si concentrò di nuovo, cercava di spronare i sensi, però riusciva a captare solo i battiti accelerati di un cuore.
“I cadaveri non sono qui. Sento che qualcuno è vivo e ha paura.”
Una trave precipitò sul pavimento con uno spaventoso boato che fece trasalire dal terrore i tre amici. Raphael prese un respiro.
“Non sono più abituato a certe cose.”
Astrea trattene una risata. Continuò a girovagare nella stanza, poi si incamminò in un secondo corridoio che portava ad una scaletta: era la cantina.
“E’ qui.” Mormorò Sally.
Scesero tutti e tre insieme, guardandosi a destra e a sinistra, evitando di fare rumore, quindi ruotarono il pomello della porta. Era buio pesto. Astrea fece luce con la strega-luce. Era un piccolo ambiente spoglio, soltanto una vecchia lavatrice e alcune casse di incenso secco. Raphael picchiettò l’indice sul braccio di Astrea e le indicò una coperta raggomitolata all’angolo. Sally sorrise mettendo in bella mostra i canini, nel caso in cui avesse dovuto difendersi mordendo Adam. Scostò il panno ma rimase sgomenta. Anche Astrea e Raphael si avvicinarono.
“Ma che diamine…”
Accucciato in posizione fetale, Haru nascondeva il volto tra le mani e tremava come una foglia. Alzò le mani per arrendersi.
“Vi prego, non mi fate del male!”
Astrea abbassò la balestra, si inginocchiò accanto allo stregone e lo aiutò a mettersi seduto. Aveva l’aspetto di un sedicenne, anche se in realtà aveva duecento anni, gli occhi a mandorla chiarivano la sua origine giapponese, e aveva del sangue secco sulla guancia e attorno ai polsi. Era incatenato al pavimento da diverso tempo, il viso era magro, e le labbra erano asciutte per mancanza d’acqua. Raphael si tolse la giacca e la poggiò sulle spalle di Haru, che indossava soltanto una camicia a maniche corte ormai logore ed un pantalone viola di lino, meritandosi un sorriso colmo di gratitudine da parte di Astrea.
“Sta tranquillo, Haru. Siamo qui per portarti via. Ti ha rapito un uomo di nome Adam Miller?”
“S-sì. Lui mi ha legato qui. V-voleva che io incanalassi potere dai cadaveri di tre poveri ragazzi. Sono stato costretto.” Lo stregone prese a piangere, non smise di tremare, ed era intenzionato a darsi tutta la colpa.
“Non è sicuro restare qui. Ce ne dobbiamo andare.” Suggerì Sally, poi agguantò la catena che teneva Haru legato e la ruppe in una sola mossa.
Raphael aiutò Astrea a far alzare dal pavimento Haru. Non aveva le scarpe e sembrava che la caviglia fosse lussata. Trascinarlo in strada richiese tempo e fatica.
“Chiamo Magnus e gli dico di ospitare Haru per stanotte.” Così dicendo, Raphael si allontanò per chiamare il Sommo Stregone di Brooklyn.
Haru, affamato e sfinito, fece scivolare la testa sulla spalla di Astrea.
“Resisti, Haru. Tra poco sarai al sicuro.”
“Oh, che eroico salvataggio!”
L’inconfondibile voce aspra di Lily colpì come un fulmine a ciel sereno. Con passo deciso nel suo tailleur blu cobalto, camminava sul cornicione della chiesa. Si lanciò a capofitto in strada ricadendo perfettamente illesa.
“Che ci fai qui?” Sally non fu particolarmente felice che il suo capo fosse piombato in quel frangente.
“Ieri c’è stata una riunione tra vampiri e fate. Abbiamo deciso di riprenderci la nostra gente. Il tuo compito con i Nephilim è terminato, Sally, è tempo che tu ritorni al DuMort. Ovviamente è un ordine.”
“Tornare all’Hotel? Il Console ha promesso al clan doppia razione di sangue per sei mesi a missione compiuta, abbiamo ancora dei conti in sospeso!” protestò Astrea.
“Non posso rischiare di perdere uno dei miei per aiutare gli Shadowhunters. Abbiamo già perso Raphael per colpa tua. Sally, andiamo.”
Lily era determinata a riprendersi il suo ambasciatore, a rimettere ordine nella divisione tra Figli della Notte e Cacciatori.
“Fa’ come ti dice. Torna al DuMort.” Esordì alle loro spalle la voce di Raphael. Vestito di nero e con il suo tipico cipiglio, ricordava il capo clan di qualche tempo prima. Lily fece un goffo inchino.
“Quale onore! Sono contenta che tu sia ancora vivo. Sai bene che i vampiri hanno bisogno del proprio clan per sopravvivere, per questo lei deve rientrare.”
“Non posso tornare adesso. Ho promesso ad Astrea che l’avrei aiutata!” ribatté invano Sally.
Raphael cercò sostegno in Astrea, che dovette aggregarsi a quella decisione.
“Non ti preoccupare, hai fatto il possibile. Torna al DuMort. Terrò d’occhio Glenys per te.”
 
 
 
 
“Come stai?”
“Ti mentirei se ti dicessi che sto bene. Sally è fondamentale nella mia vita, mi è sempre stata accanto, e mi rattrista il fatto che non sarà con noi quando tutto questo finirà. Chissà come la prenderà Glenys.”
Raphael rafforzò la presa sulle sue spalle e le depositò un bacio sulla tempia. Stavano tornando al loro appartamento dopo aver lasciato Haru alle amorevoli cure di Magnus, nessuno meglio di lui poteva aiutare un Nascosto. Era notte fonda, i locali erano all’apice del lavoro, ragazzi ubriachi ridevano sguaiatamente in mezzo alla strada, e loro erano una coppia ordinaria che passeggiava al chiaro di luna.
“Non mi importa di Glenys, a me importa sapere che resterai lucida. Abbiamo accettato questa missione, abbiamo scovato la verità, e adesso la portiamo a termine.”
“Sono lucida. Non essere sempre in pensiero per me.”
“Oh, ti prego, sei la mia reina e devo prendermi cura di te. Lo so che te la cavi da sola, che basti a te stessa, però mi piace illudermi che tu abbia bisogno di me.”
Astrea gli si parò davanti e gli prese entrambi le mani. Era bello da togliere il fiato, quella sicurezza che l’aveva sempre intimorita, quell’aria quasi regale, quel suo fare orgoglioso e mai banale, erano tutte quelle piccole cose che la facevano innamorare ogni giorno sempre di più.
“Ho bisogno di te, Raphael. Okay? Non è un’illusione, è la pura verità.”
“Sei quasi credibile quando fai la dolce.”
Prima che Astrea potesse riversagli addosso una lista di insulti, le afferrò i fianchi e la baciò. Lei sorrise contro le labbra di Raphael e si alzò sulle punte per godersi meglio quel contatto.
“Sei un cretino, Santiago.” Disse Astrea con un sorriso a trentadue denti.
“Almeno sono riuscito a farti sorridere!”
“Sei la ragione di tutti i miei sorrisi.”
Il cellulare di Astrea interruppe la loro intenzione di baciarsi di nuovo. Raphael sbuffò facendola ridacchiare. Era un messaggio di Nikolai: Casa. Adesso.
“Dobbiamo tornare a casa perché credo che i ragazzi siano in pericolo.”
 
 
Il palazzo era immerso nel silenzio. Il gatto della signoria Murray era rientrato, la coppia francese del secondo piano aveva già barricato le finestre, e il portinaio era rincasato. Astrea e Raphael risalirono di fretta le scale cercando di fare il minor rumore possibile.
“Aspetta!” ordinò sotto voce Raphael trattenendo Astrea sul pianerottolo del primo piano.
“Che c’è? Hai sentito qualcosa?”
“Guarda a terra. Petali di rose e ali di farfalla spezzate. Lily ha detto che le Fate e i Vampiri volevano riprendersi i propri membri.”
In effetti, le mattonelle erano disseminate di petali colorati, blu, rossi, gialli, e le ali di farfalla sembravano scaglie di pittura per via delle loro vivaci decorazioni.
“Le fate non sono pressoché animaliste!”
Raphael sollevò le sopracciglia e la guardò di traverso ma Astrea era impegnata ad estrarre dal giubbino un coltello di adamas. Giunti al terzo piano, dove si trovava il loro appartamento, l’ex vampiro infilò le chiavi nella toppa e spalancò la porta. Il soggiorno era inghiottito in un buio pesto, nulla si muoveva nella stanza, neppure era possibile udire il proprio respiro.
“Ferma.”
Astrea si sentì pungolare la spalla destra, così lasciò cadere il pugnale e pregò che ai ragazzi non fosse capitato nulla di male. Le luci esplosero e tutto fu più chiaro: Tanisha, Carter e Nikolai erano imballati in quelli che avevano tutta l’aria di essere bozzoli di rami e foglie, tipiche trappole del popolo fatato. Hywel ratteneva Raphael al muro puntandogli una freccia al cuore. Indossava l’armatura lucente, i lunghi capelli adesso color oro erano nascosti sotto l’elmo, e la sua espressione era seria, combattiva. Glenys era assente. Astrea lanciò uno sguardo alle sue spalle e sospirò.
“Lieto di rivederti, strega!” esclamò Fion, che indossava una tunica verde cinta in vita da un intrico di bacche e spine; Astrea si chiese se non si pungesse i fianchi con quella robaccia.
“Fion, amico, come va? Spero che l’umiliazione per aver perso non bruci ancora.”
“Sono qui per mia cugina Glenys. Mi è stata promessa in sposa sin dalla nascita, i nostri primi vagiti hanno sancito l’unione tra le nostre famiglie, ed è giunto il momento che l’alleanza si completi attraverso il matrimonio e la nascita di un erede.”
Ad Astrea venne da ridere dal momento che a Glenys gli uomini non interessavano e di conseguenza giacere con uno di essi le avrebbe dato il voltastomaco, ma decise di restare concentrata e di trovare il modo di uscire vivi. La freccia che mirava al cuore di Raphael non ci avrebbe messo molto ad ucciderlo.
“Glenys non è qui, non la vedo, e questo mi dice che te la sei ripresa. Lasciaci andare. Non hai motivo di minacciarci.”
Fion ridacchiò a metà tra il divertimento e il disgusto.
“Tra i Nascosti si racconta che tu sia alla costante ricerca di guai, che adori cimentarti in stupide battute, che sei combattiva come una leonessa. Dovrò spargere la voce che non sei poi così straordinaria come dicono.”
“Puoi dire quello che ti pare, però adesso lasciaci andare.”
“E se, invece, bucassi il cuore del tuo uomo, la tua ferocia si risveglierebbe?”
L’intento di restare calma era appena scemato cedendo il posto alla rabbia cieca. Nessuno osava minacciare la sua famiglia. Il ricordo di sua madre che le raccontava la favola della buona notte si mescolò alla forza, al sangue, alla sete di vendetta. All’improvviso la fiamma sul palmo si spense. Fion e Hywel scoppiarono in una fragorosa risata.
“Hai già dato prova dei tuoi poteri, strega, e dunque ho riempito la stanza di polvere marina in modo che l’acqua imprigionasse in Fuoco Rosso nelle tue vene. Sei inutile.”
Lucha!” le gridò Raphael. Combatti!. Muoversi senza che Fion avesse la possibilità di bloccarla era difficile, allora Astrea preferì l’elemento sorpresa: si spinse indietro e la punta della lancia fatata le lacerò la pelle. Fion ritirò l’arma indietreggiando per il colpo di scena. Astrea stava soffrendo, il sangue colava dalla spalla lungo il braccio e dalle dita gocciolava sul parquet. Non poteva farsi aiutare dal Fuoco Rosso, perciò doveva ricorrere alle sue abilità di Nephilim malgrado non avesse rune che le dessero forza e non potesse prendere lo stilo per rimediare.
“Adesso scatenerai la forza dei tuoi pugni su di me?” la schernì Fion benché la sua voce tremasse.
“E’ palese che la sconfitta sia ancora una ferita aperta per te, ma sappi che io l’ho superata!”
Prendere tempo era l’unico modo per elaborare un piano che li avrebbe liberati. Fion non sembrava contento, anzi era più irritato di prima.
“Basta, strega! Seppelliamo la questione.”
“Con ‘seppelliamo la questione’ intendi che porterai il tuo muso lungo fuori da casa mia?!”
Nel frattempo Hywel si era distratto, allora Raphael lo spintonò e si allontanò. Il soldato balzò in piedi, spaesato e infuriato, e guardò a terra in cerca della freccia.
“Stai cercando questa? L’odore mi suggerisce che la punta di questa freccia sia intrisa di veleno demoniaco, letale  per tutte le creature, magiche e non.”
Astrea si maledì mentalmente per aver gettato la balestra sulla soglia della porta. Poi le venne un’altra idea: la sua mira era ben allenata, quindi poteva comunque scagliare quella freccia. Si avvicinò a Raphael e se la fece consegnare. Sorrise a Fion e gli puntò la freccia al cuore.
“Non essere sciocca, strega. Non puoi uccidere una fata della nobiltà.”
“Non ho intenzione di ucciderti.”
Fu un attimo. La freccia attraversò la stanza andandosi a conficcare nel braccio di Fion che stringeva la lancia. Astrea raccattò il pugnale dal pavimento e premette la lama alla gola di Fion.
“Lady Astrea, lasciate stare il mio signore!” l’atteggiamento di Hywel ricordava quello dei teatranti veneziani, altisonante ed inverosimile.
“Libererò il tuo signore soltanto con la promessa che ve ne andrete senza causare altri danni.”
Raphael strappò la spada dalle mani di Hywel e afferrò la lancia di Fion, poi tagliò l’involucro mucoso in cui erano incastrati Tanisha, Nikolai e Carter.
“Ve lo prometto.” Disse Hywel brevemente. Astrea colpì Fion alla testa con l’elsa del pugnale e lo fece svenire, giusto per assicurarsi che non avrebbero attaccato.
“Prendi il tuo signore e andate via. Non tornate mai più, oppure la prossima volta brucerò la vostra carne e mi farò una collana con le vostra ossa!”
 
 
 
“Ahia!”
“Ho quasi finito. Sta buona.”
Raphael finì di ricucire la ferita di Astrea con ago e filo, dopodiché vi applicò un cerotto bianco e le ripulì il braccio e la mano dal sangue. L’iratze ci avrebbe impiegato più del solito a lenire la ferita causata da un’arma del Popolo Fatato.
“Grazie.”
“Dovere. Adesso stenditi e riposati, io vado a vedere come stanno i ragazzi.”
Le accarezzò una guancia e le diede un bacio sul dorso della mano; Astrea impiegò una decina di minuti per addormentarsi. Raphael tornò in salotto, dove si erano accampati i Nascosti per dormire, e si sedette sul divano.
“Come sta Astrea?” chiese con apprensione Nikolai.
“Sta meglio, domattina sarà guarita. Fion ha detto qualcosa?”
Tanisha sbuffò.
“Quel tipo ha blaterato qualcosa sul fatto che Glenys è la nipote della Regina Seelie e che a lui serve il matrimonio per salire di rango. Principino dei miei stivali!”
“Beh, almeno Glenys conosce i suoi parenti.” Disse laconico Carter, che già si era infilato nel sacco a pelo.
“Haru ha detto che Adam Miller ha usato i cadaveri per incanalare magia. Domani riprenderemo il discorso, adesso è meglio che andiamo a dormire.”
 
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco svelato il mistero! Ve lo aspettavate?
I segreti, soprattutto in famiglia, sono sempre dannosi.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
 
 

 
  
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