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Autore: Tigre Rossa    18/09/2017    9 recensioni
“Sono venuto a prendere qualcosa che mi appartiene. O, per meglio dire, qualcuno. Siete voi il tutore della maestra Tigre, no?”
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Non si può fuggire dal proprio passato, per quanto oscuro possa essere. E quando quello di Tigre torna a reclamarla nella figura misteriosa e crudele di Shang Chiang, la giovane maestra è costretta ad abbandonare ogni sua certezza per un lungo viaggio verso l'Est e verso le sue origini. Un viaggio che dovrà affrontare solo con la guida di un paio di occhi di giada e il ricordo evanescente di un sacrificio coraggioso. Un viaggio da cui potrebbe non tornare.
TiPo- Non tiene conto degli avvenimenti di Kfp3
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Po, Shifu, Tigre
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 35 – Fiore proibito Prima parte

 


 

 

Quando ami qualcuno, questo qualcuno diventa parte di ciò che sei. E’ in tutto quello che fai. E’ nell’aria che respiri, nell’acqua che bevi, nel sangue che ti scorre nelle vene.

Il suo tocco ti resta sulla pelle, la sua voce ti resta nelle orecchie, i suoi pensieri ti restano nella mente.

Conosci i suoi sogni perché quelli brutti ti trafiggono il cuore e quelli belli sono anche i tuoi.

E non pensi che sia perfetto, ma conosci i suoi difetti, la verità profonda dentro al suo cuore, le ombre di tutti i suoi segreti, che però non ti spaventano: anzi, te lo fanno amare ancora di più, perché tu non vuoi la perfezione.

Vuoi quella persona.

- Signora della Mezzanotte

 

 

“La vita non è un castello di cristallo

e non verrà nessun eroe a dorso d’un cavallo

siamo fiori di loto in acque impetuose

avvolte da ombre oscure e impietose

costrette a sopportare fino alla morte

e a dover accettare la più crudele sorte”

 

Nella stanza buia tutto era in silenzio, tranne per una voce dolce che cantava piano, come se temesse di essere udita. Continuava a cullarla tra le braccia, avvolta dall’ombra, come se non contasse altro, in quel momento, se non loro e quella melodia sussurrata nella notte.

“Ce ne andremo via, lontano.”

Furono queste le parole della voce gentile, parole forti, decise, che sapevano di promesse e di giuramento.

Un momento di silenzio ed un’altra voce, bassa, esitante, si fece spazio nell’oscurità “Sei sicura? Davvero sicura?”

“Sì. So che non sarà facile, so che rischieremo tanto, ma dobbiamo farlo. Voglio che mia figlia possa vivere una vita serena, una vita sua. Voglio che abbia tutto quello che io non ho potuto ottenere.” Una carezza delicata le sfiorò la guancia, in un gesto sconosciuto eppure familiare allo stesso tempo ”Ed anche noi ci meritiamo un futuro migliore. Un posto dove non essere schiave, ma persone libere e reali. Un posto dove poter vivere in pace e lontane da queste catene, e dove insegnarle come spezzarle.”

Dopo quelle parole, la voce dolce riprese il canto, stringendola più vicina al suo cuore colmo di battiti e di speranza.

 

“E’ difficile, lo so, ma bambina

tu devi essere la tua stessa eroina

non farti dominare, né spezzare

sii forte e fai sempre brillare

la luce che loro vogliono rubare”

 

“Dobbiamo partire, Mei Te.”

Era affaticata, la voce dolce. Affaticata, stanca e spaventata. Non l’aveva mai sentita così spaventata. Era tutto avvolto nella nebbia, ma riuscì comunque a vedere nei suoi occhi di fuoco il riflesso dei propri timori, delle esitazioni, degli incubi che non volevano abbandonare le sue notti e la sua anima.

La voce bassa se ne rese subito conto. Lei si rendeva sempre conto di tutto, e anche questa volta le ci volle meno di un respiro per capire.

“Lo so, ma sei ancora troppo debole. Dobbiamo aspettare.”

“Non possiamo aspettare. Stiamo solo sprecando tempo, qui.”

C’era durezza nel suo tono, una durezza che spaventò lei, ma non la giovane dalla voce bassa.

“Non stiamo sprecando tempo. Non possiamo partire con te ridotta in queste condizioni. Se tu morissi lungo la strada, cosa pensi che accadrebbe? Lasceresti tua figlia da sola al mondo. Sola, in mezzo ad ombre pronte a ghermirla. E non puoi permettere che una cosa del genere accada. Ha bisogno di te, e lo sai.” ribatté, con una sicurezza ed una serietà tali che fecero sobbalzare e tremare per un attimo gli occhi di fuoco dell’altra, per poi strapparle dopo qualche momento di silenzio un piccolo sorriso dal volto pallido.

“Non morirò. E anche se dovesse succedere, lei avrà te.”

La rassicurò la voce dolce, per poi stringerla in un abbraccio inaspettato, un abbraccio che sapeva di affetto, amicizia, lealtà.

Gli occhi di ghiaccio dell’altra, stupiti ed increduli, si riempirono di lacrime e tutto quello che riuscì a fare fu chiuderli e lasciarsi andare a quell’abbraccio che mai avrebbe pensato di meritare e, soprattutto, di ricevere.

 “Oh, Yong . . . “

L’ultimo, prima della fine.

 

“Anche nel buio, io ti amerò

e da tutto ti proteggerò

veglierò su di te

sacrificando me

anche quando paura avrai

non ti abbandonerò mai”

 

Un urlo attraversò l’aria, cancellando ogni cosa, cambiando tutto, per sempre.

Un urlo che non avrebbero mai dovuto sentire.

“Sta arrivando, Yonggang, sta arrivando!”

Passi veloci, porte che sbattevano, battiti accelerati.

Tutto divenne fretta, rosso, sangue, urla e lacrime soffocate, mentre le ultime parole della ninna nanna restavano sospese nel vento urlante, preghiere mai ascoltate da Dei freddi quanto crudeli.

Dammela, Yonggang.”

Un lampo illuminò la stanza rossa, ma tutto quello che riuscì a vedere furono gli occhi di fuoco, colmi di forza e coraggio, sfidarne un paio di ardente oro fuso.

“Per permetterti di cancellarla come se non fosse mai esistita?” la voce dolce si oppose con forza, combattendo con ogni singola sillaba, decisa a non cedere, a non perdere, non quella voltaMai.”

Grida strazianti attraversarono all’improvviso il cielo e la fecero tremare, stretta contro il petto ansante della giovane dalla voce bassa e dal volto pieno di terrore.

Il suo piccolo cuore, inspiegabilmente, smise per un attimo di battere.

 

“Anche se me ne andrò, in te resterò

guarda nei tuoi occhi, lì io sarò

e nella tua anima, per sempre . . .”

 

La melodia si spezzò, e stavolta per sempre.

 

La guerriera si mise a sedere di scatto, ansimando e con la gola che le faceva male per le lacrime trattenute a stento. Si portò le zampe al petto, sentendo sotto i palmi il battito accelerato e ferito del proprio cuore, mentre le sua pelle bruciava e gli occhi le pizzicavano, incapaci di vedere, troppo oscurati dai frammenti solitari del suo incubo che non volevano svanire.

Una zampa gentile si strinse attorno al suo braccio, facendola sobbalzare, e la ragazza si voltò spaventata verso di essa, nelle orecchie ancora l’eco delle urla e di quella ninna nanna spezzata.

“Tigre, è tutto a posto. Va tutto bene. “ mormorò rassicurante una voce bassa, familiare, riuscendo a strapparla dalla tempesta che la stava travolgendo, seppur per qualche fragile momento.

Sbatté le palpebre, lottando per scacciare quei riflessi che non volevano abbandonarla, e la prima cosa che vide quando sfuggì alle ombre fu il viso preoccupato di Shifu, che brillava in mezzo a quelle tenebre con i suoi luminosi occhi di ghiaccio.

“Baba . . .?” sussurrò quasi senza rendersene conto, tentando di recuperare la voce, che le uscì più spaventata e soffocata di quanto avrebbe voluto.

Il piccolo maestro annuì, accarezzandole delicatamente il braccio in lente carezze “Sono qui. Sei al sicuro.” le disse, tentando di rassicurarla come meglio poteva, incapace di vederla in quelle condizioni.

Tigre respirò profondamente e chiuse gli occhi, cercando di riprendere fiato e controllo di sé.

Un sogno. E’ stato solo un sogno. si ripeté mentalmente, come faceva ogni singola notte, quando finalmente riusciva ad acquisire  un po’ di lucidità ed a rendersi conto della realtà. Solamente un sogno.

Ma non era vero. Non era solo un sogno. E, dentro di sé, lo sapeva fin troppo bene.

La voce di Shifu la raggiunse nuovamente, gentile ma invadente, ripetendo quella domanda a cui non voleva né poteva rispondere, e che temeva più di ogni altra cosa “Cos’hai sognato?”.

A quelle parole, si costrinse a rinchiudere nell’angolo più nascosto della propria anima i fantasmi che continuavano a urlare e quella melodia che non sarebbe mai stata completata, lottando contro quel terrore antico dalle radici fatte d’ombra. Quando finalmente riaprì gli occhi, il suo volto era vuoto, privo di emozioni e sentimenti, protetto da quella maschera che si era costruita negli anni e che ormai riusciva ad indossare con una facilità ed un’abilità disarmante.

“Nulla.” rispose, il tono freddo e piatto di chi non ha niente da dire, perché tutto è andato perduto tanto tempo prima.

Il piccolo panda la guardò come se lo avesse appena pugnalato al cuore “Xiao . . . “ mormorò, una parola che era una richiesta, una preghiera, una supplica, mentre i grandi occhi gelidi si colmavano di dolore per l’ennesima volta.

La felina dovette far violenza su se stessa per non cedere, per non abbracciare suo padre più forte che poteva e dirgli tutto senza nascondergli più nulla, come una volta, quando era così piccola da pensare che lui avrebbe potuto proteggerla da tutto. Ma ora era cresciuta e c’erano troppi segreti, troppi pericoli, troppi veli attraverso cui non riusciva ancora a guardare. E fino a quando non ci sarebbe riuscita, non poteva permettersi di trascinarlo con sé nel suo mondo di ombre. Adesso era lei a doverlo proteggere.

“Nulla.” insistette, addolcendo appena la voce “È solo il veleno. Lo sapete.”.

Non convinto, ma incapace di strapparle altro, il maestro dovette limitarsi a sospirare. “Sai che puoi parlarmi di ogni cosa, vero?” chiese, anche se non si aspettava quasi una risposta. Forse se lo meritava. Forse si meritava che lei fosse così riservata con lui, ancora adesso. Non poteva fargliene una colpa. Ma quanto, quanto faceva male.

A Tigre si strinse il cuore, nel vedere quelle ferite aprirsi un’ultima volta, e non poté fare a meno di allungare una zampa per sfiorare la sua in un gesto fugace ma reale. “Sì, maestro.” mormorò, per poi costringersi ad aggiungere l’ennesima, sporca bugia. ”Ma non è nulla. State tranquillo.”.

Quanto faceva male, dover continuare a mentire.

 

~~~~΅΅~~~~


Po si stiracchiò appena, osservando il sole pallido che salutava con i suoi timidi raggi le nuvole e tremando appena mentre il vento frizzante gli sfiorava la pelliccia bianca e nera. Era il primo giorno soleggiato dalla settimana scorsa, quando Tigre gli aveva rivelato la verità su Shen Te, e non poteva fare a meno di sentirsi fiducioso alla vista del sole. Chissà, forse quella giornata appena un poco luminosa avrebbe portato con sé qualche novità, finalmente.

Con uno sbadiglio, chiuse la porticina della piccola capanna dove passava la notte e, senza nemmeno preoccuparsi di mandare giù un boccone di cibo per colazione, fece per andare verso la minuscolo casetta accanto alla sua, dove Tigre passava la notte, controllata dallo sguardo vigile di Shifu.

Non ebbe il tempo di percorrere nemmeno metà strada però, che un’improvvisa zampa nera lo afferrò per il braccio, fermandolo prima che potesse rendersene conto. Il Guerriero Dragone si voltò, i pugni chiusi come se fosse pronto a lottare contro un’orda di nemici, ma la persona che l’aveva fermato era solo un vecchio panda dal volto preoccupato e grandi occhi color giada, esattamente come i propri.

Suo padre.

“Piccolo Loto . . .”

Po si irrigidì appena, ma tutto quello che fece fu strattonare il braccio per sottrarsi a quella presa e distogliere lo sguardo, puntandolo nuovamente sulla piccola casetta a pochi passi da lui. L’ultima cosa che voleva in quel momento era discutere con quell’uomo, ma si era ripromesso di comportarsi in maniera civile, per quanto la rabbia glielo permettesse.

“Come sta?” disse, senza preoccuparsi di specificare di chi stesse parlando. Dopotutto, quella persona era l’unica ragione per cui gli rivolgeva ancora la parola, nonostante il suo fermo proposito di ignorarlo.

Il volto di Li si incupì, ma rispose comunque, da curatore competente qual’era “Meglio. È ancora debole, ma le sue condizioni sono stabili. Può iniziare a muoversi un po’, uscire dal letto, camminare per la stanza. Se riesce a farlo senza complicazioni, tra tre giorni potrà iniziare ad uscire.” spiegò, ripetendo le stesse parole che aveva rivolto al piccolo maestro, appena una decina di minuti prima, durante il controllo mattiniero.

Il guerriero non poté reprimere un sorriso, felice com’era di quella notizia “Perfetto.” commentò, per poi fare appena un passo in avanti “Allora, io vado da lei.”.

“Figliolo, aspetta.” lo fermò il capo villaggio, il volto serio e la voce quasi supplichevole. Po strinse i pugni, ma si costrinse a rimanere dov’era, nonostante avrebbe solamente voluto andare via, lontano, e non dover restare lì un momento di più. Il panda sembrò sorpreso da quel gesto, ma si affrettò a farsi un po’ più vicino al figlio ed a continuare a parlare “Sono quasi sette giorni che continui ad evitarmi, se non per chiedermi di lei, e non riesco a capire il perché.”.

Questo fece scattare il maestro di Kung fu, che si voltò con malcelata urgenza verso di lui, gli occhi di giada che lanciavano lampi di rabbia “Ah, davvero? Non riesci a capire?” ripeté quasi con furiosa ironia, per poi tentare di riprendere, seppur parzialmente, il controllo almeno del suo tono, rendendolo di ghiaccio “Hai insultato Tigre. Hai insultato la mia migliore amica di fronte a me, arrivando quasi a negarle il tuo aiuto. Ecco, il tuo perché.”.

Li Shan parve genuinamente sorpreso, e questo indispettì ancora di più il ragazzo “È per questo?” sussurrò quasi tra sé, per poi scuotere appena la testa, quasi dispiaciuto “Figlio mio, tu devi capire . . .” gli poggiò una zampa sulla spalla, come se fosse un bambino piccolo incapace di comprendere “Forse non lo sai, essendo cresciuto lontano dalla tua gente, ma la realtà è che . . .”

“I panda e le tigri sono nemici.” lo interruppe, non volendolo sentire nuovamente quelle parole, per lui tanto odiose ed insensate “Lo so, me l’ha detto lei stessa. Ed allora? Io e lei non lo siamo.” ribatté, come se fosse la cosa più naturale e semplice del mondo “Noi due siamo cresciuti lontani dalle nostre rispettive famiglie, ci siamo trovati e ci siamo legati. Siamo compagni di avventura e di combattimento, e soprattutto siamo amici.”

Il vecchio lo guardava con fare dubbioso, come se non potesse credere che lui pensasse davvero qualcosa del genere. Poi, fece un piccolo sospiro e gli strinse con più forza la spalla, come se volesse dargli sostegno mentre gli rivelava una crudele verità “Forse lei può essere cresciuta lontano dai suoi simili, può sembrare diversa, ma è e resta sempre una tigre. Una creatura che aspetta solo il momento opportuno per colpire. So che deve essere difficile per te capirlo, ma . . .”

Po si scostò con rabbia da lui, allontanandosi da quel tocco che lo faceva sentire quasi complice di quei giudizi crudeli “No, non mi è difficile. È impossibile. Come puoi dire una cosa del genere su di lei? Non la conosci nemmeno!” esplose, incapace di trattenersi oltre “Il tuo è solo uno stupido e crudele pregiudizio.”

“Pregiudizio?” ripeté con voce strozzata il genitore, come se stesse dicendo la più grande assurdità di tutti i tempi “Come puoi dire una cosa del genere? Tu, Loto, che dovresti capire più di tutti le mie parole. Tu, che porti il nome di un nostro antenato caduto a causa di Lien, una di loro. Tu, che sei sangue del mio sangue.” La sua voce si era tinta di accusa, delusione ed incredulità, e faceva male ascoltarla. Molto più di quanto fosse disposto ad ammettere.

“Non mi importa di quello che è accaduto in passato.” ribatté “Non riguarda né me né Tigre.”

"Sì, invece." fu la gelida, fredda risposta di suo padre, che lo stava guardando come se avesse appena pronunciato la più grande delle eresie "Siamo scappati a Gongmen per sfuggire agli artigli delle tigri, anni fa. Volevano ucciderci tutti in un ultimo, crudele attacco e l'avrebbero fatto se tuo nonno non avesse avuto l'idea di rifugiarci nell'Ovest. E' stato a causa loro, del suo popolo, se siamo finiti tra le grinfie di Shen ed io ho perso tua madre per sempre.". la rabbia nella sua voce e nei suoi occhi andò a sfumare in un dolore sordo, che nonostante tutti gli anni passati non si era attenuato, ma anzi era cresciuto respiro dopo respiro "E non voglio perdere anche te. Soprattutto ora che ti ho ritrovato." sussurrò, sfiorandogli il viso in un timida carezza, a cui il figlio perduto non ebbe la forza di sottrarsi.

Solo quando le sue dita affettuose si furono allontanate dalla propria pelle, il giovane riprese ostinato, seppur con più delicatezza, a parlare “Ma lei non centra con tutto questo. Tigre è innocente e mi è stata vicina quando ho scoperto il mio passato. È quasi morta per me. È la mia migliore amica e mi ha reso quello che sono. Le voglio bene più di chiunque altro al mondo. Non mi farebbe mai del male.” sostenne con forza, certo fino in fondo all’anima di quello che stava dicendo e che la sincerità delle sue parole l’avrebbero convinto, una volta per tutte.

Negli occhi di giada del vecchio, allora, quel dolore scomparve, per lasciare spazio all’esasperazione e al fastidio, ben tangibili anche nella sua voce quando tentò di rimproverarlo, come se fosse solamente un cucciolo in vena di stupidi capricci, incapace di comprendere la realtà delle cose “So che la pensi così, ma lei è una tigre, e io non ho alcuna intenzione di vederti nelle sue zampe, né ora, né mai.”.

Quella durezza, quelle parole, quello sguardo spezzarono anche quel minimo di buona volontà che era rimasta dentro il ragazzo, lasciandogli solamente vuoto. Con un tono rabbioso che somigliava tantissimo ad un ringhio, Po si voltò, dandogli le spalle, e sibilò con una furia che mai avrebbe creduto di avere “Non voglio più sentire nemmeno una parola.”.

Li fece per avvicinarsi a lui e toccarlo nuovamente, confuso dalla sua reazione “Piccolo Loto . . .” lo chiamò piano, e ciò fece letteralmente esplodere il Guerriero Dragone, che si girò verso di lui con gli occhi di giada che bruciavano come non mai, e le sue stesse parole parvero prendere fuoco quando le sputò fuori come se fossero veleno.

“Il mio nome è Po. Po, non Piccolo Loto.” fu la sua risposta, furiosa, ardente, che non lasciava spazio più ad alcuna esitazione “Non sono più il cucciolo che girava con un pupazzetto tra le zampe e viveva sotto una capanna di vetro, bisognoso solo di protezione. Sono un uomo, adesso. Un guerriero.” Si portò una zampa al cuore, come a volergli mostrare dove nascondeva tutte quelle cicatrici collezionate nella sua vita, che lui pretendeva di ignorare come se non esistessero, come se il Po che aveva di fronte non fosse reale e stesse usurpando il posto del suo vero figlio. “Ho lottato, ho sanguinato, ho costruito la mia vita ed il mio destino con le mie zampe. Ho un mio passato e delle mie idee. Ho dei legami che tu non puoi pretendere di spezzare, perché mi hanno reso quello che sono ora. E mi piace la persona che sono, la vita che mi sono costruito e i legami che ho formato. Mi piace essere me, e nessuno può costringermi ad essere qualcun’altro, nemmeno tu.”

Fece ricadere la zampa, senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi che lo guardavano increduli e incapaci di capire “Mi dispiace, ma non posso tornare ad essere il figlio che hai perduto quella notte di tanti anni fa. Quel bambino è morto tra la neve e il sangue, ed al suo posto sono nato io.”

Prese un respiro, prima di pronunciare quelle ultime parole di fuoco che gli stavano bruciando dentro fin da quando aveva scoperto la sua vera identità.

“Po, non Piccolo Loto. Po.” ripeté, prima di voltarsi un’ultima volta sotto i raggi ormai scomparsi di un sole troppo pallido per riscaldarlo veramente e lasciarlo solo, con la consapevolezza di star perdendo suo figlio una seconda volta.

 

~~~~΅΅~~~~


Gru bussò piano alla porta della stanza di Vipera, attendendo paziente una risposta.

Solo quando un placido “Avanti” lo raggiunse, abbassò la maniglia mezza rotta e si affacciò alla piccola stanza, cercando la compagna con lo sguardo.

La serpentella era lì, raggomitolata su quel lurido letto da pochi soldi ad osservare il sole scorrere fuori dalla finestra. I suoi, di solito allegri e pieni di luce, erano persi nel cielo grigio, come se stessero cercando qualcosa di irraggiungibile.

Il guerriero si schiarì appena la voce “Ehi” disse, avvicinandosi alla compagna e fingendo un tono allegro “Di sotto hanno appena servito la colazione. È la stessa grigia e poco allettante poltiglia dei giorni passati, ma è sempre meglio di niente. Gli altri sono già tutti di sotto. Tranne Shang Chiang, ovviamente. Figurati se si fa vedere in giro, quello.”.

Rimase in silenzio per una manciata di secondi, prima di rispondere gentilmente “Ti ringrazio, ma per questa volta passo.”.

Il volatile sospirò e si mise accanto a lei, osservandola con uno sguardo preoccupato “Sei preoccupata per Tigre?” chiese, senza mezzi termini. Quando lui e Scimmia erano stati scoperti a discutere dell’argomento, erano stati costretti a dire ogni cosa agli altri due, seppur contro la loro volontà. Mantide, che non si era accorto di nulla, inizialmente non aveva voluto credere alle loro parole. Vipera, invece, era impallidita, ma non aveva detto nulla. Non c’era stato un gesto di stupore da parte sua, né di confusione; anzi, gli aveva vietato severamente di parlarne ancora, soprattutto quando Shifu sarebbe venuto a trovarli, o nelle vicinanze di Shang Chiang. E, da allora, si era chiusa in un mutismo praticamente completo, e nessuno di loro era riuscita a strapparle nemmeno una sillaba sull’argomento.

Nessuno, tranne Gru.

Vipera esitò, incerta se confidarsi o meno. Alla fine cedette, seppur a malincuore. “Certo che sono preoccupata per lei. Ma non per la ragione che credete voi.”.

L’amico aggrottò la fronte, confuso “In che senso?” insistette, non riuscendo a comprendere.

La maestra si voltò verso di lui, lo sguardo colmo di tensione e di timore a lungo tenuti nascosti per paura che si rivelassero reali. “Voi siete preoccupati che tra loro possa succedere qualcosa. Io so con certezza che sta già succedendo.” ribatté, la voce ferma di chi è ben consapevole delle sue parole “Basta guardarli per capirlo. Il mondo di Po gira intorno a Tigre, il suo cuore batte all’unisono con quello di lei. È la sua musa, la sua maestra, la sua dea. Sarebbe disposto ad ogni cosa per lei, e credo che ne sia consapevole, ormai. Credo che tutti, nonostante avessimo classificato il suo comportamento come una semplice cotta da ammiratore, dolce ma senza senso né futuro, l’avessimo in realtà intuito fin da subito. Ma va bene così, perché Po, da solo, non farebbe mai nulla che possa mettere in pericolo l’onore di Tigre o possa allontanarla dal kung fu. La ama troppo per essere tanto egoista.”

Nonostante tutto, un piccolo sorriso si formò spontaneamente sulle sue labbra, un sorriso intriso di malinconia, che subito svanì quando si costrinse a continuare.

“Il problema è che anche Tigre prova qualcosa per lui. Forse non se n’è ancora resa del tutto conto, ma è così, ed ogni giorno diventa più evidente. È iniziato pian piano, tanto da non suscitare sospetti né in lei né in nessun altro di noi, ma è diventato sempre più forte e chiaro. Qualcosa, nella dolcezza e nella dedizione di Po, l’ha toccata nel profondo. Ha iniziato a cambiare, anzi a tornare ad essere se stessa, quella se stessa che il mondo ha contaminato con il suo veleno, annullandola. Po, forse senza nemmeno sapere come, è capace di riportarla alla vita, di farla nuovamente respirare. Po riesce a far battere di nuovo il suo cuore. E credo che quel cuore, da lungo tempo stretto da catene troppo crudeli per essere sopportate, abbia scelto da tempo un proprietario.”

Allo sguardo confuso del compagno, la giovane riprese a parlare “Ancora lei non è consapevole, ma ogni cosa che fa, ogni gesto, ogni sguardo è sempre e solo per una sola persona. I suoi occhi lo seguono quando si muove, le sue emozioni di fuoco si acquietano solo quando lui è al suo fianco. È innamorata, ma ancora non lo sa. È accecata, accecata da anni di rigido autocontrollo, di crudele freddezza e di ferite mai rimarginate, e non riesce a vederlo. Ma io la conosco. La conosco meglio di quanto conosca me stessa.” C’era angoscia, nella sua voce, e dolore, e qualcosa che fece rabbrividire e spaventare il ragazzo allo stesso tempo “Non avrei dovuto aver bisogno delle vostre parole per capire che la loro non è una semplice infatuazione. Avrei dovuto capirlo dai primi segnali, su cui ho scherzato con tanta leggerezza e di cui non ho visto il vero valore. E forse una parte di me l’ha capito l’altra sera, quando l’ho vista crollare tra le braccia di Po, disposta a morire pur di salvarlo, o ancora prima, ma ha preferito ignorarlo, per paura del dopo. Perché è questo, che mi terrorizza più di ogni altra cosa. Il dopo.”

Chiuse gli occhi per un breve momento, quasi come se la consapevolezza delle sue parole le facesse male nel profondo “Il vero problema non è se sta succedendo qualcosa tra loro. Il vero problema è cosa sta succedendo. Se si fosse trattata di una cotta, di un’infatuazione, di qualcosa di passeggero, forse tutto questo sarebbe stato dolce, addirittura buono. Se fosse stato solo Po ad essere innamorato e dunque consapevole dell’impossibilità del suo sentimento, sarebbe stato crudele, ma privo di rischi. Ma non è così. Anche Tigre è innamorata, e sappiamo tutti quanto travolgenti siano le sue emozioni. È capace di nascondere qualsiasi cosa, ma non quello che prova nel profondo, non a chi tiene davvero. Per il momento, è salva solo grazie al fatto che non è ancora del tutto consapevole della natura dei suoi sentimenti. Ma, una volta che l’avrà capito, non sarà più capace di nasconderlo. Forse, non vorrà nemmeno nasconderlo, non se si renderà conto che Po prova per lei la stessa identica cosa, e sopporta lo stesso calvario. Forse, sarà Po a cedere, nel rendersi conto che il suo amore non è impossibile, che forse potrebbe davvero essere felice con la donna che ama. Forse, si verranno incontro nel limbo e decideranno di correre il rischio, di dare ascolto a quel fuoco che li strazia sempre di più, consapevoli del rischio di cadere nel baratro.”

Gru trattenne il fiato, sperando quasi di aver frainteso “Vuoi dire che . . . credi che loro due . . .”

Vipera sospirò profondamente “Sì. Credo che qualcosa del genere non possa essere evitato, né combattuto, né mascherato. È qualcosa di buono e puro, eppure troppo grande per permettergli di ignorare il proprio cuore e tenere duro. È un amore irrealizzabile ed impossibile, ma ormai i loro sentimenti sono troppo forti per essere soppressi. Si renderanno conto di amarsi, e in quel momento tutto sarà perduto. Non andranno contro il loro onore e i loro doveri, ma nemmeno contro il loro cuore. Non so cosa faranno, ma non permetteranno a niente e nessuno di porre fine a quello che è nato tra loro, non permetteranno che qualcosa possa strappare il loro fiore proibito. Ed è questo che mi preoccupa.”

Il guerriero esitò, senza sapere cosa dire “Come è possibile che non ce ne siamo resi conto prima?” chiese, la voce spezzata “Come abbiamo potuto essere così ciechi, e lasciare che si avviassero verso il baratro?”.

La giovane donna riaprì gli occhi, lucidi e colmi di dolore “Non lo so. Ma di una cosa sono certa.” Il suo tono si riempì di forza, la forza di una combattente disposta a lottare fino alla fine “Noi non lasceremo che cadano. E, se il baratro li reclamerà, cadremo con loro. Qualsiasi cosa accada, saremo al loro fianco fino alla fine.”

Gru la osservò in silenzio per lunghi, interminabili minuti, e poi, con solennità, annuì.

Sì, non avrebbero lasciato che delle regole ingiuste spezzassero due delle persone più importanti della loro vita. Non avrebbero lasciato che l’oblio prendesse Po e Tigre e li trascinasse via con sé, trascinandoli con le catene di un amore sincero, ma irrealizzabile. Sarebbero stati al loro fianco, a qualsiasi costo.

In fondo, questo significa essere una famiglia.

 

~~~~΅΅~~~~


Po aprì la porta della piccola casetta, ancora furioso con suo padre nonostante fosse passata ormai più di un’ora dalla loro lite, ma appena vide Tigre stesa nel letto guardare nella sua direzione ed accennare ad un sorriso, la sua rabbia svanì del tutto, lasciando posto solo ad una quieta serenità.

Si chiuse con delicatezza la porticina alle spalle, per poi praticamente precipitarsi al suo fianco, dove la sua solita piccola sedia lo aspettava paziente come ogni mattina.

“Come ti senti oggi?” chiese quasi a bruciapelo, studiando il suo volto e la sua fasciatura con occhi attenti ed ansiosi, ma non senza un pizzico di dolcezza.

La felina alzò per un momento lo sguardo al cielo, rassegnata a quella sua preoccupazione che, nonostante i giorni trascorsi, non accennava a diminuire. C’era voluto uno sforzo titanico per convincerlo a non passare ogni singola notte a vegliarla come Shifu ma piuttosto riposare nella casetta là accanto. Ma alla fine l’unico risultato era stato un Po più ansioso sera dopo sera, terrorizzato dall’idea che avesse avuto una ricaduta quando lui non era presente.

Poteva sembrare un po’ irritante, in realtà, ma alla maestra tutto questo –l’attenzione che le dedicava in ogni momento, la preoccupazione nei suoi occhi, il sollievo che gli illuminava il viso ogni volta che la vedeva- infondeva solo una sconfinata tenerezza. Anche se non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.

“Buongiorno anche a te, eh.” borbottò ironica, scuotendo appena la testa “Bene, comunque. Posso iniziare a camminare.” aggiunse, non riuscendo a trattenere un piccolo, spontaneo sorriso all’idea di potersi finalmente alzare da quel dannato letto e ricominciare, seppur in parte, a tornare quella di prima. La Tigre che non aveva bisogno di essere tenuta d’occhio giorno e notte, la Tigre di cui nessuno si preoccupava, se non i nemici quando dovevano affrontarla in battaglia.

Il Guerriero Dragone, intuendo i suoi pensieri, non poté fare a meno di rispondere al sorriso, ma prima che potesse dire qualcosa una voce improvvisa si intromise, facendolo per un attimo sussultare.

“Sì, ma non devi sforzarti troppo.” intervenne severo Shifu, che fino a quel momento era rimasto in un angolo, a preparare la sua sacca ed osservarli in silenzio “Potresti avere una ricaduta, ed è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno, in questo momento.” la rimproverò appena, lanciandole uno sguardo inflessibile a cui si limitò ad annuire.

“Certo, maestro.”

Il vecchio studiò la figlioccia attentamente, come se volesse assicurarsi che avesse davvero compreso le sue parole. Non ne era del tutto convinto, ma sapeva di non poter fare altro, così chiuse la piccola sacca e afferrò il suo bastone, cambiando totalmente argomento. “Deve scendere in città. Sono già passati altri tre giorni, mi staranno aspettando.” spiegò, seppur a malincuore. Non si sentiva mai tranquillo a lasciare la sua pupilla in quel villaggio, nonostante in precedenza fosse andato tutto bene. Si voltò verso l’allievo e chiese, con il fare severo di chi sta affidando il proprio bene più prezioso ad un’altra persona e non è ancora del tutto certo della sua scelta “Terrai d’occhio Tigre al mio posto?”.

Po annuì, consapevole della responsabilità che si stava assumendo e ben deciso a non deludere quel padre che da così poco tempo aveva iniziato ad imparare cosa significa esserlo davvero “Certo, maestro. State tranquillo.”.

Shifu lo studiò per un ultimo, infinito secondo, per poi avvicinarsi alla figlia e sfiorarle il braccio in un gesto affettuoso a cui non era abituato, ma che comunque gli veniva naturale “Tornerò presto, Tigre. Promesso.”.

La ragazza annuì e sorrise, solo un piccolo, semplice sorriso, ma che ebbe l’effetto di rassicurare finalmente il genitore, e solo allora il panda minore riuscì a decidersi ad andare davvero.

Tigre seguì il padre con lo sguardo fino a quando fu uscito, quasi senza far rumore, e solo dopo che la porta si fu chiusa alle spalle si voltò verso Po e disse, con aria attenta di chi sa qualcosa che non dovrebbe sapere, ma non vuole ammetterlo “Ci hai messo di più del solito a venire, oggi.”.

 “Scusami. Ho. . . girato un po’ per la foresta. Avevo bisogno di distrarmi.” spiegò il panda, tentando con tutto se stesso di non pensare alla conversazione di poco prima con Li Shan.

La guerriera sembrava sorpresa da quella risposta “Credevo che stessi visitando il villaggio, in verità.”, ammise, studiando attentamente il suo viso.

“Uh?” fece sorpreso Po, aggrottando la fronte “Perché dovrei?”

Inclinò appena la testa, come se quella domanda fosse l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettata di sentire “Forse perché siamo in un villaggio pieno di panda?” rispose con un pizzico di sarcasmo, indicando con la zampa la piccola finestra della casetta.

“E allora?”

“E allora?” ripeté la felina, pensando quasi di aver capito male “Po, questa è, per quanto ancora tu non riesca a rendertene del tutto conto, quello che resta della tua vera famiglia. Questa è casa tua.”  

Quella risposta, in qualche modo, ricordò al Guerriero Dragone le parole di Li Shan, e gli venne spontaneo e naturale replicare “Il fatto che siano tutti panda non significa che debbano essere solo loro la mia famiglia. La mia famiglia è formata dall’oca che mi ha allevato, da Shifu, dai ragazzi e da te. E la mia casa è dove sta la mia famiglia.”

Tigre parve sinceramente colpita dalle sue parole e per un attimo i suoi occhi di fuoco tremarono, prima di riuscire a riprendere il controllo delle sue emozioni “È bello che tu lo dica, ma questa è la tua gente. Dovresti essere eccitato e desiderare solo passare tutto il tuo tempo con loro.”

“Ed allora perché tu non sembri brillare di gioia al pensiero di tornare tra le Tigri dell’Est? Non sono loro, la tua gente?” sibilò il maestro di arti marziali, per poi rendersi conto di ciò che aveva detto nel momento stesso in cui quelle frasi dure lasciarono le sue labbra. Si morse l’interno della guancia e si affrettò a dire, con un tono sinceramente pentito “Scusami, non volevo.”

Scosse appena la testa, come se quelle parole non avessero importanza, ma il ragazzo poteva vedere dai suoi occhi che c’era rimasta male “No, va bene. Hai ragione, in fondo. Ma io ti conosco e so che hai sempre desiderato incontrare qualcuno come te. Ed adesso che sei in un intero villaggio di panda, preferisci rifugiarti qui con me, ad assistere una quasi invalida.” aggiunse, guardandosi le zampe e stringendole con forza, come se ammetterlo le facesse male, e profondamente.

“Per l’ultima volta, Tigre. Tu non sei una quasi invalida. Presto tornerai a spaccare i culi come prima, e fino ad allora non voglio sentirti ripetere più questa parola.” ribatté con forza l’amico, innervosito da quella frase. La guerriera lo guardò con aria critica, come se non credesse alle sue parole, e alla fine sospirò, sconfortato “E poi lo sai che non sono tranquillo, da quando ci hanno attaccato. Voglio semplicemente assicurarmi che tu stia bene.”

Incrociò le braccia, continuando a guardarlo quasi severamente, seppur con un accenno di dolcezza negli occhi di fuoco. “Ma non è solo questo. C’è qualcos’altro.” ribatté, per poi chiedere, in un tono un po’ più gentile “Li Shan?”.

Il panda avrebbe voluto mentire, ma sapeva di non esserne capace, non con lei. Così, si strinse nelle spalle e sputò fuori, a malincuore “Ho parlato con lui.”

“E..?” insistette la giovane, senza mai distogliere lo sguardo infuocato da lui.

Il maestro alzò gli occhi al cielo, per poi cedere “Abbiamo discusso. Di nuovo. Lui non riesce a capire perché io, io . . .” si fermò, stringendo forte la mascella ed incapace di andare avanti, troppo preso dal tentativo di scacciare tutte quelle parole che, simili a dardi ardenti, gli avevano attraversato il cuore, lasciandoglielo ferito, bruciato ed incapace di guarire.

“Perché tu sia amico con una tigre?” gli venne in aiuto la compagna, cercando i suoi occhi.

Lui scosse la testa. No, non era solo questo. Ormai l’aveva capito. “Perché io non voglia ubbidire ciecamente a quello che dice.” ribatté, il tono smarrito tra lo sconfortato e il furioso “Tra cui, spezzare ogni legame con te. E non riesco a capirne il motivo.”

A quel punto, Tigre si addolcì e gli si fece più vicino, per sfiorargli appena il braccio “Vuole solo proteggerti, Po.” sussurrò “Ai suoi occhi, sei ancora il cucciolo che ha perso tanti anni fa e hai bisogno di protezione.”

Il Guerriero Dragone strinse con forza i pugni, ripensando allo sguardo stupito di suo padre, a quelle parole senza comprensione, a quegli occhi incapaci di vederlo per quello che era davvero “Ma non è così.” fu tutto quello che riuscì a dire.

“Lo so bene. Ma è tuo padre, e per lui sarà sempre così. Per lui sarai sempre un cucciolo, il suo cucciolo, e tutto quello che vuole fare è proteggerti dal mondo e anche da te stesso, se sarà necessario. Ti ha già perso una volta, e teme di perderti ancora. Non può essere biasimato per questo.” mormorò la ragazza, per poi coprire i suoi pugni chiusi con le proprie zampe e accarezzarli delicatamente con i pollici, in un lento, rassicurante movimento “So che cosa provi, ma ti prego Po, dagli una possibilità. Altrimenti, finirai per pentirtene.”.

Po rimase in silenzio, incapace di incontrare il suo sguardo, per interminabili minuti.

Poi, pian piano, senza dire nulla, lasciò che le sue zampe si aprissero e si intrecciassero con quelle di lei, e solo allora riprese a respirare, e le parole dell’amica si depositarono, benefiche come una medicina, sul suo cuore malandato.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Scimmia osservava il cielo tempestoso con aria critica, trattenendosi appena dal sobbalzare ai tuoni che si facevano di volta in volta più forti. “Che tempo schifoso.” borbottò, per poi allontanarsi dalla piccola finestra sporca e voltarsi verso il tavolo scricchiolante attorno al quale stavano seduti i suoi compagni d’allenamento e il vecchio Shifu.

Avevano passato quasi tutta la giornata insieme, a parlare delle condizioni di Tigre e di quando avrebbero dovuto riprendere il viaggio oppure a rimanere chiusi in lunghi momenti di silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Praticamente come tutte le volte che Shifu li raggiungeva, da una settimana a quella parte. Erano fortunati che Shang Chiang trascorresse così tanto tempo da solo nella sua stanza, altrimenti difficilmente sarebbero riusciti a mantenere quel clima di relativa pace, seppur velata di preoccupazioni che non possono essere espresse ad alta voce.

“Niente da fare, non accenna a diminuire.” disse l’allievo, stringendosi nelle spalle mentre un nuovo lampo illuminava la sala semivuota della locanda.

Il panda minore rimase in silenzio per un breve momento, i grandi occhi chiari che scrutavano fuori attentamente “Vorrò dire che dovrò coprirmi particolarmente bene.” commentò, alzandosi con fare stanco per prendere il suo bastone. Il sole era tramontato da un bel po’ ormai, eppure quella tempesta scoppiata improvvisamente nel pomeriggio continuava a infuriare con forza ancora maggiore. Ma lui non poteva restare lì ancora a lungo. Aveva promesso a Tigre che sarebbe tornato prima di notte, eppure era ancora là, in quella città dimenticata dagli dei, e non aveva intenzione di venir meno alla sua promessa per una misera pioggerella.

Vipera si rivolse all’anziano, l’aria preoccupata “Non potete muovervi in queste condizioni, maestro.” esclamò, sinceramente in pensiero “È troppo pericoloso.”

Il maestro sbruffò “Sciocchezze.” ribatté deciso alla preoccupazione della giovane allieva “Un po’ di acqua non ha mai ucciso nessuno.”

“Un po’ d’acqua, forse.” concordò Gru, per poi obbiettare lanciando uno sguardo serio alla pioggia che batteva con furia contro i vetri “Ma quello lì fuori è una tempesta in piena regola, con tanto di fulmini, lampi e vento a più non posso.”

“Veramente, Shifu, non è il caso.” insistette la ragazza, il tono di chi non ammetteva repliche  “Rischiate solamente di perdervi o di cadere malato anche voi. E se vi succedesse qualcosa, Tigre non se lo perdonerebbe mai.”.

Shifu si congelò letteralmente a quelle parole e gli occhi di Vipera lampeggiarono per un attimo, vittoriosi e consapevoli di aver fatto centro. Il piccolo maestro rimase immobile per un lungo momento a riflettere, ma poi un nuovo lampo illuminò a giorno la stanza e il successivo tuono, fortissimo, fece tremare le pareti. Allora si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato e scivolò ancora sulla piccola sedia mezza rotta, poggiando il bastone contro il tavolo.

“Spero che vada tutto bene.” sussurrò solo, sconfitto, mentre i grandi occhi correvano alla tempesta che infuriava fuori dalla finestra e il suo pensiero, come sempre, correva a una piccola capanna sperduta tra le montagne.

 

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“Voglio provarci.”

Po, che stava pulendo le bende sporche dentro un catino, sobbalzò lievemente quando il sereno silenzio della stanza venne interrotto dalla voce bassa ma decisa della felina. Si voltò verso di lei, inclinando appena la testa ed aggrottando la fronte, non riuscendo a capire “Cosa?”.

Tigre non si mostrò nemmeno infastidita dal doversi ripetere, intenta com’era a muovere la spalla per allentare un po’ la pressione della nuova fasciatura, appena cambiata per la notte. “Voglio provare a camminare.” spiegò quando il risultato le sembrò soddisfacente e riuscì a concentrarsi nuovamente sulla domanda dell’altro “Tra una settimana dovremo partire. Devo essere capace di cavarmela da sola.”.

Quel proposito mise un po’ in allarme il panda. Le condizioni della ragazza non potevano ancora essere ritenute proprio ‘buone’; la ferita alla spalla, che quando doveva cambiare la fasciatura controllava con l’attenzione e la cura zelante di un vero medico, era ancora molto brutta, nonostante il pus fosse ormai quasi scomparso del tutto, e doveva fare un male assurdo, anche se lei non lo dava a vedere. Forse, un sforzo grande come camminare sarebbe stato troppo, per il suo fisico provato. Ma sapeva di non poterle fare cambiare idea, non ora che aveva avuto il via libera di Li Shan.

“Non sarebbe meglio aspettare il ritorno di Shifu, o direttamente domani?” obbiettò, cercando almeno di prendere tempo “Sei ancora debole, devi . . .”

“No.” lo bloccò quasi con ferocia la guerriera, lasciandolo per un momento stordito. Rendendosi conto della sua reazione brusca, si morse appena il labbro ed abbassò lo sguardo sui suoi pugni chiusi, come se non volesse mostrargli la tempesta che infuocava i suoi occhi feriti, ma non spezzati.

“Non voglio che mi veda mentre fatico a mettere un piede dietro l’altro. Non lo sopporterei.” sussurrò a denti stretti, come se qualcuno le stesse strappando quelle parole dalla gola contro la sua stessa volontà. Mostrarsi debole era una delle cose che odiava di più, e Po lo sapeva bene. Sapeva quanto fosse difficile per lei, la forte ed intrepida maestra Tigre, mostrare a qualcuno la propria debolezza o la propria fragilità. Mostrare che in realtà era una persona come tante altre, bisognosa di aiuto, incapace di farcela sempre e comunque da sola. Era un atto di resa infinita per un felino, ed in particolar modo per lei, che tante volte era stata abbandonata e aveva potuto contare solo su se stessa e sulla propria forza.

Esitò, prima di alzare appena lo sguardo, cercare con i suoi occhi ardenti quelli di giada dell’altro e mormorare in un sussurro quasi impercettibile “Se qualcuno mi deve vedere . . . indifesa, voglio che sia tu.”

Il Guerriero Dragone, nel sentire quelle parole, si sentì stringere il cuore in una morsa dolorosa e piacevole allo stesso tempo. Quello era la più grande dimostrazione di fiducia che lei potesse fargli, ne era più che consapevole.

Quasi come se fosse incapace di sostenere ancora il suo sguardo, la combattente abbassò appena la testa e con movimenti attenti ma decisi si tolse le coperte di dosso, per poi spostare le gambe, gonfie per il lungo periodo di immobilità forzata, verso il lato del letto, e mettersi seduta con i piedi che toccavano il pavimento polveroso.

Decisa, si costrinse a fare forza sui muscoli assopiti e ad alzarsi, reggendosi appena sulle gambe tremanti e lottando contro il forte capogiro che l’assalì nel momento stesso in cui si sollevò dal letto.

Nel farlo Tigre strinse i denti, mentre dolorose fitte le trapassavano le membra addormentate, aumentando ancora di più la sua sofferenza. Tentava di non mostrarlo per non far preoccupare gli altri due, ma soffriva ancora molto. Anche se le fiamme si erano ormai acquietate, il fuoco continuava ad arderle nelle vene, il dolore di braci sul punto di spegnersi, ma ancora calde e capaci di riprendere a bruciare all’improvviso, al minimo soffio di vento.

Decisa a non fermarsi, provò comunque a spostare un piede in avanti, solo per fare un passo, un semplice, scontato passo. Ma il suo corpo, per la prima volta dopo anni, la tradì, rifiutandosi di ubbidirle

Inciampò quasi senza rendersene conto, ma prima che potesse cadere le forti braccia gentili di Po l’afferrarono, stringendola teneramente e allo stesso tempo con decisione in una ferma stretta, a cui lei si aggrappò senza nemmeno pensarci.

La felina alzò lo sguardo su di lui, che l’osservava con una dolcezza infinita .“Reggiti a me.” disse a bassa voce, aiutandola poi a rimettersi dritta e facendole scivolare un braccio dietro la schiena per sostenerla.

Tigre rimase immobile per un lungo momento, fissando il Guerriero Dragone con gli occhi di fuoco colmi di stupore e di qualcosa a cui lui non riuscì a dare un nome, ma poi strinse i denti e fece un altro deciso passo in avanti. Una fitta le attraversò le gambe come una freccia infuocata scoccata da lontano e le attraversò tutto il corpo, facendola barcollare. Subito l’altro braccio di Po corse a sostenerla, afferrando il suo e restando lì fino a quando il dolore non si attenuò abbastanza da permetterle di fare un altro passo. E poi un altro. E poi un altro ancora.

Mentre la tempesta infuriava fuori dalla piccola casetta, la guerriera ferita andava lentamente avanti ed indietro, avanti ed indietro, come in una marcia silenziosa fatta di dolore e ostinazione, mentre gli occhi attenti del compagno seguivano ogni suo movimento. Ogni volta che la stanchezza diventava troppa o una fitta inaspettatamente forte la faceva vacillare, le braccia di Po erano sempre lì, pronte a prenderla prima che potesse cadere, e restavano lì, silenziose compagne di quella piccola battaglia contro se stessa.

La ragazza continuò a camminare per circa venti minuti, ma a lei parve molto di più. Il suo intero corpo tremava, preso alla sprovvista da uno sforzo a cui non era più abituato, mentre la ferita pulsava e bruciava, tentando di ristabilire il proprio dominio su di lei, un dominio a cui non era più disposta a cedere. Ansimava e stringeva la mascella, tenendosi sempre più alla pelliccia dell’amico, ma continuava ad andare avanti, imperturbabile, anche se tutto, dentro e fuori di lei, gridava basta. Ma non si sarebbe fermata, non di sua volontà. E Po lo sapeva fin troppo bene.

Così, quando la vide inciampare per la terza volta di fila nei suoi stessi piedi e una sottile goccia di sudore le scivolò lungo il collo teso, il panda si fermò, impedendole di continuare.

Subito il viso stanco della felina si voltò verso il suo, distrutto ma deciso a non cedere “Ancora.” disse, in tono quasi combattivo.

“No.” replicò il ragazzo, fermo e gentile allo stesso tempo “Non devi affaticarti troppo od avrai una ricaduta. E sai che è così. Proveremo di nuovo quando sarai più in forze.”

“Sono abbastanza in forze.” si ostinò, anche se sapeva che in quel momento nemmeno un ingenuo avrebbe potuto credere ad una bugia talmente palese.

Po si lasciò sfuggire un sorrisetto alla sua testardaggine “Forse, ma non ho alcuna intenzione di giocare con la tua salute. Ora, vuoi andare a letto con le tue gambe o ti ci devo portare io?” chiese, appena un po’ scherzoso.

La ragazza lo fulminò con lo sguardo “Provaci, se ne sai capace.” ribatté in tono di sfida, decisa a non lasciare il campo di battaglia tanto presto.

Il Guerriero Dragone sospirò, come se se lo aspettasse. “D’accordo, l’hai voluto tu.”. Cogliendola completamente di sorpresa, si abbassò per passarle un braccio sotto le ginocchia e, avvolgendole la schiena con il braccio che già la sosteneva, la sollevò da terra con incredibile facilità.

“Po!” Tigre si lasciò sfuggire in un mezzo grido soffocato il nome del compagno, aggrappandosi d’istinto al suo petto “Rimettimi subito giù!”.

Ridacchiò, divertito dalla sua reazione sorpresa “Come desideri.” rispose, raggiungendo in fretta il letto di lei per poi posarla sul materasso con infinita delicatezza. “Ecco, adesso fai la brava e riposati un po’.” aggiunse, a metà strada tra il serio e lo scherzoso, mentre la copriva nuovamente con le coperte.

La guerriera sbruffò, pensando per un attimo di scendere da lì ancora una volta e continuare testarda a camminare, ma ora che il suo corpo dolorante aveva toccato di nuovo il letto non sarebbe riuscita a scendere nemmeno con tutta la buona volontà del mondo. Quei venti minuti l’avevano completamente distrutta, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Così, si limitò ad incrociare le braccia e a lanciare all’amico un’occhiata assassina “Stai continuando a trattarmi come una bambina.”

“E tu continui a fare i capricci come una bambina.” replicò subito Po, senza riuscire a nascondere un sorriso dolce e un po’ intenerito, mentre guardava la maestra come se la vedesse davvero per la prima volta dopo tanto tempo.

Gli era sembrata così piccola e fragile, quando si era stretta a lui per non cadere, o quando l’aveva stretta tra le sue braccia, sollevandola come aveva fatto quando era stata ferita. In quei momenti Po si era reso davvero conto di quanto giovane fosse.

Era davvero una bambina, nonostante tutto. Anche se tra appena poco più di un mese avrebbe compiuto la maggiore età, il mondo si era già abituato da tempo a vederla come una piccola adulta, dimenticando che si trattava in realtà solo di una ragazzina. Straordinaria, forte e speciale, ma comunque una ragazzina. Una ragazzina fragile, con le sue insicurezze, i suoi fantasmi e i suoi timori, così grandi rispetto la sua giovane età, e con niente se non il suo immenso coraggio per affrontarli.

“Ripetilo, e dubito che riuscirai a dire altro, d’ora in avanti.” lo minacciò Tigre, seppur senza vera rabbia, strappandolo per un momento ai suoi pensieri. Il panda ridacchiò, scuotendo appena la testa “Oh, non ne dubito, maestra.” rispose, per poi voltarsi e raccogliere le bende lasciate nell’acqua poco prima ed iniziare a strizzarle e raccoglierle.

La sua mente volò di nuovo a Li Shan e alla discussione di quella mattina. Come poteva sostenere che quella ragazzina dagli occhi di fuoco, che la sua Tigre potesse davvero essere un pericolo per lui? Certo, era una grande guerriera ed era senza dubbio pericolosa, ma solamente per chi le era nemico. Non per lui. Mai per lui.

Tigre era l’unica zampa che si era tesa verso di lui quando stava affogando. Era calore, sicurezza e casa. Come avrebbe potuto essere pericolosa? Lei, che temeva di ferire chiunque in qualsiasi momento. Lei, che rinnegava quello che era per nascita e aveva cercato di trasformare le ombre del suo passato in luce. Lei, che temeva i suoi stessi artigli più di chiunque altro.

‘Queste sono armi di una predatrice, di uno scherzo della natura. Di un mostro. Mentirei a me stessa, se tentassi di convincermi del contrario.’

Lei, che aveva cercato di allontanarsi di lui quando aveva intrecciato la sua zampa con la propria, temendo di potergli fare male. Lei, che aveva paura più di qualsiasi cosa di poterlo ferire in qualunque maniera possibile.

Eppure, suo padre non riusciva a vederlo. Non riusciva a capirlo. Continuava a vedere quello che voleva vedere, senza riuscire ad andare oltre ai suoi fantasmi, identificando Tigre con il mostro che non era e che esisteva solo nella sua mente, un mostro pronto a ghermirlo e distruggerlo per sempre.

‘Forse lei può essere cresciuta lontano dai suoi simili, può sembrare diversa, ma è e resta sempre una tigre. Una creatura che aspetta solo il momento opportuno per colpire. Tu, Loto, che dovresti capire più di tutti le mie parole. Tu, che porti il nome di un nostro antenato caduto a causa di Lien, una di loro. Tu, che sei sangue del mio sangue.’

Si fermò all’improvviso, stringendo l’ultima benda umida tra le zampe, ripensando a quelle parole per l’ennesima volta in quella giornata. Quei nomi, Loto e Lien, avevano un qualcosa di familiare. Non riusciva a spiegarsi il perché, ma lo facevano sentire come punto sul vivo, come se una parte di lui stesse finalmente aprendo gli occhi dopo un lungo sogno. Risvegliavano in lui qualcosa lì, a metà strada tra la gola e il cuore. Ed era così strano, perché era certo di non aver mai sentito parlare di loro, prima di quel momento.

“Conosci per caso la storia di un panda chiamato Loto e di una certa Lien?” domandò lentamente Po, quasi con esitazione, voltandosi verso l’amica che si era finalmente decisa a mettersi comoda.

Colta completamente impreparata, Tigre trattenne per un attimo il fiato. Le tornarono in mente le parole di Shen Te, quelle parole che aveva cercato in tutti i modi di cancellare, di dimenticare, eppure sembravano impresse a fuoco nella sua mente. Quelle parole che, da quel maledetto giorno, la stavano tormentando.

‘La ribelle Lien alla fine ha trovato il suo Loto, non è così?’

Si costrinse a scacciare quel pensieri e ad indossare quella maschera dietro la quale, ora più che mai, non poteva fare a meno di rifugiarsi. “Perché?” chiese con finta indifferenza, cercando di non mostrare la sua agitazione.

“Li Shan ha detto che io più di tutti dovrei capire il conflitto tra i nostri due popoli, perché porto il nome di uno di noi che è stato condannato alla morte a causa di questa ragazza.” spiegò semplicemente il panda, posando la benda accanto alle altre già raccolte.

Quella risposta irritò la giovane, che nonostante tutte le sue buone intenzioni non poté non ribattere “Non è stato ‘condannato’. È stato lui a scegliere quel destino, per proteggere la sua Lien.”.

Il giovane inclinò appena la testa, incuriosito “Allora, conosci questa storia?” insistette, sorpreso dalla forza con cui l’altra gli aveva risposto e dall’aria quasi offesa che aveva assunto senza accorgersene.

La maestra si rese conto del suo errore, ma ormai non poteva più tornare indietro, così si limitò ad annuire “Sì, la conosco. Ma non è una bella storia e non so quanto possa farti bene.” aggiunse, sperando di riuscire a dissuaderlo.

”Io vorrei conoscerla lo stesso, però. È una cosa che sento dentro, in un certo senso, anche se non so come mai.” si portò una zampa al cuore, quasi senza rendersene conto. “E vorrei che fossi tu a raccontarmela. Per favore.”

Tigre l’osservò attentamente, non sapendo bene che cosa fare. Avrebbe voluto porre fine a quella conversazione con una scusa qualunque, cancellarla come se non fosse mai avvenuta, sottrarsi a quelle domande, inconsapevoli di aver toccato un argomento che avrebbe dovuto restare segreto. Ma c’era qualcosa, negli occhi e nella voce di Po, che le impedì di sottrarsi alla sua richiesta

Con un sospiro, fece l’unica cosa che era capace di fare, quando si trattava di lui.

Cedette.

“D’accordo.” disse, lasciandosi cadere all’indietro sul cuscino “Ma ti conviene sederti, perché è una storia abbastanza lunga. E molto, molto forte.”.

Il panda annuì e si affrettò a fare come gli era stato detto, sedendosi però non al suo solito posto, ma proprio sul letto, accanto a Tigre, tanto da poter sentire sulla pelle il suo respiro profondo.

Quasi senza pensarci, prese una zampa di lei tra le sue e, accarezzandole piano la pelliccia morbida con la punta delle dita, sussurrò un serio “Vai.”.

Tigre esitò un attimo, quasi stesse raccogliendo le idee, ma quando iniziò a parlare il suo tono era calmo, fermo e privo d’emozione, come se stesse ripetendo a memoria una storia sentita talmente tante volte da esserle rimasta scritta dentro.

“Si narra che, più di cinquecento anni fa, in un villaggio delle tigri nascosto tra i versanti di alte montagne, vivesse una ragazza molto diversa da tutte le altre. Aveva grandi occhi di giada, un sorriso raro e minuscoli ma resistenti gigli dorati. Desiderava con tutta se stessa essere libera e poter scegliere da sé cosa fare della propria vita. Era testarda quanto bella, indomabile quanto intelligente e ribelle quanto fiera, e voleva a tutti i costi avere un’esistenza diversa da quella delle altre ragazze. Tutti la chiamavano Lien, perché come il fiore di loto che lotta solitario per non affondare ma restare a galla sul pelo dell’acqua, ella tentava in tutti i modi di spezzare le catene, fatte di leggi e vincoli, che la tenevano imprigionata.”

Praticamente, una sorta di antica Tigre pensò Po quasi senza rendersene conto, mentre l’immagine di questa ragazza del passato, vestita con abiti nobili ma ribelle e combattiva, iniziava a prendere forma grazie alla sua vivida immaginazione e a muoversi secondo le parole del racconto.

“Ma il suo destino era stato scritto prima ancora che emettesse il suo primo respiro; si sarebbe sposata con colui che sarebbe riuscito a sconfiggere suo padre, capo clan di quel villaggio, e gli avrebbe dato numerosi eredi per infondere nuova linfa alla sua stirpe. Lien non voleva un futuro simile, e più volte aveva provato a sottrarsi ad esse, scappando il più lontano possibile dalla casa paterna, ma senza successo. Ogni volta i suoi gigli dorati, per quanto forti, la tradivano prima che si fosse allontanata abbastanza, e così veniva raggiunta e riportata indietro. Ormai, la ragazza aveva quasi perso le speranze di riuscire a sfuggire da quella prigione che era la sua vita.”

La maestra si fermò un attimo, come se fosse insicura su come continuare, ma le bastò sentire le dita di Po continuare a giocare con la sua pelliccia per andare avanti.

“Una notte, però, mentre si aggirava insonne tra le stanze della sua casa, sentì il padre discutere con qualcuno. Incuriosita, si avvicinò alla porta della sua camera, dimenticata socchiusa, e lo vide intento a parlare con una tigre col doppio dei suoi anni, nota nel clan per la sua crudeltà e brutalità. ‘Aspetteremo domattina per darle la notizia’ gli stava dicendo suo padre ‘Ma non sperate in una reazione entusiasta da parte sua. Probabilmente tenterà di ribellarsi e di opporsi a questa unione, come ha sempre fatto.’. ‘Ciò non mi preoccupa.’ replicò il guerriero ‘Quando sarà mia moglie, la piccola Lien non oserà più nemmeno pensare di ribellarsi, se per lei la vita conta qualcosa.’ “

“Che verme.” si lasciò sfuggire con enfasi il Guerriero Dragone, provando un intenso sentimento di odio non solo per il crudele padre della non-Tigre, ma anche per quello che avrebbe dovuto essere il suo futuro marito. Per lui, un uomo non dovrebbe mai trattare una ragazza come merce di scambio, né parlarne come se fosse una creatura selvaggia da domare in qualsiasi modo possibile, purché non desse problemi. Era qualcosa di inumano, di crudele, di mostruoso. Non poteva credere che esistessero persone così, anche se si trattava solo di una antica storia.

La guerriera annuì, in silente accordo con lui, ma continuò il suo racconto senza fermarsi.

“Nel sentire quella parole, Lien rimase senza fiato. Alla fine, quello che temeva era avvenuto. Suo padre era stata sconfitto e la sua zampa era stata vinta. Ma lei non avrebbe permesso a quell’essere di averla. La ribelle Lien non si sarebbe piegata, non quella volta.”

“In silenzio, ritornò in camera sua, indossò gli abiti più comodi e caldi che aveva, nascose del cibo in una sacca e, celata dalla tenebre, fuggì via, come aveva fatto tante volte, ma stavolta decisa a non tornare indietro. Continuò a camminare per tutta la notte e per tutta la mattina seguente, senza mai fermarsi. Camminò e camminò per intere settimane, cercando di far perdere le proprie tracce e di allontanarsi il più possibile dal suo villaggio. Continuò a camminare, nonostante il suo corpo invocasse pietà e il fiato le mancasse ogni passo di più. Non si fermò nemmeno quando i suoi gigli dorati iniziarono a sanguinare e le sue ferite presero a pulsare e bruciare. Ma, una sera, fu troppo. Senza più forze, la ragazza cadde a terra, priva di sensi e certa di non riuscire a vedere mai più la luce dell’alba. E sarebbe morta, se un giovane panda dagli occhi di fuoco non l’avesse trovata.”

Po spalancò gli occhi, e Tigre parve notare il suo stupore, perché accennò ad un sorriso e l’altra zampa corse a coprire le sue, quasi a dargli una muta conferma delle sue parole.

“Passò lì per caso e quando la vide, stesa per terra in mezzo alla neve ed una pozza di sangue, d’istinto le corse incontro. La sollevò e, dopo essersi reso conto della gravità delle sue condizioni, la strinse tra le sue braccia e la portò in una vecchia casa abbandonata ai piedi di una montagna. Lì, il panda dagli occhi di fuoco si prese cura di lei, medicando le sue ferite e vegliandola fino a quando, dopo due giorni in bilico tra la vita e la morte, Lien non riprese conoscenza. Inizialmente, quando si rese conto dell’identità del suo salvatore, la ragazza si tirò indietro e si mise sulla difensiva, spaventata. Tigri e panda erano popoli nemici da sempre, ed ora lei era lì, nelle zampe di uno di loro, incapace di difendersi. Il giovane panda, però, non aveva intenzioni malvagie, tutt’altro.”

“Loto, così si chiamava, era il figlio maggiore del capo clan dei panda, eppure non aveva esitato a prendersi cura di lei, né si sarebbe tirato indietro nei giorni successivi. Aveva un cuore grande e generoso, e non avrebbe mai lasciato qualcuno morire davanti ai suoi occhi, nemmeno se quel qualcuno era uno dei suoi giurati nemici. Ci volle un po’ per convincerla che non voleva farle del male, ma alla fine, rassicurata da quel sorriso luminoso e da quegli occhi caldi, Lien gli credette.“

Loto e Lien . . . pensò il guerriero, mentre all’immagine della tigre dagli occhi di giada si affiancava quella di un panda qualunque, ma con gli occhi ardenti della sua, di Tigre. Sì, c’era davvero qualcosa di familiare, in quei due nomi. E non perché fossero molto diffusi e comuni,  o perché li avesse già sentiti infinite volte, usati per altre persone. Era il loro essere insieme, il venir pronunciati come se l’uno fosse l’estensione naturale dell’altro, il loro sembrare una cosa sola, a essergli familiare. Come se sapesse che quei due nomi dovessero essere uniti per forza, da qualche parte dentro di sé.

“Passarono i giorni, e Lien, grazie alle cure e al cibo del panda, che andava e veniva da quel nascondiglio protetto dal resto del mondo, iniziò a guarire e a riprendere le forze. Lentamente, la ragazza cominciò a fidarsi di lui, e dopo un po’ di esitazione gli rivelò il motivo della sua fuga e tante altre cose, che a lungo aveva custodito in silenzio nel proprio cuore e che mai aveva rivelato ad anima viva. Da parte sua, anche Loto iniziò ad aprirsi a quell’insolita compagna, e tra i due iniziò a fiorire una strana e delicata amicizia, che col tempo si mutò in qualcosa di più. Dopo due settimane, i gigli dorati di Lien erano quasi guariti, e presto la ragazza sarebbe potuta ripartire. Ciò straziava il cuore a Loto, che non riusciva ad accettare la consapevolezza che presto avrebbe dovuto dirle addio. Ma lei non poteva restare lì, ed entrambi lo sapevano.”

Tigre esitò e il panda inclinò la testa, confuso nel vedere una piccola ombra nel suo sguardo. La ragazza sembrava indecisa se continuare o meno, e a lui venne spontaneo riprendere ad accarezzarle la zampa, nel tentativo naturale di rasserenarla. Solo dopo un lungo momento di silenzio ella prese fiato e ricominciò, la voce velata da una nuova emozione che lui non riusciva e forse non voleva riconoscere.

“Una sera, mentre la neve cadeva silenziosa dal cielo e i due ragazzi l’osservavano da dentro la casetta, Lien disse al panda che il giorno dopo sarebbe ripartita, perché non poteva rischiare che gli uomini di suo padre la trovassero lì, mettendo in pericolo non solo se stessa, ma anche il suo amico. Loto tentò in tutti i modi di convincerla a restare lì, al sicuro, un altro po’, ma la tigre non voleva sentire ragioni.”.

Si fermò un attimo e quando ricominciò a parlare la voce le tremava lievemente “ ‘Devo farlo, Loto.’ gli disse, seppur con l’anima che piangeva ‘E tu devi lasciarmi andare.’. ‘No.’ ribatté lui, gli occhi di fuoco che bruciavano come stelle ‘Io non posso e non voglio lasciarti andare, né ora, né mai.’. Ed allora, andando contro tutte le leggi che guidavano entrambi i loro popoli, il panda la tirò verso di lui e la baciò, donandole in quel semplice e proibito contatto il suo cuore e la sua vita.”

Po rimase senza fiato e i grandi occhi di giada scattarono verso quelli di fuoco della guerriera, che però si rifiutavano con decisione di incontrare i suoi. Il suo cuore perse un battito, mentre grazie alla sua fantasia poteva vedere quella scena come se l’avesse davanti agli occhi, chiara e limpida come un ricordo mai dimenticato. Poteva vedere i due giovani seduti vicini, gli occhi verdi della ragazza tremare e il suo viso voltarsi per non dover sostenere la vista di quello spezzato del giovane. E poteva vedere quel panda innamorato, con la disperazione negli occhi di fuoco, cedere e stringerla forte a sé, mentre le sue labbra si poggiavano su quelle di lei, donandole ogni cosa in quel semplice contatto. Legarsi a lei alla maniera delle tigri, in quel giuramento unico ed impossibile da spezzare.

Era un’immagine che gli faceva male al cuore, tanto male da strapparglielo in mille pezzi; eppure era un dolore quasi piacevole, una dolce sofferenza mai provata prima.

La felina riprese a parlare, lo sguardo lontano dal suo. “In un primo momento, Lien tentò di tirarsi indietro, ma poi si lasciò andare alle sue labbra e al sentimento che tanto a lungo aveva provato a soffocare.” mormorò, tentando di riprendere il controllo del proprio tono “Quella notte, la ribelle Lien e il suo Loto unirono i loro cuori ed i loro destini, e giurarono di restare insieme, qualsiasi futuro il Fato gli avrebbe riservato. Decisero che sarebbero partiti insieme per l’Ovest il giorno dopo, e che non sarebbero mai più tornati indietro, in quel luogo dove le loro strade erano già state segnate. Si addormentarono l’una nelle braccia dell’altro, certi di essere solo all’inizio della loro felicità.”.

Il panda sorrise d’istinto, intenerito. Non gli erano mai piaciute particolarmente le storie romantiche, ma quella aveva un fascino magnetico, ed era felice che quei due innamorati infelici si fossero trovati e finalmente riconosciuti. Per un attimo si dimenticò di quello che aveva detto suo padre e si illuse che quella leggenda sarebbe finita per una buona volta con un lieto fine, ma poi Tigre prese fiato e disse, con una serietà quasi inquietante “Ma non era così.”.

“A tarda notte si svegliarono di soprassalto, mentre nell’aria si alzavano forti urla e ruggiti. A Lien bastarono pochi istanti per comprendere cosa stesse succedendo. L’avevano trovata. Subito, lei e Loto scapparono dalla casa, e il panda tentò di prendere alcune vie nascoste nella montagna. Ma i due innamorati avevano sottovalutato l’olfatto e la velocità delle tigri. Queste li raggiunsero subito, ringhiando e pronte a riprendere ciò che, secondo loro, gli apparteneva.”

C’era un pizzico di rabbia velata di malinconia nella sua voce ora, e il guerriero non poteva fare altro che continuare ad ascoltare col fiato sospeso, temendo quello che sarebbe accaduto dopo. “Le tigri accerchiarono di due ragazzi, bloccandoli contro la parete rocciosa della montagna. Loto si mise davanti a Lien, per proteggerla. Quando li attaccarono, lui lottò con coraggio, nel disperato tentativo di tenerle lontano dalla ragazza. Per quanto fosse forte, era solo, e presto cadde a terra, il pelo bianco e nero macchiato del proprio sangue scarlatto. Lien urlò il suo nome. Loto le ordinò di scappare, ma lei non lo ascoltò e fece per raggiungerlo. Qualcuno la afferrò da dietro e la immobilizzò, e per quanto la ragazza cercasse di liberarsi quella stretta si fece ancora più salda. Loto allora si alzò e tentò di raggiungerla, barcollando ma deciso a salvarla.”

Po riusciva ad immaginarlo fin troppo bene. Vedeva ogni singola goccia di sangue, sentiva ogni urlo e ogni attacco. Se si sforzava appena un po’, poteva scorgere la disperazione negli occhi di Lien e la folle ostinazione in quelli di Loto. Era una scena orribile e tristissima, e in quell’esatto momento capì che per loro non ci sarebbe mai stato alcun lieto fine.

“Allora, dal branco si fece avanti il guerriero a cui Lien era stata destinata. Gli si parò davanti, scoprì le zanne un ringhio minaccioso e, con gli artigli sguainati, lo attaccò. Lo colpì più e più volte, affondandogli gli artigli in profondità nella carne, dilaniandone la pelle e i tendini, mordendolo e mutilandolo, mentre Lien urlava, si dimenava e tentava in tutti i modi di mettersi tra i due. Alla fine, Loto cadde in ginocchio, e i suoi occhi color del fuoco cercarono quelli di giada di Lien. Ebbe solo il tempo di sussurrare il suo nome un’ultima volta, e poi cadde a terra, senza più vita.”

Tigre chiuse per un attimo gli occhi, come se anche lei stesse immaginando con la medesima facilità quel momento terribile, e il panda dovette reprimere a fatica un brivido, mentre nelle orecchie sentiva quasi quell’ultimo sussurro portato via dal vento. Un attimo, e la ragazza riprese a parlare, riaprendo gli occhi, improvvisamente freddi ed illeggibili.

“La ragazza riuscì a liberarsi dalla presa del suo assalitore ed a correre incontro al corpo ancora caldo del suo panda. Lo circondò con le braccia, sporcandosi col suo stesso sangue, tentò di tamponare le sue ferite, di farlo risvegliare, e lo chiamò e chiamò, piangendo e poggiando la sua fronte contro la sua. Due braccia crudeli la strapparono da quell’abbraccio di morte, e mentre lottava per tornare da lui il suo promesso si fece avanti e, con gli artigli ancora macchiati di sangue, incise sul petto ferito delle parole.”

La guerriera sollevò una zampa, sciogliendola dall’intreccio delle loro dita unite, e si passò l’indice sul petto, come a voler scrivere quella frase proprio mentre la pronunciava “ ‘Ha colto un fiore proibito ed è stato sradicato dalla vita per il suo peccato.’ ”

Il Guerriero Dragone deglutì e lei fece ricadere la zampa sulle sue, a cui si aggrappò d’istinto “ Lien urlò, e nel vedere la sua disperazione la tigre rise e le si avvicinò, sibilando che quel panda aveva avuto la fine che meritava. La felina gli sputò in faccia, ed allora lui la colpì così forte da farle perdere i sensi. Le tigri tornarono al loro villaggio, lasciando lì il corpo di Loto. I panda, preoccupati per la sua lunga assenza, andarono a cercarlo il giorno seguente, e quando lo trovarono e videro quelle barbare incisioni capirono. Il padre avrebbe voluto vendicarlo, ma non poteva mettere a rischio altre vite. Così seppellì il corpo lì dove era stato trovato, prese suo figlio minore e il suo popolo e li condusse in un punto nascosto della montagna per costruire un villaggio segreto, dove sarebbero stati al sicuro dagli artigli delle tigri. Quando Lien tornò a casa, il padre la costrinse non solo a sposarsi con il suo promesso il giorno seguente, ma anche ad unirsi a lui la sera prima della cerimonia, per punire la sua disubbidienza e spezzare quel poco che era rimasto del suo spirito.”

“Lien divenne dunque la moglie dell’essere che aveva ucciso il suo innamorato, e fu costretta in quella prigione da cui aveva tentato di fuggire tanto a lungo. Incapace di accettare quel destino, di giacere ogni notte con la tigre che aveva le zampe macchiate del sangue del suo Loto e poi di rivedere in sogno quel terribile momento in cui tutto era crollato, tentò di togliersi la vita con i suoi stessi artigli.”

Po sobbalzò, incredulo, ma l’amica gli fece segno di calmarsi ed aggiunse, quasi con delicatezza “Fu soccorsa subito e restò in bilico tra la vita e la morte per una settimana, e quando infine si svegliò l’unica cosa che disse fu un nome. Loto.”

“Qualcuno afferma che, arrivata nel regno degli spiriti, abbia incontrato il suo Loto e quest’ultimo l’abbia convinta a tornare indietro. Altri dicono che Loto, sotto forma di spirito, l’abbia curata come aveva già fatto in vita. Altri ancora credono che i due si siano visti in sogno e che si siano promessi di riunirsi alla fine di tutto.” spiegò la ragazza, mentre il suo sguardo vagava per la stanza “Nessuno sa la verità. Si sa solo che Lien non tentò mai più di togliersi la vita e poco dopo scoprì di essere incinta. Ebbe una figlia, una piccola tigre con i suoi occhi ed il manto bianco come la neve.”.

“Era . . . era la figlia di Loto?” chiese l’altro, incredulo e senza fiato.

La felina annuì ed aggiunse “Suo marito, oltraggiato, avrebbe voluto sbarazzarsi di lei, ma non poté a causa delle loro tradizioni. Lien chiamò la bimba Speranza, e divenne la sua ragione di vita. La crebbe nel migliore dei modi, cantandole ogni notte la stessa canzone, istruendola lei stessa ed amandola con tutto il suo cuore. Fece in modo che a sconfiggere suo marito ed a sposare sua figlia fosse un giovane onorevole e gentile che, per quanto non amasse Speranza, almeno l’avrebbe rispettata e trattata bene. La ragazza restò subito incinta e diede alla luce una tigre dal pelo color tramonto e dagli occhi di fuoco. Quando Lien vide la nuova nata, la prese tra le sue braccia e la cullò, piangendo silenziosamente. Speranza, stupita da quel comportamento, le domandò se fosse tutto a posto e lei annuì. Le chiese di chiamare la cucciola Lien, esattamente come lei, e le disse che presto, quando un terzo fiore sarebbe sbocciato, tutte le loro pene avrebbero avuto un senso. Speranza non capì le parole della madre, ma si fidò e chiamò la cucciola come le aveva chiesto di fare.”

“Quella notte, mentre tutti dormivano, Lien indossò gli stessi vestiti che aveva la sera in cui lei e Loto si erano baciati, silenziosamente scivolò nella stanza della figlia e della nipote addormentate, cantò loro per l’ultima volta la sua ninna nanna e, dopo averle sussurrato una benedizione ed averle baciate entrambe, se ne andò. Il giorno seguente, quando la sua scomparsa venne notata, l’intero villaggio andò a cercarla; anche sua figlia, benché debole per il parto, si unì alle ricerche. La ritrovarono settimane dopo, nel punto in cui Loto era stato ucciso e seppellito.”

La maestra esitò appena e socchiuse gli occhi, mentre cercava le parole giuste per continuare “Era raggomitolata proprio dove era caduto per l’ultima volta, gli occhi di giada chiusi per sempre e un piccolo sorriso dipinto sul viso stanco. Benché la vita l’avesse abbandonato da un bel po’, il suo corpo era caldo, come se qualcuno l’avesse stretta in un abbraccio fino a quel momento, ed in una zampa, ben stretti, stavano due fiori di loto. Speranza, quando vide il corpo della madre, capì e la fece seppellire lì, in modo che la ribelle Lien e il suo Loto potessero stare insieme almeno nella morte.”.

Po restò in silenzio per un momento lunghissimo, troppo colpito per parlare. Quel racconto era . . . era semplicemente troppo. Troppo triste, troppo crudele, troppo per essere ascoltato e poi dimenticato come se fosse una storia come tante altre. Perché non lo era, non lo era per niente.

“È una storia tristissima . . .” fu tutto quello che disse, quando riuscì, almeno in parte, a calmarsi.

Tigre annuì appena, mentre i suoi occhi di fuoco cercavano quelli di lui “Di raro le storie delle tigri hanno un lieto fine, anche se questa ha qualcosa che gli si avvicina un po’.” spiegò, per poi aggiungere “Secondo la leggenda, Lien e il suo Loto potranno di nuovo incontrarsi quando due fiori di loto, uno tigrato e uno bianco e nero, sbocceranno insieme.”

Il guerriero inclinò la testa, confuso da quelle parole misteriose “Cosa significa?”.

“Nessuno la sa. L’unica cosa che raccontano le anziane su questa sorta di profezia è che solo quando succederà i due amanti verranno ricongiunti, e questa volta potranno vivere il loro amore.” gli rispose, per poi osservarlo attentamente e dire incuriosita “Pensavo che conoscessi questo racconto, comunque. Non si sa quanto ci sia di vero, ma è comunque la storia d’amore più famosa dell’intera Cina. Pensa che molti usano il termine ‘il mio Loto’ o ‘la mia Lien’ per indicare la persona a cui si è donato il proprio cuore.”

Il panda si strinse nelle spalle. Non l’aveva mai sentita, e una parte di lui in quel momento avrebbe voluto che non le avesse mai chiesto di raccontargliela. “Beh, io non sono mai stato troppo interessato alle storie d’amore.” disse a mo’ di spiegazione, per poi aggrottare la fronte ed osservare  “Anzi, mi sorprenda che la conosca tu. Non mi sembri proprio la tipica ragazza che sospira su tragiche storie romantiche. Quella è una cosa più da Vipera, diciamo.”.

L’angolo destro della bocca si sollevò appena, l’accenno di un sorriso divertito. “Infatti non è per nulla il mio genere. Fino a  un po’ di tempo fa, non la conoscevo nemmeno.” ammise Tigre, aggiungendo poi quasi esitante “Me l’ha raccontata Shen Te. “.

Po si immobilizzò nel sentire il nome del principe. Era passata una settimana da quando gli aveva raccontato del loro passato insieme, ma piuttosto che affievolirsi la rabbia e, anche se non l’avrebbe mai ammesso, la gelosia che provava verso di lui erano diventate più forti di giorno in giorno. Non riusciva ancora ad accettare davvero che lui l’avesse usata e trattata in quel modo e che lei avesse creduto . . . avesse creduto . . .

“Ah.” fu tutto quello che riuscì a dire, per poi sibilare con una fredda furia che riuscì a mascherare solo in parte “Fammi indovinare . . . ti ha proposto di essere il tuo Loto?”

La maestra annuì molto semplicemente, ma con un’espressione che mostrava appieno tutto il suo disgusto. Non disse –non avrebbe mai osato farlo- che quando si era rifiutata di accettare la sua proposta, Shen Te aveva paragonato lui, Po, a quello sventurato amante, e l’aveva minacciata di condannarlo allo stesso destino. Piuttosto, si limitò a ringhiare “Peccato non avesse capito che non volevo essere la triste eroina di una tragica storia d’amore.”

“No.” sorrise suo malgrado il guerriero, quasi divertito e senza rendersene conto. “Se tu fossi stata al posto di Lien, probabilmente sarebbe riuscita a fuggire già la prima volta. O Loto non sarebbe morto, in alternativa. Avresti tagliato la gola a tutte quelle tigri in meno di un secondo, se solo avessero provato ad avvicinarsi a lui.”.

Tigre gli lanciò uno sguardo strano “E’ così che mi immagini?” chiese lentamente.

“Una ribelle cazzuta?” rispose lui, un po’ sorpreso da quella domanda “Io non ti immagino così, lo sei davvero.”.

“No.” replicò la guerriera, continuando a guardarlo con gli occhi ardenti “Non come una ribelle cazzuta. Mi immagini come una persona disposta ad uccidere per proteggere qualcuno che ama?”.

Po rimase a fissarla per un lungo momento, preso completamente alla sprovvista. Non riusciva a credere che lei gli avesse davvero fatto una domanda simile, e con una tale serietà. Non era da lei, insomma.

Se la immaginava capace di uccidere per amore? Sì, decisamente. Lei era una forza della natura in tutto e per tutto e i suoi sentimenti erano forti come fiamme ardenti. Se mai si fosse innamorata, se mai il suo cuore avesse scelto di appartenere a qualcuno per l’eternità, avrebbe usato il suo fuoco per proteggere quel qualcuno. Non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male. Non avrebbe permesso a nessuno di portargli via colui che amava. Avrebbe dato fuoco al mondo, pur di proteggerlo. Si sarebbe macchiata gli artigli di sangue, pur di salvarlo.

Tigre non sarebbe mai stata la triste eroina di una storia d’amore, rassegnata al suo destino e prigioniera degli eventi. Lei era l’unica autrice della sua storia, e se fosse stato necessario l’avrebbe scritta con il sangue.

“Sei quasi morta per proteggere me.” sussurrò piano, quasi come se stesse rivelando una realtà che doveva in qualsiasi modo restare segreta “Quindi sì, credo che per la persona giusta potresti farlo, pur di proteggerlo. Credo che per il tuo Loto potresti uccidere.”.

Tigre rimase in silenzio per un momento che gli parve eterno, i grandi occhi di fuoco che ardevano e catturavano i suoi, talmente affamati di quel calore da non riuscire a fuggire da quelle fiamme che, lo sapeva, l’avrebbero bruciato fino a ridurlo in cenere. Ma a lui non importava, no. Non gli importava di bruciare, perché ormai era legato al suo fuoco per sempre, e non avrebbe desiderato nessun altro destino, non più.

C’era qualcosa di illeggibile nel suo viso, in quel momento. Qualcosa che non riusciva a decifrare. Era qualcosa che scorgeva spesso, ultimamente. Qualcosa che aveva sentito nella sua voce quando aveva gridato il suo nome, prima di fargli scudo con sul corpo. Qualcosa che aveva visto sul suo viso quando si era risvegliata e l’aveva stretta disperatamente a sé. Qualcosa che scorgeva nei suoi occhi quando la notava guardarlo d nascosto, nei momenti rubati in cui credeva che lui non potesse rendersene conto. Era certo di conoscerla meglio di chiunque altro, ma quando scorgeva quel qualcosa non sapeva mai cosa pensare, cosa credere, e per un attimo gli sembrava di avere avanti qualcuno che aveva cercato per tutta la vita ma che adesso che era a pochi passi da lui non sapeva come raggiungerlo.

La guerriera sbatté le palpebre, ponendo fine a quel contatto visivo, e quel qualcosa scomparve, lasciando solo una maschera con sempre più cicatrici e sul punto di crollare. Abbassò lo sguardo sul suo grembo e lui fece altrettanto, come un’ombra ubbidiente. Le loro zampe erano ancora intrecciate, strette come se non volessero lasciarsi andare, e quella vista gli fece male, fantasma crudele di quello che tanto avrebbe voluto avere e che non sarebbe mai stato suo. Così, si costrinse a scivolare via da quella stretta, nonostante ogni singola parte del suo cuore urlasse di dolore nel farlo. Se avesse alzato gli occhi anche solo per un momento, avrebbe visto quello stesso grido riflesso negli occhi ambrati di lei. Ma non lo fece, e si limitò a passarsi una zampa dietro al testa in un gesto fintamente casuale e a cercare disperatamente qualcosa per cambiare argomento.

 “Quindi, panda e tigri si odiano veramente da sempre?” chiese, perché era l’unica cosa che gli era venuta in mente.

La ragazza sembrò un attimo sorpresa, ma si affrettò a rispondere, mentre soffocava l’urlo nascosto nel suo sguardo “Diciamo che non esistono emozioni tenui, tra di loro. O si odiano, o si amano.”.

Nel sentire quella risposta gli occhi di Po scattarono d’istinto un’ultima volta alla ricerca dei suoi, mentre il suo cuore ferito gemeva una domanda spontanea che non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciare ad alta voce.

Ed io e te, allora..?

La maestra non si rese conto di nulla e aggiunse, come se fosse la cosa più naturale del mondo “È normale che tuo padre non mi volesse qui, in fondo. Vi abbiamo sempre e solo causato dolore. “

Il panda si affrettò a scuotere la testa, come se quelle parole l’avessero offeso. “Tu no.” disse, con una sicurezza che non sapeva d’avere. “Mai.“ mormorò, anche se sapeva che era una bugia, anche se sapeva che in quel momento lei gli stava infliggendo il peggiore dolore possibile. Ma lui amava quel dolore con tutto se stesso, come una falena che ama la fiamma che la ucciderà.

“Perché non mi avevi detto questa cosa prima?” chiese dopo una piccola pausa, solo in parte per cercare di zittire i sussurri del suo cuore triste “Il fatto che i nostri popoli sono nemici?”.

La felina si strinse nelle spalle “Non l’ho mai creduto importante.” rispose con molta semplicità e con una tale sincerità da lasciarlo quasi senza fiato “Io e te non siamo i nostri antenati, Po. Non dobbiamo per forza condividere il loro odio.” Si portò una zampa al petto, proprio sopra il cuore “Io non voglio condividere il loro odio.”.

“E io non potrei odiarti nemmeno volendo.” mormorò lui, fin troppo consapevole di star dicendo la verità.

No, lui non avrebbe mai potuta odiarla, anche se lo stava portando alla distruzione. Amava troppo la sua carnefice per poterla odiare.

 Un lampo illuminò a giorno la stanza, e pochi attimi dopo un tuono giunse a spezzare il timido silenzio che si era formato dopo le sue parole. Allora il Guerriero Dragone, come appena svegliatosi da una lunga trance, si alzò in piedi quasi di scatto e andò alla piccola finestra della casetta per sbirciare la terribile furia della tempesta.

“Il tempo è veramente brutto.” commentò, tirandosi indietro ma senza guardarla “Dubito che Shifu riuscirà a tornare, stanotte.”.

Tigre si voltò a sua volta verso la finestra, studiando attentamente la tempesta senza riuscire a mascherare la propria preoccupazione. “Spero che resti al villaggio con gli altri, piuttosto che buttarsi a capofitto in questa tempesta.”  disse, mentre un altro fulmine splendeva nel cielo “Ne sarebbe capace.”.

“Stai tranquilla, è testardo, ma non fino a questo punto.” la rassicurò, anche se in fondo in fondo condivideva la sua preoccupazione “Se ne starà al calduccio e tornerà domani mattina, come una qualsiasi persona sana di mente. Vedrai.”.

La felina annuì,  nonostante non fosse del tutto convinta. “Speriamo.” disse soltanto continuando a guardare fuori, mentre l’amico tornava dalle bende abbandonate poco prima e la bacinella di acqua ormai fredda e le metteva via.

Era ancora girato di schiena, il viso rivolto verso gli scaffali dove riponeva le varie fasce e gli unguenti, quando propose, appena un po’ in  “Resterò io allora, per stanotte. Sempre se vuoi.”.

La ragazza trattenne per un attimo il fiato, presa alla sprovvista. Certo, sapeva fin troppo bene di non poter trascorrere la notte da sola; se si fosse sentita male o avesse avuto una ricaduta doveva esserci qualcuno con lei, pronto ad intervenire. Era per questo che Shifu dormiva lì, accanto al suo letto, ogni singola notte. Ma quella sera il vecchio non sarebbe tornato, e avrebbe dovuto immaginare che Po non l’avrebbe mai lasciata tutta la notte da sola con il timore che potesse stare male quando non era con lei. Ma sarebbe stata la prima notte che trascorrevano nella stessa stanza, da quando si era risvegliata e lui era rimasto con lei fino al mattino dopo, in attesa di Shifu.

“Mi . . . mi farebbe piacere.” rispose alla fine, incapace di dire altro, pregando che gli incubi non tornassero, almeno non quella notte.

 

~~~~΅΅~~~~

 

A Po parve di aver appena chiuso gli occhi, quando sentì per la prima volta Tigre gridare. Si svegliò di botto, spalancando allarmato i grandi occhi di giada.

Accanto a lui, la guerriera si dimenava quasi disperatamente, tanto da aver buttato fuori dal letto tutte le coperte. Il viso era rigato da sudore freddo e gli occhi serrati con forza. Stava gemendo, come se volesse dire qualcosa ma la sua voce glielo impedisse. Scosse con forza la testa ed emise un altro grido roco e terribile, agitando i pugni come se stesse cercando di liberarsi di qualcuno.

“No!”

Po, spaventato da quelle urla e dall’agitazione dell’amica, si alzò subito dalla sua sedia e la chiamò, cercando di svegliarla. Ma la sua voce non sembrava raggiungerla, e anzi si rese conto che aveva sguainato gli artigli e continuava a dimenarsi, ferendosi con le sue stesse zampe.

Allora, senza nemmeno pensale, il Guerriero Dragone agì d’istinto. Salì sul letto e si mise a cavalcioni su di lei, in modo da bloccarla con il peso del suo corpo, e le bloccò i polsi contro il materasso, il più lontano possibile dal viso.

“Tigre!” la chiamò ancora, nonostante lei stesse cercando in tutti i modi di liberarsi “Tigre, svegliati! È un sogno, solo un sogno!”.

La felina urlò ancora una volta, e una pallida lacrima le scivolò lungo la guancia. Poi, come se qualcosa l’avesse privata completamente di tutte le sue forze, si accasciò, restando immobile per lunghi, terribili secondi.

Il panda la chiamo ancora, questa volta più piano “Tigre?”.

Lentamente, la guerriera riaprì gli occhi, grandi ed offuscati, e ci mise un po’ a metterlo a fuoco e a capire chi fosse l’ombra che la sovrastava.

“P-Po?” chiese con un sussurro, la voce tremante.

L’amico sospirò, sollevato, ed annuì, scivolando giù dal suo corpo e sedendosi al suo fianco “Stavi avendo un incubo.” spiegò, visto che era chiaramente confusa e ancora spaventata. “Ho cercato di svegliarti, ma ad un certo punto ti stavo facendo del male e ho dovuto fermarti.” Disse, indicandole i tre lunghi tagli, fortunatamente non profondi, che le attraversavano il braccio sinistro.

Tigre sbatté piano le palpebre, tentando di tornare lucida e di calmarsi. Lentamente sembrò calmarsi e tornare in sé, perché si mise piano a sedere e si posò una zampa sui tagli, senza però distogliere lo sguardo del suo. Respirava affannosamente, come se non riuscisse a riprendere fiato “Scusami.” mormorò alla fine, quando ebbe recuperato abbastanza controllo di sé da poter parlare lucidamente “Non volevo farti preoccupare. Sto bene, ora. ”.

Po ci mise meno di niente a capire che era una bugia “Col cavolo che stai bene.” replicò, sporgendosi verso di lei e toccandogli la fronte come il palmo. Era bollente, proprio come temeva “Tu bruci. Vado a chiamare Li Shan.” disse deciso e fece per alzarsi.

Una zampa tremante si serrò attorno alla sua, trattenendolo lì con forza. “No” fece Tigre, senza mai distogliere lo sguardo, ancora teso ma fermo, dal suo “È così ogni notte. Tra poco andrà meglio.”. Il ragazzo non sembrava convinto, e così, dopo aver preso un profondo respiro, ella sussurrò piano “Ti prego.”.

Il guerriero esitò, incerto su cosa fare. Il suo primo istinto era di andare subito a chiamare Li Shan, ma sapeva che gli sarebbe stato fin troppo difficile lasciare Tigre in quel momento e strappare la propria zampa dalla sua. Così, cedette, come sempre.

Annuì stanco e lei sembrò calmarsi un poco, perché il suo respiro rallentò appena, stabilizzandosi, ma continuò a stringergli la zampa, come se temesse che, se l’avesse lasciata andare lui sarebbe sparito, lasciandola da sola.

Il panda la studiò per un breve momento, notando che si stava calmando abbastanza in fretta, o almeno fingeva una calma che probabilmente era per di più simulata, e domandò “Cosa stavi sognando? E non dirmi niente, capisco quando menti ormai.”.

Tigre strinse i denti, come se quella domanda fosse l’ultima cosa che volesse sentire in quel momento. Probabilmente, se fossero stati gli stessi di qualche mese prima, gli avrebbe risposto di farsi gli affari suoi e di tornare a dormire, e lui l’avrebbe fatto, seppur a malincuore. Ma ora sapeva fin troppo bene che anche se gli avesse urlato in faccia di lasciarla stare lui non si sarebbe tirato indietro per nulla al mondo. E, in fondo, molto in fondo, sapeva pure che non ce l’avrebbe fatta a mentirgli, non adesso, non su quello. E soprattutto, non con quegli occhi verdi che la guardavano come se temessero che potesse scivolare via da un momento all’altro.

Con un piccolo sospiro, la maestra distolse lo sguardo e, pian piano, iniziò a spiegare “Da quando sono . . . da quando mi sono ripresa, dalla notte in cui mi sono addormentata accanto a te, continuo ad avere sogni sempre più vividi. Sento la voce di mia madre cantare e cantare, inizio a distinguere le forme ed i colori di una stanza tutta rossa e due grandi occhi di fuoco fissi su di me. Poi sento i passi affrettati,  le urla e . . .”

La voce le si spezzò e chiuse con forza gli occhi, tentando di calmarsi, ma fu solo peggio. Sotto le palpebre vide bruciare quelle stesse immagini che tanto la tormentavano. Riprese impercettibilmente a tremare, ma subito l’altra zampa di Po si posò sulle quelle già strette tra loro, e quel contatto, lieve ma reale, riuscì a strapparla ai suoi fantasmi, anche se solo per un breve momento.

Respirando profondamente, si costrinse a riapre gli occhi e a guardarlo, tentando di mostrare una serenità che non provava. “Quando mi riprendo, ho sempre la febbre e sento il corpo bruciare, quasi non mi rendo conto di dove mi trovo.” spiegò brevemente, mantenendo la propria voce controllata e calma “La prima volta, Shifu si è spaventato a morte, credeva che stessi avendo una ricaduta. Ma Li Shan ha detto che è normale, che il mio corpo sta ancora cercando di contrastare quel poco di veleno che è rimasto in circolo durante le ore di sonno, e che questo mi causa dolore, brividi ed incubi.”.

Il ragazzo non parve rasserenato da quella spiegazioni, anzi. Il suo sguardo era ancora più cupo, la fronte aggrottata, e i suoi occhi verdi erano colmi di preoccupazione. Dopo qualche momento chiese, chiaramente arrabbiato “Li Shan lo sapeva? Sapeva che stavi male e non mi ha detto niente?”.

Tigre dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. Avrebbe dovuto immaginare che l’avrebbe presa in quel modo “Gli ho chiesto io di non dirtelo.”

Questo fece arrabbiare il panda ancora di più, e fu quasi con un ringhio deluso che domandò ancora “Perché?”

Non riuscì a trattenere un sospirò, questa volta “Non volevo che ti preoccupassi o che ti sentissi ancora più in colpa. Ed avevo ragione a non volere che lo sapessi.” aggiunse indicandolo con la zampa libera “Basta guardarti ora.”.

“Certo che sono preoccupato!” esclamò Po, come se fosse la cosa più naturale del mondo e non riuscisse a credere che lei non lo capisse “Come potrei non esserlo? Sei la mia migliore amica, Tigre. Tengo a te più che a chiunque altro al mondo. Hai rischiato la tua vita a causa mia. Ti ho vista morire. Come posso non essere preoccupato? Come?”.

La guerriera, presa completamente alla sprovvista da quelle parole e dal fuoco che bruciava in quegli occhi di giada, rimase per un lungo momento in silenzio.

“Volevo solo proteggerti da tutto questo. Tenerti fuori.” disse alla fine, molto semplicemente.

Po sembrò sorpreso da quella risposta sincera, ma subito si affrettò a scuotere la testa e replicare “Ma non devi farlo. Non sono un qualche cucciolo da proteggere. Sono un guerriero kung fu, un maestro. Sono il dannatissimo Guerriero Dragone. Posso proteggere me stesso, così come posso proteggere gli altri.” Lentamente le si fece più vicino, si sporse in avanti e le sollevò con delicatezza il mento, in modo che potesse guardarla negli occhi, e mormorò con dolcezza e sicurezza “Tu mi hai protetto per tutta la tua vita. Ma ora basta. Adesso tocca a me prendermi cura di te. Quindi, permettimelo, per favore.”

I due rimase così, immobili, per un tempo lunghissimo. Alla fine, fu Po a tirarsi indietro, lentamente, lasciando il suo mento solo dopo averlo sfiorato con i polpastrelli in una timida carezza, che spinse Tigre a chiudere per un breve attimo gli occhi.

Quando si riaprì, il panda si costrinse a chiedere ancora, sapendo che quello era il momento giusto per ottenere una vera risposta “Non è solo il veleno, vero? Tu stai ricordando sempre di più. La notte, rivedi il tuo passato, quello che è successo quando eri appena una cucciola, e qualunque cosa sia successa causa una reazione da parte del veleno rimasto nel  uno corpo.”.

La maestra esitò, ma alla fine, quasi contro la propria volontà, annuì “Sì, credo che sia così.” borbottò infine, chiedendosi per l’ennesima volta come quel dannato panda riuscisse sempre a tiarle fuori ogni cosa con tanta facilità “Ma non l’ho detto a Li Shan, né a Shifu. Lui non deve sapere. Non ancora.”

Po annuì a sua volta, promettendo che da loro non avrebbero saputo nulla e poi, dopo qualche momento di incertezza, Tigre sospirò ed aggiunse, tesa “In questi sogni, credo di vedere mia . . . mia madre. E qualcun’altro, una ragazza più o meno della sua età. Stanno parlando di una fuga, di scappare via, di portarmi lontano. Ma poi, all’improvviso, tutto finisce.” Lentamente, si portò una mano al petto, per poi stringerla con forza proprio attorno alla collana donatole dal padre naturale “E io mi sento . . . morire ogni volta, ogni singola notte.”

Il guerriero per un attimo non seppe cosa fare, ma poi tirò l’amica verso di sé e la strinse delicatamente in un abbraccio. Rimase immobile per un lungo momento, sorpresa, e lentamente Po le accarezzò la schiena, sussurrando “Scopriremo cosa è successo, te lo prometto. Vendicheremo tua madre e la faremo pagare a Shang Chiang. E finalmente questi incubi svaniranno.”.

A quelle parole Tigre si sentì stringere forte il cuore, e d’istinto si rannicchiò più vicina a lui, rispondendo timidamente all’abbraccio e nascondendo il viso contro il suo petto. Non disse nulla, ma non ce n’era bisogno. Ormai sapeva fin troppo bene che Po riusciva a capirla anche senza bisogno di parole.

Po la strinse più forte a sé, cullandola quasi tra le sue braccia, e rimasero così, l’uno stretto all’altra, per quelle che parvero ore. Fu lui, ancora una volta, a sciogliere quel contatto, ma a malincuore, per mormorare piano “E’ meglio che adesso provi di nuovo a dormire. Dubito che avrai altri incubi, per questa notte.”.

La ragazza annuì, anche se dormire era l’ultima cosa che voleva fare al momento, e si abbassò per prendere le coperte cadute dal letto. Ma prima che potesse sistemarsele addosso, Po si mise accanto a lei, gliele sfilò dalla zampa e le sistemò in modo che coprissero entrambi.

La felina si voltò verso di lui, confusa e presa alla sprovvista “Cosa stai facendo?” chiese, senza capire, o meglio sperando di aver capito male.

Il ragazzo si strinse nelle spalle e spiegò, quasi timidamente “Mio papà lo faceva sempre quando avevo gli incubi, da piccolo. Diceva che la presenza di un’altra persona accanto a te manda via gli spiriti volpe. Non so quanto sia vero, ma funzionava.” aggiunse poi, di fronte allo sguardo critico dell’altra “Quando c’era lui, riuscivo ad aver un sonno senza incubi.”

E riuscivo a sognare te.

Tigre si schiarì appena la voce, non sapendo bene cosa dire “Po, io e te non possiamo dormire insieme, lo sai.” gli ricordò delicatamente. Il suo era stato un pensiero gentile e l’aveva colpita molto, ma già avevano infranto le regole una volta dormendo nella stessa stanza. Non potevano dormire nello stesso letto, anche se nessuno avrebbe mai potuto saperlo. Era qualcosa di troppo . . . troppo intimo. Qualcosa che due maestri non potevano in alcun modo condividere, non importava quanto fossero legati.

Po arrossì di colpo “Ma non è quel tipo di ehm, dormire insieme, ecco.” borbottò imbarazzato, passandosi una zampa dietro la testa

Anche la felina sentì il proprio viso improvvisamente bruciare e si affretto a ribattere “Certo, ma comunque non possiamo. Se Shifu tornasse e ci trovasse così . . .”

Non finì di parlare, perché sapevano entrambi a cosa sarebbero andati incontro. Lo sapeva fin troppo bene. Ma a Po non interessava, non davvero.

“Domattina mi sveglierò all’alba e ti lascerò riposare da sola.” la rassicurò, ancora rosso in volto ma sicuro di sé. In quel momento l’unica cosa che gli interessava era non lasciare Tigre in balia dei suoi incubi. Lei non l’aveva fatto con lui, quando l’aveva trovato sulla barca mesi prima a litigare con l’albero maestro, e lui non sarebbe stato da meno. “Nessuno lo verrà mai a sapere. Te lo prometto.”.

La guerriera si mordicchiò incerta il labbro. Sapeva che avrebbe dovuto rispondere comunque di no, a qualsiasi costo. Ma l’idea di addormentarsi e rivivere da sola quegli incubi che non le lasciavano pace la terrorizzava più di quanto volesse ammettere. E avere Po al suo fianco era veramente l’unica cosa capace di calmarla, in quel momento. Ma . . .

“Io . . . d’accordo.” cedette alla fine, sperando che quella sua piccola debolezza non si rivelasse la più grande imprudenza della sua vita.

Po sorrise allegramente ed entrambi si coricarono l’uno accanto all’altra. Erano fin troppo vicini, complice di ciò la scarsa grandezza del letto, ma non abbastanza da toccarsi. Eppure, quella vicinanza ebbe uno straordinario effetto calmante su Tigre, che pian piano sentì i propri battiti rallentare dolcemente e le sue palpebre farsi pesanti.

“Po?” lo chiamò sottovoce la ragazza, delicatamente, prima di addormentarsi.

“Sì?”

La zampa timida della guerriera cercò la zampa del panda sotto le coperte. “Grazie.” sussurrò piano, mentre le loro dita si intrecciavano quasi d’istinto.

Il Guerriero Dragone sorrise nell’oscurità e portò le proprie zampe intrecciate alle labbra, per lasciare un piccolo bacio sul dorso di lei “Non devi ringraziarmi, Tigre.”.


Nemmeno il mio amore, come quello di Loto, avrà un lieto fine.

Ma finché posso restare al tuo fianco ed amarti in silenzio mi va bene così.

 

 


 

 

La tana dell’autrice


Sì, rieccomi qui. Un po’ indietro sulla tabella di marcia, ma ci sono. Parecchio indietro, a dire il vero. Ci ho messo molto più del dovuto, lo ammetto, ma in questi mesi ci sono stati così tanti problemi, e i capitoli che sto buttando giù erano così impegnativi che ho preferito rimandare la pubblicazione piuttosto che darvi qualcosa di frettoloso e che non mi soddisfacesse del tutto. And yep, è tornata anche la tana, di cui molti di voi avevano richiesto a gran voce. Vi erano mancati i miei soliloqui e commenti idioti, quindi rieccoli qua, solamente per voi.

Devo ammettere che la difficoltà della scrittura non è stata l’unica cosa che ha rallentato tanto il mio ritorno. Come chi ha letto e sta seguendo ‘Love on ice’ –che devo assolutamente recuperare- già saprà, l’ultimo è stato per me un periodo davvero complicato. Ho affrontato ora l’ultimo anno di liceo, e tutto sta cambiando così velocemente. Devo decidere della mia vita e del mio futuro, e la strada che ho scelto è così piena di ombre che prima di percorrerla voglio essere sicura di poterla affrontare fino in fondo. E lo stress sembra non avere mai fine. Con la maturità in mezzo e l’università ho dovuto rilegare la scrittura a brevi attimi rubati, sempre più rari ogni giorno che passa. Ma avevo così disperatamente bisogno di non pensare e solamente lasciare che le mie dita danzassero sulla tastiera, permettendomi di rifugiarmi in un modo che conosco meglio di qualsiasi altra cosa, che alla fine non ho resistito più e ho iniziato a ritagliarmi qualche breve momento per tornare me stessa.

Mi sembra quasi strano dire queste cose qua sopra. Quando ho iniziato a scrivere qui, ero appena una ragazzina insicura e all’inizio delle superiori che voleva solo trovare un posto in cui sentirsi accettata. E ho trovato, tra i tanti rifugi, EFP. Qui sono cresciuta, ho scoperto nuove passioni e nuove realtà e soprattutto ho conosciuto delle persone fantastiche che hanno reso tutto ciò che buttavo giù speciale ed unico con i loro messaggi, a volte gentili, a volte sarcastici, a volte teneri o scherzosi, ma sempre preziosi, o anche solo con la loro semplice attenzione. Qui sopra sono diventata grande e devo tantissimo a tutti coloro che hanno dedicato anche solo pochi minuti del loro tempo in questi anni a leggere le mie storie o a chiacchierare con me.

Mi fa impressione essere qui, ad aggiornare quello che ormai per me è un pezzo della mia storia. Perché le cose potranno anche cambiare, potrò anche andare all’università e diventare una persona completamente diversa dalla ragazzina timida che ero agli inizi, ma EFP e soprattutto questa fic, che mando avanti da tanto tempo e ancora mi stringe forte a sé, racchiude tutta la mia crescita di questi anni, ricordi belli e brutti, frammenti di persone che non dimenticherò mai e un’esperienza che mi ha cambiata tantissimo.

Voglio ringraziarvi di cuore anche perché questa fic, per me tanto importante, ha superato le 200 recensioni, tutto grazie a voi. Non ho davvero parole, non riesco quasi a credere che dopo tutto questo tempo ci siano ancora persone interessate a quello che butto giù e che continuano a credere in questa storia anche quando io vorrei solo chiudere tutto e basta. Questa fic e io stessa siamo qui per voi e grazie a voi. Per cui...grazie. Grazie di tutto.

 

La vostra

Tigre Rossa

  
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