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Autore: AllisonHermioneEverdeen    18/09/2017    1 recensioni
"Pensa a qualcosa di certo. Concentrati sull'ambiente attorno a te. Non lasciare che l'abisso ti inghiottisca".
Queste sono le parole che rimbombano nelle orecchie di Daphne quando lascia Arkham. Parole dette, secondo il suo parere, da un dottore sociopatico che si diverte ad avere a che fare con i matti e ad irritarli con la sua voce soave e persuasiva.
Dopo cinque anni passati ad Arkham, è dichiarata sana di mente. Ma Daphne non si sente affatto sana: si sente spezzata.
Adesso è libera, e non potrebbe essere più spaventata: non conosce nessuno a Gotham. Nessuno, tranne un amico di famiglia di cui le ha parlato suo padre prima di tirare le cuoia: James Gordon.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quattro



Jim sbattè violentemente contro il finestrino e rimase intontito per qualche istante, inghiottito da un oblio nebuloso. Quando si riprese, sentì Daphne gridare. Si voltò verso il sedile della ragazzina, che era vuoto. Subito aprì lo sportello ed uscì dall'auto, barcollante ma impugnando la pistola. Si guardò intorno: un furgone era parcheggiato poco più in là, ancora in moto, e quattro persone vestite di nero e con il volto coperto erano scese; una di queste stava trascinando Daphne verso il furgone. La ragazzina strillava e lo colpiva con pugni e calci, ma riusciva solo a rallentarlo. Jim alzò la pistola e sparò all'uomo che teneva Daphne. L'uomo si accasciò a terra, morto, e Daphne cadde con lui, sporcandosi di sangue.
Adesso i restanti tre inseguitori si voltarono verso Jim e tirarono fuori le loro pistole; Gordon corse a ripararsi dietro l'auto mezza sfasciata. Una pioggia di proiettili lo seguì. Il detective mirò dal finestrino mezzo rotto e riuscì a colpire un altro uomo, che raggiunse il primo nell'Aldilà. Daphne era come paralizzata, seduta accanto all'uomo morto, il vestito e le mani sporche di sangue. Jim riuscì a ferire il terzo uomo, che insieme all'ultimo decise di ritirarsi: non sarebbero riusciti a rapire Daphne quel giorno, erano a corto di preoiettili, disarmati contro una pistola.
Gordon li vide correre sul furgone e ripartire svelti. Cercò di prenderne la targa, ma era troppo buio, così dovette rinunciare. Si precipitò da Daphne: la ragazzina si stava fissando le mani sporche di sangue, aveva gli occhi spalancati e un'espressione terrorizzata in volto.
- Daphne? - la chiamò Gordon. Lei non rispose: sembrava distante mille miglia dalla realtà.
- Daphne? - fece di nuovo Jim, sempre più preoccupato. Provò a scuoterla, ma la ragazzina sembrava spiritata. All'improvviso il viso le si stese in un sorriso.
- Sangue, sangue... Cade per terra, gocciola, gocciola... C'è una pozza, una pozza scarlatta... - cantilenò. Jim la guardò sconcertato e lei rise, gli occhi spalancati persi nel vuoto. All'improvviso, però, gridò e si agitò. Gordon provò a toccarla, ma lei si scostò, terrorizzata.
- Sembrano foglie, rosse, che cadono... - sussurrò infine. Poi svenne.
Gordon si avvicinò cauto: Daphne era stesa per terra, immobile, i capelli biondi sparsi sul terreno, le mani rosse di sangue in grembo, il viso pallido alla luce della luna. Gordon sospirò e la prese in braccio. Non sapeva cosa fosse successo, ma non poteva abbandonarla al suo destino: aveva intenzione di chiarire un bel po' di cose con lei, ma anche di aiutarla. In fondo, aveva fatto una promessa a Bill Becker...


- E' lei? -. Bill sobbalzò e nascose in fretta la foto, ma poi si accorse chi era stato a prenderlo alle spalle.
- Maledizione, Gordon - rise. - Si può sapere perchè ti diverti tanto a sorprendermi alle spalle? -. Jim scrollò le spalle e si sedette accanto all'amico.
- Allora, è lei? - ripetè la domanda.
- Lei chi? - fece Bill, un brilluccichìo divertito negli occhi.
- La ragione per cui ti impegni a rimanere prudente e non morire quaggiù, - rispose Gordon. Bill sospirò.
- Sei un gran figlio di puttana, sai? - disse. Jim sorrise.
- Ma ho ragione, - replicò.
- Sì, - si arrese Bill. - Hai ragione - e dispiegò la foto. Gordon la guardò: era una bambina, più o meno di otto anni, con una cascata di capelli biondi e gli occhi blu che sembravano brillare.
- Si chiama Daphne, - spiegò Bill. - E' mia figlia -.
- Devo dirtelo, - disse Jim. - Non ti somiglia granchè! -. Bill scoppiò a ridere.
- Per fortuna sua, ha preso da sua madre! - esclamò. Poi ripiegò la foto e se la infilò nel taschino.
Non si separò mai da quella foto, la tenne sempre con sè. Ce l'aveva in mano, quando Jim, un mese dopo, lo trovò in una pozza di sangue nel campo di battaglia. Stringeva quella foto come potesse aggrapparvici per non provare dolore.
- Bill! - si inginocchiò Jim.
- Ce ne hai messo di tempo, - sussurrò Becker.
- Ti porto dal medico, - affermò Gordon. Prima che potesse sollevarlo, però, Bill gli afferrò la mano e gli consegnò la foto di Daphne.
- Se non dovessi farcela, - disse, serio in volto come Jim non l'aveva mai visto. - Proteggi mia figlia -.
- Bill... - provò a dire Gordon.
- No, - lo interruppe Becker. - Lasciami parlare, Jim, e prega che non cada nello smielato -. Tossì e sputò un po' di sangue.
- Daphne è... speciale, - disse poi. - Che io sia dannato se riescono a prenderla -. Jim voleva chiedergli di cosa diamine stesse parlando, ma optò per rimanere in silenzio: Becker non era nelle condizioni di intavolare una discussione.
- Se io non ce la dovessi fare, proteggila. Ti chiedo solo questo, Gordon: proteggi mia figlia - lo guardò negli occhi. - Promettimi che lo farai -.
- Lo farò, - affermò Jim. - Lo prometto -. Bill sospirò di sollievo.
Quando Gordon riuscì a portarlo dal medico, gli dissero che era arrivato appena in tempo.
- Probabilmte gli hai salvato la vita, - affermò il medico. - Ancora qualche minuto e sarebbe stato spacciato. Purtroppo non potrà più camminare, ha subito danni gravi, dobbiamo rimandarlo in patria -.
Jim non lo rivide più, ma non si dimenticò mai della promessa fatta: c'era una foto insanguinata a ricordargliela.




Quando Daphne si svegliò, vide subito che erano tornati nell'appartamento di Jim. La mente della ragazzina faticava a rimettere insieme ciò che era successo... Era stata da Bruce Wayne... Gordon era venuto a riprenderla... Poi le aveva chiesto di suo padre... C'era stato uno schianto... E il sangue... il sangue...
Daphne balzò a sedere di scatto, fissandosi le mani: erano pulite. Si guardò intorno: era sola nel salottino, Jim l'aveva stesa sul divano e cambiata. Daphne si alzò: era malferma sulle gambe, ma doveva trovare Gordon. Barcollò e rischiò di cadere a terra, ma raggiunse la soglia della sala.
- Jim? - chiamò con voce roca. In un attimo, il detective stava correndo nel corridoio verso di lei.
- Daphne! - esclamò. - Ti sei svegliata, finalmente. Non avresti dovuto alzarti... Forza, vieni - e la guidò di nuovo verso il divano. A Daphne non sfuggirono le occhiate che le lanciava ogni tanto per studiarla.
- Cosa è successo? - chiese. - Come siamo tornati? E la macchina? -
- Distrutta, ho detto di aver avuto un incidente e ti ho riportata a casa - spiegò Jim. - Tu... ti sei comportata in modo strano ieri sera -.
No... no... no...
Gordon continuava a fissarla, ma Daphne non voleva dare spiegazioni. Non voleva pensare, voleva prendersi una pausa dal mondo, cessare di esistere anche solo per qualche ora... Ma il suo cervello non si fermava mai.
- Ho avuto... una ricaduta, - riuscì a sussurrare. Tremava sul posto. Aveva paura che Gordon la rimandasse ad Arkham senza pensarci due volte.
- Riesci a ricordarti cosa hai detto? - chiese Jim. Daphne scosse la testa. Strange l'aveva registrata, l'aveva sottoposta a test e simulazioni, ma lei non riusciva mai a ricordarsi cosa succedeva dopo che cadeva nell'oblio oscuro. Nelll'ultimo anno, però, non era più successo, perciò Strange l'aveva dichiarata sana di mente e l'aveva rilasciata. E adesso, ecco la prova che si era sbagliato: Daphne non era affatto sana di mente. Aveva avuto una ricaduta, e poteva solo ringraziare il cielo per non aver ferito Gordon.
- Ed è una cosa che succede da sempre? - chiese Jim.
- No... è cominciata quando... quando mio padre è morto, - rispose in un sussurro Daphne. Gordon restò un attimo in silenzio, indeciso se chiedere o no, ma alla fine la necessità di sapere prese il sopravvento.
- Daphne... - esordì a bassa voce. - Ho letto che ti hanno ritrovata accanto al suo cadavere con un coltello sporco di sangue in mano, ma non ricordavi nulla, perciò ti hanno mandata ad Arkham -. La voce era calma, rilassata, ma Daphne tremava lo stesso.
- E' così, - disse, cercando di mantenere la voce ferma. - Non so cosa sia successo: ho avuto una ricaduta e quando mi sono ripresa papà era... ed io... - la voce le si spezzò. Daphne non aveva il coraggio di guardare Gordon. Era terrorizzata: adesso che Jim sapeva che razza di mostro fosse, l'avrebbe rimandata ad Arkham senza tante storie. Ma lei non voleva tornare ad Arkham: quel posto la spaventava a morte. Una volta un malato di mente l'aveva quasi accoltellata a mensa, senza un motivo apparente... e la sua compagna di stanza? Non faceva che gridare e battere la testa contro la finestra, doveva indossare una camicia di forza per ore per evitare che attaccasse qualcuno. E poi c'era lui: Strange. Con la sua voce soave, calma, i suoi modi gentili ed i metodi terrificanti era quello che spaventava di più Daphne. Però, non poteva neanche rimanere da Gordon: adesso sapeva che poteva avere una ricaduta da un momento all'altro, non poteva rischiare di ferirlo. Non lui: l'unico che l'avesse aiutata nonostante tutto. Non era colpa di nessuno, ma Daphne non meritava quell'aiuto: era pericolosa. Doveva andarsene da quella casa... andarsene da Gotham... Rifugiarsi in un posto isolato, lontano da mondo, dove avrebbe potuto vivere senza la paura costante di ferire qualcuno. Sì, era l'unica soluzione...
- Mi dispiace, - disse Jim, scuotendola dai suoi pensieri. Daphne sembrò cadere dalle nuvole.
- Ti... dispiace? - ripetè senza capire. - E di cosa? -
- Di tutto quello che ti è successo: deve essere stato terribile per te -. Daphne restò come congelata sul posto. Mai nessuno in tutta la sua vita aveva detto quelle due semplici parole: nessuno si era mai interessato a come si dovesse sentire, lei era un'assassina, una pazza, non meritava altro tipo di attenzioni, se non quelle di quel sociopatico di Strange.
- Posso andarmene anche stasera, - esordì la ragazzina senza alzare lo sguardo. Doveva andarsene adesso, prima di rischiare di ferire Gordon, che era così buono e gentile con lei.
- Andare? - ripetè Jim. - Guarda che non te ne devi andare, sopratutto non adesso -.
- Che intendi? - risollevò lo sguardo Daphne. Solo ora si rese conto che Gordon era teso e preoccupato, ma non di lei: per lei. Era così terrorizzata da non essersene accorta prima. Doveva aver scoperto qualcosa di grave, qualcosa che riguardava lei...
- Gordon, - disse Daphne. - Cosa succede? -
- Gli inseguotori che abbiamo incontrato a lavoro non cercavano me ed Harvey, ma te, - confessa Jim con voce ferma.
- Me? - ripetè Daphne. - E perchè? Chi mai potrebbe volere me? -. Gordon sospirò.
- Non lo so ancora, ma ho... dei sospetti - disse cauto.
- Cioè? - lo incitò lei.
- Daphne, non so se è il caso... - provò a dire Jim.
- Cioè? - incalzò di nuovo lei con voce ferma e sguardo duro. La fragile ragazzina di poco prima sembrava scomparsa. Lo guardava negli occhi senza timore, reclamando una risposta. Sembrava volergli dire che era abbastanza forte per reggere la notizia, che non sarebbe crollata. In quel momento Gordon si stupì di come una ragazzina così fragile potesse essere anche di una forza d'animo straordinaria. Ma, d'altro canto, Daphne era uscita da cinque anni ad Arkham, e lì la sopravvivenza non era semplice. Così, Jim decise di dirle la verità.
- Credo che sia stato qualcuno che tu conosci molto bene, - disse. - Hugo Strange -.




ANGOLO MALATA DI MENTE
Lo so, lo so, ormai mi davate per morta e stavate organizzando il mio funerale... Ma eccomi qui!
Ci ho messo un secolo e mezzo a concludere questo capitolo, e non per via dell'ispirazione (quella va a gonfie vele!), piuttosto per mancanza di tempo: sono stata via in vacanza per settimane senza rete wi-fi, e quando sono tornata sono stata fagocitata dallo studio. Spero che comunque questo capitolo vi piaccia!
Grazie a tutti i lettori silenziosi, che aumentano al di sopra delle mie aspettative.
Grazie di cuore a Evie Frances Free per la sua recensione via messaggio privato: ho apprezzato moltissimo il gesto ed i pensieri, e non so dirti quanto sono felice che questa pazza idea ti piaccia!
Cercherò di aggiornare il prima possibile, sperando che sia prima che finisca questo secolo...
Si spera a presto
AllisonHermioneEverdeen
   
 
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