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Autore: Luana89    18/09/2017    1 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Sepolto sotto strati di coperte, ad occhi chiusi e labbra serrate, Nicholas continuava a rivedere le scene di due notti prima a rallentatore, come un film muto e senza colori, in un loop infinito. Si mosse appena serrando con forza le palpebre, era stato un vero imbecille a pensare di poter sfidare Christopher a quel gioco, non quando l’altro a differenza sua teneva le briglie immaginarie di quella partita. Non quando l’altro riusciva ad ammettere cose che lui soffocava dentro dolorosamente. Ricordava con spaventosa vividezza il sapore della sua lingua sulla propria, un misto d’alcool e di quel suo sapore così particolare da restarti incastrato dentro. Il bacio con Rebecca totalmente cancellato, come se non fosse mai esistito, aveva ricevuto alcuni messaggi dalla ragazza ma francamente la sua dignità era stata talmente calpestata che risponderle veniva alquanto difficoltoso.
Un sordo bussare alla porta lo fece mugugnare, non rispose sperando fosse la vecchia Cassandra, ma la porta si aprì e richiuse silenziosamente.
«C’è odore di depressione qui dentro.» La voce profonda di Thomas lo fece drizzare immediatamente, scostò le coperte fissando l’amico con occhi sorpresi.
«Non sei andato a scuola?» Il cenno di diniego fu la risposta dell’altro.
«Tu perché sei moribondo sul letto?» Nicholas si ritrasse appena, avrebbe voluto raccontargli tutto ma dubitava fosse una buona idea quella, anzi.
«Un po’ di febbre, niente di che.» Il tono debole e il colorito malaticcio avvalorarono quella tesi rendendola credibile agli occhi dell’amico che si sedette sulla sedia di fianco la scrivania, muovendola appena col proprio peso.
«Chi è quella strega in casa tua?» Indicò la porta adesso chiusa e Nicholas rise per la prima volta dopo due giorni.
«Cassandra? Abita qui di fianco, alle volte aiuta mamma con le pulizie, le è affezionata.» La donna in questione aveva un’età compresa tra i 70 e i non pervenuti, abbastanza eccentrica nel modo di vestire con quegli abiti lunghi e pieni di pailette, e la passione per i fondi di caffè. Lei li leggeva, diceva di riuscire a predire il futuro; due anni prima leggendo quella di Nicholas si era rivolta alla madre dicendole ‘’la persona che tuo figlio porterà nel cuore ti lascerà decisamente senza parole’’. Ricordava che per poco non era svenuto per la paura che la vecchia dicesse altro, non che credesse sul serio sapesse leggere il futuro e altre stronzate, semplicemente aveva notato come Nicholas probabilmente (non) guardava sua nipote Marissa, una bellissima ragazza nativa di Detroit, e aveva sommato il resto traendone le proprie convinzioni. Una cialtrona pericolosa in pratica, anche se simpatica. 
«Mi fissa come se volesse..»
«Leggerti il fondo del caffè?» Nicholas finì la frase per lui con un sorrisino.
«Era più un ‘’come se volesse spogliarmi’’, ma anche la tua tesi non è male.» Risero entrambi divertiti, supponeva quell’ipotesi non fosse poi così falsa, Cassandra aveva un debole per i bei ragazzi, aveva perso il conto di tutte le volte in cui a lui aveva palpato le natiche.
«Sii felice, vuol dire che hai fatto colpo. E finché non prova a toccarti il sedere, sei salvo.» Roteò gli occhi e l’amico mise su un’espressione di raccapriccio così convincente da farlo ridere ancora.
«Ero preoccupato per te, sabato sei uscito con Rebecca e non hai fatto sapere più nulla, Jeremy inizia a delirare per la tua mancanza.» La mano si mosse in aria in maniera annoiata.
«Stavo meditando.» Non trovò nulla di meglio da dire, e non riuscì a racimolare un sorriso abbastanza convincente per evitare le sue domande.
«Meditando su cosa?»
«Se mi sia piaciuto o meno, sai mi ha baciato.» Nicholas scandì bene quelle parole, evitando di fissare l’espressione di biasimo dell’altro, omettendo di dire che avrebbe dovuto scegliere tra due baci. Cosa comunque inutile, lui sapeva bene quale in fondo avesse vinto. Aveva come la strisciante convinzione di essersela cercata, Christopher manipolava e lui lo agevolava alla grande.
«Oh.» Thomas lo fissò con le labbra strette. «Allora dopo aver compreso, ci dirai il verdetto?»
«Ovvio..» la voce uscì nuovamente malaticcia, era sicuro di essere ripiombato nel pieno delle sue nevrosi.
 
 
Le dita scivolarono con destrezza sulla cartina, la lingua leccò il bordo chiudendola magistralmente. L’accendino scattò una volta e Christopher diede un lungo tiro rilasciandolo poi con un sospiro soddisfatto.
«Adoro il Marocco.» L’odore di erba si disperse nell’aria, passò la canna a Evan che dal canto suo stava chino su dei libri dall’aria complessa.
«Non sarò mai pronto per l’esame di giovedì, sono semplicemente fottuto.» Uno sbuffo unito al fumo, la sigaretta veniva passata tra le loro mani come un giocattolo usato.
«Abbiamo un esame anche noi, sai nella scuola dei plebei.» Christopher si esibì in una smorfia altezzosa. «Ma non ricordo quando.»
«Non che abbia molta importanza, lo passerai a pieni voti. Come sempre del resto.» Vi era un lieve tono d’accusa e invidia nelle parole del moretto che lo fece ridere.
«Probabilmente si.» Scrollò le spalle con indolenza, la modestia non era mai stata il suo forte. «Vedi di finire entro le nove, ho organizzato una partita a poker e non voglio che i miei ospiti ti vedano in queste condizioni pietose.» Calcò sull’ultima parola indicando la divisa spiegazzata e le occhiaie sotto gli occhi nocciola di Evan che richiuse il libro con un tonfo.
«Affanculo lo studio.»
«Finalmente qualcosa di sensato, sono fiero di te biscottino.» Christopher sorrise sterile aspirando il fumo acre e potente, chiudendo gli occhi come in estasi.
 

 
***
 
Jeremy tirò i bordi della maglia nera sulle mani guardandosi intorno. «Hanno detto che la festa è qui?» Fissò gli altri due con sguardo interrogativo.
«A me sono arrivate queste coordinate sul cellulare.» Thomas indicò l’apparecchio sulla propria mano, un invito sconosciuto che però aveva attirato praticamente metà studenti del proprio liceo. Nicholas giocherellò coi bottoni della propria camicia in denim fissando il quartiere, Soho non era male per niente anzi a lui piaceva.
«Nessuno dei nostri ha mai organizzato roba simile, mi sembra assurdo.» Il punto era proprio questo, tutti e tre temevano un po’ di scoprire l’artefice di quella da tutti descritta come ‘’la festa del mese’’, ma d’altro canto avevano pur sempre diciassette anni e troppa voglia di vivere e divertirsi per rifiutare un invito così allettante. Il portone era aperto, alcuni ragazzi più o meno conosciuti stavano già imbucandosi, e i tre li seguirono a ruota in modo tale da non essere notati troppo.
«Pensate ci sarà Rebecca??» Jeremy era quasi più eccitato di Nicholas all’idea di rivederla, il che faceva presupporre quanto la confusione del ragazzo non si fosse diradata (o forse si??). La ragazza però non aveva più chiamato, anzi era scomparsa da circa tre giorni, che si fosse stancata? Di certo Nicholas non poteva biasimarla per questo. Quale coglione non richiama dopo un bacio?
La musica era udibile già dal piano inferiore, gettarono uno sguardo di sopra vedendo la porta aperta e un gruppetto di gente con bicchieri in mano, si fissarono l’un l’altro varcando infine la soglia. L’appartamento era arredato in maniera eccentrica, i mobili parecchio lussuosi facevano pensare che chiunque lo possedesse non avesse di certo il pensiero su come pagare le bollette a fine mese. Nicholas puntò il tavolo degli alcolici seguito a ruota dagli altri due, alcuni bicchieri dal colore familiare lo indussero ad afferrarne uno e assaggiarlo. Riconobbe immediatamente il sapore, era lo stesso drink bevuto quella famosa notte all’Insomnia e lo sgomento divenne palese nel suo viso.
«Qualcosa non va?» Thomas si sporse preoccupato.
«No, no.» Nicholas scosse il capo sorridendo mesto, aveva la vaga impressione di essersi cacciato nell’ennesimo guaio. Un ragazzo gli passò davanti barcollando, riconobbe in lui un suo compagno di scuola e questo servì mediamente da calmante, quantomeno aveva visi conosciuti alla quale aggrapparsi. Anche se sbronzi.
Riuscirono a rilassarsi quanto bastava per godersi gran parte della serata senza intoppi, Nicholas iniziò persino ad apprezzare la musica e gli strani tipi che intravedeva, gente che non aveva mai visto ma dal chiaro status sociale elevato. Non che il suo non lo fosse, sua madre guadagnava abbastanza da permettere ad entrambi una vita agiata, ma non era una mondana e quindi si era sempre mantenuta ai margini di quel mondo sfarzoso. Thomas si irrigidì attirando la sua attenzione, seguì allarmato il suo sguardo che si posò su un ragazzo alto, occhiali da vista dalla montatura ricercata, capelli corvini e un’aria familiare che non seppe classificare, abbastanza attraente nel complesso. Lo sconosciuto fissò prima lui e poi il corridoio alla sua sinistra, a Nicholas sembrò quasi un messaggio in codice da decifrare. Guardò di rimando in quella direzione e vi si incamminò senza neppure avvisare gli altri; vi erano porte chiuse tranne una, l’ultima, dalla quale usciva una striscia di luce che tingeva il pavimento buio. Una risata familiare e femminile, aggrottò la fronte aprendo la porta e ciò che vide lo lasciò letteralmente senza parole. Rebecca seduta su un divanetto, un vestito succinto e le gambe accavallate mentre imboccava d’uva Christopher accanto a lei.
«Non ci posso credere.» La sua voce sembrò provenire da un barile vuoto e atono. I due lo fissarono e se Rebecca sembrò in difficoltà, il Diavolo (così chiamato ufficialmente dal trio) invece restò calmo e composto.
«Evan è sempre uno stronzetto sadico ed efficiente.» Quindi quel tipo gli aveva indicato di proposito il corridoio? Ricordò la storia di Thomas e la rabbia prese possesso del suo corpo.
«Lo hai fatto di proposito? Farti trovare qui con lei? Proprio come hai fatto con Thomas.» Christopher mostrò per la prima volta una punta di sorpresa, forse non si aspettava che sapesse la storia. Si riprese quasi subito masticando lentamente l’uva.
«Beh, la ragazza è uguale solo che all’epoca portava i capelli ..rossi? Non ricordo fiorellino, erano rossi?» Fissò Rebecca che aveva perso lo sguardo di disagio e adesso sembrava sicura di se.
«Si, pensavo Thomas mi avrebbe riconosciuta, e invece..» si fissò le unghie e sembrò quasi delusa. I suoi occhi nocciola tornarono a posarsi su di lui e poi su qualcosa oltre la porta, Nicholas si girò incrociando quelli sbigottiti dell’amico.
«Il lupo perde il pelo ma non il vizio.» Il tono sdegnoso di Thomas fece ridere Christopher che si schermì con le mani.
«A dirla tutta no. Sono stato io a mandare Rebecca da Nicholas, o pensi sul serio lei ti avesse notato?» I due ragazzi restarono impietriti sul posto. «Volevo solo confermare la mia teoria, ricordi cosa dicesti all’Insomnia?» Nicholas evitò accuratamente di fissare Thomas ignaro delle sue scorribande notturne. «Dicesti che ti piacevano le ragazze, e credimi ..nessun etero resiste a Rebecca Cooper.» Cooper? A quel cognome entrambi mossero un passo nella stanza e un’altra voce si unì al coro.
«Mia sorella è un’ammaliatrice nata.» Evan ritto dietro di loro, le mani in tasca e gli occhi fissi su Thomas che dal canto suo sembrava esplodere di rabbia.
«Sei viscido. Hai mandato lei da me per confutare le tue stupidissime tesi? Anche se fosse così, anche se davvero io non provassi interesse per le ragazze ..non proverei comunque interesse per te.» Nicholas parlò con tono calmo, le iridi luccicavano di rabbia.
«In realtà il bacio non era programmato, ma eri così bellino, non ho resistito.» Rebecca scrollò le spalle con innocenza e Christopher roteò gli occhi con disappunto, era evidente quella parte del piano non gli fosse piaciuta.
«Ne sei sicuro? Non mi risulta sai? All’Insomnia dopo il vostro bacio..» Nicholas lo stoppò prima che potesse finire, il cuore gli batteva all’impazzata.
«ZITTO. Sei solo un bastardo.»
«Mi dispiace rovinare l’atmosfera idilliaca, ma la polizia sarà qui a momenti.» La voce di Evan sembrò udibile solo a Rebecca che si alzò avviandosi alla porta, non prima di aver lanciato un bacio in direzione di Nicholas.
«Se può consolarti..» Fissò Thomas. «Io e lui non siamo mai andati a letto insieme.» Il ragazzo sbiancò appena mandando giù il groppo, e Nicholas provò pietà per lui. E pietà anche per se stesso. Tornò a fissare l’artefice di tutto che continuava a sorridere divertito come se niente potesse scalfirlo, mosse un altro passo in avanti sollevando le maniche della camicia.
«Vuoi picchiarmi?» Christopher sembrava affascinato all’idea, si alzò andandogli incontro e quando il primo pugno sferzò l’aria diretto verso di se lo schivò con destrezza bloccandogli il braccio che strattonò con ferocia. Nicholas strinse i denti per non urlare di dolore.
«Adoro i ragazzi combattivi.» Thomas disse qualcosa ma nessuno dei due sembrava in grado di sentirlo, gli occhi e le orecchie, tutto il loro intero corpo, erano proiettati l’uno verso l’altro.
«Ti riduco in pezzetti talmente piccoli da farci un puzzle per veri esperti.» Mosse il ginocchio velocemente centrando l’addome di Christopher che si piegò con un mugugno e una risata soffocata.
«Sei così aggressivo anche a letto?» Sollevò il viso, gli occhi lucidi mentre fissava la mano dell’altro chiudersi a  pugno.
«RAGAZZI.» Nicholas si bloccò, Jeremy sulla soglia sembrava parecchio affannato. «C’è..» non riuscì a finire, un forte frastuono prima della comparsa di alcuni uomini in divisa: la polizia era lì.
 
 
L’anello di Christopher sbatté contro le sbarre, in un’unica cella vi erano richiusi lui, Nicholas, Thomas e Jeremy che continuava a borbottare imprecazioni in una lingua sconosciuta.
«Solitamente vado via prima, ma Karate Kid ha pensato bene di sfidarmi.» Fissò il biondino che chinò lo sguardo sulle proprie scarpe, non era il caso di sentirsi in colpa ma in qualche modo quell’essere immondo riusciva a farsi ragione laddove sembrava impossibile. Christopher prese posto sulla brandina, si stese mollemente su un fianco sollevandosi col gomito a fissare Nicholas seduto nel medesimo posto.
«Smettila di fissarmi, siamo qui per colpa tua.»
«Tecnicamente no. Nessuno vi ha obbligati a venire alla mia festa.» Non aveva tutti i torti.
«Ma per cortesia, hai spedito gli inviti proprio per vederci arrivare.» Thomas lo fissò rabbioso e Jeremy accanto a lui sorrise trionfante.
«Il fatto che facciate sempre ciò che mi aspetto, rende voi degli idioti e me un piccolo genio. A prescindere da ciò.. Pocahontas e Anna dai capelli rossi, potreste gentilmente tacere? L’emicrania mi uccide.
»
«Stammi bene a sentire, figlio della merda.» Jeremy attaccò senza mezzi termini sollevandosi su un ginocchio, ma Thomas lo bloccò scuotendo il capo.
«Hai del fegato Jason, lo devo ammettere.»
«Mi chiamo Jeremy.» Era così snervante e avvilente stare accanto a un essere simile.
«Vogliamo fare un gioco? Obbligo o verità?» Christopher sorrise insinuante, e Nicholas capì che aveva in mente un altro tranello.
«No.»
«Perché? Hai qualcosa da nascondere?» Lo fissò suadente, un bagliore pericoloso nelle iridi azzurre.
«Okay, iniziamo da te però.» Thomas salvò l’amico in calcio d’angolo, o forse pensava solo al suo tornaconto momentaneo. «Obbligo o verità Chris?» Il diminutivo infastidì Nicholas.
«In vino veritas. E io ne ho bevuto parecchio.» Sbadigliò annoiato fissando l’ex fidanzato senza alcun interesse particolare.
«Hai chiesto tu a Cooper di baciarmi, quella notte, in Inghilterra?» Jeremy cadde dalla sua posizione sbattendo il culo sul pavimento freddo.
«Hai baciato Rebecca?? Ma questa limona tutti tranne me?» Nicholas lo fissò sgomento, solo lui non sapeva che Evan portava lo stesso cognome e Thomas aveva scelto di proposito le parole giuste. Aveva quindi mentito quel pomeriggio? Non aveva mai parlato di nessun bacio con Evan.
«Non gliel’ho chiesto io, anzi a dirla tutta lo scopro in questo preciso istante.» Christopher inarcò un sopracciglio, non sembrava infastidito ed era evidente stesse dicendo la verità. Nicholas spalancò la bocca provando a dire qualcosa di intelligente ma fissando l’espressione attonita di Thomas non gli venne in mente nulla e quindi preferì tacere.
«Tocca a me?» Christopher sembrò nuovamente pieno di energie mentre fissava l’oggetto dei suoi desideri. «Obbligo o verità, Nicholas McClair?» Aveva un modo di dire quel nome da far rabbrividire il soggetto in questione. Nicholas restò in silenzio a pensare, temeva un suo possibile obbligo. E se gli avesse proposto qualcosa di assurdo? C’era Jeremy lì davanti, non poteva rischiare.
«Verità..» fu un sussurro strozzato e agonizzante.
«Dicci, mio bellissimo baccello, l’ultima persona con la quale hai dormito.» Il silenzio calò nella cella, il viso di Nicholas divenne bianco mentre sentiva il cappio stringersi al suo collo. I suoi occhi corsero a Thomas che lo fissava confuso, Jeremy invece fissava Christopher con un’espressione assurda.
«Ti sei bruciato una domanda inutilmente, idiota. Nicholas non ha mai fatto sesso.. credo.» Il rosso sembrò titubante solo all’ultimo, forse per salvare la dignità dell’amico ancora vergine.
«Ho detto ‘’dormire’’, non altro.» Christopher sorrise con innocenza e Nicholas sembrò avere un attacco d’asma.
«Io..» un rumore sordo li interruppe facendo sospirare insoddisfatto l’altro mentre il viso di Evan appariva da dietro le sbarre.
«Sei arrivato al momento sbagliato per tirarmi fuori.» Il ragazzo sorrise divertito.
«Non sono venuto a tirare fuori te, ma lui.» Indicò Thomas che dal canto suo sembrò il più sorpreso di tutti.
«Quante verità in questa notte stellata.» La voce musicale di Christopher si frappose al cigolio della cella aperta. Thomas uscì mostrandosi impacciato e diffidente, Evan gli indicò la porta salutando gli altri con un cenno della mano.
«Tuo padre ha detto che una notte in cella è proprio quello che ci vuole.» Furono le sue ultime parole per l’amico prima di andare via.
Jeremy fu il secondo a uscire, dentro l’angusto spazio non volava una mosca ma gli sguardi parlavano da soli. Quando andò via fissò un’ultima volta Nicholas con riluttanza, come se lo stesse abbandonando nella gabbia del leone affamato e digiuno.
«Devo dirti qualcosa, e spero sia l’ultima volta in cui avrò il dispiacere di parlarti.» Il tono di Nicholas apparve talmente risoluto da far spianare la fronte dell’altro che lo incitò a continuare senza dire nulla. «Sei una persona meschina, forse la tua vita è parecchio triste, vuota e arida ed è per questo che la riempi del dolore altrui. Provi piacere a umiliare gli altri, a manipolarli.» Gli occhi di Christopher divennero taglienti come rasoi, l’azzurro incupito tanto da apparire grigio.
«Fossi in te mi fermerei, sento che stai scivolando in terreni a te sconosciuti.» Un solo avvertimento che però non venne ascoltato.
«Hai avuto tutto dalla vita, hai la fortuna di poter mostrare chi sei e ciò che vuoi senza rimpianti, e per questo ti senti in diritto di prevaricare chi come me è insicuro e impaurito. Probabilmente non sai cosa voglia dire lottare per l’approvazione di tua madre.»
«DEVI STARE ZITTO, NICHOLAS.» Da che ne avesse memoria era la prima volta che lo sentiva urlare, lo guardò e vide il fuoco nei suoi occhi. Non era più steso ma seduto, i muscoli in tensione sotto la camicia bianca e linda adesso sbottonata.
«Perché? Fa male? Beh, notizia del giorno Christopher Underwood, anche tu ferisci la gente.» Strinse i pugni sentendosi tremare.
«McClair, puoi uscire.» La guardia fece tintinnare le chiavi.
«Non voglio più rivederti,  stai lontano da me e dai miei amici. Le nostre vite si separano qui.»
«Forse hai fatto male i tuoi calcoli, come sempre mio piccolo fiore.» Christopher adesso rideva. Una risata che faceva accapponare la pelle. La cella si aprì.
«Stammi lontano.» La voce piena di tensione, le spalle rigide si voltarono verso l’uscita.
«Vorrei.» Il tono uscì carico di menzogna, quasi lamentoso. «Ma forse accontentarti sarà difficile.» Nicholas aggrottò la fronte fissandolo, era un altro dei suoi sporchi giochini ne era sicuro.
«Vuoi stare qui tutta la notte? Lo dico a tua madre se vuoi.» Il tono acido della guardia spezzò quel momento. Si voltò definitivamente lasciando in quella cella l’eco delle sue accuse e un Christopher adesso solo.
 
Rovistò nella tasca estraendo le cuffie che inserì al cellulare iniziando a sfogliare tra le canzoni che ormai riempivano la memoria. Steso su quella brandina sentiva come se il mondo non esistesse, come se tutto fosse imploso e lui fosse l’unico superstite. Lui e la sentinella maleodorante.
«Dovrò farmi un bagno con l’acqua santa una volta uscito da qui.» Parlò a voce abbastanza alta da essere udito..
«Attento, a contatto col tuo corpo potrebbe divenire incandescente come acido.» Aveva perso il conto della gente che lo paragonava a Satana. Non che gli importasse davvero, per lui era essenziale un’unica opinione. Quella che cercava e ricercava con insistenza in quell’appartamento che ormai non era più suo. Chiuse gli occhi rivedendosi bambino, quella mattina pioveva ma lui si rifiutava di starsene in casa a giocare in maniera noiosa, forse se non fosse uscito quel giorno.. Due grossi fanali apparirono nel buio facendogli spalancare gli occhi, era sudato e probabilmente si era addormentato senza rendersene conto. Al cellulare le ultime note di ‘’Renegades’’.
 
«it’s our time to make a move
it’s our time to make amends
it’s our time to break the rules
let’s begin…»
 
Le parole di Nicholas nella sua mente si mischiarono a quelle della canzone.
 
 
  
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