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Autore: mido_ri    18/09/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sab, 11 novembre, mattina

Prima di varcare la tanto agognata soglia dell'uscita, il dottore mi trattenne per qualche altro minuto, sputando fuori termini di cui prima d'allora non conoscevo l'esistenza.

- Capito? -

Parvi risvegliarmi da un lungo sonno.

- Ah? -

Rosanna rise nervosamente e mi circondò le spalle con un braccio.

- Sì, sì, non deve fare sforzi e se sente di nuovo un forte dolore alla testa dobbiamo accompagnarlo immediatamente qui -

Sfoggiò un sorriso rilassato e mi condusse fuori dalla porta rilegando al marito il compito di portare la sua borsa e la mia, con i panni sporchi e il pigiama.

Durante il viaggio la donna non fece altro che blaterare su quanto fossi stato fortunato a non morire e su quanto fossi negato nella scelta delle amicizie - escluso suo figlio, ovviamente -.

Per i primi minuti me la cavai senza aprir bocca, poi finsi un forte mal di testa e Rosanna, non prima di aver tentato un'inversione a U per ritornare in ospedale, mi lasciò in pace.
Non avevo né forza né voglia di parlare: ciò che era successo il giorno precedente mi aveva profondamente segnato. Avevo visto la cattiveria negli occhi di quell'uomo e un'estrema e oscura soddisfazione quando Riccardo aveva confessato; nemmeno io sapevo da che parte stare, certamente lo amavo, ma non ero del tutto sicuro che avesse inventato solo balle per mandare via quei tizi strambi e farmi riposare in pace.

"Non è possibile che abbia fatto delle cose del genere, avrebbero incastrato subito un ragazzino così inesperto"

Appoggiai il capo sulla pila di cuscini che Rosanna aveva gentilmente sistemato sul mio letto. Non riuscivo a non pensare.

"Lo riscatteranno, in un modo o nell'altro qualcuno riuscirà a dimostrare la sua innocenza... non finirà in uno schifoso carcere minorile"

Sprofondai con la faccia nella morbida stoffa dei cuscini e sbuffai.

"Anche se il suo racconto sembra quadrare alla perfezione in quell'assurdo caso irrisolto, bisogna pur sempre prendere in considerazione ogni minimo dettaglio"

La porta cigolò all'improvviso e il padre di Matteo entrò nella stanza tenendo una tazza fumante in mano.

- Vuoi un po' di tè? -

Annuii e circondai l'oggetto di porcellana con entrambe le mani, aiutandomi a non scottarmi con un panno sotto i palmi. Franco si sedette sul bordo del letto e mi guardò in modo compassionevole; e fu proprio guardando i suoi, simili a quelli di suo figlio, che mi ricordai che il ragazzo non era venuto a trovarmi neanche una volta in ospedale e non lo avevo visto al rientro a casa, mentre i suoi genitori non avevano fatto altro che riempirmi di attenzioni.

- Uhm... dov'è Matteo? -

L'uomo abbassò lo sguardo e sembrò intristirsi.
Ritentai.

- Perché non è venuto in ospedale? -

- Oh... è venuto, ma c'è stato qualche inconveniente -

Aggrottai le sopracciglia.

- In che senso? -

- Credo sia meglio parlarne con lui più avanti, riposa -

Sbuffai e alzai gli occhi al cielo, cercai di esprimermi con la voce meno isterica e acuta che mi riusciva.

- Sono stanco di sentirmi dire che devo riposare! Voglio delle risposte... -

Franco parve indeciso per qualche attimo, poi si mise una mano in fronte e parlò.

- Le avrai presto -

- A cosa ti riferisci? -

- Riccardo...in questo momento si sta svolgendo il processo -

- Co-come?! Così presto? -

- Be'...considera la situazione, è piuttosto urgente -

- Ma siamo in Italia! -

- Già -

L'uomo sorrise, poi tornò serio.

- Ascolta: non è stato difficile capire il tipo di rapporto che è nato fra voi due... e comprendo il tuo modo di supportarlo... ma devi cercare di tenerti fuori da questa storia il più possibile -

- Ma i miei genitori sono morti! -

- Sì, e ti ricordo che potresti entrare nella lista dei sospettati da un momento all'altro -

Chiusi gli occhi e feci mente locale.

"Mi fido di lui? O meglio, mi posso fidare?"

- E se io e Riccardo fossimo totalmente innocenti? -

- È quello che spero -

- E se invece fossimo totalmente colpevoli? -

- Che vuoi dire? -

Lo vidi sorpreso.

- Se avessimo ucciso entrambi i nostri genitori per ordine di qualcun altro? -

- Non capisco -

- Io... credo di avere dei pezzi mancanti nella mia memoria. A volte ho delle allucinazioni, ma sembrano così reali... -

- Sì, ma poi ti svegli -

- E non ricordo cosa ho fatto nel mentre -

L'uomo si grattò il mento, cercando di ragionare in modo razionale.

- Dormire? -

- Magari fosse solo quello... -

- Quindi... stai dicendo che avresti potuto... -

-No, no, assolutamente no! Non ne avrei il motivo, ma...anche Riccardo ha dei vuoti di memoria e io... -

- Li hai da quando l'hai conosciuto, non è vero? -

- I vuoti? -

- No, questi..."sogni a occhi aperti" -

- Sì -

Franco sospirò pesantemente.

- Per il momento lasciamo perdere, non possiamo azzardare nessuna conclusione prima della fine del processo -

Sorrise in modo rassicurante e mi passò una mano su una guancia.

- Bevi il tuo tè e sta' buono qui -

Mi ammonì con lo sguardo e lasciò la stanza.

"Ma come faccio a stare tranquillo? Ci sono troppe cose che non capisco... non ce la faccio più"

Sospirai e mi portai la tazza alle labbra secche. 

"Il processo... chissà cosa sta succedendo..."

Sab, 11 novembre, sera

Matteo spalancò la porta della mia stanza all'improvviso, facendomi sobbalzare e far volare il libro d'italiano dalle mani.

- Ma che cazzo fai? Ora ti sei messo a studiare? -

Deglutii e lanciai un'occhiata triste al manuale; ero così preoccupato che per sentire Riccardo più vicino avevo deciso di leggere il brano di un autore che avevamo già ripassato insieme.

- Che c'è? -

- Niente, mi mancavi -

Si lasciò andare sul letto e mi lanciò un'occhiata di traverso.

- Come stai? -

- Avresti potuto chiedermelo prima -

- Avrei voluto -

Inclinò le labbra in un sorriso ironico che compresi troppo tardi.

- Non dirmi che... -

In un attimo i suoi occhi diventarono freddi e feroci.

- Non avevo scelta! -

- Che cazzo stai dicendo?! -

Mi alzai dal letto e gli feci fare lo stesso, afferrandolo per il colletto.

- Chi ti ha dato il permesso di mettergli le mani addosso? -

- Per essere più precisi... gli ho dato un cazzotto in faccia -

- Vaffanculo! -

Lo spinsi a terra, disprezzando il suo sorriso beffardo.

- Perché l'hai fatto? -

Si rimise in piedi e mi fu addosso in un attimo, appoggiò la fronte alla mia e mi puntò gli occhi in viso.

- È colpa sua sei diventato così, io non mi sono innamorato di questo -

Mi mise un indice al petto senza staccarmi gli occhi di dosso.

- Ma sei mio amico -

- Non voglio essere tuo amico, sai benissimo che è così, ma da quando è arrivato quel moccioso non sono neanche sicuro di cosa voglio... -

- Se sei confuso tu, immagina io! Cerca di metterti nei miei panni... -

- Ci ho provato davvero... ma ancora non capisco perché proprio lui! Ti ha fatto il lavaggio del cervello, guardati! -

- Sono sempre stato così -

- No... ti rendi conto che c'è la possibilità che tu abbia ammazzato i tuoi genitori senza neanche ricordarlo? -

- Hai origliato?! -

- Sì, e allora? Ci sono problemi ben più gravi -

- Che non riguardano te -

- Invece sì... voglio starci vicino -

- Non se continui a dirmi che sono cambiato -

- Mi correggo allora, voglio stare con te senza quel ragazzino fra i piedi -

- Allora puoi andartene -

- Ale! -

Mi afferrò un polso e strinse con forza.

- Mi fai male...lasciami! -

- No, prima ascoltami -

Presi un lungo respiro e mi decisi e sentire cosa aveva da dire.

- Sei dalla parte di un assassino -

- Non è un assassino! -

- E allora è uno psicopatico...e ha rincoglionito anche te -

- Se è questo il modo in cui tu definisci l'amore... -

- Amore? Ma di che cazzo stai parlando? Ti sta prendendo per il culo -

- Basta! -

Lo strattonai con la mano libera e mi sottrassi alla sua stretta, finendo a pancia in su sul letto; cercai di rialzarmi, ma Matteo mi raggiunse e mi circondò la vita con le gambe, poi mi bloccò le braccia con entrambe le mani.

- Tu non lo ami -

- Stai zitto! -

- Guardami! -

Fissai i miei occhi pieni di lacrime nei suoi carichi di ferocia.

- Sei tu quello che è cambiato... vattene -

- Non me ne andrò finché le cose che dico non ti saranno entrate in quella testa dura! -

- Ho detto che devi lasciarmi sta-! -

Il ragazzo premette le sua labbra sulle mie con prepotenza; mi spinsi in avanti nel tentativo di togliermelo di dosso, ma era di gran lunga più forte di me. Fece penetrare la lingua nella mia bocca con forza; un conato di vomito mi scosse da capo a piedi, provavo una smisurata sensazione di disagio. Delle lacrime scivolarono sul mio viso contratto, incastrandosi fra i lineamenti induriti dallo sforzo di resistergli. Gettai la testa all'indietro e mi arresi; rimasi inerme sotto il peso dell'altro finché non mise fine a quel bacio che da parte mia non poteva essere definito tale.
Lo guardai terrorizzato, indietreggiando sulle coperte in disordine.

- Q-questo... non dovevi farlo -

- Ale... -

- Vai via! Mi fai schifo! -

Matteo sgranò gli occhi, poi si guardò le mani tremanti.

- S-scusa... -

Sembrava ancora più spaventato di me.

- Visto? Non sono l'unico pazzo qui dentro -

Quando fui sicuro che mi stava guardando, gli lanciai un'occhiata sprezzante.

- Riccardo non avrebbe mai fatto una cosa del genere -

Tenni testa al suo sguardo impaurito finché non fu fuori dalla stanza.
Non appena fui solo, mi rannicchiai sul pavimento e nascosi la testa fra le braccia; cominciai a piangere e singhiozzare, a tirarmi i capelli e a sussurrare parole che non comprendevo nemmeno io.
Non potevo fare altro, non dopo che ciò che aveva fatto Matteo mi aveva riportato alla mente Riccardo, impotente più di me sotto quel corpo estraneo.

- Ro... -

Nascosi il capo fra le mie braccia scosse dai singhiozzi.

Non avevo la minima idea di quanto tempo fosse trascorso quando Rosanna si precipitò nella mia stanza agitando le braccia, in uno stato di panico; guardai fuori dal balcone: era tutto buio, perfino i lampioni non emanavano la solita luce opaca e giallastra.   

- C-cos'è successo? -

Mi asciugai in fretta le lacrime con le maniche della felpa, ricoperta di chiazze umide. 

- Devi venire subito! -

Mi fece cenno di seguirla lungo il corridoio illuminato dalla luce soffusa delle lampade a muro. Franco mi attendeva in salotto con il cellulare all'orecchio e le sopracciglia che stavano per congiungersi, tanta era la sua concentrazione. Mi indicò il posto libero accanto a lui con un gesto della mano, non esitai ad accogliere il suo invito; tesi un orecchio nella speranza di non lasciarmi sfuggire nessuna parola dall'altro capo del telefono, la verità era che non riuscivo a comprenderne neanche mezza. 
Ero in uno stato di ansia tale che non riuscivo a smettere di scuotere le gambe e mordicchiarmi le mani. Quando Franco mise giù il cellulare, trasalii e gli lanciai un'occhiata speranzosa.

- È appena tornato a casa -

Mi trattenni dal fare un salto di gioia con il quale avrei potuto sfondare il soffitto.

- Q-quindi... non è colpevole? -

- Non conosco i dettagli e la dinamica del processo, ma a quanto pare la sua confessione non quadra affatto con tutti gli avvenimenti, se esaminati nei minimi particolari -

Cominciai a muovere i piedi nudi sul soffice tappeto bordeaux, non riuscivo a smettere di sorridere ed ero eccitato dalla prima cellula che componeva il mio corpo fino all'ultima: in poche parole non potevo stare fermo neanche per un secondo.

- Oh, quasi dimenticavo -

L'uomo si grattò il capo, pensieroso.

- Neanche la tua descrizione ha molto senso... purtroppo -

- L-lo immaginavo... -

- A dire il vero non è molto sensata neanche se viene considerata aldilà del contesto in cui è inserita -

- Ehm... cioè? -

- Hai inventato un sacco di stupidaggini, a partire dal motivo per cui eri lì -

- C-cosa?! E come fai a saperlo? -

- Io so tutto! -

Franco mi rivolse un sorriso a trentadue denti.

- B-be'... era vero... quello che ho detto -

La risata che non poté trattenere, mi colpì dritto in viso come uno schiaffo.

- Alessio, tu non sei gay -

Risi anche io, facendo finta di trovare molto divertente la sua "battuta".

- Sì che lo sono -

L'uomo smise di ridere di colpo, fissandomi in viso due occhi marroni intrisi di serietà.

- In quel caso... divertiti con Matteo -

Alzai le sopracciglia così all'improvviso che temetti mi si potessero staccare dalla faccia.

- M-ma... Matteo... -

- Ho quasi sessant'anni, non vuol dire che non capisca certe cose -

- Q-quindi... lo sai che... -

- Pensi che non abbia notato il modo in cui ti guarda mio figlio? Ovviamente prima stavo scherzando... se a te piace Riccardo, allora spero usciate sani e salvi da questa brutta storia e possiate stare in pace -

Ripensai al bacio di quel pomeriggio e sentii un leggero solletico sulle labbra, come se fosse rimasto ancora qualcosa di quel contatto non voluto.

Quella sera feci di tutto per non mangiare, anche se Rosanna aveva ripetuto almeno dieci volte che sarei diventato anoressico, mentre Matteo non si presentò a tavola, ma chiamò il padre a telefono per farsi portare il cibo in camera.

"Voglio... devo vederlo"

Mi morsi un labbro e mi alzai dal divano di scatto, come se avessi appena ricevuto un'illuminazione divina.

- Dove vai? -

Rosanna mi puntò contro la forchetta e un paio d'occhi severi.

- E-esco... -

- No, no, no! Devi ancora riposare, non ti azzardare a uscire da quella porta! -

- M-mi dispiace... -

Corsi nella mia stanza a infilarmi scarpe e giubbino, poi mi fiondai di nuovo giù per le scale; Rosanna fece per alzarsi, ma il marito la trattenne e la tranquillizzò con lo sguardo. Simulai un "grazie" con le labbra e mi chiusi la porta alle spalle che fremevano per l'eccitazione, così come il resto del corpo.
Cominciai a correre spinto dall'adrenalina, non sentivo più alcun dolore né alle gambe né alla testa, avevo solo un'immensa voglia di stringere di nuovo quel ragazzo fra le braccia.

Giunsi davanti casa sua prima di quanto mi aspettassi, mi fermai dinanzi al cancelletto e controllai che le finestre fossero illuminate. Fui costretto a tirarmi su il cappuccio della felpa e a coprirmi le orecchie con le mani per via del vento che soffiava forte, tanto da far piegare gli alberi nei dintorni.
Balzai in aria quando qualcuno suonò il clacson all'improvviso, e mi accorsi che ero nel nel mezzo della strada a fissare la ringhiera di ferro mentre una macchina mi stava davanti puntandomi i fari addosso. Mi scusai con un gesto delle mani e mi spostai per permettere al guidatore di parcheggiare, ma l'auto non si mosse.
Per via della luce abbagliante dei fari, non riuscivo neanche a capire che tipo di macchina fosse o chi stesse alla guida, quindi decisi di avvicinarmi; da quella distanza riconobbi subito l'auto: era di Roberto.

"Ma perché diavolo non si muove? Forse vuole salutarmi?"

Bussai cautamente al finestrino alzato, poi, dato che non avevo ricevuto alcuna risposta, mi affacciai. Alle orecchie mi giunse un lamento sconnesso, bussai nuovamente.

"Ma che cazzo...."

Indietreggiai velocemente e caddi a terra. Sul sedile anteriore c'era un uomo che si dimenava in modo furioso e disperato, la sua testa era coperta da una busta di plastica.

"No, non devo avere paura anche stavolta"

Accadde tutto in un attimo, in un misto di adrenalina e terrore.
Mi rialzai e mi affacciai nuovamente al finestrino, urlai all'uomo di stare calmo, anche se sembrava quasi impossibile; portai il gomito all'indietro, poi, con tutta la forza di cui ero capace in quel momento, sbattei il pugno contro il vetro spesso e resistente, frantumandolo in mille pezzi. Fissai allarmato il dorso della mia mano ricoperto di sangue scuro che fuoriusciva da svariate ferite.

"Okay Alessio, ce la puoi fare. Stai calmo, molto calmo!"

Mi sentii mancare l'aria, eppure non persi di vista il mio obbiettivo: afferrai la busta che ricopriva il volto dell'uomo, deciso a strapparla, ma fui costretto a indietreggiare nuovamente perché la plastica era ricoperta di un liquido maleodorante. Mi annusai le mani. Ebbi giusto il tempo di voltarmi e cominciare a correre, prima che l'auto venisse divorata da lingue di fuoco feroci e affamate che minacciavano di raggiungere anche me.

"Benzina"

Angolo autrice:
Buonasera! Questa volta ho deciso di lasciare un messaggio sotto il nuovo capitolo semplicemente per scusarmi dell'estremo ritardo! Non aggiorno da quasi un mese, ma per tutto questo tempo l'ispirazione mi ha abbandonato totalmente, quindi mi scuso ancora se il capitolo sarà meno "coinvolgente" dei precedenti. Nonostante sia ricominciata la scuola, mi impegnerò a pubblicare almeno una volta a settimana! Grazie a chi continuerà a seguire questa storia! ~

  
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