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Autore: Bloodred Ridin Hood    18/09/2017    1 recensioni
Commedia sperimentale sulle vicende di vita quotidiana della famiglia più disfunzionale della saga.
Immaginate la vita di tutti i giorni della famiglia Mishima in un universo parallelo in cui i suoi membri, pur non andando esattamente d’accordo, non cerchino di mandarsi all'altro mondo gli uni con gli altri.
[AU in contesto realistico] [POV alternato]
[Slow-burn XiaoJin, LarsxAlisa] [KazuyaxJun] [Accenni di altre ship]
[COMPLETA]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Jin Kazama, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17
Borderline Criminal Behaviour
(Lars)

 

Ci sono poche informazioni riguardo all’orfanotrofio che la Mishima Zaibatsu ha fondato e finanziato per anni. Una piccola struttura, situata in una zona rurale del Giappone, decisamente fuori dai riflettori dei media.
Apro l’immagine relativa all’articolo che riporta la notizia della sua inaugurazione, venticinque anni fa. È il sito internet di un piccolo giornale regionale e a quanto sembra è l’unico ad aver menzionato l’esistenza di questo orfanotrofio.
La foto ritrae una quindicina di bambini e tre donne dall’aria severa.
Perché Heihachi Mishima avrebbe finanziato questo orfanotrofio? Ci sarà stato di mezzo qualche interesse particolare o sarà stato spinto da un semplice sentimento filantropico? Perché allora farlo così discretamente senza sfruttare l’enorme pubblicità che avrebbe potuto ricavare da un’iniziativa del genere?
E se è stato soltanto spinto da buoni sentimenti, allora perché limitarsi ad una struttura così piccola quando avrebbe potuto sicuramente dare una possibilità di vita migliore a molti più ragazzi?
E soprattutto, cosa è successo quindici anni fa da decretarne la chiusura improvvisa? Una chiusura silenziosa almeno quanto l’inaugurazione.
L’articolo dello stesso quotidiano regionale non si dilunga in accorte spiegazioni. Pare semplicemente che qualcosa non andasse nella direzione di quell’orfanotrofio e si è deciso di chiuderlo. I ragazzi sono stati affidati a delle famiglie e quella casa di campagna è diventata una struttura ricettiva.
Salvo i due articoli nella cartella relativa al caso.
I ragazzi ospiti dell’orfanotrofio dovrebbero essere adulti ormai. Sarebbe interessante riuscire a trovarne uno, potrebbero diventare degli utili testimoni chiave. Se solo ci fosse un modo per risalire a quei nomi!
Credo comunque di essere sulla giusta pista. C’è ancora del lavoro da fare, ma credo di essere vicino a qualcosa di grosso e non ci vorrà ancora tantissimo prima del completamento della missione.
Esco dal browser e chiudo il portatile, spostandolo sul comodino accanto al letto.
Poi sospiro e mi allungo all’indietro, posando la testa sul cuscino.
Le cose procedono a meraviglia eppure… non avevo pensato che avrei avuto a che fare con questo tipo di sentimenti.
Cosa dirò ai Mishima quando la missione sarà completata e dovrò lasciare la casa? Come reagiranno Jun, Asuka… Alisa?
So che sto agendo a fin di bene e che quello che faccio è per un bene maggiore, che in un certo senso lo sto facendo anche per loro, ma…
Questo non cambia il fatto che…
Mi copro gli occhi con un braccio e cerco di allontanare il pensiero.
Sono un bugiardo.
Un vile, sporco bugiardo.
E improvvisamente inizio a non sopportare più di sentirmi così sporco dentro.
Bussano alla porta.
Mi ricompongo e mi metto a sedere.
“Avanti!”
La porta si apre e Alisa fa capolino.
“Ti disturbo?” chiede inclinando leggermente la testa con la sua solita aria innocente.
Ha ancora la divisa scolastica in dosso. Deve essere appena tornata da scuola.
Alisa è sempre così. Con il suo sorriso semplice, innocente, una ragazza dall’animo puro. L’esatto contrario di come mi sento io in questo momento.
“No, dimmi pure.”
“Jun-san mi ha mandato a chiamarti.” mi riferisce “Ha bisogno che tu le faccia un favore.”
Le rivolgo uno sguardo un po’ confuso.
È strano. Oggi è il mio giorno di riposo a lavoro.
“Non ti ha detto che tipo di favore?” chiedo sorpreso.
“Vorrebbe che l’accompagnassi a fare una commissione.”


Il cielo si è coperto di nuovo e le pozzanghere sull’asfalto, illuminate dalla luce dei lampioni, iniziano ad incresparsi ritmicamente.
Ha ripreso a piovere. Una fitta pioggerellina leggera. Sentiamo la sua carezza sulla carrozzeria e il cristallo inizia a puntellarsi di goccioline minuscole.
“Pare che stia arrivando l’inverno.” commento con una punta di ironia.
Pare che stia arrivando tutto nel giro di pochi giorni.
Sia io che Alisa siamo usciti con abiti leggeri, non potevamo aspettarci questo cambio repentino di stagione.
Spero di non dover arrivare ad accendere il riscaldamento dell’auto. Non ho idea per quanto ancora dovremo rimanere qui fermi ad aspettare.
In realtà non ho idea di che cosa stiamo facendo qui. Per qualche motivo a noi non noto, Jun e Kazuya hanno voluto che li accompagnassimo in macchina in questa zona della città. È un quartiere residenziale, non ho la più pallida idea di che cosa siano venuti a fare. Sono semplicemente usciti dall’auto, dicendoci che ci avrebbero messo qualche minuto e poi sono spariti dietro ad una di queste abitazioni.
“Personalmente non mi dispiace il freddo.” dice Alisa dopo qualche secondo di silenzio.
È intenta a guardare la pioggia al di là dal finestrino.
“Mi fa sentire un po’ come a casa.” aggiunge con un sorriso un po’ nostalgico.
Mi perdo nella vista della pioggia anche io.
“Già, anche a me.” ammetto.
Non è passato così tanto tempo da sono venuto ad abitare con i Mishima in realtà, ma sono successe tante di quelle cose che questo periodo sembra essere durato molto di più. Presumo che per Alisa debba essere lo stesso, dopotutto, da questo punto di vista, siamo in una posizione abbastanza simile.
Ma anche drasticamente diversa.
“Chissà se Jin-san è riuscito a coprire la finestra in qualche modo.” sospira Alisa.
“Ti riferisci alla finestra di camera sua che ha sfondato ieri con una scarpa?” chiedo con un sospiro.
È un periodo difficile per Jin e ieri non ha apprezzato il tentativo di Asuka di fare un dialogo-terapeutico tra cugini. Il risultato è che lui l’ha cacciata dalla stanza, lanciandogli contro qualsiasi cosa gli capitasse fra le mani. Una di queste ha trapassato la finestra.
“Esatto.” annuisce un po’ preoccupata guardando il cielo “Credo che farà freddo stanotte.”
“Avrebbe dovuto pensarci prima di farsi venire una crisi isterica.” osservo.
Alisa si volta e mi guarda.
“Lars-san, i suoi sogni si sono infranti davanti ai suoi occhi.” cerca di farmi notare, parlando piano.
Ammirevole da parte sua preoccuparsi di qualcuno che non ha fatto altro che sputare veleno e cattiverie contro chiunque gli capitasse davanti per tutta la settimana!
“Lo giustifichi?” chiedo un po’ sorpreso “Anche dopo come si è comportato questi giorni?!”
“Non ho detto che lo giustifico.” si corregge abbassando lo sguardo “Però un po’ lo capisco. Ma con questo non voglio negare che abbia un certo…” fa una pausa per cercare il termine giusto “caratteraccio.”
Mi scappa un risolino.
“Definirlo caratteraccio è un complimento.” ironizzo con una mezza smorfia “Evidentemente sei una persona migliore di me, Alisa.” commento, e queste parole pesano sul mio cuore come un enorme macigno.
Alisa ridacchia, ignara di ciò che vorrei davvero intendere con questa frase.
“Oh no, non dire così!” risponde lei.
Abbasso lo sguardo davanti a me, serio.
“No, è vero.” ammetto.
Alisa sembra avvertire i miei sentimenti di autocommiserazione e subito mi pento della mia vulnerabilità. Non è da me, proprio non capisco che mi sta prendendo questi giorni.
Devo sembrare patetico in momenti come questi.
“Non dovresti sminuirti Lars-san.” dice Alisa poco dopo. 
Guarda davanti a sé e congiunge le mani incrociandole sulle ginocchia. 
“Ho incontrato tante belle persone finora, alle quali sono infinitamente grata.” spiega allora parlando un po’ timidamente “Jun-san, che mi ha accolto nella sua casa, Xiao-san e Miharu-san, che mi hanno fatto da guida a scuola e grazie a loro ho capito cosa significhi avere delle amiche. Sono grata anche ad Asuka-san, che a suo modo è un’ispirazione anche lei, ma…”
Fa una pausa e mi guarda non riuscendo a mascherare una punta di imbarazzo.
“... non dimenticherò mai il giorno in cui mi hai portato a prendere un milkshake, mentre Jun-san e Kazuya-san discutevano in soggiorno.” ricorda arrossendo un po’ “Era il mio primo giorno in quella casa ed ero così spaesata e… letteralmente terrorizzata.” 
Abbassa di nuovo lo sguardo e stringe le dita contro la stoffa dei jeans.
“Tu mi hai offerto un’ancora di sanità mentale in quel momento così caotico e difficile e… grazie a te, in quel momento, per la prima volta nella mia vita, anche solo per un attimo mi sono sentita come se… fossi una ragazza normale.”
Le sue parole mi travolgono come un treno in corsa e, se prima potevo avere qualche senso di colpa riguardo la mia etica, adesso ho letteralmente il cuore a pezzi.
“Alisa…” sono come paralizzato e per qualche secondo non riesco a dire altro.
Solleva lo sguardo timidamente su di me, le guance le si sono colorate di rosa.
È adorabile e io sono un impostore.
“... tu sei una ragazza normale!”
Alisa mi guarda con un sorriso triste.
“Lo apprezzo molto, Lars-san, ma… no, non lo sono.”
Rimango impalato per qualche secondo, poi sposto lo sguardo sul volante davanti a me, incerto su cosa rispondere. Deglutisco. Sto sudando freddo, non so cosa dire, né fare.
È stato tutto uno sbaglio. Aver accettato questa missione, aver recitato la parte per tutto questo tempo… essermi affezionato a delle persone.
Ho commesso un terribile errore. Non è professionale!
“Lars-san!” Alisa mi richiama dal turbine dei miei pensieri “Eccoli! Stanno tornando!”
Vedo che ha puntato il dito contro il finestrino, in direzione della casa dietro alla quale Jun e Kazuya si sono diretti una decina di minuti fa.
“Ma… quello è…” balbetta Alisa con un’espressione vagamente spaventata. 
Si copre la bocca con una mano.
“Che… ?!” riesco soltanto a dire io, non credendo ai miei occhi.
È un’allucinazione o sta succedendo davvero?
Ne ho viste tante da quando sono arrivato in Giappone, vivendo con quella che chiaramente non rientra esattamente nella definizione di famiglia normale, ma questo… beh, questo decisamente non era qualcosa che non sarei assolutamente stato in grado di prevedere.
Jun e Kazuya, con il viso semicoperto da occhiali da sole scuri, nonostante il sole sia tramontato da un po’, camminano attraverso la pioggia a passo svelto, trascinandosi dietro… beh, un uomo imbavagliato che si dimena con le mani legate dietro la schiena.
Raggiunta la macchina, Kazuya apre uno degli sportelli posteriori e spinge l’uomo all’interno dell’auto con un calcio sul sedere.
Il poveretto cade di pancia sui sedili. Kazuya lo spinge verso il posto del centro e, come se nulla fosse, entra in auto e si siede accanto a lui.
“Che diamine succede?!” chiedo preoccupato.
In che cosa mi stanno immischiando esattamente questi due pazzi?!
“Limitati a guidare e non fare domande.” mi risponde Kazuya con il suo solito tono amichevole.
Jun fa il giro dell’auto ed entra dall’altro sportello posteriore.
“Lars, partiamo!” dice sedendosi dall’altro lato dell’uomo imbavagliato e chiudendo lo sportello.
“Ma…” cerco di protestare.
“Metti in moto!” mi ordina Kazuya impaziente “Vuoi forse che ci veda qualcuno?!”
“Mmmmmhh mmmmmhh!” si lamenta l’uomo imbavagliato, dimenandosi con occhi sgranati.
Kazuya lo trattiene usando entrambe le braccia.
“Ma… chi è questo?! Cosa sta succedendo?!” cerco di chiedere.
“Lars, Alisa, tesori!” dice Jun forzando un sorriso mentre aiuta Kazuya a tenere fermo il prigioniero “Posso assicurarvi che non è quello che sembra! Come torneremo a casa vi spieghiamo tutto, ma adesso metti in moto Lars, ok?”
“Non è quello che sembra?!” chiedo avviando con titubanza il motore della macchina.
Mi tremano le mani e sento il cuore battere all’impazzata contro il petto.
C’è solo una cosa che mi frulla nella testa in questo momento.
Rapimento. Complice di rapimento.
Guardo Alisa. Hanno coinvolto persino lei in questo crimine!
Questi due si sono completamente bevuti il cervello!
“E se ci fermano ad un posto di blocco?” provo a chiedere.
“Con un po’ di fortuna, non succederà.” risponde Jun con troppa fiducia.
Inizio a guidare verso casa. 
Non posso rifiutarmi di aiutarli, se poi litigassimo e mi mandassero via di casa, addio missione!
Con un po’ di fortuna forse, se ci dovesse fermare la polizia, io e Alisa potremo cavarcela dicendo che siamo stati costretti ad aiutarli. Dopotutto sono due artisti marziali che sanno essere piuttosto pericolosi quando vogliono.
Qualcosa mi inventerò, di certo non mi lascerò trascinare nei casini con la legge da questi due psicopatici!
“È… è… il professor Chaolan?” chiede Alisa confusa studiando il povero malcapitato.
Lancio uno sguardo veloce allo specchietto retrovisore.
L’uomo annuisce vehemente riconoscendo Alisa e mugugna qualcosa contro la stoffa che gli blocca la bocca, qualcosa che suona vagamente come una disperata richiesta d’aiuto.
Quindi è un professore della scuola dei ragazzi?
“Lars!” dice Jun sfilandosi gli occhiali da sole e guardando l’uomo con aria minacciosa “Ti presento Lee Chaolan, il fratello adottivo di Kazuya, che oggi abbiamo deciso di invitare a cena!”
“Co… cosa?” chiedo esterrefatto. 
Il fratello adottivo di Kazuya?!
“Quindi è… è una specie di scherzo vero?” 
La speranza è l’ultima a morire.
Jun sorride, ma non ha assolutamente l’aria di una che ha tanta voglia di scherzare.

 


“Siete due pazzi psicopatici!” si lamenta ancora Lee a gran voce.
Jun gli porge un bicchiere d’acqua.
Abbiamo finito di cenare da poco, ed è stata di lunga la cena più strana a cui abbia mai preso parte. Durante la cena nessuno ha parlato della situazione, era meglio pensarci dopo a stomaco pieno, come ha asserito Jun. Lee si è rifiutato di toccare cibo a cena, probabilmente per paura di venire avvelenato e non ha smesso un momento di inveire contro i suoi due rapitori.
Eccoci ora in salotto per l’attesissima resa dei conti.
“Oh per l’amor del cielo, Lee! Quanto la fai lunga!” commenta la donna un po’ infastidita “Da quando sei diventato così delicato?!”
“Lo è sempre stato, non è cambiato di una virgola.” Kazuya si inserisce nel discorso, poi guarda il fratello con una smorfia “Se non per il suo gusto in fatto di abbigliamento, che è decisamente peggiorato nel tempo. Come cazzo ti sei vestito?”
In effetti il suo completo color prugna non è il massimo del buon gusto.
Lee lo ignora e beve il bicchiere d’acqua offertogli da Jun.
“Fatevelo dire, la mezza età vi sta facendo davvero male!” dice dopo averlo mandato giù.
È furente e ancora abbastanza scosso.
“State peggiorando ed è davvero preoccupante se non trovate niente di sbagliato in quello che avete fatto!”
Jun ride sarcastica a braccia conserte.
“Che vuoi fare? Ci vuoi denunciare per sequestro di persona?!” chiede con una smorfia “Non è colpa mia se questo è l’unico modo per poter fare una chiacchierata faccia a faccia con mio cognato!”
Posa le mani sui fianchi, visibilmente adirata.
“È così o non è così Lee?” domanda ancora “Sono giorni che ti chiedo di vederci e tu non fai altro che tirare fuori una scusa dopo l’altra! E lo sai bene che non mi piace che si rifiuti un mio invito!”
“Sei pazza da legare!” borbotta il cognato.
“Oh, certo! Forse sono pazza, o forse ho capito il tuo gioco!” risponde Jun “La verità è che hai la coda di paglia, non è vero?”
Lee alza lo sguardo al soffitto.
“Te l’ho già spiegato. Non ti stavo evitando! Sono solo molto impegnato!”
“Oh certo, eri proprio impegnato quando ti abbiamo trovato a casa tua a sorseggiare il tuo bel vino francese e ad allenarti al biliardo! Ma tutto questo non è più importante adesso!” continua Jun scacciando il pensiero con una mano “Perché ora sei qui e puoi finalmente dedicarci un po’ del tuo prezioso tempo.”
Poi improvvisamente lo guarda seria e incrocia le braccia sul petto.
“E comunque… mezza età? Sul serio?” chiede minacciosa “Se vuoi tornare a casa sano e salvo vedi di fare attenzione alle parole che scegli d’ora in poi.”
Lee la guarda agghiacciato.
“Andiamo, sto solo scherzando!” esclama Jun con un sorriso, mentre prende posto sul bracciolo della poltrona di Kazuya.
“Ehm… Jun!” intervengo “Sei proprio sicura che vuoi che… noi tutti assistiamo alla conversazione?”
“Certo che sì!” risponde prontamente lei “Siamo pur sempre una famiglia no? In una famiglia ci deve essere trasparenza e anche voi ne fate parte adesso, è giusto che siate presenti.”
Alisa, seduta accanto a me, mi rivolge uno sguardo un po’ imbarazzato.
“E perchè c'è bisogno di qualcuno che faccia in modo che le cose non finiscano troppo male.” mi risponde Asuka seduta invece all’altro mio fianco.
È mezzo affondata nel divano ed è intenta a sfogliare una rivista per adolescenti che le copre metà del viso. Non sembra né preoccupata per la situazione, né particolarmente impressionata. È come se non fosse niente di troppo strano per lei, niente che non abbia mai visto.
“Siamo una sorta di garanzia. Se finiscono per combattere dobbiamo fermarli.” aggiunge poi sottovoce, poi mi guarda e fa un sorrisetto “Se siamo fortunati ne vedremo delle belle!”
“Le cose NON finiranno male, Asuka!” la corregge Jun con un sorriso forzato “Andrà tutto bene. Come dicevo, devo solo discutere alcune cose con mio cognato in modo civile!”
“Civile non è un aggettivo che vi si è mai addetto!” si lamenta Lee “Siete dei… barbari!”
Kazuya sogghigna divertito.
“Quale offesa!” lo schernisce.
“Barbari?! Andiamo Lee! Dovresti sapere che la violenza non mi piace per niente!” gli fa notare Jun “Quante volte sono intervenuta per fare da paciere tra te e Kazuya durante i vostri innumerevoli litigi?”
“Il più delle volte finiva per farsi male da solo.” ricorda Kazuya con un ghigno divertito “Come quella volta che dopo averci interrotto è scappato, è inciampato ed è caduto con la faccia contro il muro, rompendosi il naso. Dì un po’ Lee, quanto hai speso in chirurgia estetica per fartelo rimettere a posto?”
“Suvvia Kazuya! Basta così.” interviene di nuovo Jun con tono canzonatorio “Non vorrei che il nostro ospite si sentisse troppo in imbarazzo.”
Lee sospira e cambia posizione nella poltrona.
“Avanti, facciamola finita e dimmi di cosa vuoi parlare.”
Jun torna ad alzarsi e lo guarda intensamente, tornando seria e minacciosa.
“Sai di cosa voglio parlare, Lee.” dice in tono glaciale “Come ho appena detto, detesto la violenza… in questo momento tuttavia, non nego che desidererei prenderti a pugni fino a farti tornare il naso storto dei vecchi tempi.”
Kazuya ridacchia.
“A dire il vero, io non sono particolarmente interessato alla questione. Una punizione ogni tanto non può che fare bene a quello sciagurato, così magari gli passa anche la voglia di spaccare porte e finestre ovunque passi.” spiega Kazuya a bassa voce “Ma è sempre un piacere minacciarti di spaccarti la faccia.”
Conclude con un ghigno malefico.
Lee scuote la testa e decide di ignorarlo.
“Jun, ti ho già detto tutto per telefono! Mi dispiace molto che la stia prendendo così male, ma Jin si è messo in un pasticcio e deve saper accettare che queste sono le conseguenze!”
Asuka chiude il giornale, lo lancia via e per poco non mi colpisce in testa.
“Non è necessariamente per far un favore a quel cafone di Jin, ma non si meritava di essere punito al posto di tutti gli altri! Ora si sente una specie di martire e l’hai reso ancora più insopportabile del normale! Complimenti Lee!”
Lee le fa un cenno con una mano, invitandola a non mettersi in mezzo.
“Tu stanne fuori!” le intima “La cosa non ti riguarda.”
“Ti ho già detto che sono io ad aver dato quel pugno!” sbotta Asuka incollerita “Se permetti, mi riguarda.”
“Ne abbiamo già parlato Asuka, la questione era già stata risolta in presidenza e non era il caso di riaprire il caso!” ribatte Lee “E poi sai bene che con la media che ti ritrovi una sospensione potrebbe anche farti ripetere l’anno. Era questo che volevi?”
Asuka sbianca e guarda altrove in silenzio.
“Quindi per proteggere degli studenti hai deciso di colpirne solo uno?” chiede Jun gelida. “Credimi! Ho solo cercato di agire per fare quello che era meglio per tutti.” risponde Lee.
“Quello che era meglio per tutti?!” ripete Jun per niente convinta “O forse il meglio per tutti all’infuori di Jin!”
“Ti prego, calmati!” dice ancora Lee “Anche se gli altri avessero ricevuto la loro punizione, le cose non sarebbero comunque migliorate per Jin!”
“Non sono assolutamente d’accordo! Mio figlio non si merita di dover essere trattato da capro espiatorio di nessuno!”
“Senti, non sono io ad averlo chiamato in causa!” si giustifica Lee “Io ho solo cercato di ridurre i danni al minimo, non coinvolgendo altri studenti per quella che era… una punizione non necessaria!”
“Non necessaria dunque?!” chiede Jun.
“No! Il ragazzo con cui c’è stato l’incidente è uno dei peggiori elementi che la scuola abbia mai avuto la disgrazia di incontrare! Totalmente indisciplinato e incontrollabile!” spiega Lee “In un certo senso Jin e gli altri ci hanno finalmente liberato da questo fardello! Fosse per me si meriterebbero un premio, più che una punizione.”
“E allora perc…” cerca di chiedere Jun.
“Siamo pur sempre una scuola!” la interrompe Lee “Il nostro compito è trasmettere ai ragazzi l’importanza del rispetto per le regole e della disciplina. È innegabile che i ragazzi abbiano sbagliato ad agire in quel modo, facendo di testa loro e immettendosi in una situazione potenzialmente pericolosa! Dovevamo dare per forza una punizione, seppure simbolica. Il nome di Jin è l’unico che è saltato fuori durante la discussione in presidenza e lui stesso ha preferito non fare il nome di altre persone. Per non parlare poi del fatto che la sua condotta scolastica non è perfettamente immacolata. Insomma è stato sfortunato, per certi versi anche eroico, ma è andata così.” 
“Beh, continuo a pensare che sia un’ingiustizia!” si lamenta Jun con fermezza.
“È solo una dannata settimana di sospensione Jun! Non morirà per questo!”
“Non esce dalla sua stanza da quattro giorni ormai!” ruggisce Jun.
I suoi occhi sono colmi di preoccupazione, oltre che rabbia.
Lee inspira silenziosamente e distoglie lo sguardo.
“Non mangia praticamente niente… non vuole parlare con nessuno, non so più cosa fare!” continua Jun nervosa “Ed è tutta colpa tua.” 
Per un attimo ho paura che possa saltargli addosso e aggredirlo come una leonessa inferocita.
“Beh…” Lee si schiarisce la voce “Non metto in dubbio che Jin ultimamente sia un po’ sotto pressione.” 
Jun alza un sopracciglio ascoltando diffidente.
“A questo proposito abbiamo pensato che possa fargli bene parlare con la psicologa della scuola!” riprende Lee con un gran sorriso con la speranza di farle sbollire un po’ di rabbia.
Tentativo che va a fallire miseramente però.
“La psicologa della scuola?!” urla Jun tornando rossa in volto dalla rabbia “MA SE NON VUOLE PARLARE NEMMENO CON ME!”
“Certo che non vuole parlare con te! HA DICIANNOVE ANNI E TU SEI SUA MADRE!” gli  risponde a tono Lee.
Jun rimane a bocca aperta, confusa, in evidente difficoltà.
Jun e Lee si guardano in silenzio, immobili, per qualche secondo. È Lee il primo a rompere il contatto visivo.
Scuote la testa e alza gli occhi al soffitto.
“È vero che hai sfondato il cranio della statua del vecchio con un razzo?” chiede poi dal nulla Kazuya poco dopo.
Lee rimane inizialmente serio, un po’ confuso dal cambio inaspettato di argomento, poi si scioglie e sogghigna.
“Oh sì!” risponde orgoglioso “Gli è finito dritto in bocca proprio come un enorme…”
“LEE!” sbraita Jun rossa in volto. 
Sembra che voglia aggiungere qualcos’altro, ma sembra trattenersi, poi si volta da noi. 
“Ragazzi, andate pure se volete.” dice con un sorriso meccanico “In effetti sta diventando più imbarazzante di quanto mi aspettassi.” 
Lancia un’occhiata gelida al cognato.
“Lars, già che ci sei potresti portare la cena a Jin?” mi chiede poi mentre mi sto alzando “L’ho lasciata in un ripiano in cucina.”
“C… certo.” rispondo, anche se non ne sono per niente entusiasta.
Di solito se ne occupa lei e Jin è già abbastanza difficile da affrontare nei suoi giorni migliori, figuriamoci in questo momento.
Io, Asuka e Alisa ci alziamo e ci muoviamo verso il corridoio. 
“Kazuya, aiutami a prenderlo.” sento dire a Jun quando usciamo dalla loro visuale.
“Hey, che cazzo volete fare?!” chiede Lee preoccupato.
“Ti riportiamo a casa, idiota!” dice Jun “Ma prima facciamo un giretto in macchina tutti e tre insieme. Da quando è che non organizziamo un’uscita noi tre?”
Mi fermo e guardo Asuka con preoccupazione.
Lei ridacchia e mi rassicura con un cenno della mano.
“Ma no! Non c’è da preoccuparsi!” dice leggendo i miei pensieri. 
Poi sale su per le scale.
Jun, Kazuya e Lee escono dalla casa chiudendosi la porta dietro alle spalle.
Mi volto da Alisa che mi rivolge lo stesso sguardo perplesso che probabilmente ho anche io in questo momento. 
Rimaniamo per qualche secondo a guardarci così, confusi e in silenzio, finché più o meno insieme scoppiamo a ridere.
Non c’è un vero motivo, probabilmente è l’accumulo di tensione e confusione che ci ha attanagliato per tutta la serata e l’ennesima situazione paradossale che questa famiglia ci ha portato a vivere.
È una risata liberatoria, sincera, di sollievo. In questo momento mi sento così bene.
Guardo Alisa, anche lei sembra così spensierata in questo momento.
Vengo pervaso da uno strano calore all’altezza del petto e mi tornano improvvisamente in mente le sue parole di qualche ora prima.
La gioia di quella risata liberatoria si tramuta improvvisamente in orrore e la sensazione di calore, in gelo. La risata si spegne lentamente sulle mie labbra e abbasso lo sguardo a terra.
Conosco bene questo sentimento, e mi odio per questo.
Senso di colpa.
Deglutisco, poi mi rimetto la maschera e torno a guardare Alisa.
Forzo un sorriso.
“Vado a portare la cena a Jin, buonanotte Alisa.” 
“Buonanotte Lars!” risponde lei continuando a ridacchiare e salendo su per le scale.
Entro in cucina e trovo il bento che Jun ha lasciato per il figlio.
Per un attimo scorgo la mia immagine riflessa nel vetro della finestra.
Il riflesso di un bugiardo.



Busso alla porta e non ottengo alcuna risposta.
Potrebbe non avermi sentito. Onestamente ne dubito, ma potrebbe essere una possibilità. 
Ci riprovo, un po' più forte.
Aspetto qualche secondo e ancora nessun invito ad entrare.
Busso un’altra volta e la situazione non cambia.
Sospiro e inizio a perdere la pazienza. Non ho intenzione di perdere ulteriore tempo.

“Senti, ti ho portato qualcosa da mangiare. Sto aprendo la porta!” annuncio allora a voce alta.
Metto una mano sulla maniglia e apro la porta lentamente.
La stanza è quasi completamente buia e la prima cosa che noto è il nastro adesivo per pacchi che copre il buco nel vetro della finestra. 
Poco dopo scorgo la figura di Jin. È seduto con la schiena contro la testiera del letto, intento a leggere. Sul comodino c’è una piccola lampada, unica fonte di luce in quell’oscurità, una bottiglia d'acqua di plastica e una disordinata pila di libri e fumetti. 

Jin si accorge di me e si toglie le cuffie dalle orecchie, rivolgendomi uno sguardo ostile.
Non sono abituato a vederlo così e per un momento stento a riconoscerlo. È spettinato, porta gli occhiali da vista, l'aria stanca, occhiaie evidenti e la barba di qualche giorno.

“Che cazzo vuoi?” chiede infastidito "Chi ti ha detto di entrare?!"
Forzo un sorriso. Non sono né offeso, né sorpreso, era esattamente il tipo di accoglienza che mi aspettavo.
“Ho bussato tre volte e non ho ricevuto risposta.” spiego, poi sollevo il bento che tengo con una mano e glielo mostro “I tuoi genitori sono usciti e tua madre mi ha chiesto di portarti la cena.”
“Potevi anche non disturbarti allora, tanto non ho fame.” brontola, tornando ad immergersi nella lettura.
Niente di nuovo, continua a non voler mangiare!
Sospiro e mi avvicino alla scrivania. D’accordo, è vero che ciò che è successo non è del tutto colpa sua, ma il suo comportamento rimane quello di ragazzino viziato e capriccioso, con manie di vittimismo.
Va bene, stiamo pure al suo gioco! È impossibile che non abbia veramente fame, gli lascerò la cena lì, così potrà servirsi quando me ne sarò andato, lontano da sguardi indiscreti.
Nella stanza e soprattutto sulla scrivania regna un disordine incredibile e mi viene davvero difficile trovare uno spazietto libero dove appoggiare il bento. Questo dannato buio poi di certo non aiuta! Per poco non inciampo in una felpa arrotolata abbandonata sul pavimento!
Jin è di solito un tipo molto preciso e ordinato, questo caos decisamente non è da lui. Perché deve comportarsi in questo modo?!

“Non ti sembra il caso di accendere la luce?!” chiedo nervoso calciando via la felpa.
Jin abbassa il fumetto il tanto che basta per seguire con lo sguardo il movimento della felpa, poi punta gli occhi su di me.
“Lo dico anche per te!” faccio un cenno della mano verso di lui “Non ti fa bene leggere al buio! Vuoi forse rovinarti gli occhi?!”
“Come vedi i miei occhi sono già rovinati e lo è anche la mia vita.” risponde tetro.
Lo guardo confuso.
"Non ti avevo mai visto con gli occhiali."
"Di solito ne faccio a meno." risponde secco senza guardarmi "Sono scomodi e i miei problemi di vista sono poi così seri."
"Beh un'ottima ragione per accendere la luce e continuare a preservare la vista allora!"
Mi lancia un'occhiata truce. Io sospiro.

“Come vuoi, continua pure a stare qua dentro a piangerti addosso coccolato dalle tenebre!” sbotto, pronto a lasciarlo alla sua tanto beneamata solitudine.
Noto qualcosa che si muove però nel suo viso. In qualche modo, credo che la mia ironia gli abbia dato fastidio.
Chiude il libro che stava leggendo e lo posa in cima alla pila sul comodino, poi si raddrizza sulla schiena e mi scruta minaccioso.
“Che cazzo vuoi davvero, Lars? Se per caso ho detto qualcosa che ti ha fatto pensare che mi interessasse avere un tuo consiglio, hai recepito proprio male!”
Sostengo il suo sguardo in silenzio, senza rispondere.
“Perché sei qui?” mi chiede poi.
“Te l’ho già spiegato. Per portarti la cena.”
“Io non ti piaccio.” constata e non capisco dove davvero voglia arrivare “Lo leggo espressamente nel tuo volto, ogni volta che siamo costretti a parlarci. Sopporti la mia presenza a fatica, eppure eccoti qui. Mi hai portato la cena, quando potevi benissimo lasciare che uscissi io dalla stanza per andare a recuperare del cibo.”
“Perché tua madre mi ha chiesto il favore di portarti la cena!” ripeto per l’ennesima volta.
“Ed è proprio qui che voglio arrivare. Perché ti comporti come se fossi la sua marionetta?” chiede con un ghigno malefico.
“Cosa?” rispondo con una mezza smorfia.
“Sei il suo assistente o qualcosa del genere, no?” continua lui “È il tuo capo, ma solo al laboratorio. Tu però, anche all’infuori dell’ambito di lavoro, sei sempre pronto a soddisfare ogni sua richiesta.”
Riduce gli occhi a due fessure, continuando ad osservarmi.
“Nessuno ti paga per portarmi la cena, eppure l’hai fatto.” aggiunge.
Inspiro a fondo e butto fuori l’aria con un soffio spazientito.
“Questo è quello che significa essere delle persone gentili, Jin. Si accetta di fare dei favori.” spiego spazientito riprendendo a camminare verso la porta “E adesso, se permetti, avrei delle altre cose da fare.”
“Gentili.” ripete poco convinto “Certo, questo è un modo di vedere la cosa, personalmente però…”
Sospiro ancora, infastidito, e mi fermo curioso di sentire il seguito della frase.
“... non ho ancora capito se sei più un leccaculo o un senzapalle.” continua con un altro sorriso cattivo.
Ridacchio fra me e me. Mi aspettavo giusto qualche cattiveria di questo genere.
“Ti hanno anche coinvolto per portare qui Lee con la forza vero?” vuole sapere “Sì, li ho sentiti. Hanno fatto un tale casino che era impossibile non accorgersene. Poi sono uscito e ho ascoltato da su in cima alle scale per capire meglio la situazione.”
Mi guarda con aria di sufficienza.
“Dimmi un po’, anche quello era un favore che hai fatto con piacere?” chiede ancora.
“Buonanotte, Jin!” lo saluto gelido.
“Hey dai, aspetta!” cerca di trattenermi guardandomi con il solito ghigno cattivo “Non mi dirai che ti sei offeso?!”
Devo ammettere che è, a suo modo, stranamente loquace. Forse lo stare recluso qua dentro ventiquattr'ore su ventiquattro senza poter sparare cattiverie a nessuno gli fa questo effetto.
In ogni caso non ho intenzione di stare qui a subire gli sfoghi di rabbia di un ragazzino viziato e incollerito col mondo intero.
Esco dalla stanza e chiudo la porta.
Sospiro.
Mi mancheranno tante cose quando dovrò lasciare questa casa, di certo però, non i discorsi con Jin.

 




 
  
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