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Autore: Chainblack    18/09/2017    0 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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A differenza degli episodi precedenti, la scena del crimine presentò un'atmosfera del tutto diversa.
Il pesante silenzio e l'inquietudine crescente erano stati rimpiazzati da una gran baraonda causata prevelentemente dall'Ultimate Clockwork Artisan.
Hillary Dedalus si era categoricamente rifiutata di staccarsi dal corpo dell'amica nemmeno per un momento, tenendosi stretta al cadavere nel vano e disperato tentativo di ricevere risposta da quest'ultimo.
Non volle sentire ragioni nemmeno quando il sangue di Vivian Left le era iniziato a colare copiosamente addosso, imbrattandole la pelle e i vestiti.
Karol decretò che la cosa non poteva proseguire in questo modo.
- Rickard, dammi una mano... - lo pregò l'insegnante, indicando Hillary.
Questi esitò prima di avvicinarsi; Hillary era in un misto di furia e disperazione. Solo ad udirla strillare, sarebbe passata a chiunque la voglia di avvicinarsi.
- Va bene, va bene... - sospirò lui.
I due le si accostarono alle spalle. Karol la prese dolcemente per il braccio. Lei continuava a dimenarsi.
- Hillary, dobbiamo andare... -
- Lasciami... - si scostò lei - NON. TOCCARMI! -
- S-scusami, Hillary... è per il tuo bene - fece Rickard in tono apologetico.
I due iniziarono a tirarla via di forza. Ciò che non si aspettarono fu la forza taurina con cui la piccola fu in grado di tenere loro testa.
- NO! HO DETTO DI NO! LASCIATEMI! - urlò - VIVIAN! NON PUOI MORIRE COSI'! Non... così...! NON TU! -
Si aggrappò al corpo di Left con tutte le proprie forze. Schizzi di sangue cranico iniziarono ad inondarle la faccia, ma lei non sembrò neanche farci caso.
Quando Karol e Rickard riuscirono finalmente a vincerla in muscoli, Hillary Dedalus venne trascinata via lasciando una scia rossa grondante dai vestiti.
Aveva addosso più sangue che altro, e il suo volto era deformato dalla rabbia e dal dolore. 
June rabbrividì nel non riconoscere più la compagna, al solo vederla.
I presenti rimasero immobili e in silenzio fino a quando le urla di Hillary non furono scomparse.
A Judith sembrò di udirle comunque, rimbombanti nella sua testa come un disco rotto.
- Che... che cosa facciamo? - chiese Pierce, incerto.
- Hai da chiederlo? Ora si investiga - sbottò Michael - Fate largo -
Xavier sospirò.
- Questa storia non avrà mai fine... -
- Ti aspettavi diversamente? - commentò il chimico, chinandosi sul corpo di Lawrence - E' un gioco al massacro, Xavier. Tra i presenti solo uno ne uscirà vivo: gli altri diverranno cibo per vermi -
- La tua accettazione della cosa è strabiliante, Michael... - ribatté June, rabbiosa - Non ti importa un bel niente degli altri, eh!? -
- Credevo fosse scontato, razza di idiota! - reagì lui - Proprio così, non posso preoccuparmi per voi perché sono troppo impegnato a temere per la MIA vita! In quest'ultimo mese avete tutti giocato a fare gli amichetti, rifiutandovi di accettare la realtà dei fatti! E guarda che sorpresa: SEI PERSONE SONO MORTE! -
Pearl decise semplicemente di non partecipare alla discussione, non avendo argomenti da trattare. 
Persino Pierce dovette ammettere a se stesso che le parole di Michael dicevano il vero.
- E' pur sempre possibile che qualcuno verrà a salvarci... - tentennò Judith - Ora come ora dovremmo resistere e... -
- Ora come ora dobbiamo liberarci di chi ha ucciso Lawrence e Vivian e tenere la guardia alta; fine della storia - concluse Michael - Credevo che l'esempio di Alvin ed Hayley fosse stato sufficiente: chiunque può diventare un assassino, se costretto a farlo -
- Quindi... moriremo quasi tutti...? - la debole voce dell'Ultimate Botanist fece capolino - Siamo condannati? -
- Basta così, gente -
Xavier Jefferson calamitò l'attenzione generale.
- Credo che sia qualcosa su cui ognuno di noi dovrà riflettere attentamente per conto proprio. Ma adesso la priorità è un'altra... - esclamò - Lawrence e Vivian sono morti. L'annuncio è stato chiaro: ci sarà un processo anche stavolta. Dobbiamo concentrarci e risalire alla verità -
Il gruppo annuì.
Gli studenti si dispersero lungo l'area attorno alla scena del crimine, pronti a cominciare nuovamente, loro malgrado, ad investigare.
Xavier lanciò un'ultima occhiata di compianto ai due cadaveri.
Lawrence, appoggiato placidamente al tavolo di marmo, con un'espressione serena e pacifica come se niente potesse turbarlo.
Dall'altro lato del tavolo, giacendo su un letto di sangue allargato a causa di Hillary, Vivian Left era stesa accanto alla sua tela e ai suoi pennelli, quasi come a divenire un elemento della sua stessa composizione.
Poi, l'attenzione del detective passò a Judith: la ragazza aveva perso la sua normale compostezza.
Stava fissando il pavimento con occhi rossi e a pugni stretti.
Gli sembrò che stesse mormorando qualcosa a se stessa, ma decise di non indagare oltre.
Il suo conto in sospeso con Judith dal processo precedente avrebbe dovuto aspettare.
Xavier Jefferson fu pronto a buttarsi nella mischia una terza volta.



Judith Flourish notò una sostanziale differenza tra il caso in corso e i precedenti: a differenza delle altre volte, vi era un'abbondanza di elementi fuori posto e potenziali prove.
Più il tempo passava, più la scena del crimine si riempiva di oggetti sospetti.
La ragazza prese penna e taccuino dalla tasca e iniziò a prendere nota di tutto ciò che la incuriosiva.
La prima sezione che esplorò fu la zona destra della stanza, dalla parte dove era stato rinvenuto il corpo di Vivian.
La sua attenzione venne in prima istanza catturata da un oggetto solitario poggiato sul pavimento, immerso nel laghetto di sangue.
Judith lo osservò tentando di non spostarlo più del dovuto: sembrava essere una statuetta, probabilmente in marmo o un altro materiale abbastanza liscio, di un tipo che aveva già visto nel laboratorio di pittura. Ricordò di aver visto Vivian utilizzarli di rado come modelli per ritrarre alcune posizioni particolari nelle sue bozze di disegno.
Ne tastò la superficie con le dita: era ben levigata e dolce al tatto, i bordi erano stati lavorati alla perfezione.
Unica pecca era che la base era completamente sporca di sangue.
La ripose lì dove la aveva trovata, continuando a prendere appunti.
Lanciò uno sguardo in direzione di Michael: questi non aveva ancora terminato di esaminare Vivian. Il giovane chimico aveva indossato un paio di guanti in lattice e stava passando i polpastrelli lungo il cranio dell'artista, analizzandone la ferita.
Judith staccò gli occhi e passò ad esaminare il pavimento: un'altra prova apparentemente importante era saltata fuori.
Una bottiglia di vetro rotta era rotolata poco distante, a metà strada tra Lawrence e Vivian.
Era spaccata a metà: la prima parte partiva dal collo e terminava in estremità aguzze e sporche di sangue. L'altra metà non si trovava da nessuna parte.
Vi erano, però, numerosi frammenti vitrei sparsi lungo il pavimento. Judith intuì che il resto della bottiglia era effettivamente lì, ma in una forma non più riconoscibile.
A terra non sembrava esserci molto altro di utile, a parte le copiose chiazze di sangue. Judith fece di tutto per ignorare la scia lasciata da Hillary e si dedicò alla scrivania a lato della tela.
Vi erano due bicchieri, ancora intatti a differenza della bottiglia; al loro interno Judith individuò del liquido giallognolo effervescente.
"Cedrata" ipotizzò "Sbaglio o Vivian aveva detto di averne un debole?"
Controllò con cura: il bicchiere di sinistra era completamente vuoto, rimanevano solo alcune gocce di liquido. Quello di destra era pieno per appena un quarto.
Accanto alla loro postazione, vi erano due piccole sedie poco ingombranti. La stanza era già abbastanza stretta senza di esse.
Constatò il resto della scrivania laterale e ciò che si trovava sul largo tavolo marmoreo: vi erano solo strumenti da disegno e tutti erano al loro posto.
- Non c'è quasi segno di battaglia... - osservò lei.
Xavier la udì con chiarezza.
- Già, sembrano essere stati omicidi molto puliti. Solo le armi sono bene in vista - 
- E' una situazione un po' strana, però - disse loro Michael, da dietro.
I due si voltarono. Anche June fece capolino nella stanza in modo da ascoltare.
- Cosa intendi? -
- Ho dato un'occhiata ad entrambi i corpi. Ci sono alcuni dettagli peculiari - spiegò Michael - Vivian ha una singola ferita sul cranio. Oggetto contundente, un classico -
- Ferita singola con arma pesante? - si chiese Judith - Vi verrebbe da pensare che la morte sia stata rapida, se non istantanea -
- E' molto probabile, ma intendo accertarmene. Il punto complicato riguarda Lawrence, però -
June mosse lo sguardo verso il corpo dell'Ultimate Musician. Rabbrividì.
- C-cioè? - tentennò June - Cosa ha di strano? -
- La causa del decesso è completamente diversa. Lawrence ha diverse ferite sulla schiena... - Michael si massaggiò il mento - Ferite da taglio, intendo. La sua morte è stata lenta e agonizzante, con tutta probablità... -
- Atteniamoci ai dettagli tecnici, Michael... - lo pregò Judith.
- Il punto è questo: se non è morto subito è davvero strano che non ci siano segni di una zuffa, no? -
Xavier annuì.
- E' un punto da considerare, sì - asserì il detective - Ma credo che la prima domanda che dovremo porci al processo sia un'altra -
- Sarebbe a dire? - si domandò June - Il modo in cui sono morti mi sembra abbastanza importante -
- Sto parlando di stabilire con esattezza quante persone sono coinvolte in questo omicidio - disse Xavier - Tre? O due? -
- "Due"...? - Judith incrociò le braccia - Stai considerando la possibilità che Vivian e Lawrence si siano uccisi a vicenda? -
- E'... un'idea strana da considerare, oltre che improbabile - ammise lui - Ma ho come l'impressione che potrebbe essere andata così -
I quattro rimasero in silenzio.
- Lasciamo le ipotesi per dopo. Abbiamo altro da considerare... - sbottò Michael - Le ferite di Lawrence coincidono con le estremità appuntite della bottiglia. Possiamo considerarla come la prima arma del delitto. La statuetta di marmo ha inferto il colpo mortale a Vivian. Idee? -
- Non molte... - June scosse la testa - Piuttosto, c'è altro di interessante sui... corpi? -
- Niente da dire su Lawrence - rispose il chimico - Quanto a Vivian... beh, in realtà sono solo alcuni dettagli. Innanzitutto: una buona parte del suo sangue è stata assorbita dai suoi vestiti -
Fece notare agli altri come il maglioncino indossato da Vivian, di un colore rosso sgragiante, aveva provveduto a mascherare la grossa quantità di sangue colata lungo
il corpo. Gli occhi di Judith guizzarono sull'indumento.
- E' il maglioncino di Pierce? - chiese.
- Sì, Vivian lo stava indossando... - 
- Almeno il suo non le dava tutto quel prurito... - si lamentò June, sospirando - Ancora non riesco a credere che Vivian sia morta... ha un che di assurdo -
Gli altri tentarono di ignorare la constatazione. Era divenuto fin troppo chiaro quanto fosse facile, per chiunque, divenire vittima o carnefice.
Persino Michael soffocò il suo solito commento acido, indicando ai compagni un altro punto di interesse.
- Un'ultima cosa: sul corpo di Vivian ci sono diverse schegge di vetro - disse - Soprattutto sulla sua gonna -
- I frammenti della bottiglia sono arrivati fino a lì? -
- Le possibilità sono poche... - commentò Xavier - Difficile dire quale sia la più plausibile -
Si chinò sul corpo per osservarlo più da vicino. Alcune schegge erano rimaste attaccate al maglioncino, mentre la maggior parte si erano accumulate sulla gonna di colore scuro.
Un ulteriore dettaglio gli saltò all'occhio.
Prese con la mano due frammenti diversi e provò a metterli a confronto. Xavier era abbastanza sicuro di aver notato una differenza più che evidente.
Il primo era più spesso, mentre il secondo era sottile e parecchio più chiaro.
Rimase alcuni secondi a considerarne il significato, quando la voce di Judith richiamò tutti a raccolta.
- E che mi dite di... quello? - fece l'Ultimate Lawyer.
Il suo dito stava indicando la tela dipinta appena di fianco al cadavere.
Sicuramente un elemento di sfondo degno di nota, ma Xavier si accorse di averlo ignorato a causa degli altri indizi più evidenti.
Il dipinto mostrava un cospicuo insieme di colori caldi e immagini disegnate a tratto leggero, poi ripassate con colori ad olio.
June Harrier si fermò ad ammirare l'opera con una profonda ammirazione; sentì il cuore palpitarle un po' più rapidamente.
L'immagine mostrava quella che sembrava essere una coppia di persone che, tenendosi per mano, avvolgevano tutto l'ambiente circostante in una danza dolce e delicata.
La sagoma sulla sinistra appariva come maschile; i suoi vestiti erano rossi ed eleganti, e portava una cravatta scura su una camicia bianca. Le sue mani cingevano quelle della sua controparte femminile, che portava un vestito lungo e bianco, purtroppo rovinato da una striscia di sangue della stessa artista.
Individuare l'identità precisa dei due protagonisti della scena fu alquanto problematico, così come non fu immediato capire addirittura che erano umani.
Ciò perché il dipinto presentava un'ultima, fondamentale peculiarità: i due soggetti non avevano un volto.
Oltre alla mancanza dei tratti distintivi, quali occhi, bocca, naso o altro, mancavano addirittura le sagome dei volti, gli zigomi, ogni sporgenza.
Persino i capelli erano stati rimossi.
Al posto delle facce vi erano due lastre pallide e inespressive, in palese contrasto con il giubilo espresso dal resto dell'opera.
In fondo al dipinto, nell'angolo in basso a destra, vi era una minuscola scritta a caratteri dorati: "V. Left".
- Questo dipinto è... allegro e inquietante al tempo stesso - commentò June - Eppure ha un che di meraviglioso -
- Vivian era l'Ultimate Painter non a caso - annuì Judith - E' incredibile il riuscire ad esprimere i sentimenti di due figure senza dar loro nemmeno un volto... -
- Mi chiedo quale significato nasconda questa scelta... - si domandò Xavier, incuriosito a sua volta.
June abbassò lo sguardo.
- Temo... che non lo sapremo mai... - sospirò - Ma almeno abbiamo un altro indizio: Vivian è sicuramente stata uccisa in questo punto della stanza. La striscia di sangue sulla tela lo prova -
- Beh, anche il laghetto rossastro qui sotto era sufficiente... - osservò Michael - Ma, essendoci sangue ovunque, in effetti non era una speculazione precisa. Questo ci sarà d'aiuto -
Xavier tirò un ultimo sospiro.
- Credo che in questa stanza abbiamo finito... - controllò l'orario - Non abbiamo molto tempo. Vediamo cosa hanno trovato gli altri -
- Io andrò a controllare come sta Hillary... - disse June - Prima mi ha fatto paura... voglio vedere come sta -
- Io invece ho altro che voglio esaminare... - sibilò Michael - Tanti saluti, quindi. Ci vediamo al processo -
Il chimico fece per uscire dalla stanza; poi si bloccò, voltandosi verso Judith.
- E tu... farai meglio a non combinare altre stronzate come quella farsa che hai messo su con Hayley... - le ringhiò iracondo, prima di congedarsi definitivamente.
June riuscì a trattenersi fino a quando Michael non fu sparito dalla loro vista prima di lanciargli un'imprecazione notevolmente spinta.
Si passò una mano sul volto, impiegando qualche secondo a placarsi.
- Lascia perdere quel pezzo di merda, Judith! - la incoraggiò l'arciera - Non ha alcun diritto di dire agli altri come agire nei confronti del prossimo! -
La rezione di Judith, però, non fu come aveva previsto.
Al posto dell'apprensione e la sofferenza, il volto dell'avvocatessa presentava uno sguardo serissimo e imperscrutabile.
Con gli occhi ancora fissi sulla porta di ingresso, la ragazza parve immersa nelle proprie considerazioni. D'istinto, afferrò il fermaglio floreale sul proprio capo e cominciò a sistemarlo. Le parole di June sembravano esserle scivolate addosso senza rumore.
- Judith...? -
- Scusa, June. So che hai buona intenzioni nei miei riguardi, ma non posso ignorare il fatto che Michael abbia... ragione, in qualche modo -
Harrier si sbalordì.
- Co-come!? Cosa!? -
- Ho commesso un grave errore di valutazione... - annuì Judith - Ho messo tutti in pericolo, lo scorso processo. Non deve accadere mai, MAI più... -
A quelle parole, l'Ultimate Lawyer si fece strada verso l'uscita, ma non prima che Xavier intervenisse a sua volta.
Il ragazzo ebbe come la sensazione che un delicato equilibrio stava per rompersi.
- Judith, ascolta... riguardo al processo... - deglutì lui - Io credo... -
- "Io credo" che, al momento, abbiamo altro a cui pensare, Xavier... - disse lei.
I loro sguardi si incrociarono per appena un attimo. Jefferson riuscì a leggere un velo di profonda angoscia negli occhi di Flourish.
- ...molto bene - annuì lui.
June fu costretta ad assistere, impotente, a quella guerra silenziosa.
Il legame faticosamente costruito nel corso del mese stava andando lentamente ed inesorabilmente in frantumi davanti ai suoi stessi occhi.



Rickard e Karol avevano trascorso gran parte del tempo a pattugliare, immobili, l'area davanti l'appartamento numero quindici.
Riportare Hillary alla calma era stata un'impresa non indifferente; ancor più complicato fu convincerla a rimandare la partecipazione alle indagini in favore di una doccia più che necessaria. I vestiti dell'Ultimate Clockwork Artisan erano oramai da buttare.
Hillary aveva ceduto al raziocinio dopo un discreto quarto d'ora; dopo di ciò, era entrata in camera sua e si era infilata in bagno.
Karol rimase in apprensione per tutto il tempo che la ragazza impiegò per detergersi la pelle dal sangue di Vivian.
"Lasciarla da sola in un momento del genere è un azzardo pericoloso... ma non è che possa farci molto" constatò il professore.
Dall'altro lato della porta di ingresso dell'appartamento, Rickard Falls si era seduto a terra e guardava il soffitto con aria persa.
Si asciugò il sudore dalla fronte e sospirò.
- E' così che stanno le cose, dunque... -
Karol gli rivolse lo sguardo.
- Tutto bene, Rickard? -
- Mah, più o meno... - sbuffò lui - Stavo solo pensando a quanto questa situazione non sembri avere vie di uscita -
L'Ultimate Teacher non trovò argomenti validi per ribattere. O, per meglio dire, sembrò non averne più la forza.
Tutti gli sforzi e la fatica fatta per riunire i compagni a fare squadra si erano rivelati l'ennesimo buco nell'acqua.
- Altri due morti... e ancora niente - mormorò Rickard.
Karol notò un dettaglio fuori posto in quelle parole.
- Come, scusa? -
- Lawrence e Vivian non ci sono più... - spiegò l'altro, mogio - Ma la spia è ancora in giro, no...? -
In quell'istante, Rickard assistette a un evento che non seppe definire se non inconcepibile.
Non appena terminò la frase, la mano di Karol Clouds era scattata verso di lui, afferrandogli il bavero.
Rickard strabuzzò gli occhi, osservando gli occhi di Karol fissi su di lui e avvertendo il suo respiro sulla pelle.
- P-Prof...!? -
- Due di noi sono morti... e la prima cosa che fai è gettare altri dubbi inutili!? - sbraitò Karol.
- Piantala, Prof! Lasciami...! - si dimenò l'altro - Non puoi ignorare il fatto che possa essere vero...! -
- E' tutta una dannata trappola! Quale improbabile "traditore" piazzerebbe se stesso in un gioco al massacro col rischio di venire ucciso a propria volta!? - perseverò Karol - Quell'orso ha detto un mucchio di sciocchezze per metterci l'uno contro l'altro, e ci state cascando TUTTI! Lo volete capire O NO!? -
- KAROL! - Rickard lo spintonò via di forza.
I due rimasero a fissarsi per alcuni istanti.
Karol riprese momentaneamente fiato. La mano destra gli stava ancora tremando, come se la morsa non fosse mai stata interrotta.
Notò il proprio battito irregolare e il respiro affannato. Ma, più di ogni altra cosa, notò come Rickard stesse trattenendo a stento alcune lacrime.
- R-Rickard...? Io... -
- Io voglio solo tornare a casa, Karol... - singhiozzò il doppiatore - Nient'altro che questo...! -
Karol si coprì il volto dalla vergogna.
- Cielo, io... non so cosa mi sia preso... - mormorò debolmente l'Ultimate Teacher - Deve essermi dato di volta il cervello... Scusami, Rickard. Dico davvero... -
- Va tutto bene, ma adesso fa un bel respiro. Ok? -
L'altro prese il consiglio alla lettera e iniziò a tirare lunghe e profonde boccate d'aria.
- Aah... non mi accadeva da tempo - osservò Karol - Dev'essere questa dannata atmosfera a farmi andare di matto -
- Eh? E' già accaduto? -
Karol si bloccò per un istante.
- Sì... sì, è successo altre volte -
- Non riuscirei mai a figurarmelo - annuì Rickard - Cioè, magari adesso una mezza idea ce l'avrei, ma... -
- Ti scongiuro, non farne parola con gli altri - lo supplicò - Non vorrei che vedessero la parte di me che ho tentato di reprimere per tutto questo tempo... -
Rickard si massaggiò il capo.
- E' un sentimento... che comprendo bene - lo confortò lui - Anche io ho fatto cose di cui non vado fiero, sai? -
- E chi non ne ha fatte? -
I due sembravano aver finalmente trovato la calma. Si godettero un po' di sano e tranquillo silenzio prima che intervenisse il cigolio di una porta.
Si voltarono entrambi di spalle: Hillary Dedalus era appena uscita dalla stanza, vacillando sensibilmente.
- Va tutto bene? - fece Karol - Hai bisogno di stenderti un po'? -
- No. Affatto - rispose lei, secca - Che ore sono? -
Rickard diede una rapida occhiata.
- Quasi l'una -
- Abbiamo ancora un po' di tempo, allora -
- Cosa intendi fare, Hillary? - chiese Karol, ansioso.
Lei assunse un'aria irritata.
- Indagare, che altro!? Lawrence e Vivian sono stati uccisi, ricordate!? - sbottò lei - E sono certa che c'è un posto che ancora nessuno ha controllato -
Rickard e Karol si scambiarono un'occhiata di dubbio.
- A cosa ti riferisci? - domandarono all'unisono.
- Alla stanza numero cinque -
Gli occhi del terzetto vagarono in direzione del numero disegnato sulla porta dall'altro lato del piazzale.
- "Cinque"? - Rickard fece uno sforzo mentale - Oh! La stanza di... Lawrence? -
- Potrebbero esserci degli indizi utili - disse, avviandosi verso di essa.
- Cosa ti fa credere che troveremo qualcosa, lì? -
Hillary si fermò di scatto.
- Per come la vedo io, le opzioni sono due - sollevò due dita verso l'alto - La prima è che qualcuno li abbia uccisi entrambi -
- Ok, plausibile - annuì Rickard - E la seconda immagino sia... -
- ...che Lawence abbia ammazzato Vivian. Ecco tutto -
Karol deglutì.
- Una situazione piuttosto specifica... -
- Ma non credi che potrebbero essersi... beh, come dire... - Rickard trovò le parole - Vicendevolmente... -
- Stai forse... - Hillary ricambiò con uno sguardo di morte - Stai forse insinuando che Vivian abbia assassinato qualcuno!? E' questo che intendi!? -
L'Ultimate Voice Actor, captato il pericolo, indietreggiò saggiamente.
- N-no... non mi permetterei mai... - sospirò.
- Ottimo. Allora sarà il caso di dare un'occhiata in camera sua -
- Va bene, ti accompagneremo - si arrese Karol - Ma per farlo avremo bisogno della chiave, no? -
- Nessun problema - fece scivolare la mano in tasca e ne estrasse una chiave marchiata col numero "5" - Gliela ho sfilata prima che mi portaste via di peso -
Gli altri due trasecolarono.
- C-CHE!? Ma che ti salta in mente!? - gridò Rickard - Era sulla scena del crimine! Non puoi prenderla a tuo piacimento! -
- Abbiamo appena un quarto d'ora di tempo - rispose lei, ignorandolo - Se fossimo tornati indietro a prenderla ci sarebbe voluto troppo. Allora? Venite o no? -
Karol e Rickard, seppur colmi di disapprovazione, non poterono far altro che seguirla.
La chiave girò perfettamente nella serratura, e la porta si aprì con un suono metallico.
Ciò che intravidero all'interno fu qualcosa che superò di gran lunga le aspettative del gruppo.
I tre si fermarono ad ammirare la scena: la stanza di Lawrence era completamente cosparsa di fogli di carta.
Erano ovunque, quasi da ogni parte, persino rovesciati sul pavimento. Un caos e un disordine disumani regnavano sovrani nella stanza dell'Ultimate Musician.
- W-wow... - commentò Rickard - Impressionante... -
- Che macello - Karol si guardò attorno - Cos'è tutta questa carta? -
Hillary prese in mano un foglio solitario da terra.
- Sono... spartiti - fu il suo responso.
- Spartiti musicali, intendi? Beh, ok, non mi sorprende che ve ne sia un numero elevato in camera di Lawrence, ma così è davvero troppo...! - si lamentò Rickard.
- Controlliamo tutto; non lasciamoci sfuggire nulla - ordinò loro Hillary, determinata più che mai - Potremmo scoprire qualcosa di importante -
Cominciò così l'estenuante ricerca del terzetto in mezzo al bailamme messo su dal compagno caduto.
I minuti trascorsero rapidamente tra fogli svolazzanti e profumo di carta stampata.
Ad un certo punto, Rickard Falls riuscì a vedere spartiti musicali persino lì dove non c'erano.
Karol Clouds, invece, scavando in una pila di fogli con buona lena, mise gli occhi su qualcosa che catturò il suo interesse.
Un minuscolo plico di spartiti era stato, a differenza degli altri fogli vaganti, rilegato e unito in un unico fascicolo.
Sbirciò rapidamente tra le pagine, apparentemente tenute insieme con gran cura.
Notò alcune annotazioni scritte a mano dall'autore stesso. La firma di Lawrence Grace era bene in evidenza sul retro.
Ma ciò che catturò la sua attenzione fu altro: una piccola scritta a inizio paragrafo che, nel momento in cui la vide, decise di nascondere alla vista di Hillary.
Prese il fascicolo e lo nascose tra le vesti, accertandosi di non essere visto.
"Questo spartito potrebbe essere una prova fondamentale..." pensò "Per il momento sarà meglio tenerlo per me..."
L'Ultimate Teacher tornò alla propria ricerca facendo finta di niente.
Nel frattempo, le lancette degli orologi della scuola ticchettavano inesorabilmente in senso orario.
 

   
 
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